Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Papillon_    03/10/2015    3 recensioni
C’è una routine che a Kurt e Blaine piace seguire – in realtà ne hanno a dozzine da quando erano giovani, dal versarsi a vicenda il caffè la mattina al non baciarsi prima che Kurt sgattaioli in bagno per lavarsi i denti perché No ti prego Blaine, l’alito cattivo – oppure il semplice fatto di dirsi Ti amo almeno una volta al giorno, che spesso si trasformano in mille e mille volte, così tante da perdere il conto.
Ma ce n’è una in particolare a cui Kurt è particolarmente legato, ed è il fatto che Blaine gli permetta di scegliere il suo papillon ogni mattino, a seconda di com’è vestito (...).
I suoi occhi scattano in quelli di Kurt e di nuovo all’interno del regalo. Ed è in quel momento che i papillon che ci sono attorno acquistano un senso: uno è di colore rosa, l’altro di colore blu.
Un test di gravidanza.
[Avvertimenti: Mpreg]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alla mia sorellina, che oggi compie gli anni. Ti voglio bene in una maniera che è inquantificabile (così tanto che ho scritto una Mpreg, ed è tutto dire per me).
Grazie di esserci quando nessun altro può.



A life that seems complete

 
C’è una routine che a Kurt e Blaine piace seguire – in realtà ne hanno a dozzine da quando erano giovani, dal versarsi a vicenda il caffè la mattina al non baciarsi prima che Kurt sgattaioli in bagno per lavarsi i denti perché No ti prego Blaine, l’alito cattivo – oppure il semplice fatto di dirsi Ti amo almeno una volta al giorno, che spesso si trasformano in mille e mille volte, così tante da perdere il conto.
Ma ce n’è una in particolare a cui Kurt è particolarmente legato, ed è il fatto che Blaine gli permetta di scegliere il suo papillon ogni mattino, a seconda di com’è vestito. A volte Kurt ha troppa fretta per scegliere con eccessiva cura, a volte invece si alza prima proprio perché quella tradizione lo fa sentire importante – lo fa sentire come se facesse parte di ogni singola scelta di suo marito. Blaine non lascia che nessuno giudichi i suoi vestiti, ma ormai conosce Kurt così tanto e lo conosce così bene a sua volta che è l’unico di cui si fidi quando si parla di guardaroba. Perché entrambi sono esigenti, ed alla moda, e vogliono lasciare il segno.
Quel mattino Kurt sgattaiola fuori dalle braccia di Blaine in un fluido movimento, avvicinandosi al cassettone in cui tiene tutti i papillon. Ne sceglie due completamente diversi, poi sbircia dietro la sua spalla per assicurarsi che Blaine stia ancora dormendo, e si dirige in cucina con il cuore che batte come mille cuori.
 
“Rachel, sai – mi ha detto che lei e Jesse ci stanno pensando.”
Blaine lo osserva con dall’angolo degli occhi, sbattendo piano le ciglia e sgranocchiando parte del suo cornetto.
“Dici sul serio?”
“Si sono sistemati, hanno una bella casa. Entrambi lavorano e sono sposati da più di cinque anni. Direi che sono pronti.”
E’ più o meno in quel momento che Kurt percepisce le labbra di Blaine sulla sua guancia. “E’ un modo velato per dirmi che secondo te siamo pronti anche noi?”
Le labbra di Kurt si sollevano in un dolce sorriso. “Non lo so. Non – non saprei. Siamo sposati da più anni di loro, ma il nostro appartamento è così piccolo, e in inverno fa così freddo –”
“Kurt, lo sai che possiamo trasferirci se è quello che vuoi davvero.”, mormora Blaine. “Se è quello che vogliamo davvero.”
“Io voglio solo te. Noi. Per sempre. Come ci siamo detti nelle promesse.”
“Nelle promesse dicevi che eravamo dei work-in-progress.”
“Ora sento come…di essere arrivato alla fine, di quel percorso, hai presente?”, soffiò Kurt. “E’ qualcosa…sai, che ho sempre voluto essere. Quando ero bambino e ci pensavo, c’erano pochissime cose chiare nella mia mente. Ed erano conoscere una persona che fosse coraggiosa come me ed innamorarmi, essere un buon fidanzato, poi marito. E infine padre.”
Kurt è così vicino a Blaine che lo sente deglutire. “Anch’io ho sempre desiderato essere padre, lo sai.”, soffiò Blaine. “Amo i bambini.”
“Lo so che ami i bambini.”, mormorò piano Kurt. “E amo l’idea di avere dei bambini che siano nostri.”
La mano di Blaine che non è impegnata con gelato si immerge tra i capelli di Kurt, costringendolo a ruotare la testa e avvicinare le loro labbra, che si scontrano in caotico, umido bacio. “Proviamoci.”, soffia Blaine proprio lì. “Siamo pronti. Ti amo. È qualcosa che abbiamo sempre voluto. C’è stato l’incidente di percorso con la Brown quest’inverno, e per un attimo ho quasi avuto paura che mi licenziassero. Ma – va tutto bene, adesso, no? È l’ultimo, piccolo tassello che manca.”
Kurt chiude gli occhi per rubare un minuscolo bacio a Blaine, per poi sorridere. “Ti amo, Blaine Anderson.”
Ed è come una promessa.
 
Quando Blaine si sveglia quel mattino trova la metà del suo letto completamente vuota e leggermente fredda, ma non si preoccupa quando dalla fessura della porta vede un filo di luce entrare dalla cucina. Si alza stropicciandosi gli occhi e gettandosi addosso qualcosa di caldo per i primi minuti fuori dal letto, dirigendosi verso la cucina con un lungo sbadiglio.
“Buongiorno, tesoro.”, soffia Kurt appena, gli occhi ridotti a una fessura e circondati da piccole fossette. “E buon anniversario.”
Il modo in cui Blaine ancora arrossisce – è incredibile, eppure succede e ogni volta Kurt si innamora di lui un pochino di più – è semplicemente disarmante. Si lascia cadere tra le braccia di Kurt, baciandogli di slancio la linea del collo, e l’angolo della bocca.
“Buon anniversario anche a te.”, soffia a quel punto immerso da tutto quel calore. “Sette anni, ci avresti mai creduto?”
“Parliamone quando saremo arrivati a venti – perché ci arriveremo – e litigheremo per ogni minima cosa.”, borbotta Kurt ridendo appena, tenendo salda la mano di Blaine tra le mani. “Ho qualcosa per te. Guarda sul tavolo della cucina.”
E proprio lì accanto, in mezzo a due papillon, c’è una scatola allungata dalla forma elegante. Blaine avrebbe così tanta voglia di sbuffare, ma l’ultima volta che lo ha fatto di fronte a un regalo improvvisato di Kurt si è beccato un ceffone sulla spalla e di certo non vuole ripetere l’esperienza, così si limita ad alzare gli occhi al cielo. “Kurt.”, borbotta. “Non. Dovevi. Farlo. Quante volte ci diciamo niente regali improvvisati?”
“E che mi dici delle rose di martedì sera?”, lo rimbecca Kurt, affiancandolo.
“Quelle non valgono. Passavo per la via principale, e mi hanno ricordato te. Tutto qui.”
E’ il turno di Kurt di alzare gli occhi al cielo. “Avanti, aprilo.”
Blaine ha giusto il tempo di un respiro prima di allungare le dita verso la scatola. Dalla forma potrebbe quasi giurare che è un orologio, o una penna antica – Kurt sa quanto gli piacciano, e quanto gli piaccia vantarsi coi colleghi all’università di avere un marito dolce e premuroso che gli regala quel genere di cose – ma quando apre la scatola, dentro ci trova tutt’altra cosa.
I suoi occhi scattano in quelli di Kurt e di nuovo all’interno del regalo. Ed è in quel momento che i papillon che ci sono attorno acquistano un senso: uno è di colore rosa, l’altro di colore blu.
Un test di gravidanza.
Quando Blaine lo afferra tra le mani tremanti, l’unica cosa che fuoriesce dalla sua gola è un piccolissimo suono senza senso.
Due/tre settimane.
“K-Kurt.”, soffia Blaine appena, continuando ad osservare quella minuscola scritta sperando che non sparisca, prima che tutto quello si trasformi in semplice sogno. “Kurt, dimmi che è reale.”, dice piano. “Dimmi che non stai scherzando.”
Ed è in quel momento, quel momento in cui Blaine si volta e vede gli occhi lucidi di suo marito che realizza quello che sta per succedere – lui e Kurt avranno un bambino. Avranno un bambino loro, una creatura da accudire che assomigli a entrambi.
“Aspettiamo un bambino.”, soffia pianissimo Kurt, lasciando scorrere le lacrime mentre una mano scatta sul suo stesso ventre come per proteggerlo, e il gesto di per sé è così piccolo e naturale che anche Blaine non può fare altro che piangere, facendo un passo avanti per avvolgere Kurt tra le sue braccia e lasciando che pianga insieme a lui. “Avremo un bambino, Blaine.”
Oh mio dio.”, soffia Blaine contro la sua pelle, ridendo e piangendo e trasformandosi in qualcosa di assurdamente disastroso e ridicolo, ma non gli importa. “Oh mio dio Kurt oh mio dio -”, ripete fino allo sfinimento, baciandogli la guancia e poi le labbra, sbagliando nettamente traiettoria e finendo per sfiorare un pezzetto di naso. È Kurt a raccogliere il suo volto tra le mani e spingerli l’uno verso l’altro per un bacio vero, pieno di paure e aspettative e semplice – amore. Amore amore amore.
“Ti amo.”, mormora Kurt vicino alle sue labbra, baciandolo poi piano e con calore, perdendosi nel tocco. “Ti amo, Blaine.”
Blaine si perde nei suoi occhi per un intero secondo, e durante tutto quel tempo ricorda ogni piccola cosa della loro vita – i loro mesi passati come semplici amici, la scoperta che c’era sempre stato qualcosa di più, gli ostacoli, il fidanzamento e il matrimonio, e poi questo.
Blaine non è mai stato più sicuro di appartenere a un posto in tutta la sua vita.
“Ti amo anch’io, Kurt.”
 
***
 
Ciò che nessuno dei due si aspetta, sono le reazioni degli altri. Le lacrime che si trasformano in risate isteriche di amici e parenti, le minacce per riuscire a vedersi al più presto possibile, e le migliaia di raccomandazioni da persone che spuntano un po’ ovunque.
Burt scoppia a piangere al telefono e Kurt lo prega di passargli Carole che invece è più temperata e tranquilla, e comincia a scherzare sulle voglie e le tempeste ormonali e altre cose che Kurt non vuole nemmeno sapere, ma che sa per certo al più presto scoprirà.
Blaine gli è accanto ogni giorno, sorridendo orgoglioso di lui e orgoglioso di loro.
 
6 settimane dopo
 
Il maglioncino di Kurt ha una leggera protuberanza sul davanti; qualcosa di assolutamente impercettibile ma al contempo adorabile che a Blaine piace sfiorare con le dita, sia quando è vestito che quando si spoglia davanti a lui. Credono entrambi che sia una fortuna che Kurt sia di costituzione magra, perché al minimo cambiamento il suo corpo è già diverso – più accogliente, quasi. Blaine adora il fatto che i suoi fianchi siano leggermente più rotondi, adora le sue guance leggermente più piene e i capelli appena più lunghi sulle tempie. Kurt è sempre bellissimo, ma in qualche modo la gravidanza gli dà qualcosa in più, qualcosa che non ha un nome e che impossibile da spiegare, ma che fa innamorare Blaine più intensamente ad ogni respiro.
E poi, un giorno della sesta settimana, Kurt trascina Blaine all’ambulatorio specializzato in gravidanze maschili, perché sono ufficialmente pronti a vedere la futura Tracy, o il futuro Alfredo.
Nessuno dei due è minimamente pronto quando sul monitor intravedono un minuscolo puntino – qualcosa di bianco che si muove su uno sfondo nero che ha la vaga forma di un fagiolo ricurvo ed allungato. Kurt cerca immediatamente gli occhi di Blaine quando lo vedono per la prima volta, rendendosi conto che sono emozionati esattamente quanto lo sono i suoi.
Ed è così bello da far paura.
Ed è spaventoso, certo – ma quando le loro mani si incontrano a metà strada e il medico dice loro che sta andando tutto bene, pensano che la paura possono lasciarla da parte ancora per un po’.
 
11 settimane dopo
 
Convincere Burt a scendere a Natale è più complicato del previsto, ma Kurt insiste che in quel periodo la pancia sarà ben visibile perché oramai molto avanti con le settimane, così si promettono di vedersi nel periodo della vigilia e di passarla tutti insieme.
Blaine è un po’ più spento del solito, invece.
Kurt vede come sforzi i suoi sorrisi quando gli chiede cosa pensano i suoi genitori – Blaine lo rassicura dicendogli che sono felici per loro e che presto verranno a fargli visita, ma Kurt sa che come non si sono mai fatti vivi nei sette anni di matrimonio precedenti non cominceranno a farsi vedere adesso. Non ora che il loro figlio gay aspetta un bambino dal suo ragazzo gay.
Kurt cerca di stringerlo più forte quando vede la tristezza prendere il sopravvento sui suoi lineamenti – lo bacia con più trasporto e gli passa dolcemente le dita tra i capelli solleticandogli la nuca. In cuor suo, spera che suo figlio o sua figlia nasca con i meravigliosi ricci di Blaine, perché vuole che abbia qualcosa che glielo ricordi per tutta la vita.
Vuole che sia pasticcione, che creda di sbagliare anche se fa ogni cosa giusta, che sia sincero e onesto e puro d’animo. Vuole vedere Blaine felice come non lo ha mai visto, vuole vederlo soddisfatto mentre abbraccia la sua famiglia quando rientra a casa dal lavoro.
E’ quello che ha sempre, sempre voluto.
 
15 settimane dopo
 
Kurt non ha rallentato quasi per niente con il suo lavoro, e a volte Blaine finisce per farglielo notare con troppa veemenza e semplici battibecchi si trasformano in litigi che nessuno dei due vuole, ma le parole di Blaine sono sempre quelle e sono sempre chiare – Adesso c’è anche un’altra persona dentro di te, stai vivendo per entrambi, non puoi fare troppi sforzi.
Kurt però non si è mai fermato; mai, nemmeno una volta in tutta la sua vita, nemmeno quando era stato picchiato al liceo e poi di nuovo ancora, al secondo anno di college. È abituato a correre di continuo e non fermarsi mai, tra nuove consegne a Vogue e settimane della moda e progetti cominciati che sa di dover finire al più presto.
E quando Blaine la sera lo trova addormentato sul divano, in mano il telecomando posato mollemente tra le dita e i capelli sfatti sul cuscino, non può fare altro che avere un po’ di pazienza in più per entrambi.
 
17 settimane dopo
 
Carole aveva detto loro che poteva essere abbastanza grave uno sbalzo ormonale. Aveva anche detto a Blaine di non arrabbiarsi e cercare di mantenere la calma – ma non è esattamente facile con Kurt sprofondato nel divano e circondato da coperte, gli occhi lucidi mentre affonda enormi cucchiai nella coppa di gelato alla vaniglia.
“S-s-sono maledette smagliature, B-Blaine.”, singhiozza, leccandosi le labbra parzialmente sporche di gelato. “E-e-e sai quanto ci vuole a mandarle via? No, aspetta un attimo – non andranno mai via. Mai, nemmeno fra un milione di anni! E d’ora in poi ogni volta che mi spoglierò tu – tu ti metterai a ridere. E non faremo mai più l’amore. Scapperai via, disgustato.”
Blaine alza dolcemente gli occhi al cielo, facendosi spazio tra le coperte e raccogliendo dalle mani di Kurt il suo gelato. “Amore mio.”, soffia con tenerezza. “Ti amerei anche se non avessi consistenza, temo.”, borbotta dolcemente. “Cosa vuoi che m’importi delle smagliature –”
“E se non smetto di piangere?”, singhiozza Kurt. “Mi ameresti anche in quel caso?”
“Quante volte te lo devo dire che sei bellissimo anche quando piangi?”
Kurt appoggia il cucchiaio alle proprie labbra, leccandone una parte. “G-grazie di avere così tanta pazienza.”
“Oh, Kurt.”, soffia Blaine, attirandolo verso di sé per stringerlo forte. “Ti amo. Va bene? Ti amo tantissimo. Anche quando hai questi sbalzi d’umore – che non dipendono da te, vorrei ricordarti.”
Kurt tira su con il naso, sbuffando una risata. “Già.”
“Adesso però non dare la colpa a me.”, borbotta Blaine soffiandogli un bacio tra i capelli. “Sei perfetto.”, gli dice pianissimo dopo, accarezzandogli piano la schiena. “E se vuoi domani, prima di andare al lavoro, passo in farmacia e chiedo se hanno qualcosa per le smagliature. Ci stai?”
Blaine annuisce tra le sue braccia, sbattendo velocemente le palpebre. “Blaine?”
“Mmmh?”
“Anche tu sei perfetto.”
 
20 settimane dopo
 
Blaine è a ricevimento con un genitore, quando riceve una telefonata da Rachel. È sua abitudine non rispondere agli amici mentre è a scuola, ma poi si ricorda che quel pomeriggio Kurt doveva stare da lei, e per qualche inspiegabile ragione si ritrova ad afferrare il cellulare vagamente preoccupato.
“Rach?”
“Ehy, tesoro.”, soffia lei. “So che è un brutto momento, ma c’è qualcosa che dovresti sapere, è urgente –”
“Cosa –”, scatta Blaine, allontanandosi dal suo ufficio. “Cosa c’è – Kurt sta…sta bene?”
C’è un vago silenzio dall’altra parte della cornetta. “Dovresti venire qui in ospedale, ti sto mandando l’indirizzo. Stanno tenendo Kurt sotto osservazione.”, gli spiega velocemente, troppo velocemente, e a Blaine manca il fiato. “Non si è sentito molto bene mentre era da me.”
 
Blaine è sudato e stanco e tremendamente appiccicoso quando raggiunge il corridoio indicatogli dalle infermiere, e lì trova Rachel rannicchiata su una sedia, i capelli legati in una coda e gli occhi struccati.
“Dimmi che sta bene.”, borbotta Blaine. “Dimmi che è tutto apposto, che stanno bene –”
Rachel si precipita tra le sue braccia, stringendolo appena. “Stanno bene.”, gli sussurra pianissimo. “Ha avuto un piccolo…black-out, se non ho capito male. Ha sforzato troppo il proprio fisico. Ma ehy –”, Rachel afferra saldamente entrambe le sue mani. “Stanno bene tutti e due.”
Blaine avrebbe voglia di piangere ma sa di non avere il tempo, così lascia Rachel con un breve sorriso ed entra nella stanza di Kurt, trovandolo disteso e con gli occhi leggermente aperti. Non appena focalizza Blaine, il suo sguardo si riempie di lacrime e un piccolo singhiozzo abbandona la sua gola.
“B-Blaine –”, soffia Kurt. “M-mi dispiace così tanto, così tanto –”
Blaine non ce la fa a mostrargli rabbia, per lo meno non adesso, non adesso che ha bisogno di sentire che sta bene e lo stringe forte tra le braccia, immergendo le dita tra i suoi capelli e respirando il suo profumo. “E’ tutto apposto, tu e il bambino state bene. Stiamo bene.”, sussurra con cautela, cercando le sue labbra per un breve bacio umido di lacrime.
Lo tiene stretto forse più del dovuto, e passano ore intere prima che abbia il coraggio di parlargli.
“Voglio che tu smetti di lavorare così tanto.”
Kurt sembra terrorizzato quando lo guarda negli occhi. “Blaine…”
“No, Kurt, non ho intenzione di farmi dissuadere. Oggi sei stato fortunato, è successo mentre eri da Rachel e grazie al cielo sono intervenuti subito. Ma non puoi mettere a rischio così tutto quanto – sei responsabile della vita di nostro figlio. E io – io lo so che è tanto, tantissimo come responsabilità. E so quanto ami il tuo lavoro, per dio – lo so. Ma mi hai fatto spaventare a morte oggi, Kurt. Non – non posso perderti. Non posso perdervi.”
Kurt annuisce brevemente. “Va bene.”, soffia alla fine. “Mi…mi dispiace. Ho sforzato troppo il mio corpo. Hai ragione, ho sbagliato.”
Blaine gli bacia di slancio la fronte, stringendolo a sé ancora un pochino. “Senti, potresti…potresti sempre chiedere a Isabelle di portarti qualche lavoro a casa, okay? Non voglio che ci rinunci del tutto. Ma mai più passerelle estreme o cose pazze. Hai bisogno di riposo.”
“Okay.”, mormora Kurt tra le lacrime, sforzandosi di sorridere. “Scusami Blaine. Non volevo farci del male.”
“Shhhh.”, lo interrompe Blaine pianissimo. “Andrà tutto bene adesso.”
 
23 settimane dopo
 
Blaine non vorrebbe soffermarsi così tanto a osservare il profilo di Kurt vicino alla finestra, il momento migliore e la posizione ideale per vedere che forma stia prendendo il suo corpo. A volte però non può farne a meno, e sa perfettamente che lo aspettano circa un centinaio di esami scritti da correggere sulla scrivania, ma è decisamente più interessante osservare il volto pensieroso di Kurt, le sue dita che si muovono sul pancione tracciando linee immaginarie.
Si chiede se abbia tanta paura quanta ne abbia lui.
Si chiede se a volte gli capiti di piangere dal nulla dalla gioia e dal terrore della speranza che tutto vada bene. Si chiede se era davvero lui ciò che voleva accanto per questo passo.
A un certo punto Kurt sembra accorgersene che Blaine lo sta osservando, così allunga una mano verso di lui per fargli segno di raggiungerlo e Blaine lo fa, facendo rimbalzare la matita sul tavolo senza troppa grazia e mettendoglisi di fronte, avvolgendo il suo corpo morbido con le braccia e posandogli un bacio sul punto più basso della nuca. Adora il fatto che Kurt sia più alto di lui.
“Ti sento pensare fino a qui.”
Blaine sbuffa una risata. “Mi dispiace. Non è successo niente, ti stavo guardando e basta.”
Blaine lo stringe un pochino più forte, accarezzando con i palmi il pancione da sopra la maglietta di Kurt. “Tesoro?”
“Sì?”
“Tu credi che il nostro bambino ci abbia scelti?”
Kurt si blocca un attimo tra le sue braccia, non sapendo bene cosa dire.
“…magari era un piccolo puntino nell’universo che stava semplicemente aspettando noi. Che aspettava che lo dessimo alla luce. È…è strano pensarla così?”
Kurt ridacchia dolcemente tra le sue braccia, ruotando il capo per poter cercare gli occhi di Blaine e sfiorare le sue labbra con le proprie. “Non è strano.”, mormora immediatamente. “Chi lo sa, magari hai ragione. Ci stava solo aspettando.”
“Era il nostro tassello mancante.”
Kurt si sporge per baciare con trasporto una guancia di Blaine. “Adesso ci completerà.”
 
26 settimane dopo
 
Blaine è più agitato del solito e quando questo succede non riesce a stare fermo un attimo, e in quasi otto anni di matrimonio Kurt non ha ancora capito se questo sia effettivamente un pregio o un difetto. Quando la dottoressa torna nel loro stanzino, il suo sorriso è largo e contagioso.
“Il bambino sta benissimo.”, mormora con dolcezza. “E ho una bellissima notizia per voi: è possibile scoprire se è maschio o femmina.”
“Oh – oh mio Dio.”, borbotta Kurt, sforzandosi di non scoppiare a piangere di fronte a una completa sconosciuta. “Ma vuole dire - già adesso?”
“Ma certo.”, soffia la loro dottoressa. “Vi basta dirmi che volete saperlo.”
Quella è una completa novità per entrambi, così la dottoressa decide di lasciargli soli per qualche minuto, in modo che la loro scelta sia ponderata e presa con assoluta calma. Blaine raccoglie entrambe le mani di Kurt, le dita che tremano come foglie al vento.
“Sono più agitato del giorno del matrimonio, ed è tutto dire.”
Kurt scoppia a ridere, mordicchiandosi poi il labbro inferiore per imporsi di ritrovare la calma. “Cosa…cosa ne dici? Vuoi saperlo?”
“Non lo so.”, borbotta Blaine agitando il capo. “Voglio dire – ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di magico nell’aspettare fino alla fine.”
Kurt a quel punto aggrotta la fronte. “Mia madre e mio padre non sono riusciti ad aspettare un secondo di più. Hanno scoperto che ero un maschietto ancora prima che fosse possibile, solo perché sono stati fortunati che a quanto pare al quarto mese ero messo tutto in una posizione strana in cui…beh, si vedeva tutto quanto.”
“Ti piacciono proprio le entrate in scena con stile.”
Kurt ridacchia, alzando appena un braccio per raccogliere tra le dita un ricciolo ribelle di Blaine. “Saperlo ci avvantaggerebbe di non poco.”, soffia. “Pensa ai colori della cameretta, i vestitini, le scarpe…sarebbe tutto più semplice.”
Così Blaine si trova ad abbassare lo sguardo, sentendosi improvvisamente ridicolo a livelli indicibili. “No, hai – hai ragione. Non so che cosa mi passasse per la testa – tutti i preparativi, tutte le persone che vogliono saperlo…”
Kurt conosce Blaine abbastanza da sapere che quando parla così veloce è perché vuole mascherare qualcosa che gli porta dispiacere. Vede i suoi occhi scivolare un po’ ovunque e le guance arrossarsi, e capisce che non ha scelta.
“Blaine.”
“Uhm?”, gli occhi di Blaine sono spalancati e attenti.
“Non…non mi hai mai chiesto niente. Anche per il matrimonio, hai sempre cercato di assecondarmi e di fare il possibile per rendermi felice. Questa volta voglio fare qualcosa io per te.”
“Ma Kurt – non è importante. Non lo è –”
“Hai ragione, sarà magico.”, soffia Kurt, portandosi Blaine vicino e appoggiando le dita sul suo petto ricoperto da un ridicolo camice verde. “Aspettiamo.”
“…sei – sei sicuro?”
“Sono sicuro.”, soffia Kurt, aggrappandosi al suo collo per qualche istante. “Mi baci?”
Blaine ridacchia e quel suono finisce tra le labbra di Kurt, ingoiato parzialmente e poi moltiplicato, quando si staccano e si rendono conto di avere entrambi gli occhi lucidi.
E con grande sorpresa della dottoressa, decidono di aspettare.
 
29 settimane
 
Natale in casa Anderson – Hummel è un gran subbuglio.
C’è troppo cibo ovunque e troppe persone per un appartamento che è abituato ad ospitarne due – e mezzo, se si considera ormai il pancione di Kurt. Rachel li rincorre in ogni angolo della casa sperando di ottenere spiegazioni per la loro scelta di non sapere il sesso del bambino – Vi rendete conto che adesso non so di che colore comprargli le scarpine e ancora Voglio proprio vedere come colorerete le pareti della sua cameretta – ma entrambi sfuggono abilmente alle sue capacità di persuasione, annunciando fieramente all’intera famiglia che intendono aspettare il momento del parto semplicemente perché è così, come una magia.
Ci sono lunghe discussioni su nomi, secondi nomi e addirittura college che un giorno vorrà frequentare, al che il cuore di Blaine comincia a battere all’impazzata perché gli viene spontaneo dire che per allora di figli ne avranno sicuramente più di uno – e il sorriso assolutamente rapito che gli regala Kurt dopo quella confessione gli fa venire voglia di avere la casa tutta per loro.
Ci sono canzoni improvvisate almeno ogni quaranta minuti – Santana è così sconvolta che a un certo punto si lamenta ad alta voce e Brittany la bacia sulle labbra così forte che lo schiocco si sente dall’altra parte della città, e sembra tutto al suo posto, in qualche modo, almeno finchè Blaine non apre la porta a suo fratello, che gli dice che i loro genitori non verranno.
Tutto ciò che portano è una busta, probabilmente con del denaro dentro che a Blaine viene voglia di gettare giù dalla finestra. Sa che non può piangere, sa che deve essere forte per Kurt e far vedere ai suoi amici che in qualche modo va tutto bene, ma apprezza comunque che poco prima che arrivino i secondi, dal nulla, Kurt lo raggiunga in cucina e lo abbracci fortissimo, respirandogli sull’orecchio un Mi dispiace che va al di là di tutto che lo fa calmare in qualche istante.
Dopo sei mesi di gravidanza che Blaine si chiede per la prima volta se possa esserci la possibilità che diventi un padre uguale o peggiore del suo.
 
Fare l’amore invece sta cominciando ad essere piuttosto - divertente.
Kurt comincia sempre con l’idea di tenere addosso un maglioncino, e Blaine non può fare a meno di assecondarlo perché quando ami una persona sei disposto a qualsiasi cosa e un maglioncino non gli cambia di certo la vita. La maggior parte delle volte però Blaine è bravo abbastanza da distrarlo e riuscire a portarlo a un punto in cui il maglioncino è talmente insignificante che glielo sfila comunque, venerando pelle calda carne e morbidezza fino ad ubriacarsi.
C’è qualcosa del nuovo corpo di Kurt che lo intriga da morire; non sa dire di preciso cosa, forse la lista sarebbe infinita se la cominciasse; sa solo che ci sono punti che prima non avevano alcuna importanza che adesso se sfiorati fanno letteralmente impazzire Kurt – e poi Blaine ama la sua timidezza, il modo in cui nasconde il volto nell’incavo del suo collo quando trema perché ha paura che quel corpo non possa piacere, quando è chiaro invece che lo fa impazzire.
E poi ridono. Ridono continuamente perché Blaine sbaglia qualcosa e allora Kurt scoppia a ridere ed è esattamente come le primissime volte, in cui ogni scusa era buona per sciogliere la tensione e cominciare a ridere imbarazzati e poi tornare seri per baciarsi più forte di prima.
E poi ci sono le occhiate di avvertimento – Non mi trattare come se fossi fatto di vetro, Blaine, sono sempre io o Non mi spezzerò, non avere paura – frasi che Blaine apprezza e che fa sue quasi con avidità, perché l’ultima cosa che vuole è ferire Kurt. Sia dentro che fuori.
Quella notte forse è un po’ più brusco o forse non vuole nemmeno dare spiegazioni – ha tanti pensieri per la testa, i suoi non si sono presentati e tutti hanno fatto così tante domande e oh dio Kurt era così bello con quel maglioncino e Cooper quando lo ha salutato gli ha detto che per ora mettersi in contatto con i loro genitori è inutile perché sono via – e non vorrebbe mai riversare tutto su Kurt, su di loro, ma è l’unica cosa pura che ha, l’unica cosa bella che gli è rimasta, e ha bisogno di sentirlo.
Quando Blaine crolla sul corpo di Kurt, lui senza dire una parola gli bacia i capelli e attorciglia un ricciolo attorno alle sue dita, perché sa che se esiste un modo di calmarlo è proprio quello.
“Verranno, Blaine.”
Blaine chiude forte gli occhi, sperando che sia più facile scomparire in tutto quello.
“E se non lo faranno non sarà colpa tua.”
 
34 settimane dopo
 
Kurt ha notato quanto Blaine sia sfuggente, ma evita di fare domande perché non vuole cominciare una lite. E’ stato un mese piuttosto duro, il settimo. Aveva letto su dei blog e fatto abbastanza domande da aspettarselo, ma la tensione in casa e la paura di fare qualcosa di sbagliato non hanno di certo giocato a suo favore.
Il settimo è il mese in cui il corpo si prepara al parto, e Kurt sapeva benissimo che nausea e dolori improvvisi e atroci erano il minimo che si dovesse aspettare. Quello che si aspettava un po’ di meno è che ora il suo corpo sembra una sottospecie di pera allungata, e deve ancora capire se gli piace. A Blaine piace – o almeno, sembrava piacergli le poche volte che sono stati intimi.
Kurt prova a concentrarsi sui lavori per Vogue, cerca disperatamente un programma alla TV che possa distrarlo e togliergli dalla testa i costanti dolori che sente ovunque. Prova a preparare qualcosa di buono per rendere Blaine felice e riesce anche a strappargli qualche parola, ma finiscono per addormentarsi ogni notte sempre più distanti, e svegliarsi al mattino con un minuscolo bacio del Buongiorno.
Kurt capisce che c’è qualcosa che non va il giorno in cui Blaine gli risponde con forse troppa violenza. Non è la prima volta che succede, nel modo più assoluto. E se Kurt fosse Kurt – il Kurt normale, sarcastico e pungente che si porta dietro dal liceo, probabilmente avrebbe risposto a Blaine nel giro di un secondo. Avrebbero litigato brutalmente e poi avrebbero fatto pace con del meraviglioso, fantastico sesso riparatore (altra tradizione che hanno dai primi anni della loro relazione) e poi avrebbero dimenticato tutto come sempre.
Kurt capisce che c’è qualcosa che non va nel momento in cui non trova nemmeno le forze di rispondergli – lo vede andare via per affrontare la giornata lavorativa, e non appena sente la porta chiudersi scoppia a piangere.
Sa che questa persona non è lui. Sa che gli ormoni che sta prendendo per aiutare il corpo a prepararsi per il parto non lo aiutano – lo rendono debole e frastornato e pieno di emozioni – ma sa anche che Blaine non è per niente d’aiuto, e che ha bisogno di parlargli.
Non riesce a fare molto altro durante la giornata; si rannicchia sul divano sbocconcellando cracker a ora di pranzo, e nel tardo pomeriggio, quando Blaine rientra e si chiude la porta alle spalle, sobbalza ad ogni minimo rumore.
“Possiamo parlare?”
Blaine si blocca con la vaschetta di gelato in mano, che posa immediatamente sul tavolo per raggiungere Kurt a grandi passi. Kurt sa che Blaine è fatto così – ha un sacco di difetti ma quando si tratta di parlare è sempre, sempre disponibile, anche quando è difficile, anche quando sa di avere palesemente torto.
Il modo in cui gli prende le mani di Kurt – è un gesto semplice in realtà, ma è molto più di quanto gli abbia dato nell’ultimo mese, lo fanno esplodere.
“Mi stai facendo male.”
Gli occhi di Blaine sono spalancati e feriti.
“E’ – è una stupidaggine, lo so, ma oggi dopo che te ne sei andato sono scoppiato a piangere perché mi sento messo da parte e non capisco perché –”, un singhiozzo, e okay, Kurt non è il tipo a cui piace piangere mentre tenta di spiegarsi, ma ancora una volta dà la colpa agli ormoni e cerca di essere più forte di loro. “E’ stato un mese bruttissimo questo e – e lo sai, sai cosa sto prendendo e puoi vedere con i tuoi occhi cosa mi fanno diventare e avrei solo – ho solo bisogno di te. Che mi stai vicino. E non lo stai facendo e voglio solo capire se c’è qualcosa che non va.”
Kurt odia che anche Blaine cominci a piangere – non di per sé perché non vuole vedere il suo dolore, ma perché odia ciò che sono in grado di farsi, odia il fatto che significhino così tanto l’uno per l’altro da essere in grado di ferirsi così profondamente.
“Mi – mi dispiace.”, soffia Blaine. A Kurt non basta, ma apprezza che Blaine stia cercando di spiegarsi. Lascia che prenda il suo volto tra le mani. “Mi dispiace mi dispiace mi dispiace –”
Kurt si ritrova a parlare troppo in fretta, e senza pensarci minimamente. “Ti stai pentendo?”
“Cos- come ti viene in mente? No. No – assolutamente no. Come potrei mai pentirmi di questo?”
“E allora cosa c’è?”, sbotta Kurt, allargando le braccia e finendo per urlare. “E oh mio dio sono così stanco di piangere, non riesco a smettere di piangere e lo odio –”
“Ehy, ehy. Va tutto bene – vieni qui.”, soffia Blaine, sedendosi accanto a lui sul divano e trascinandoselo vicino, in modo che il suo volto prema contro l’incavo del suo collo. “Shhh.”
Blaine lascia che Kurt si sfoghi per un tempo che francamente gli sembra infinito, e solo quando sa per certo che si è calmato trova il coraggio di ricominciare a parlare.
“E’ cominciato tutto dal giorno di Natale.”, borbotta. “Quando ho visto che i miei genitori non si sono presentati, ho cominciato a pensare a quante volte mi hanno deluso nella vita. E la lista è piuttosto lunga, Kurt.”
Kurt è immobile tra le sue braccia.
“E ho cominciato a pensare – come potrò mai essere un buon padre se ho avuto loro due come esempi?”
Kurt a quel punto solleva il volto per poter cercare i suoi occhi. “Non lo stai dicendo sul serio.”
“Lo sto dicendo.”, soffiò Blaine. “Lo penso veramente.”
E’ solo in quel momento che gli occhi di Kurt si riempiono di consapevolezza. “Blaine, so che puoi pensare che io sia di parte, ma credo fermamente che sarai un padre meraviglioso.”, gli dice con dolcezza. “Sei stato sempre così perfetto. Un amico comprensivo. Un fidanzato dolce e attento. Un marito meraviglioso.”
“Però forse non sono adatto ad essere padre.”
“Blaine, non – non è una specie di malattia genetica. Non è questione di cognome o di DNA. Non c’è scritto da nessuna parte che se tuo padre non è stato un buon padre allora di conseguenza non devi essere capace anche tu.”
È in quel momento che Blaine si alza, passandosi una mano tra i capelli. “E’ facile parlare per te. Tuo padre è Burt Hummel, tipo – il padre migliore di tutti i tempi.”
“E credi che io non abbia paura?”, gli chiede Kurt. “Credi che non mi svegli ogni giorno terrorizzato di non essere all’altezza di mio padre? Di non essere in grado di comportarmi con mio figlio nella stessa maniera in cui lui si è comportato con me? Tutti abbiamo paura, Blaine.”
“Tu non lo puoi sapere.”, sbotta Blaine, passandosi entrambe le mani tra i capelli. “Non sai com’è stato crescere con lui, non sai com’è stato sentirsi sempre sbagliati, ogni giorno della tua vita, sentirsi una completa nullità ogni giorno e non avere nessuno che ti dicesse che non era la verità –”
“Blaine –”
“Non venire a dirmi che hai paura anche tu, Kurt.”, lo interrompe Blaine. “Hai avuto un padre praticamente perfetto, non venire a dirmi che sai come può essere per me.”
Kurt vede Blaine infilarsi la giacca e una sciarpa, e gli occhi gli si riempiono di lacrime.
“B-Blaine, per favore.”, soffia, cercando di alzarsi dal divano. “Non è scappando che risolveremo le cose –”
“Lasciami in pace.”, borbotta Blaine, lasciandosi Kurt alle spalle e aprendo la porta per chiuderla bruscamente alle sue spalle.
E Kurt rimane lì, immobile in mezzo alla stanza e tremante, ferito dalla persona che ama di più al mondo.
 
Kurt passa le successive ore a chiedersi come dovrebbe comportarsi. Si perde in minuti in cui il fiato gli manca e gli impedisce di piangere, in secondi in cui la rabbia pervade ogni singolo nervo del suo corpo fino a quasi fargli male – in altri secondi dove vorrebbe semplicemente avere Blaine lì e tenerlo stretto e dirgli che è uno stupido se spera che le cose si risolvano così.
Fuori piove, e sa che Blaine andrebbe di matto se Kurt uscisse. Kurt odia la pioggia e odia sporcarsi e c’è buio e sarebbe semplicemente pericoloso uscire ora, ma non può di certo rimanere lì con le mani in mano e così comincia col chiamare Rachel, e sforzarsi di dirle che va tutto bene, chiedendole se ha visto Blaine. Declina la sua richiesta di vedersi – Kurt non sarebbe di certo di compagnia ed è meglio così, vuole rimanere in casa ad aspettarlo perché sa che Blaine tornerà, lo sa e basta.
Non riesce a mangiare molto per cena, e finisce per rannicchiarsi sul divano prima del dovuto, senza minimamente ascoltare le notizie al telegiornale. Ancora prima che se ne renda conto, calde lacrime cominciano a solcare le sue guance – sono passate quattro ore, e quattro ore sono tantissime, può succedere qualsiasi cosa in quattro dannate ore – e si ritrova ad appoggiare la punta delle dita sul proprio stomaco, chiudendo forte gli occhi.
“Come puoi già capire al tuo papà piace farsi aspettare.”, borbotta senza nemmeno pensarci. Non sa a conti fatti se qualcuno possa sentirlo, e sa benissimo che se anche quello dovesse accadere nessuno può rispondergli, ma sa anche che quella creaturina dentro di lui è l’unica cosa reale che ha in questo momento, e l’unico motivo che ha per non spezzarsi.
“Ci ha messo sei mesi ad abbassare la guardia con me. L’ho aspettato per sei mesi, puoi crederci? E poi un giorno è comparso e aveva aperto gli occhi. Sei mesi con la testa tra le nuvole, io credo proprio che non riuscirò mai a perdonarlo. Possiamo prenderlo in giro per questo.”
C’è talmente tanta pace e silenzio che sono quasi assordanti.
“Tornerà, vedrai.”, soffia pianissimo Kurt. “Uhm – a volte si fa prendere dal panico. Quando crescerai ti renderai conto che è un vero delirio, perché anche io tendo a perdere il controllo la maggior parte delle volte e quelli sono i momenti che odierai di più e desidererai trasferirti su un altro pianeta. Però…però lo amo. È chiaro che lo faccio, gli ho fatto scegliere il gusto della torta nuziale, quando avevo promesso a me stesso che non avrei voluto vedere cioccolato nemmeno a chilometri di distanza. Eppure lui ha sempre la capacità di – non giudicarmi, lo so che sto parlando troppo – di farmi cambiare idea. Su tutto. Senza di lui nessuno di noi due sarebbe qui, sai piccolino?”, la voce di Kurt si incrina leggermente a quel punto. “E sono arrabbiato, dannazione se sono arrabbiato, sto prendendo in considerazione l’idea di non fargli vedere i suoi amati dolcetti per un mese se non varca la soglia entro dieci minuti.”, borbotta, rannicchiandosi sempre di più come a proteggere il suo pancione. “Ma ti prometto che gli vorrai bene. E saremo forti per lui. E sarai – Dio, sarai la cosa più preziosa della sua vita, lo so già.”
Qualche istante dopo Kurt sente il famigliare suono di scale che vengono percorse, e non controlla il suo corpo minimamente quando scatta in piedi per dirigersi verso la porta. Quando la apre, Blaine è al di là della soglia; bagnato di pioggia e sudore e lacrime, e Kurt non ha voglia né tempo di riconoscere cosa sia cosa perché è solo contento di vederlo. C’è tanta rabbia a fior di pelle, ma sa benissimo che è in grado di metterla da parte almeno per i primi minuti – e decisamente non la userà come arma contro di loro.
“Scusami.”, soffia impercettibilmente Blaine, non riuscendo nemmeno a guardarlo negli occhi. Kurt allunga una mano verso di lui e Blaine gliela afferra come se fosse l’unica cosa in grado di tenerlo a galla; Kurt lo trascina in casa e lo prende tra le braccia senza che ci sia bisogno di fare altro.
“Scusami scusami scusami non so cosa avevo per la testa ti giuro non lo so ma ti prego scusami –”
Kurt lo mette a tacere posando un singolo bacio sull’angolo della sua bocca; non gli importa niente che il vecchio lui avrebbe voluto delle spiegazioni. E le vuole, è ancora arrabbiato, e probabilmente si porterà dentro quella ferita per molto tempo, ma prima vuole prendersi cura di Blaine.
“Va tutto bene, è tutto apposto. Sei qui adesso.”, gli dice semplicemente, baciandogli un angolo della fronte come premio. “Sei tornato.”
“Ma certo che sono – io tornerò sempre, sempre da te.”, soffia Blaine tra le lacrime, trasalendo appena.
“Va bene.”, mormora Kurt in mezzo al disastro dei suoi capelli. “Adesso ci facciamo una bella doccia, okay? Non ti permetto di prendere la febbre. Poi avremo tutto il tempo del mondo per chiarire.”
 
Si distendono a letto quando ormai è mezzanotte passata; Kurt ha la testa che gira appena per non aver quasi mangiato ma si sforza di rimanere sveglio e vigile per assicurarsi che Blaine si metta a letto, pulito e come nuovo. Sa di essersi promesso di non far vedere a Blaine i suoi dolcetti almeno per un mese, ma decide di fare un’eccezione per quella sera e finiscono per dividerne metà sopra il letto, le gambe intrecciate sotto le coperte e la tempia di Blaine appoggiata alla spalla di Kurt.
Parlano per molte ore durante la notte. Confessioni sussurrate che spesso si trasformano in frasi ricercate e dette al momento sbagliato, momenti di rabbia che riescono a calmare con baci sfiorati e promesse che andrà tutto meglio – e poi Blaine glielo dice in mezzo alle lacrime, Sai che ho sempre pensato che tra i due sei tu quello più forte, ed è probabilmente per questo che sei tu quello tra i due in grado di concepire, e a volte mi sento così debole che mi fa quasi paura.
Kurt sa che in certe occasioni ha dovuto prendere le redini della loro famiglia in mano e cavarsela da solo, senza cercare la mano di Blaine dall’altra parte. Ha praticamente seppellito suo fratello, ha consolato suo padre e Carole e lo ha dovuto fare con Rachel quando Finn li ha lasciati in modo così improvviso; ha dovuto rialzarsi così tante volte che non riesce nemmeno più a contarle sulle dita di due mani e per questo una volta aveva annuito quando Blaine gli aveva detto di essere il più debole tra i due, ma non ha mai davvero pensato che quello fosse qualcosa di negativo. Perché non ci deve essere per forza un tassello debole e uno un po’ più forte: ci sono loro due, Kurt e Blaine, che affrontano le situazioni in modo diverso. E a Kurt non importa essere più o meno forte – perché sa che senza Blaine non sarebbe niente comunque.
“Se sono quello che sono lo devo a te, Blaine.”, gli dice semplicemente, senza l’intento di essere sdolcinato. Kurt pensa che sia un dato di fatto. “E va bene se a volte cedi, va bene se a volte pensi di non essere all’altezza. Sono più che sicuro che avrai modo di dimostrare a te stesso che ti sbagli.”
Blaine annuisce contro la sua spalla, ruotando il capo per sparire immergerlo nel petto di Kurt, che lo abbraccia cautamente. Gli promette che non se ne andrà mai più, che è stato uno stupido credendo che quella bravata potesse risolvere qualcosa e Kurt gli crede perché ha imparato a fidarsi – Fidarsi è una scelta e io scelgo di fidarmi di te e amarti a qualsiasi costo.
Appoggia le labbra su quelle di Blaine con delicatezza dopo una notte intera, e sono entrambi sfiniti quando si rendono conto che sta sorgendo un nuovo giorno e nessuno dei due è minimamente pronto a lasciare il letto. Così Kurt tiene Blaine stretto fra le braccia ancora per un po’, e ci sono “Ti amo”, e “Sai che lo farò per sempre, qualsiasi cosa accada” e “Non smetterò mai” fino a quando non si addormentano entrambi, ubriachi di promesse.
 
36 Settimane dopo
 
“Blaine.”, soffia Kurt, piegandosi appena per appoggiare la schiena alla testata del letto. “Blaine – corri, oggi non si ferma un attimo.”
Blaine posa il vassoio della colazione al lato del letto e si arrampica sulle lenzuola, finendo per mettersi vicino a Kurt e allungare le dita verso il suo pancione, senza sapere bene cosa dire, o come comportarsi. Non è la prima volta che lo tocca, naturalmente no; ma ci sono state poche volte in cui Kurt gli ha detto con certezza che Tracy/Alfredo si stesse muovendo, e non lo hai mai davvero sentito chiaramente.
Kurt afferra una mano di Blaine per portarla al lato destro del proprio ombelico, soffiando una risata. “Qui.”, dice pianissimo. “Senti, senti – proprio qui dove hai la mano. Lo senti, Blaine?”
E le labbra di Blaine si aprono in un sorriso, gli occhi che sbattono ripetutamente di incredulità.
“Oh – oh mio dio. Kurt – si muove tantissimo!”, esclama Blaine ridendo, senza azzardarsi a muovere la mano, come se potesse perdere quel contatto per sempre. “Ma – ti fa male?”
“No.”, mormora Kurt, sorridendo con tenerezza. “Mi tiene semplicemente al passo.”
“Mio dio.”, soffia Blaine. “Avrà dei piedini bellissimi. Magari diventa ballerino.”
“Se ha preso da te certo che diventa ballerino.”, sospira Kurt. “E se siamo fortunati riusciamo a insegnargli la coreografia di Single ladies. Ormai è una tradizione di famiglia.”
Blaine ride, qualche lacrima che scorre sulle guance senza che possa fare nulla per impedirlo. Kurt immerge una mano tra i suoi ricci e cerca di scacciargliele via, e il respiro gli si blocca nella gola quando Blaine si abbassa per baciare il punto in cui il loro bambino sta scalciando.
“Ti stiamo aspettando, piccolino.”, mormora dolcemente. “Non…non puoi nemmeno immaginare quanto ti vogliamo bene.”
Kurt non sa se sia colpa degli ormoni, o della voce di Blaine, o magari forse con il tempo sta solo diventando più sdolcinato – ma si ritrova a piangere anche lui. Gli piace pensare che sia colpa della gravidanza.
“Ti amo, lo sai?”, soffia Blaine, alzando lo sguardo per puntarlo nei suoi occhi. “Ti amo da morire.”
Kurt si lascia baciare per un secondo buono, prima di riaprire gli occhi. “Ti amo anch’io.”
 
40 settimane dopo
 
A Blaine serve qualche secondo buono prima che riesca a capire da che parte della stanza provengano quei rumori – gli sembra di star sognando, ma ogni cosa diventa più chiara quando riconosce la voce di Kurt, forte e chiara nelle sue orecchie. Sono a letto – Blaine ricorda il loro lungo bacio il sussurrarsi Ti amo – ma Kurt è rannicchiato in una posizione che gli piace poco, mentre geme pianissimo.
“Kurt?”, sussurra piano Blaine, sbattendo le palpebre per scacciare via il sonno più presto possibile. “Kurt, va tutto bene?”
Il gemito senza fiato che abbandona le labbra di Kurt immediatamente dopo lo spaventa ancora di più. “Non so – non capisco cosa mi succede.”
Blaine avvolge le sue spalle da dietro, soffiandogli un bacio sull’orecchio e rannicchiandosi contro di lui per tenerlo al caldo. “Sono di nuovo i medicinali? Vuoi che provi a chiamare qualcuno?”
Kurt stringe forte le palpebre, tentando di respirare regolarmente. “Non fa – non fa mai così male, Blaine.”, soffia, non riuscendo a trattenere un piccolo singhiozzo. “Forse – non lo so, forse è già ora.”
“Che – cosa – già ora – Kurt, il termine è fissato tra una settimana. Non se ne parla.”, borbotta Blaine, deglutendo appena. “Dobbiamo dirgli che è totalmente fuori tempo e che non siamo psicologicamente pronti –”
“Blaine – oddio, Blaine.”, ansima Kurt, mettendosi presto a sedere vicino a lui, il volto contratto in una smorfia di dolore. Blaine ha a malapena registrato quello, quando si rende conto che buona parte del materasso si è bagnato sotto il loro peso. Cerca gli occhi di Kurt.
“F-forse non abbiamo tempo per prepararci psicologicamente.”, borbotta pianissimo. “Penso che stia nascendo, Blaine.”
 
La corsa in ospedale è frenetica e sarebbe anche divertente considerando le minacce di morte che Blaine sente arrivare dalla cornetta del telefono da parte di Rachel, che questa sera ha una prova importante e non riuscirà a liberarsi almeno fino a mezzanotte passata. Kurt non è mai, mai stato una persona rumorosa ma Blaine pensa che in momenti come quelli ci sia poco che rimanga costante della vita di qualcuno – e Kurt grida e impreca a mezza voce continuamente, rannicchiandosi contro di lui e pregando l’autista di fare più in fretta che può.
Blaine sa di non essere pronto. Anzi, è perfettamente consapevole che nessuno sia pronto per affrontare quel grande passo, e per un secondo desidererebbe avere il Kurt di sempre accanto perché lui di sicuro lo avrebbe preso per le spalle e gli avrebbe detto di essere forte, e che può farcela – ma ora come ora è Kurt che ha bisogno di lui, e non il contrario.
E Blaine deve farcela.
In sala parto a Blaine viene dato un camice verde, e gli viene chiesto se voglia assistere al parto. I suoi occhi corrono in quelli di Kurt, disteso sul lettino con gli occhi rossi e pieni di lacrime e naturalmente dice sì, sì perché non può abbandonarlo adesso come non lo farebbe mai, così si sporge in avanti per lasciargli un lungo bacio sulla fronte per cullarlo, e sa che non è abbastanza, sa che non serve a niente per alleviare il dolore, ma è tutto quello che può offrirgli.
Gli viene detto di sistemarsi dietro Kurt, così Blaine si siede incastrando il volto alla sua spalla e baciandogli appena una tempia.
“Non so se ce la faccio.”, dice francamente Kurt, le sue dita che corrono in quelle di Blaine stringendole quasi in modo spasmodico. Blaine lo stringe appena più forte, posando le labbra sulla sua spalla e sforzandosi di non piangere.
“Sei la persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto, Kurt Anderson-Hummel.”, soffia. “E se c’è qualcuno che può farcela sei proprio tu.”
Da quel momento è tutta una corsa contro il tempo – ci sono urla e imprecazioni che Blaine pensava nemmeno esistessero e ordini sbraitati dalle infermiere. Kurt gli stringe le dita così tanto che Blaine teme di perderle ma al contempo rimane lì, rimane lì sperando che quello basti ad alleviare un minimo di dolore. Non sa dire quanto duri, sa a malapena contare le lacrime che lui e Kurt hanno versato sulle dita delle mani – a Blaine sembrano passati interi giorni quando sente il chiaro, forte, bellissimo pianto di un bambino, e qualche istante dopo suo figlio entra nella sua visuale per un paio di secondi, prima che venga avvolto da un panno.
“Mio dio.”, soffia, sentendo il peso di Kurt su di sé. “Mio dio, Kurt - ce l’ha fatta. Ce l’hai fatta – sei stato bravissimo. Così bravo, amore mio.”
Kurt respira contro la sua spalla, piccolo inerme e senza forze e così felice che tutto il resto non conta, e Blaine sa benissimo che a pochi metri c’è suo figlio ma ha bisogno di guardare Kurt negli occhi adesso, vedere che sta bene. Gli ruba un bacio sulle labbra, lento e che sembra un premio.
“T-ti amo.”, soffia tra le lacrime, cercando di combattere l’emozione. “Ti sto amando così tanto in questo momento.”
“Anch’io.”, riesce a sospirare Kurt, offrendogli un sorriso minuscolo. “Va’ a vederlo.”, gli dice dolcemente, indicandogli un punto al di là delle infermiere. Blaine si china per lasciargli un ultimo bacio sulla fronte, e l’ultima cosa che lascia andare è la sua mano, sforzandosi di mettere a fuoco in mezzo alle lacrime uno scricciolo che si muove nelle mani di un’infermiera.
“Ecco qui.”, soffia lei, ruotando le braccia per mostrarglielo. “E’ un maschietto.”
“Oddio.”, singhiozza Blaine, ubriacandosi di quella vista e piangendo un pochino più forte. “Un – un maschietto. È – oddio…”, Blaine sa di non aver mai avuto problemi con le parole, eppure in quel momento si dimentica come si fa ad essere eloquenti. C’è un esserino che ama più della sua stessa vita proprio lì; l’ha visto da un secondo e sa già che si getterebbe nel fuoco per dargli la vita, e non ha mai, mai amato Kurt così tanto per aver permesso loro di essere completi.
Lo prende tra le braccia traballanti, cercando di infondersi sicurezza perché sa che è ciò di cui i neonati hanno bisogno. Lo culla muovendosi su e giù, regalandogli fiumi di parole d’amore e sorrisi enormi, e ad un tratto non capisce come abbia fatto ad avere così tanta paura.
Passa qualche secondo prima che senta la dottoressa gridare il nome di un’infermiera – Blaine ha a malapena il tempo di voltarsi che una tenda separa la zona di quella sala dal lettino di Kurt, e un dottore entra nella sua visuale, che si premura di raccogliere il bambino.
“Cosa…”, soffia Blaine, stordito. “Cosa sta succedendo?”
“Nulla di grave, signor Anderson. Dobbiamo visitare Kurt, sembra che il suo corpo non abbia reagito al parto come speravamo.”
Gli occhi di Blaine si riempiono di – terrore. Consapevolezza. Orrore. “Che cosa – che cosa significa? Starà bene? Posso – posso vederlo?”
“La chiameremo non appena avremo risolto tutto, signor Anderson.”, gli dice con premura quel dottore, posandogli una mano sulla spalla per accompagnarlo fuori.
Blaine getta un’ultima volta lo sguardo verso quell’assurda tenda, e non riesce a bloccare i suoi pensieri – Non è nemmeno riuscito a vederlo per una volta.
 
Un’ora dopo, Blaine ha tagliato il cordone ombelicale di suo figlio – non era una cosa che moriva dalla voglia di fare, ma la capoinfermiera a quanto pare ha insistito sul fatto che sia tradizione, e Blaine ci tiene alle tradizioni. Adesso il suo bambino è al di là del vetro, bellissimo in mezzo ad altri appena nati, mentre scuote le manine a mezz’aria nel tentativo di addormentarsi.
Nessuno è venuto a dirgli nulla di Kurt.
Sembra quasi che lo sappia, il suo bambino – non ha chiuso occhio da quando lo hanno portato lì, forse perché sta aspettando di vedere Kurt. Forse perché percepisce la paura di Blaine. E Blaine sa che non dovrebbe scaricare tutto quel terrore su una creatura che è appena nata, ma sa anche che non sta crollando sul pavimento dell’ospedale è merito suo.
Adagia una mano sul vetro, mordicchiando appena il labbro inferiore. “Ce la farà, promesso.”, borbotta. “Non glielo perdonerò mai di essersi perso queste prime ore – non vedeva l’ora di vederti, ma sono sicuro che…in qualche modo, è come se si stesse preparando. Capirai col tempo che il tuo papà non riesce a non essere perfetto. Ed è sempre in ritardo. Sempre, anche nelle occasioni importanti. Non vedo l’ora di raccontarti del nostro matrimonio…probabilmente avrai da ridire sulla scelta delle tovagliette. Ma – gli vorrai bene. È impossibile non farlo. E – non lo lasceremo mai solo. Gli faremo capire quanto infinitamente speciale sia.”
Un piccolo singhiozzo abbandona le sue labbra, costringendolo a piagare la testa per appoggiarla al vetro, qualche istante prima che un’infermiera posi la mano sulla sua spalla, regalandogli un enorme sorriso.
Qualche istante dopo, Kurt gli sorride dal suo lettino.
“Mi hai spaventato a morte.”
“Diciamo solo che volevo fare un pisolino.”, borbotta Kurt, ridacchiando piano quando Blaine gli afferra una mano con forza e se la porta alle labbra, baciandone le nocche con dolcezza.
“Non mi piacciono queste entrate in scena.”
Il sorriso di Kurt si spegne. “Mi dispiace di averti fatto preoccupare.”, soffia, portandosi Blaine più vicino. “Non so se lo hai mai sentito dire, ma partorire non è esattamente una passeggiata.”
Blaine si lascia scappare un buffo di risata, avvicinandosi per coprire le labbra di Kurt con le proprie. “Sei stato così forte.”
“Non ce l’avrei mai fatta senza di te.”
Blaine alza appena un sopracciglio. “Non ho fatto niente.”
“No, infatti.”, borbotta scherzosamente Kurt. “E’ quello che dici più o meno ogni giorno, da quando mi hai salvato la vita accettando di parlarmi su quella scala.”
“E’ stato piuttosto difficile resisterti.”
La risata scoperta di Kurt viene interrotta dal rumore della porta principale che si apre. Si voltano entrambi all’unisono, puntando gli occhi sul fagottino che è nelle mani di una giovane infermiera. Blaine sorride appena mormorando un “Lo dia a lui”, e Kurt si scioglie in uno dei sorrisi più belli che il mondo abbia visto, quando prende loro figlio tra le mani.
“Oddio.”, mormora, tremando visibilmente. “Oh mio dio Blaine guardargli le sopracciglia, oddio, le ha prese da te è – è così carino. Ti assomiglia da morire – ha un sacco di capelli per dio, sarà divertente lavarglieli. Ti prego dimmi che gli hai visto il colore degli occhi perché li sta tenendo chiusi e non riesco a capire –”
Blaine gli bacia la testa, mettendosi dietro di lui per poterlo guardare. “Scommetto azzurri.”, borbotta. “Ma non lo so, era appena nato quando mi ha permesso di dare loro una sbirciata. Aspettiamo che si svegli.”
A quel punto Kurt gli sfiora il nasino con la punta del pollice, ridacchiando appena. “Ciao, Alfredo.”, soffia. “Sei ancora d’accordo per Alfredo?”
“Sono ancora pienamente d’accordo.”, soffia Blaine, spostando indietro i capelli di Kurt in una carezza. “Stavo pensando che potevamo dargli Finn come secondo nome. Se per te è okay.”
E anche se Kurt non lo guarda, Blaine sa che ora sta sorridendo.
“S-sì.”, mormora pianissimo, respirando poi con calma. “Sì, sarebbe davvero molto importante per me.”
“Vada per Finn.”, soffia Blaine baciandogli la testa. “Alfredo Finn Anderson-Hummel. È carino. Sembra il nome di qualcuno di importante.”
Kurt scoppia a ridere. “Spero che la pensi così quando avrà trent’anni e diventerà un indiscusso attore pluripremiato. O se finirà per odiarci.”
Si lasciano andare a una risata liberatoria, prima che Blaine appoggi le labbra sulla tempia di Kurt per lasciargli un lungo bacio. “Ha il tuo stesso naso. Lo adoro. Passerò intere giornate a baciarlo.”
Kurt gli regala un leggero sbuffo. “Quindi basta, il mio non ti piace più?”
“Oh, vieni qui.”, borbotta Blaine, afferrandogli il mento per baciargli piano il naso, ridacchiando sommessamente. Si perde un attimo nei suoi occhi prima di abbassarsi per baciare le sue labbra intensamente – è un bacio appassionato e profondo, e probabilmente non si baciano così da troppo tempo e per troppo tempo non lo potranno fare, ma è stata una lunga battaglia e si concedono quel piccolo momento di vittoria.
“Abbiamo fatto qualcosa di stupendo.”, soffia Blaine, allungando le dita per accarezzare una guancia tonda di Alfredo. “E sai che vi amerò per sempre, vero?”
“Un altro tassello che completa la nostra vita.”, soffia pianissimo Kurt, incastrando il volto nell’incavo del collo di Blaine e lasciandosi stringere, mentre a sua volta tiene tra le braccia il loro bambino. Ed è così, semplice. Con ogni angolo levigato che combacia perfettamente con l’altro.
.





.





.
(Ci ho provato, abbiate clemenza. Non avrei mai pensato di scrivere una Mpreg - non perchè non mi piacciano, ma perchè credevo non fossero molto il mio genere. Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui <3)
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Papillon_