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Autore: unannosenzapioggia    02/10/2015    7 recensioni
I am lost for words / The silence burns so much it hurts
[derek hale x female!oc]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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salve, popolo di Teen Wolf!
è la prima volta in assoluto che scrivo qualcosa su questa serie tv, ANZI, è la prima volta in assoluto che scrivo su una qualsiasi serie tv, quindi perdonatemi se questa storia farà schifo! non sono abituata a scrivere su personaggi già esistenti, che hanno già una loro fisicità, un loro carattere e così via; di solito sono io a creare tutto dal niente.
questo è il motivo per cui ho deciso di inserire lo "spazio autore" all'inizio; perchè vorrei spiegarvi alcune cose.
  • la storia ha i personaggi/luoghi e qualsiasi altra cosa che appartenga a TW ma ho stravolto un po' le cose, quindi non è inserita all'interno di una delle stagioni; è una storia del tutto nuova, anche se ci saranno riferimenti a eventi accaduti nella serie
  • il primo capitolo fa schifo ma non essendo abituata a scrivere su serie tv è un po' difficile per me, abbiate pazienza!
  • i personaggi saranno un po' tutti presenti (ad eccezione di Allison, perchè avrei dovuto affrontare il discorso della sua morte e già la storia in sè sarà complicata, quindi ho deciso di non metterla)
spero di aver detto tutto, in casa abbiate domande non esitate a chiedere!
adesso vi lascio e vi auguro buona lettura
un bacio,
Giulia
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CAPITOLO UNO: WIDE AWAKE OR DREAMING
 
Il vento soffiava forte, impedendole di camminare e l’oscurità la circondava. Non sapeva con precisione dove si trovasse: i suoi occhi si erano abituati al buio, ma non riusciva a vedere. Muoveva piedi e gambe con incertezza, cercando di non inciampare o rimanere incastrata nella poltiglia di terra e foglie che ricopriva quella zona. Era abbastanza sicura di essere in un bosco: ogni tanto si era fermata e allungando le mani aveva incontrato la superficie ruvida di qualche albero. Non sapeva cosa ci facesse lì, né il perché e come ci fosse finita. Sapeva solo di star camminando verso una precisa meta – anche se non la conosceva – e di non star scappando da qualcuno. Si voltò di scatto un paio di volte, guardandosi alle spalle. Aveva sentito un rumore, come un fruscio di foglie, come se ci fosse qualcun altro lì con lei. Ma quando si fermò ad ascoltare meglio, non sentì più niente. Con il cuore che le scoppiava nel petto, le gambe che le facevano male e lo sforzo mentale che stava facendo per capire dove fosse, continuò a camminare. L’unica fonte di luce era la luna piena, ma nonostante il suo bagliore bianco, non era molto d’aiuto.
Il fruscio di foglie si presentò di nuovo, bloccandola sul posto. Si voltò ancora e quello scomparve. Si mosse di nuovo e sentì le foglie sotto di sé scricchiolare. Fu presa dal panico, quando si rese conto di non essere lei la causa del movimento delle foglie sparse a terra. Rimase in attesa per qualche secondo, finchè non sentì di nuovo quei passi, che però si stavano allontanando velocemente.
Tirò un sospiro di sollievo, fece qualche altro metro ma fu costretta a fermarsi quando i suoi piedi incontrarono una pozzanghera. Alzò lo sguardo e con grande sorpresa, riuscì a vedere ciò che aveva davanti. Un lago in mezzo al nulla si estendeva in lontananza fino a confondersi con l’orizzonte. Aveva un colore grigiastro, probabilmente dovuto alla luna che si rifletteva sull’acqua. Era circondato da alberi alti e scuri e da una leggera nebbia che rimaneva sospesa e rendeva l’atmosfera ancora più inquietante.
Fece un passo indietro, controllando la sua paura. Era sicura di essere sola: i passi che aveva sentito erano scomparsi del tutto.
Nonostante il terrore e il buio impenetrabile, decise di tornare indietro. Non si ricordava come fosse finita lì, ma l’unica cosa che desiderava era tornare a casa. Stava per farlo, quando sentì un pianto: era un bambino. Non sapeva da dove provenisse, ma diventava sempre più forte, più doloroso per le sue orecchie e il suo cuore. Prese a correre nella direzione dalla quale secondo lei provenivano quei singhiozzi. Corse sempre più veloce: le gambe non le facevano più male, il cuore batteva forte, la collana di sua madre si scontrava con la sua pelle chiara ad ogni passo e il respiro si faceva sempre più irregolare.
Continuò a correre, mentre il pianto di quel bambino si trasformava in una serie di singhiozzi ritmici, quasi inumani. Erano sempre più forti ed era sicura che le avrebbero perforato i timpani. Fu costretta a fermarsi e cadde a terra sulle ginocchia, tenendosi la testa per tapparsi le orecchie.
 
Il suono ritmico e metallico della sveglia sul comodino le fece aprire gli occhi di scatto e respirare con difficoltà. Si guardò intorno preoccupata, immersa in un bagno di sudore, ma quando si rese conto di essere nella propria camera al sicuro, si rilassò rimanendo per qualche minuto sotto le coperte. Il suo respiro tornò regolare, così si alzò fiondandosi sotto la doccia, per paura di far tardi a scuola.
Quello sarebbe stato il suo primo giorno: se n’erano andati da Beacon Hills quando aveva appena tre anni, per via del lavoro di suo padre, ma adesso che l’uomo aveva ottenuto un trasferimento, avevano deciso di tornare lì.
Ovviamente, non si ricordava quasi niente di quella cittadina e non conosceva nessuno, quindi era come se avesse dovuto cominciare una nuova vita da tutt’altra parte.
L’acqua scivolava calda e confortante su tutto il suo corpo, permettendole di rilassare i muscoli tesi e la mente. Non era la prima volta che faceva un incubo del genere: da quando era tornata in quella cittadina – un mese prima, ad agosto – si era presentato quasi tutte le notti, ma comunque era stato una costante durante tutta la sua vita.
Non gli aveva mai dato molta importanza, anche se non la faceva dormire la notte, perché alla fine era uno stupido incubo. Piuttosto, la cosa che la incuriosiva di più era che fosse sempre lo stesso e che in tutti quegli anni non fosse mai riuscita a capire chi fosse il bambino e chi l’avesse seguita, prima di giungere al lago.
Ritornò alla realtà, quando un po’ di sapone le finì negli occhi e fu costretta a sciacquarli, per poi fare lo stesso con il resto del corpo e uscire dalla doccia.
Si preparò in fretta e in modo confuso, con l’ansia che le scorreva letteralmente nelle vene. Dimenticò l’incubo, preparò la cartella infilandoci gli ultimi libri e si avviò al piano di sotto per fare colazione.
Sorrise entrando in cucina e vedendo la madre prepararle la solita tazza di caffè, accompagnata dai suoi biscotti al cioccolato preferiti.
«Buongiorno» le disse la donna, pulendosi le mani per poi baciarla affettuosamente sulla fronte. Con un gesto della mano, le indicò la colazione pronta sul tavolo. Poi però, il suo sguardo si fermò preoccupato sul viso della figlia «Tesoro, stai bene? Sei un po’ pallida»
«Sto bene» rispose la ragazza, sperando che non le facesse altre domande. La madre non sapeva di quell’incubo e di quante volte si fosse svegliata nel cuore della notte sudata, impaurita e in lacrime «Sono solo un po’ nervosa per il primo giorno»
 
A: Derek (8:09 am)
“Ci vediamo oggi pomeriggio al loft per allenarci?”

Da: Derek (8:10 am)
“Ok, ma niente Stiles”

A: Derek (8:10 am)
“Come? Perché?”

Da: Derek (8:11am)
“Perché mi manda in bestia”

A: Derek (8:12 am)
“Guarda che sono qui!! Riesco a leggere quello che scrivi!! –Stiles”

Da: Derek (8:12 am)

“Meglio, riesci anche a capirlo?”
 
«E’ fastidioso, dio!» esclamò il ragazzo, camminando accanto all’amico e cercando di non andare a sbattere contro gli studenti che venivano dalla direzione opposta. Scott sorrise come al suo solito, arricciando leggermente il naso, mentre teneva ferma la cartella sulle spalle.
«E’ Derek» disse infine, arrivato al suo armadietto. Ripose il cellulare in tasca e afferrò i libri che gli sarebbero serviti quel giorno «Comunque, puoi venire oggi, non ti ucciderà»
Stiles alzò entrambe le sopracciglia con fare ovvio «Lo so»
L’amico stava per replicare, quando Kira arrivò correndo, fiondandosi tra le braccia di Scott.
I due cominciarono a parlare di argomenti schifosamente romantici e a scambiarsi qualche bacio: Stiles sbuffò annoiato e si allontanò lasciandoli soli, per avviarsi in classe. Un altro anno stava per iniziare e sperava di poter vivere tranquillamente, senza dover salvare il proprio migliore amico dalle grinfie di qualche mostro con poteri soprannaturali. Scott era il lupo mannaro, ma senza Stiles non poteva farcela. Continuò a camminare, con un’espressione disgustata, stanca e annoiata stampata sul volto, percorrendo tutto il tragitto verso la prima lezione di quella mattina. La matematica gli piaceva, ma era un tipo pigro quando si trattava di scuola e lacrosse, quindi avrebbe preferito rimanere al caldo, sotto le coperte, anche quella mattina. Sovrappensiero – come sempre – arrivò a destinazione, dimenticandosi per un attimo di Scott e Kira che stavano orribilmente attaccati come due sanguisughe contro gli armadietti e svoltò l’angolo, per entrare in classe. Invece di trovare la porta dell’aula, andò a sbattere contro qualcuno facendolo cadere a terra.
«Scusa!» esclamò, cadendo dalle nuvole.
La ragazza che aveva di fronte gli era sconosciuta, ma non sembrava arrabbiata. Aveva i capelli mossi e scuri che le ricadevano sulle spalle e gli occhi azzurri e cristallini come il mare. La sua pelle era chiara, quasi pallida e le labbra più rosee del dovuto. Assomigliava a Biancaneve.
Ritornò alla realtà e si accucciò accanto a lei, aiutandola a recuperare le sue cose. Si alzarono entrambi e per un po’ un silenzio carico d'imbarazzo aleggiò tra di loro.
«Allora… grazie» cominciò la ragazza.
«Di niente» sorrise Stiles «Sei nuova? Sono Stiles, comunque»
«Emma, piacere» rispose timidamente. Le sue guance si tinsero di rosso e il ragazzo la trovò tremendamente adorabile «Sì, si vede tanto?»
«Un po’, mi sembri... persa»
«Lo so, infatti, stavo cercando l’aula di matematica»
Stiles sfoggiò il suo sorriso da “Io lo so e posso aiutarti” che secondo lui riusciva a conquistare tutte le ragazze, ma a detta di Scott era inquietante e «E’ questa, anch’io ho matematica adesso»
La ragazza gli sorrise riconoscente ed entrambi entrarono e presero posto. Furono raggiunti dopo qualche minuto da Scott e Kira che si sedettero vicini, dietro a Stiles.
Emma non si unì a loro: si limitò a sedersi in prima fila, vista la difficoltà a vedere nonostante gli spessi occhiali da vista appoggiati sul naso, e non parlò più con nessuno. Non le era mai stato facile fare amicizia e nonostante Stiles – che non poteva certo considerare un amico, visto che si erano solo scontrati in corridoio – sapeva che avrebbe faticato anche in quella scuola. Infatti, l’unica cosa che le mancava veramente della sua vecchia città erano gli amici.
La lezione durò un’ora, ma sembrò passare in cinque minuti. Le piaceva la matematica e tutto ciò che riguardava la scienza, quindi per lei era divertente e molto interessante studiare quelle materie. Non sapeva da chi avesse preso tutta questa sua bravura a scuola, ma era sicura che fosse nel suo DNA: magari qualche suo antenato era stato un brillante scienziato.
Anche il resto della giornata passò velocemente, sebbene non avesse scambiato parola con qualcuno. Saltò il pranzo, troppo imbarazzata da sedersi da sola ed esser osservata da tutti e non troppo speranzosa nel fatto che Stiles le chiedesse di unirsi a lei. Così, preferì scegliere la strada più facile: si chiuse in biblioteca a mangiare il suo panino e a leggere un libro.
L’ora di tornare a casa arrivò in un battibaleno e senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò in piedi di fronte al suo armadietto per riporre i libri prima di tornare a casa.
Lo aprì e mise in ordine alcuni quaderni, ma fu distratta da un suono assordante provocato da un corpo sbattuto contro un armadietto vicino al suo.
Quando si accorse di Stiles completamente schiacciato contro il metallo azzurro da un altro ragazzo, spalancò gli occhi, colpita da un misto di sorpresa e paura.
«Prova a dire di nuovo una cosa del genere e giuro che ti stacco la testa a morsi» sibilò il ragazzo, tenendolo stretto per il colletto.
«Non essere così drammatico, Derek» lo riprese Stiles «Non è colpa mia se sei noioso e tieni sempre il muso!»
Ad Emma scappò da ridere, senza nemmeno accorgersene, ma si bloccò immediatamente quando due occhi chiari – probabilmente un misto tra verde e grigio – le fermarono il battito cardiaco e il respiro nei polmoni. Brillarono sotto il neon bianco del corridoio e la fecero tremare di paura. Rimase ferma in quella posizione, mentre lui si avvicinava lentamente e non le staccava gli occhi di dosso. Era alto, con i capelli corvini e vestito completamente di nero. Uno così non passava inosservato, ma una come lei lo avrebbe ignorato senza pensarci due volte.  
Si fermò solo quando notò che lo sportello aperto dell’armadietto fosse l’unico ostacolo a dividerli. La guardò ancora negli occhi, scrutandola attentamente, sperando veramente di impaurirla, per quello che ad Emma sembrò un tempo infinito.
«Che hai da ridere, uhm?» ringhiò alla fine. Emma sobbalzò e fece un passo indietro.
«Derek!» lo riprese Stiles con tono severo. Il ragazzo fece finta di non sentire quella voce così fastidiosa da essere la protagonista della sua vita da qualche anno ormai e un sorrisetto soddisfatto si formò sul suo volto quando tornò a guardare la ragazza e l’unica cosa che vide furono i suoi occhi ancora spaventati.
Alla fine si allontanò senza aggiungere altro ed Emma riprese a respirare, lasciandosi andare contro il metallo freddo dell’armadietto. Stiles si precipitò da lei, con la paura che svenisse da un momento all’altro, ma «Sto bene» fu tutto ciò che uscì dalla bocca della ragazza.
Tirò fuori la sua bottiglietta d’acqua e gliela passò «Scusalo»
«Chi è?» chiese infine, dopo aver bevuto un bel sorso d’acqua.
«Derek Hale» rispose tranquillo «E’ un mio amico»
Emma spalancò gli occhi e per poco non si strozzò con l’acqua «Un tuo amico? Scherzi, vero?»
Stiles alzò le spalle «Ogni tanto mi stupisco anch’io, sai, ma poi ti ci abitui» disse «Comunque, non prenderla sul personale, fa così con tutti: la parola felicità non fa parte del suo vocabolario»
Emma rise scuotendo la testa e insieme si avviarono all’uscita.
 
«Spero per te che-»
«Sorpresa!» esclamò Stiles, entrando nel loft, seguito da Kira e Isaac.
Derek chiuse gli occhi, cercando di mantenere la calma, poi li riaprì guardando Scott e alzando entrambe le sopracciglia, per fargli chiaramente capire di non gradire la presenza di quel ragazzino. Scott alzò le spalle, con aria arrendevole.
«Che sono quelle facce? Faccio parte del branco anch’io!» si lamentò Stiles «E poi devi farti perdonare per come hai trattato Emma, era spaventata a morte»
«Emma?» intervenne Kira.
Derek e Stiles la ignorarono «Meglio se lo era, almeno non riderà più di me»
«Ma-»
«La minaccia di questo pomeriggio è ancora valida, Stilinski»
Il ragazzo sbuffò e decise di tacere una volta per tutte. Derek sembrò finalmente soddisfatto e un sorrisino divertito si formò spontaneamente sul suo volto, quando ripensò a quella ragazza. Gli era piaciuto spaventarla, ma quando quegli occhi azzurri – quasi più azzurri dei suoi – l’avevano guardato, aveva sentito una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Non gli erano nuovi: sapeva di averli già visti in passato ma non sapeva dove o come. Ripensandoci, l’intero viso di quella ragazza gli ricordava vagamente qualcosa, o meglio qualcuno, ma per quanto si fosse sforzato e continuasse a farlo, non riusciva a darsi una risposta.
Però doveva ammettere che fosse carina: gli occhi grandi, la pelle chiara, le labbra sottili e rosate. Sarebbe stato tutto perfetto, se non fosse stata amica di Stiles.
«Cominciamo?» esclamò Scott, non appena Erica e Boyd si unirono al gruppo.
«Certo!» intervenne Stiles raggiante, che si limitava a rimanere in disparte mentre li guardava azzannarsi a vicenda. Ancora non capiva come potesse piacergli tutta quella storia dei lupi mannari. Forse lo faceva per Scott: dopotutto era il suo migliore amico.
Tornò alla realtà e guardò il ragazzo «Posso ucciderti?»


 
  
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