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Autore: Pendragon    28/09/2015    5 recensioni
[ Storia Interattiva | Iscrizioni chiuse | 10 posti liberi ]
Il destino è deciso da tre donne che, rintanate in un luogo inaccessibile agli uomini, tessono il filo della vita e lo recidono quando stabiliscono che ormai è troppo lungo. Il loro controllo garantisce equilibrio e giustizia, poiché le Parche sono donne imparziali e ponderate.
Ma se un giorno il filo dovesse sparire?
♦♢♦
«Hermes!» esclamò Chirone. «Aspettavo il tuo arrivo. Che notizie mi porti?»
Rosalee sentì il dio sospirare. «Non buone, Chirone. Non buone.»
«Ovvero?»
«Avrai senz’altro notato, Chirone, che gli ultimi avvenimenti nel mondo sono stati un po’ strani: gli dèi del vento sono come impazziti e gli altri dèi si rifiutano di comunicare con voi.» rispose Hermes. Rosalee guardò Robin e annuì, mordendosi il labbro.
«Senza dubbio. Vorrei sapere a cosa è dovuto.» disse Chirone.
«Il filo, mio vecchio amico.» rispose il messaggero. «Il filo è perduto.»
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Dei Minori, Gli Dèi, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il filo perduto

Reveletions


David Storm • John Greenwood




David si voltò non appena udì quella nuova voce femminile giungere alle sue orecchie e i suoi occhi color ghiaccio si posarono su una minuta figura femminile che stringeva fra le dita della mano destra un arco che, con ogni probabilità, non avrebbe esitato ad utilizzare. Il figlio di Persefone incurvò un angolo della bocca, in modo da lasciare che un mezzo sorriso si dipingesse sul suo volto, dato che era immediatamente risalito all'identità della nuova arrivata.
La realizzazione del suo piano gli era stata servita su un piatto d'argento.
«Avevo sempre avuto ragione su di te.» disse la nuova arrivata, con il disprezzo che si intrecciava con il disappunto di cui le sue parole erano già ricolme, donando alla sua voce un tono pungente e affilato come una spada.
«E ora cosa vuoi fare, ragazzina? Uccidermi?» chiese Sean con tono di sfida, incrociando le braccia al petto e guardandola con aria di superiorità. «No, non ne avresti il coraggio.»
«Sei stata così sciocca a venire qui da sola, ragazza.» intervenne Cora, lasciando che una sua mano scivolasse sull'elsa della sua spada e ne stringesse l'impugnatura.
«Non ho paura di voi.» affermò lei con sicurezza, stringendo con forza l'arco e ostentando una sicurezza che, si vedeva da lontano un miglio, celava una certa paura e un grande nervosismo.
Allora David fece un paio di passi avanti, mettendosi fra i suoi tre compagni e Rosalee Burkhardt.
«Stiamo tutti calmi» disse con tono rilassato, onde evitare che si ricorresse alle armi. Lui aveva un piano migliore. «Lasciatemi da solo con lei e sono più che sicuro che giungeremo ad un accordo.» aggiunse con un sorriso pericolosamente simile a quello di un pazzo quando è prossimo a compiere una follia, curandosi di sottolineare per bene la sua sicurezza. Cora e Hesper lo guardarono confuse e ben poco sicure di volerlo accontentare, mentre Sean continuava a guardare in cagnesco Rosalee, che ricambiava senza problemi.
Il figlio di Persefone alzò gli occhi al cielo e, dopo un lungo sospiro, si avvicinò alle sue due compagne e posò le sue mani sulle loro schiene, spingendole in avanti. «Su, su. Andate a fare... quello che fanno le ragazze. Ci vediamo dopo.» e poi si voltò verso il figlio di Eris, puntandogli un indice contro. «Tu torna da quei semidei e inventati una scusa credibile, forza.» Sean annuì indifferente, muovendosi per tornare verso l'accampamento improvvisato che gli eroi della profezia avevano tirato su.
«No!» esclamò Rosalee, prendendo velocemente una freccia dalla sua faretra per poi incoccarla. David, però, fu altrettanto veloce nel richiamare delle piante per bloccare la sorella tramite delle radici che si ancorarono alle sue caviglie e crebbero fino a bloccarle le braccia. Rosalee assunse un'espressione scioccata, mentre Sean le sorrideva trionfante mentre le passava accanto, pronto a dirigersi verso nuovi inganni, e David confermava ciò che le passava per la testa pronunciando un disinteressato: «Già, Persefone è anche mia madre
Ormai erano rimasti da soli in quella zona, così il ragazzo si poggiò contro il tronco di un albero poco distante dalla ragazza e, con tono serio, le disse: «Io e te dobbiamo parlare.»
Rosalee sgranò gli occhi, guardandolo confusa mentre cercava di liberarsi da quelle radici. «Io non ti conosco nemmeno!» replicò.
Lui annuì. «Lo so, ma io conosco te, Rosalee.» le rispose, aumentando la confusione della ragazza, che cercò di liberarsi con ancora più forza dalle radici che la tenevano prigioniera, chiedendosi probabilmente perchè non riuscisse ad esercitare il suo potere su quelle piante. Il ragazzo non potè fare a meno di ridacchiare in seguito all’espressione assunta dalla sorella. Senza dare il permesso al suo ghigno divertito di abbandonare il suo volto lasciò scivolare le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, guardando la ragazzina e aspettando che parlasse.
Rosalee, però, non era intenzionata a far uscire nessuna parola dalla sua bocca, si concentrava maggiormente sul suo tentativo di liberarsi da quella prigione creata dalla natura. Imprigionata dal suo stesso elemento.
Così fu il ragazzo a prendere l’iniziativa, liberando nell’aria una frase che avrebbe acceso un discorso molto interessante, come la piccola scintilla che dava origine anche al più grande degli incendi. «Potresti ripetermi il tuo cognome?»
Lei fermò di colpo la sua ricerca di libertà, facendo vagare nel vuoto i suoi occhi fino ad incontrare lo sguardo del suo interlocutore. Tenne fisso il suo sguardo su di lui per qualche secondo, così silenziosa e così immobile che poteva essere scambiata per una vittima di Medusa. «Perché?» chiese, innalzando con quella semplice e comune domanda un muro invisibile fra lei e il ragazzo che, in tutta risposta, si strinse nelle spalle, replicando con un «È un cognome complicato, vorrei essere sicuro di ricordare bene.», pronunciato con tranquillità, con un tono che distruggeva mattone dopo mattone il muro che Rosalee aveva costruito e che ora faticava a tenere in piedi.
La figlia di Persefone lo guardò sospettosa, decidendo di non riporre fiducia in quel ragazzo appena incontrato. Decisione che non si poteva biasimare. David la guardò per nulla turbato, assicurandole poi con un rilassato tono di voce che non voleva farle del male, portando a favore delle sue parole il fatto che se avesse avuto terribili intenzioni non avrebbe mandato via gli altri e lei starebbe già prendendo il tea con Ade. Rosalee si morse il labbro e poi, stringendo i pugni, disse: «Liberami. »
Il ragazzo sorrise divertito, portandosi un dito vicino alla bocca, facendolo poi picchettare sul labbro inferiore con fare pensieroso e scuotendo poi il capo. «No, non è Liberami. Il tuo cognome ha la B per iniziale, questo lo ricordo.» affermò deciso.
Lei gli rifilò un’occhiataccia e, dopo aver emesso un sonoro sbuffo, pose un’altra domanda, invece di dare la tanto richiesta risposta al ragazzo. «Si può sapere chi sei?»
«David Storm.» si presentò. «Vedi? Non è poi così difficile rispondere a certe domande!»
Lei alzò gli occhi verso il cielo, mormorando qualcosa – forse una preghiera agli dei – che David non fu esattamente in grado di comprendere, ma che tuttavia non gli importava di ascoltare. «Che cosa vuoi?»
David fece segno di no con la testa. «Non funziona così il gioco, Rosalee. Io ho risposto ad una tua domanda, ora tu rispondi ad una mia.»
Lei sospirò esasperata, sbuffando la risposta tanto agoniata. «Burkhardt.»
Il ragazzo inclinò la testa da un lato, non accennando a spostare i suoi occhi dalla ragazza. Calò un silenzio fra loro, freddo e inquietante, e alla fine David si decise a parlare, ponendo una domanda che alle orecchie di Rosalee dovette suonare piuttosto strana, vista la sua espressione.
«Ne sei proprio sicura?» il tono usato dal ragazzo spiazzò ancor di più la giovane.
«Che razza di domanda è questa?» sbottò lei, mentre la sua pazienza veniva distrutta dai modi di fare dell’altro figlio di Persefone, come il vetro di una finestra che veniva ridotto in una serie di affilati frammenti trasparenti a causa di un pallone calciato con troppa forza da un ragazzino.
David, in tutta risposta, fece spallucce, dando con un movimento della mano un silenzioso ordine alle radici di ritirarsi e liberare la ragazza. «Una domanda lecita.» e detto ciò si avvicinò sempre di più a Rosalee che, automaticamente, fece un paio di passi indietro per mantenere costante la distanza fra loro.
«A me non sembra.» rispose lei.
David non rispose per alcuni secondi, fermandosi ad osservare un punto non ben definito, per poi sedersi sull’erba soffice che ricopriva il terreno del bosco e fare segno a Rosalee di sedersi accanto a lui. «Effettivamente ti serve un po’ di contesto.»
Era titubante ad unirsi a lui, non voleva farlo ed era più che evidente. Tuttavia, una sana curiosità che le era stata instillata dalle parole del figlio di Persefone la convinsero ad avvicinarsi con cautela, sedendosi di fronte a lui e guardandolo negli occhi.
David osservò le mani della ragazza passare sui fili d’erba con lenti movimenti che facevano trasparire l’impazienza che la pervadeva in quel momento. Lui accennò una risata, strappando dal suolo alcuni quei delicati e umidi fili verdi e affidandoli poi al vento che soffiava gentile, pulendosi la mano sui pantaloni e facendo aumentare la curiosità nel cuore della sorella. «Tutti i bambini ad un certo punto iniziano a chiedersi “e se fossi stato adottato?”, lo sai?» iniziò, senza distogliere lo sguardo dagli occhi color cielo della ragazza. «È un dubbio naturale. Ti sei mai posta questa domanda?»
Rosalee sbarrò gli occhi e schiuse le labbra per rispondere, ripensando poi alla risposta che avrebbe dato distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore. «Che cosa vuoi dire?» disse infine, con la voce che era come una fitta rete intrecciata da fili di desiderio di conoscere e fili di una paura di questa conoscenza nascosta.
«Credo tu lo abbia già capito, Rosalee. In fondo lo senti, vero?» rispose lui portando lo sguardo sul cielo e studiando gli astri che, ridotti a piccoli puntini color latte, si intravedevano fra gli alberi. «L’uomo che hai chiamato padre era solo un falso.» asserì poi.
«Come, scusa?» replicò scioccata la ragazza.
Lui le rivolse uno sguardo piuttosto eloquente prima di andare avanti. «Persefone non ebbe solo un figlio da mio padre, ma anche una figlia circa due anni dopo. Mio padre non poteva tenerla, così la diede in adozione, tenendola lontana da noi il più possibile, provando di certo qualche rimpianto.» si fermò per osservare la reazione della ragazza, con un’espressione di shock dipinta sul viso mentre scuoteva la testa, non voleno credere a quelle parole. Lui continuò con la sua storia senza problemi, comunque. «Io non seppi nulla di questa sorella, mio padre fu bravo a nasconderlo per anni e anni, ma alla fine la verità viene sempre a galla, si sa, e io ho scoperto di avere una sorella minore.»
Aveva stretto le mani a pugno, conficcando le unghie delle evidenti dita tremanti nei suoi palmi. «Io non sono lei, sono solo un mucchio di coincidenze.» continuava a negare, guardando ovunque tranne che in direzione del ragazzo.
«No» affermò. «Sei tu, Rosalee. Io e te siamo fratelli anche per parte di padre. Quello che credevi fosse tuo padre non ha fatto altro che mentirti per tutti questi anni.»
La ragazza si alzò, allontanandosi traballanti da David che, in men che non si dica, fu in piedi e la raggiunse velocemente, afferrandola per le spalle e tenendola ferma. Rosalee si separò dalla sua stretta, guardandolo con occhi pieni di esasperazione.
«Stai solo mentendo.» disse Rosalee, più a se stessa che al fratello. «Sono solo bugie. Stai cercando di giocare con la mia mente.» indietreggiò di più, portandosi le mani a coprirsi le orecchie.
«Non sto mentendo.» replicò con calma. «Perché dovrei disturbarmi a dirti queste cose se non fossero vere? Avrei potuto ucciderti, non avrei avuto alcun problema. Ma ti sto dicendo la verità, perché credi che ti avrei protetta, sennò?» mentre faceva questo discorso aveva iniziato a girare intorno alla ragazza, prendendo una delle frecce che aveva nella faretra e osservandone la punta, per poi infilare la mano in tasca ed estrarre una boccetta. Privò quel contenitore del tappo, riversando sulla punta dell’arma il suo contenuto che emise un sibilo non appena incontrò la fredda superficie di metallo e fece salire delle piccole nuvolette, simili a quelle che lasciavano le labbra delle persone quando faceva molto freddo.
«Protetta?» chiese Rosalee, voltandosi in direzione del ragazzo e sgranando gli occhi dopo aver visto la freccia che stringeva fra le mani. «Cosa stai-?»
«Ti sembrerà strano, magari, ma è la verità.» le assicurò, avvicinandosi di più a lei e afferrandole all’improvviso il polso, stringendolo forte fra le dita per assicurarsi che non si liberasse.
Un lampo di paura e confusione attraversò gli occhi della figlia di Persefone, che provò a liberarsi da quella stretta, senza però riuscirci.
David tenne stretto più saldamente il polso della ragazza, mentre avvicinava la punta della freccia sul suo palmo cadido. «Non ti preoccupare, Rosalee» disse con tono rassicurante. «Andrà tutto bene.» e, detto ciò, premette con più forza la freccia contro la sua pelle, conficcando la punta nella sua carne. La figlia di Persefone emise un urlo di dolore e le sue vene, per una frazione di secondo, passarono da quello strano azzurro ad un nero profondo. Se prima stava combattendo per liberarsi, ora si stava lentamente fermando, arrendendosi involontariamente e rischiando di cadere per terra, dato che le sue gambe non riuscivano più a reggerla. David, però, fu veloce nel sostenerla, prendendola in braccio mentre i sensi la abbandonavano lentamente.
«Andiamo, Rosalee. Tra poco questo posto si affollerà



John aveva rapito i medici del gruppo, Neal e Logan, e non accennava a voler donare loro la libertà, giacchè lo scontro con la dea Veritas gli aveva lasciato un bernoccolo e un taglio sul braccio che lo avevano fatto cadere in una spirale di panico ed eccessiva preoccupazione per la sua incolumità. I due non facevano altro che ripetergli che non era nulla di grave e che, probabilmente, sarebbe morto per mano di due suoi compagni, non a causa di quelle “ferite”, e perciò di darci un taglio con queste inutili preoccupazioni.
Dopo aver fissato la benda candida che gli copriva quel terribile e mortale taglio ed essersi accarezzato con delicatezza il bernoccolo, il figlio di Afrodite liberò i due ragazzi, che alzarono le braccia al cielo ringraziando tutte le divinità esistenti per quella grazia.
Logan andò a sedersi fra Jasmine e Annalise, mentre Neal rimase accanto a John, fissando le fiamme del fuoco che avevano acceso esibirsi in una misteriosa danza, incantandolo e facendo in modo che si immergesse in un mare di pensieri. John iniziò a tamburellare lentamente le dita sulla sua coscia, guardandosi intorno e rendendosi conto di quanto strano e triste fosse non avere più Robin con loro. Il figlio di Zeus era così buono e giovane, eppure Veritas lo aveva scacciato con così tanta freddezza e brutalità dal mondo dei vivi. Non gli sembrava affatto giusto.
Continuò a far vagare il suo sguardo sulle varie parti dell’area che avevano occupato, rendendosi conto che c’era anche un’altra assenza da segnalare.
«Ehm, ragazzi» chiamò il figlio di Afrodite, attirando l’attenzione dei presenti. «Mi dispiace interrompervi.. ma dov’è finito Sean?»
Immediatamente tutti cercarono il figlio di Eris con lo sguardo, non riuscendo a scorgerlo da nessuna parte. Una volta appurato che quel ragazzo si era allontanato, Rosalee si alzò in piedi ed afferrò il suo arco. «Vado a cercarlo.» disse con tono serio. Jasmine, allora, la imitò, avvicinandosi a lei.
La figlia di Persefone la guardò confusa, inclinando la testa di lato. «Che fai?»
«Vengo con te, forse?» replicò la figlia di Philotes. «Non penserai di andare da sola.» aggiunse poi, mettendo le mani sui fianchi.
Rosalee fece spalluce in tutta risposta. «Stavo pensando proprio a questo, a dire il vero.»
«Pessima idea!» intervenne Neal con tono di rimprovero, lanciando un’occhiataccia alla ragazza.
John annuì, prendendo anche lui parte alla discussione. «Rosalee non puoi dire sul serio, è pericoloso.»
«Lo so, è per questo che sto portando l’arco con me.» rispose, alzando l’arco per farlo vedere chiaramente al ragazzo. «Inoltre, ho bisogno di stare un po’ da sola. Vi prometto che non mi allontanerò molto e tornerò presto.» disse, supplicando i compagni con i suoi grandi occhi azzurri. Jasmine la guardò, sospirando e passandosi una mano fra le ciocche corvine. «E va bene» acconsentì, puntando poi l’indice contro la sua amica. «Ma se ti succede qualcosa, Lee, io ti ammazzo.» affermò, facendo nascere un sorriso sul viso dell’amica, che annuì e le diede un veloce abbraccio prima di avventurarsi in quel terreno sconosciuto. Jasmine si lasció cadere ricolma di preoccupazione accanto ad Anja, che le mise timidamente una mano sulla spalla per rassicurarla. John osservò la scena, vedendo anche la mano di Jasmine raggiungere un filo color terra che si poggiava intorno al suo collo e sollevarlo, mettendo in mostra una pietra di un azzurro simile a quello della gemma che avevano preso nella dimora di Veritas.
Fu pervaso dalla curiosità più assoluta, così si ritrovò a citare un verso della profezia. «Lei avrà una chiave che con onore dovranno combattere per guadagnarsi. Jasmine, tu sai di che si tratta, vero?»
Lei alzò lo spostò lo sguardo dalla pietra al figlio di Afrodite, annuendo lentamente e schiarendosi la voce. «Ve ne stavo giusto per parlare.» disse, spostando i suoi folti capelli corvini per farli cadere sulla spalla destra. «Mio padre, prima di partire, mi ha dato questo – disse sfilandosi la collana e tenendola alta, in modo che tutti potessero vedere il ciondolo – e mi ha detto che è la prima di tre parti di una chiave. La seconda l’abbiamo trovata da Veritas, ma non ho ancora ben capito come vanno assemblate perché, sì, è ovvio che vadano assemblate.» spiegò la ragazza.
«Se c’è una chiave, ci dovrà per forza essere una serratura» riflettè Annalise ad alta voce, fissando la pietra azzurra. «Cosa apre questa chiave?»
Jasmine passò le due pietre ad Anja, che ne era profondamente incuriosita, e poi rispose alla figlia di Eris. «Le porte del destino.» disse con un profondo tono solenne, probabilmente l’imitazione di quello usato da Philotes con lei.
John si accigliò. «Che cosa significa?»
«A occhio e croce direi che c’entra qualcosa con la prigionia delle Parche.» si aggiunse un nuovo elemento a questa conversazione. Tutti si voltarono nella direzione della voce, vedendo un Sean Ward che, almeno secondo John, aveva una strana espressione, quasi contenta e soddisfatta. Si chiese dove fosse stato e il perché di quell’aria compiaciuta, ma una domanda si librò nell’aria prima che lui potesse aprire bocca.
«Dov’è Rosalee?» chiese Jasmine, non vedendo la figlia di Persefone insieme al ragazzo.
Sean assunse un’espressione confusa. «Rosalee?»
«Sì, è venuta a cercarti.» intervenne Zoey.
Il figlio di Eris ci pensò su, per poi stringersi nelle spalle e scuotere il capo. «Non l’ho vista.» disse. «Ma fossi in voi non mi preoccuperei, non c’è assolutamente nulla di pericoloso lì.» disse tranquillo.
John lo guardò curioso, ponendo poi la domanda che aveva in mente. «Perché sei sparito all’improvviso?»
Sean lo guardò inarcando un sopracciglio e rispondendo in tono seccato. «Avevo sentito un rumore, ma a quanto pare era solo la stanchezza che mi giocava brutti scherzi.» rispose. «Ma invece di preoccuparci inutilmente direi di continuare a parlare di questa Chiave
John lanciò uno sguardo stranito al figlio di Eris, e si rese conto che anche Anja stava guardando con sospetto il ragazzo, allontanandosi quanto più possibile da lui e stringendo protettivamente le pietre che le aveva dato Jasmine. C’era qualcosa in Sean che lo inquietava.
E, in più, aveva una brutta sensazione riguardo alla figlia di Persefone. E se Sean…
Scosse il capo per scacciare quell’idea e si mise le mani sul viso, ricevendo un’occhiata preoccupata da parte di Neal, che da bravo medico si premurò di chiedere al ragazzo se stesse bene. John annuì, sorridendo rassicurante. «Dunque, ehm, la chiave per aprire le porte del destino, ovvero a quanto pare dove sono imprigionate le Parche… ma dove sono imprigionate?» disse cercando di mostrare una calma che non gli apparteneva.
Jasmine scosse il capo. «Non ne ho idea.»
Allora intervenne Logan. «Be’, qualcuno di voi ha avuto qualche bellissima visione onirica mirata a dirci dove si trova questo bellissimo luogo di prigionia?»
La risposta negativa fu generale, e inutile dire che ciò buttó giù il morale della squadra. John cercò di mettere insieme le informazioni e capire l’ubicazione della prigione delle Parche, ma chiaramente non cavò un ragno dal buco, anche perché perse il filo dei suoi pensieri quando si sentì un urlo femminile.
I semidei scattarono subito in piedi a quel suono, riconoscendo chi era stato ad urlare.
«Non è pericoloso, eh?» sbottò Jasmine stringendo la presa sulla sua arma.
Sean roteò gli occhi, poi tutti corsero nel bosco per vedere cosa fosse successo. La luna illuminava la zona, rendendo abbastanza visibile la strada che stavano percorrendo. Grazie al cielo, per John, dato che era solito inciampare e cadere per terra.
I semidei si guardarono intorno, cercando Rosalee, ma videro solo alberi e arbusti, nessuna figlia di Persefone.
Il figlio di Afrodite continuava a guardarsi intorno per cercare la compagna sparita, ma invece di individuare la ragazza vide uno scintillio color rubino. All’iniziò pensò di esserselo immaginato, ma poi un ringhio gli arrivò alle orecchie e vide distintamente due occhi color rosso sangue.
Ora sì che erano nei guai.


Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here
Ebbene sì, ho tardato anche questa volta. Vi chiedo scusa.
Comprendetemi, questo living hell chiamato scuola mi ha proprio risucchiato la vita. Hanno già iniziato a fissare interrogazoni e compiti, aiutatemi T^T Quindi blame the school :D
Anyway, in questo capitolo dal pov condiviso abbiamo scoperto due cose:
David e Rosalee sono fratelli biologici *zan zan zaaan*
Non vedevo l’ora di scrivere quella scena AHAHAH
Any guess su cosa ha combinato di preciso David? u.u sono curiosa di leggere le vostre ipotesi c:
• Abbiamo – o meglio, avete scoperto cosa apre la Chiave.
Vedete quante cose vi ho fatte scoprire? u.u
Sono una brava bimba c:
Io buh, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto! Sinceramente potevo fare di meglio, lo so ~
Ma vabbè, aspetto un vostro parere c: amo leggere le vostre recensioni, siete degli adorabili cupcakes, vi amo uwu
Io sparisco, per ora, perché se non che vi adoro e vi ringrazio tanto non so che altro dire AHAHAH
Mi scuso ancora per l’attesa, davvero :c
Come al solito, vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Baci,

Pendragon
  
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