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Autore: Naco    14/02/2009    6 recensioni
C’era un giorno in cui le favole si avveravano.
C’era un periodo in cui i sogni diventavano realtà.
C’era una volta in cui l’amore vinceva su tutto.
C’era.
Passato.
Un tempo che indica qualcosa di finito, estinto, durato per un certo arco di anni e poi tramontato. Per sempre.
C’era una volta.
Anche io avevo creduto che ci sarebbe stato un lieto fine, per noi.
Genere: Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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C’ERA UNA VOLTA…

"Love can touch us one time and last for a lifetime."
(My heart will go on – Celine Dion)

C’era un giorno in cui le favole si avveravano.
C’era un periodo in cui i sogni diventavano realtà.
C’era una volta in cui l’amore vinceva su tutto.
C’era.
Passato.
Un tempo che indica qualcosa di finito, estinto, durato per un certo arco di anni e poi tramontato. Per sempre.
C’era una volta.
Anche io avevo creduto che ci sarebbe stato un lieto fine, per noi.

Nel profondo dei miei ricordi, ti vedo sorridere.
Ma per qualche motivo, nel profondo del mio cuore ho iniziato a soffrire.
I cieli sono sempre tersi in questi momenti.


Avevo sognato che il tempo si sarebbe fermato e ci avrebbe aspettati, avrebbe inseguito al mio fianco i rapinatori e gli estorsori che incontravamo sul nostro cammino, e non mi avrebbe abbandonato neppure quando, di giorno, di notte, a tutte le ore, scappavo e fuggivo da quei tuoi kompeito che, non ho ancora capito perché, non riuscivo mai a evitare.
Forse perché, semplicemente, non volevo.
Perché l’unica cosa che desideravo, l’unica cosa che bramavo sopra ogni altra, era vedere il sorriso radioso sul tuo volto, sorriso che soltanto io avevo la capacità di cancellare, mentre lacrime salate iniziavano a solcare le tue morbide guance.
Ma ero anche l’unico a saperlo rendere così dolce, così magico. Credevi che non me ne sarei mai accorto? Ti sbagli, Kaori, l’ho sempre saputo.
Lo sapeva il mio cuore che iniziava a palpitar più forte, facendomi quasi morire dalla paura che volesse sfuggirmi dal petto per raggiungerti; lo sapeva il mio “amico”, che io cercavo sempre di placare, perché dovevo, perché tu eri tu, e per definizione tu eri l’unica donna che non poteva indurirlo, lo avevo ripetuto dieci, cento volte, più per convincere me stesso, suppongo.
Lo sapeva il mio cervello che perdeva la cognizione del tempo e dello spazio e mi portava a chiedermi che diavolo fosse successo, dove mi trovassi, perché due occhi nocciola mi avevano intrappolato nel loro labirinto di amore e dolcezza.
Lo sapeva la mia fantasia, che iniziava a volare lontano, ben oltre quelle immagini che tu hai sempre creduto ronzassero nella mia mente di pervertito, immaginando una vita diversa, insieme a te, una vita come due persone normali che si amano e non desiderano niente altro che stare insieme per sempre.
Proprio come in una favola.
C’era una volta…
Ma la vita non è una favola, avremmo dovuto saperlo, e io più di chiunque altro. La nostra è solo sopravvivenza in una jungla in cui il più forte uccide il più debole, il più scaltro prevale sul meno accorto, il leone sulla gazzella, il cacciatore sul leone.
Il cacciatore sul leone.
Questo paragone mi fa quasi sorridere.
Mi chiedo chi io sia, il leone o il cacciatore? Il cacciatore che cattura le sue prede per poter permettere ad altre gazzelle di correre felici, di continuare la loro vita e difenderle ancora, qualora un altro possibile predatore voglia attentare ancora alla loro incolumità?
No, direi piuttosto che sono il leone.
Una volta mi dissero che il leone in realtà non fa paura come sembra, che la sua principale occupazione sia mangiare, dormire e fare cuccioli.
Questo sono proprio io.
Sono quel leone che insegue gli animali feroci e poi cerca rifugio tra le braccia di una leonessa, come l’istinto gli insegna a fare. Che sia la sua regina o un’altra, poco importa: è una leonessa e tanto gli basta. La sua regina è lì, nella tana, ad aspettarlo, sveglia fino a mattina, perché spera in un suo veloce ritorno, rimanendone ogni volta delusa.
Sì, questo paragone mi calza a pennello.
Sono davvero un leone, il re della foresta.
E come ogni re, anche io ho rischiato più volte di perdere il mio trono, ostacolato da rivali sempre più forti, da amici che si sono rivelati degli avversari spietati, da nemici che ora sono al mio fianco.
Ma ormai sono un leone stanco di essere re, deciso una volta per tutte a finirla.
Finirla per mano di un altro leone, affinché si aggiudichi il trono tanto agognato da molti, ma mai raggiunto? O forse da un arguto cacciatore, che, ignaro di tutto, si apposta a colpire la sua prossima preda?
Un cacciatore chiamato destino.
Un fucile chiamato morte.
Proprio come in una favola.
Il leone crudele è stato abbattuto dal cacciatore senza macchia e senza paura.
Mi ricorda una fiaba che si legge ai bambini prima di addormentarsi…
Una volta la raccontasti alla piccola Mayuko, quando eri stata ricoverata per l’appendicite, no? Però, se non sbaglio, non si trattava di un leone, ma di un altro animale… è inutile, non mi ricordo il titolo… c’era una bambina con un cappuccio rosso, mi pare… accidenti, sono una frana in queste cose, non ci capisco niente di favole, io.
Una favola.

Se solo tempo fa non avessi cercato di comportarmi così duramente,
se solo fossi stato capace di mostrarti il mio lato sensibile,
ti avrei ancora vicino a me?


Te la ricordi anche tu, quella notte? Quella sera in cui ti trasformasti nella mia piccola Cenerentola? Ricordo ancora il momento in cui ti vidi, seduta lì, a quel bancone, mentre quel mascalzone ti importunava.
Mi sono chiesto mille volte perché quella sera non ti abbia baciato: avrei potuto farlo tranquillamente, senza che tu potessi avere il minimo sospetto che ti avessi riconosciuta.
E invece no, mi fermai.
Mi fermarono i tuoi occhi, così dolci, così smarriti, il tuo cuore, che batteva così forte che anche io riuscì a sentirlo, le tue braccia che tremavano sotto il mio tocco… mi fermò quella Kaori che nascondevi sotto quella parrucca, sotto il leggero mascara che incorniciava i tuoi occhi. La vera Kaori. La mia piccola Cenerentola.
Una fiaba.
No, quella sera non fu come una fiaba.
Non ci fu nessun bacio, come suggello finale di quelle ore, non ci furono sorrisi e un classico “The End” al centro dello schermo. C’erano ancora le tue lacrime, mentre mi lasciavi lì, con quell’orecchino fra le mani, unico mio compagno per quella sera.
C’era.
Un momento passato, che non tornerà mai più.
Un ricordo fugace nei meandri della memoria.
Come una favola che hai sentito da piccolo e che ogni tanto ti torna in mente, magari con un pizzico di nostalgia, perché ti ricorda quel bambino che eri, così diverso da quello che oggi sei.
Anche la nostra vita insieme è stata quindi una favola, Kaori?
Forse sì. Nonostante il dolore per la perdita di persone a noi care, nonostante il male che infesta questo mondo, gli anni passati insieme sono stati davvero una favola, per me. Perché ogni giorno c’era un lieto fine diverso, che fosse un caso risolto, che fosse un tuo sorriso, che fosse un pranzo preparato da te.

Mio triste angelo, mio angelo ferito,
senza nemmeno dire una parola sei volato via
non mi hai nemmeno detto addio.
Mi domando cosa tu stia facendo ora.
Dove sei, angelo mio?


Ma anche il tempo delle favole finisce, e la realtà torna a reclamare la sua importanza.
Tu sei stata la mia favola, Kaori. Quella che mi ha permesso di crescere, di diventare una persona diversa, di mettere una pietra sopra a quel passato oscuro e triste che non posso dimenticare, ma posso accantonare in un angolo del mio cuore, vedendolo per quello che è. Passato.
C’era una volta.
Ma il passato può essere accantonato, ma mai dimenticato. Rimane lì, da qualche parte nel tuo cuore, finché, quando meno te lo aspetti, torna prepotente a farsi sentire. Un po’ come una fiaba, che all’improvviso ti torna in mente e non sai perché. E’ qualcosa che ormai è lì, radicato, e non potrà mai andare via.
E io non voglio che la tua favola vada via, Kaori.
Voglio che il tuo ricordo torni a farmi visita ogni notte, che mi racconti ancora come hai trascorso la giornata, gli appuntamenti che hai trovato sulla lavagna in stazione, che mi faccia ancora la ramanzina “non ci provare con quella cliente sennò te la vedrai con me”.
Voglio che continui a vivere con me, e per me. Per sempre.
Affinché tu non sia il passato, ma il presente e anche il futuro.

“Non ti sei ancora arreso, vero, Ryo?”*
No, Saeko. Kaori tornerà. In altre sembianze, in altra forma, con un nuovo corpo, ma tornerà. Lo sento e lo so. Dopotutto anche le favole sono così: cambiano i protagonisti, cambiano i luoghi, ma raccontano sempre la stessa storia: l’eroina e l’eroe, dopo mille peripezie, riescono a vincere il cattivo e a stare insieme per sempre.
E allora, Kaori, non sarai più solo il ricordo di una favola che mi ostino a non dimenticare, ma una storia ancora da scrivere, insieme. Per l’eternità.
Questa volta, con un lieto fine.



* E’ una battuta che si trova nel manga di Angel Heart e che Saeko dice a Ryo, parlando appunto di Kaori.


Note dell’autrice
La mia coscienza e il mio orgoglio mi impongono di spiegare ‘sta roba! XD Dunque, come chiunque mi conosca può immaginare, questa storia ha ormai la sua bella età. Quanti anni? Almeno cinque, direi. Nel corso di questi cinque anni, chiunque abbia letto almeno una mia storia recente (o qualsiasi cosa che abbia scritto di mio pugno) saprà che il mio stile è cambiato profondamente e che ormai sono lontani i periodi in cui mi drogavo per scrivere robe tristi e deprimenti.
Questa fanfiction, incompleta, sarebbe rimasta nel dimenticatoio se non fossero accorsi due episodi: innanzi tutto, l’ascolto della canzone che segna tutta la storia, Kanashimi no Angel, quarta ending di Angel Heart, che ogni volta mi fa piangere come una cretina e che continuo a considerare una manna, per quanto sia adatta. Ecco, per chi non lo conoscesse, il testo (Per il testo si ringrazia AnimeLyrics):

Kioku no hate de kimi ga waratta
Naze ka kokoro no oku ga sukoshi itamidasu
Konna toki ni kagiri sundeiru sora

Moshimo ano toki ni tsuyogaranai de
Chanto yowasa wo miseru koto ga dekita nara
Boku ha kimi no yoko ni mada ita no ka na?

Kanashimi no ANGEL kizutsuita ANGEL
Kimi ha damatta mama tobitatta
Sayonara sae mo iwazu ni
Ima nani wo shiteru darou
Doko ni iru ANGEL

Kanashii hodo no aoi kono sora
Naze ka koko de aeru youna ki ga shitanda
Ano hi kimi ni atta kono machikado de

Futatsu no kokoro ga kasanariatta
Kitto are ha maboroshi nanka janai to
Boku ha ima mo shinjitsuzuketeiru yo

Kanashimi no ANGEL kizutsuita ANGEL
Kimi no itami ni kizukenakatta
Aishiteta no ni kono kyori
Chikakunari sugiteita
Doko ni iru ANGEL

Ikikau hitonami
Hitori sakaratte
Ashibaya ni aruita
Kimi no koto wo omoinagara

Kanashimi no ANGEL kizutsuita ANGEL
Kimi no itami ni kizukenakatta

Kanashimi no ANGEL kizutsuita ANGEL
Kimi ha damatta mama tobitatta
Sayonara sae mo iwazu ni
Ima nani wo shiteru darou
Doko ni iru ANGEL


Ovviamente, la traduzione non è mia, ma degli UMS che l’hanno tradotta per il karaoke della sigla.

Il secondo motivo che mi ha portato a finire questa fanfiction è questa sfida, indetta da Defender, che il mio inconscio ha trovato come scusa valida per spolverare un po’ il mio archivio di “idee lasciate là a marcire” e per degnarsi di scrivere quelle storie che sono già pronte nella mia testa, ma non ancora su carta.
La frase riportata in cima, che è poi uno dei prompt che mi sono stati assegnati, mi ha riportata alla mente questa storia e finalmente mi sono decisa a finirla. Non che la reputi chissà che capolavoro – fa schifo pure a me, per intenderci – ma almeno posso dire di averla portata a termine. XD
Chiunque conosca City Hunter e Angel Heart noterà che il Ryo Saeba qui rappresentato è molto più simile a quello della seconda serie che della prima, nonostante gli eventi che lui riporta alla memoria sono quelli di City Hunter. In realtà, quello che qui volevo rappresentare è un trait d’union fra i due manga: Hojo afferma che Angel Heart è un AU, ma io, almeno all’inizio, non sono riuscita a vederlo come tale. Per questo motivo, ho voluto esprimere in queste righe un Ryo di transizione. E spero proprio di esserci riuscita. ^^
   
 
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