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Autore: Mary_loveloveManga    14/02/2009    6 recensioni
Eccomi qui, continuamente, con un'altra one-shot. Non so come mi sia uscita. Però non mi è sembrata "malvagia" così ho deciso di pubblicarla. E la dedico alla mia dolce Giuly-chan!!! Comunque, è un pò diversa dalle altre. Parla di Kagome e di una piccola ubriacatura di una notte. Niente di sconcio, non pensate male! Comunque leggete! Anzi: LEGGETE E COMMENTATE!!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagome
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con un’altra piccola one-shot. Non so come mi sia venuta, e voi molto probabilmente vi starete stancando della mia continua presenza, ma, come ho già dello credo milioni di volte, amo questa coppia e per me è inevitabile scriverne. Anche se in teoria dovrei scrivere nuovi capitoli delle long fic. Perdonatemi, è un po’ uno svago. Comunque, una storia un po’ diversa dal solito, abbastanza corta, forse anche superficiale. Non so, ditemi voi. Mi è venuta questa idea in mente e ho deciso di scriverla. Il risultato p quello che avete qui sotto. DEDICATA ALLA MIA GIULY_CHAN!! Ora vi lascio, devo andare. E ricordate:

LEGGETE E COMMENTATE!!! Un bacione! Mary!

 

 

 

 

Piccola ubriacatura di una notte…

 

 

 

 

Le girava la testa.

Aveva decisamente bevuto troppo, la sera precedente.

Il problema è che non si ricordava il perché.

Cioè, se lo ricordava, ma le sembrava così sciocco il motivo che neanche voleva pensarci.

Si era ubriacata per la prima – ed ultima – volta nella sua vita, solamente perché quello stupido di Koga aveva fatto il cretino, per l’ennesima volta.

Il pomeriggio le aveva dato buca e, dopo averle chiesto scusa un centinaio di volte al telefono, la sera aveva fatto la stessa cosa.

Il problema era venuto quando l’aveva visto pomiciare con un’altra.

Era una cosa superflua, ormai c’era abituata, ma la cosa era peggiorata quando si era resa conto chi stesse sbaciucchiando in una maniera così… vorace.

Niente popò di meno di Kikyo, sua sorella maggiore.

In fondo è normale, pensava, lei ha sempre avuto tutto, al contrario di me…

Non aveva fatto nulla: aveva osservato da dietro un cassonetto dell’immondizia puzzolente, fino a che non si era stancata ed aveva iniziato a vagare per le vie della città.

Appena trovato un bar ci si era infilata dentro ed aveva iniziato a bere; una, due, tre, quattro, cinque bottiglie.

Il bello è che non aveva mai sopportato l’alcol. La disgustava anche l’odore, trovava infantili le persone che affogavano i loro dolori in questa maniera decisamente inutile.

Però l’aveva fatto comunque, e se ne pentiva.

L’aveva fatto per Koga, cristo santo!

Lui non conosceva la parola fedeltà. Non rientrava tra gli scarsi vocaboli del suo dizionario.

Non gli diceva più niente oramai, sapeva che la tradiva ogni volta con una ragazza diversa, ma almeno poteva evitare di portarsi a letto sua sorella!

Non l’aveva mai lasciato semplicemente per il fatto di essere troppo buona e di avere un cuore grande. Poi, quando le diceva di essere l’unica e che le altre non avevano importanza, ricadeva nella trappola come una bambina ingenua.

Tanto sapeva, era certa, che lui non l’avrebbe mai abbandonata. In fondo era con lei che stava, quando non c’era nessuna nuova ragazza da portare in camera. Quindi, in un certo senso, poteva ritenersi importante. Oppure era solamente stata fortunata – se questa poteva considerarsi una fortuna – ad essere stata la prima delle altre, per cui le era capitato il ruolo di donna fissa. Ruolo che, secondo questo ragionamento, sarebbe potuto capitare a chiunque.

Non le era mai importato, le stava bene così, ma questa volta aveva esagerato.

Si alzò, traballando leggermente. Sentiva, anche solo respirando, il fetore del suo alito.

Decisamente non avrebbe mai più bevuto neanche un solo goccetto di una qualsiasi bevanda alcolica.

In fondo che male le avrebbe fatto andare avanti ad acqua? Nessuno. Perciò…

Riuscì – miracolosamente – ad arrivare in bagno. Si appoggiò al lavandino, poi prese lo spazzolino e ci mise sopra un quintale di dentifricio. Doveva assolutamente lavarsi i denti.

Quando ebbe finito si sciacquò il volto, cercando di focalizzare meglio le immagini intorno a lei.

Vide una chiazza colorata al posto della porta del bagno; o si era rimbecillita di più, oppure quella non era la porta.

“Oddio, Kagome! Ti sei svegliata!”  la chiazza si avvicinò a lei, ogni parola che pronunciava le provocava una fitta immensa alla testa.

“Non puoi capire come mi sono preoccupata quando il taxi ti ha portato a casa in quello stato!”  continuò la figura, aiutandola a camminare e a sedersi nuovamente sul letto morbido.

Kagome continuava a non capire. Di che taxi stava parlando?

Poi ricordò: un ragazzo al locale l’aveva chiamato quando era arrivata alla sesta bottiglia di vodka e l’aveva accompagnata a casa. Sì, l’aveva anche fatta vomitare.

Rabbrividì, questo preferiva non ricordarlo.

“oh, Kagome! Perdonami! Non so cosa mi sia preso!”  l’altra parlava, lei non riusciva a capire.

“Però sai com’è Koga, mi ha persuasa ed io…”  aveva capito. La ragazza con cui stava parlando era Kikyo.

Spalancò gli occhi, le dava fastidio non riuscire a vedere bene, lo trovava altamente irritante.

Si alzò nuovamente, stropicciandosi gli occhi, non voleva ascoltare la sorella con tutte le sue patetiche scuse: non le importavano.

Non le importava più nulla di Koga. Lui era fatto così, anche se questa non era affatto una giustificazione.

Chiuse la porta della cameretta, lasciandovi dentro Kikyo, ed andò in cucina a prepararsi – come minimo – un litro di caffè.

Bevve la bevanda calda, riacquistando leggermente i sensi. L’acuto mal di testa, però, non era affatto diminuito e la stava facendo impazzire.

Non vedeva più la sorella, conoscendola si era chiusa in bagno a piangere, quando l’unica che avrebbe dovuto piangere sarebbe dovuta essere lei.

Il suono del campanello la costrinse ad alzarsi e ad andare ad aprire la porta d’ingresso.

Quando la spalancò, la richiuse immediatamente, avendovi appena trovato il creatore di tutti i suoi problemi. Sicuramente quella pettegola di Kikyo gli era andata a raccontare tutto.

Sentiva i pugni che, dall’altra parte, venivano dati alla porta.

“Maledizione, Kagome! Apri questa dannatissima porta!” 

“Vattene…”  la voce le usciva roca, non riusciva a parlare bene.

“Fammi entrare! Non è come pensi, vedi, era un gioco tra me e tua sorella, non contava nulla…”  l’altro, ancora sul pianerottolo, continuava strillare.

“Vaffanculo, Koga…” 

“Kagome! Ti prego, fammi spiegare!”

“Puoi spiegare tutto quello che vuoi, a chi vuoi. Io mi sono stufata. Vatti a fare un giro, mi fa abbastanza male la testa, le tue urla non aiutano. Ciao!”  e si allontanò dalla porta, massaggiandosi le tempie. Aveva smesso di essere il suo giocattolo, una volta per tutte.

 

 

 

2 mesi dopo…

 

 

Camminava tranquilla, stringendosi nella sua giacca a vento.

L’inverno era alle porte e faceva piuttosto freddo.

Le cose con sua sorella si erano sistemate. In realtà, non ne avevano mai parlato. Avevano iniziato ad ignorarsi, ma Kagome, stanca di quella situazione, ci aveva dato un taglio, reinstaurando i rapporti.

Con Koga aveva chiuso; lui, dopo qualche altra visita a casa sua, era sparito dalla sua vita, finalmente. Le era arrivata voce che ora, al posto suo, c’era un’altra donna. L’unica cosa che provava era dispiacere, ma verso la ragazza, non verso di lui.

Improvvisamente inciampò e chiuse gli occhi, preparandosi a cadere rovinosamente a terra. Si stupì, quando ciò non accadde.

Aprì gli occhi ed alzò lo sguardo, davanti a lei c’era un ragazzo che avrà avuto circa un anno più di lei, lunghi capelli argentati scompigliati dal vento e profondi occhi ambrati, fisico muscoloso ed un bellissimo sorriso.

Arrossì violentemente quando si rese conto di essergli praticamente in braccio.

Si staccò velocemente da lui, porgendogli le sue scuse.

“Ehi, ma tu sei la ragazza del bar!”  disse il ragazzo.

“Come scusa?”

“Sì, la ragazza che si era ubriacata, ti ho portato a casa io, non ricordi?” 

“Oh… è vero! Scusa sai, non ricordo molto di quella sera…” spiegò Kagome, diventando lievemente rossa.

“Tranquilla, comunque, come stai?”  chiese lui.

“Molto bene grazie, tu? Scusami, non ricordo il tuo nome.”

“Benissimo. Io sono Inuyasha, piacere.”  Il ragazzo le porse la mano, che lei subito strinse.

“Piacere, Kagome.”

“Senti, hai da fare? Che ne dici di andare a prenderci qualcosa al bar?” chiese Inuyasha, sorridendole dolcemente.

“Dico che è un ottima idea!”  

Alla fine quella brutta serata aveva anche portato di qualcosa di buono, forse…

 

 

  
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