Non voglio tu faccia la mia stessa
fine,
cara piccola Aya. Ti conosco da tanto, tanto tempo. Mi ricordo ancora,
quel
giorno. Quando mi hai vista, hai fatto un grosso sorriso e sei corsa
contro tuo
padre ringraziandolo. Già,tuo padre. Colui che mi ha resa
così, cara piccola
Aya. Sai? Ero una bambina come te. Avevo le codine, mi piaceva cantare
e
correvo in mezzo ai fiori. Ero davvero piccola, quando mi ha trovata.
Correndo
tra i fiori di un’aiuola comunale, ero arrivata in una strada
poco trafficata.
Mi guardavo a destra e a sinistra, per cercare i miei genitori, e un
uomo si
avvicinò.
-Ehi, piccolina, ti sei persa?- mi
aveva
chiesto gentilmente.
Sapevo di non dover parlare con gli
sconosciuti, ma ero spaventata, cara piccola Aya.
Dissi di sì asciugandomi
qualche
lacrima.
Allora lui si
inginocchiò e mi sollevò
il viso.
-Avanti, non piangere, non sta bene
su
un visino carino come il tuo. Ti riporterò dai tuoi
genitori,va bene, piccola?-
e mi tese la mano rialzandosi.
Fissavo la mano, e poi i suoi
occhi.
Sembrava gentile, sembrava volermi aiutare perché gli
piaceva aiutare la gente.
Come mi sbagliavo, cara piccola Aya.
Allungai la mia manina sulla sua e
gli
descrissi i miei genitori. Solo dopo qualche minuto mi ero accorta che
non
stavamo tornando nel parco. Mi condusse ad una macchina, dicendomi che
così
avremmo trovato sicuramente i miei genitori.
Da bambina ingenua, annuii e mi
sedetti
sul sedile del passeggero. E guardavo fuori, scorrevo ogni viso
sperando di
vedere quello delle persone che cercavo.
Passò qualche tempo,
forse minuti, forse
ore, ma non trovammo nessuno.
Quando finalmente scorsi il volto
di mia
madre in lacrime, che sicuramente era preoccupata per me, alzai una
mano e feci
per scendere dall’auto, ma l’uomo aveva impostato
la sicurezza.
-Signore? Grazie mille, ho trovato
la
mia mamma!-
Stavo già pensando alle
polpette che
avrei mangiato a cena, cara piccola Aya.
Lui si voltò leggermente
verso di me, e
stava ancora sorridendo. Solo che non era più il sorriso
gentile di prima. Era
un ghigno spaventoso. Mi feci piccola piccola contro lo sportello.
-Può.. farmi scendere?-
chiesi con un
filo di voce.
Lui alzò un sopracciglio
e mi fissò a
lungo.
Poi mise in moto l’auto e
ci
allontanammo.
-A-aspetta,
c’è… c’è mia madre
là!-
urlai indicandola.
L’uomo non rispose, non
disse nulla,
solo continuò a guidare. Mi alzai in piedi sul sedile e
cominciai a colpirlo
con le manine, ma riuscii solo a provocargli un leggero solletico.
Allora mi
lanciai verso di lui sperando di impedirgli la visuale, ma mi
intercettò a
mezz’aria e mi depositò sul sedile, allacciando la
cintura di sicurezza.
-Se ti agiti così,
otterrai solo che
andremo a sbattere contro qualche muro e moriremo entrambi. Se invece
stai
buona, potrò farti rivedere la mamma, un giorno-
Mi sentivo già
prigioniera, cara piccola
Aya.
Avvicinai le ginocchia al petto e
cominciai a piangere. Lui non ebbe alcuna reazione. E così
continuammo il
tragitto, arrivando fino ai vecchi sentieri di campagna. Finalmente si
fermò
davanti una grossa villa. Si slacciò la cintura e scese
dalla macchina. Aprì la
mia portiera e mi strinse per un braccio, impedendomi di correre via.
-Questa è casa mia,ti
piace?-
E fu così che arrivai a
quel vecchio
laboratorio, cara piccola Aya. E fu così che
quell’uomo mi fece a pezzi con
leggerezza. E fu così, che mi riunì assieme ad
altre sfortunate come me. E
adesso sono qui, seduta sul tuo comodino, a prendere polvere, cara
piccola Aya.
Un tempo giocavi molto con me, ma
adesso
sei cresciuta. Non smetterò comunque di volerti bene, non
voglio che tu faccia
la mia stessa fine.
E’ per questo che ti
chiederei di non
andarlo a salvare, quel pazzo. Ho ascoltato i suoi discorsi. So cosa
vuole
farti. Ma tu sei già uscita dalla porta, cara
piccola Aya.
Sono in buona compagnia, qui.
Spesso
parliamo di noi, delle nostre storie, del nostro passato. Altre volte,
invece,
stiamo in silenzio, soprattutto quando entra qualcuno. Come adesso.
Infatti,
che ti guardi attorno, ci sei tu, la bambola preferita. Vorrei potermi
sgranchire
le gambe e venire vicino a te, magari a parlarti un po’, solo
che non posso. Le
mie gambe, non me le sento più. In realtà non
sento più nemmeno il mio corpo.
So solo che ci vedo, e che ci sento.
Accanto a me
c’è una ragazza, nella mia
stessa situazione. Solo che lei ha i capelli biondi, non rossi, come i
miei.
Siamo molto amiche, noi due, dato
che
siamo davvero vicine.
Quando sono entrata, anzi,stata portata in questa stanza, ho visto
una grossa poltrona di velluto rosso. Pensai subito fosse per me:
insomma, il
rosso mi si addice, non è vero? Rossi i miei capelli, rosso
il mio vestito.
Rosso il sangue che scorreva, rossi i folli occhi di
quell’uomo. Ma invece no:
venni posizionata di lato,come fossi uno scarto,qualcosa di non
importante.
All’inizio non mi feci troppi problemi: si sa, stavo solo
pensando a casa mia,
a mio padre e al mio fratellino.
Ma poi i giorni passarono, e mi ero
arresa al fatto di non poterli vedere mai più. Invece ho
visto te: ti ho vista
crescere, giocare ingenua con tutte le bambole qui presenti. E quando
ti sei
avvicinata a me, guardandomi con quegli occhioni color del cielo, ho
avuto
l’istinto di indietreggiare, ma sapevo di non poterlo fare.
Mi hai guardata a
lungo, poi sei tornata a giocare con le altre bambole. Ogni volta che
tornavi,
giocavi con loro, non mi degnavi di uno sguardo. Non te l’ho
mai perdonato.
All’epoca, la ragazza accanto a me non c’era, ed
ero piuttosto lontana dalle
altre. Cercavo un po’ di compagnia, e tu non me
l’hai data. Perciò, quando ho
sentito dei progetti di tuo padre, non mi è dispiaciuto
neanche un po’. L’unica
cosa che non ho digerito è che avrai il posto
d’onore, in questa stanza, dove
finora comandavo io.
Poco tempo fa, una donna castana mi
è
apparsa davanti, proponendomi di tornare in vita per uccidere suo
marito, per
far parte della sua maledizione, per impedirgli di farti del male. Le
ho
risposto di no. Perché dovrei farlo? Perché
dovrei impedirgli di farti capire
come mi sono sentita quando sei andata via senza nemmeno darmi un nome,
come
facevi con tutte le altre? Per questo, ti sto guardando, mentre scosti
la
tenda, scoprendo due mie sorelle. Vestite di rosso. Rosso, come il
colore del
tuo sangue che bagnerà la pietra. Rosso, come il colore
degli occhi dell’uomo
che porrà fine alla tua vita. Rosso, come il colore dello
scranno, sul quale
passerai l’eternità.
AngoloMe
E anche questa One-Shot
è finita. Come
avrete capito, è scritta dal punto di vista di due bambole:
la prima, nella
camera di Aya, le è affezionata. La seconda, nella stanza
delle bambole, la
odia, per un motivo abbastanza inutile, ma ho voluto un po’
farla sembrare
dalla mente contorta perché è molto tempo che
è una bambola.
Spero che le ripetizioni non siano
troppo strane (?) e che abbiate un po’ capito il tutto C:
Alla prossima!
Annabeth