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Autore: Mo_    03/10/2015    3 recensioni
L’amicizia tra ragazzi ha poche e semplici regole base, come dei comandamenti incisi sulla pietra che però mai nessuno è riuscito a ritrovare su un monte come è successo ai cristiani. Ma la regola delle regole è una sola, e racchiude coraggio, onore, lealtà, sincerità, cavalleria e quel pizzico di proibizione che poi in realtà è ciò che ti frega sempre.
Come Dio diceva “non desiderare la donna d’altri”, così le ragazze degli amici, che siano ex o in una relazione in corso, sono intoccabili. Eh. E questa è brutta.
Perchè Andrea è follemente innamorato di Serena e sembrano essersene accorti tutti tranne lei e Teo, il suo migliore amico nonchè ragazzo di Serena. E allora che fare?
Storia partecipante al contest "21 Prompt in cerca d'Autore", ispirata a "Il Bacio" di Francesco Hayez.
Perchè quando l'amore diventa arte, non c'è scampo.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Nome sul forum: Nobodybreaksmyheart
Nome su EFP: Mo_
Prompt: n15, "Il Bacio" di Hayez
Titolo: The masterpiece 
Genere e raiting: Romantico, Giallo
Lunghezza storia: One shot, 8268 parole
Eventuali note: "La fanciulla è pienamente abbandonata nell’amplesso, il cui braccio sinistro, portato in alto a stringere le spalle dell’amato, segue la linea d’orizzonte dello schema geometrico della composizione. L’uomo, a sua volta, bacia l’amata tenendole capo e viso fra le mani, appoggiando la gamba sul primo gradino della scalinata e assecondando, allo stesso tempo, la sensuale inclinazione del corpo femminile stretto al suo. Tuttavia, l’impressione che se ne ricava da questa presunta instabilità fisica è quella di un triste e inevitabile addio" Il Bacio, lettura dell'opera.
L'ultima scena del racconto è appositamente resa simile a quella raffigurata nel quadro, una specie di reinterpretazione in chiave moderna.
Spero di averne reso giustizia.
Buona lettura xx



The Masterpiece
 
You’re crazy and I’m out of my mind,
‘cause all of me,
loves
all of you.
John Legend, All of me
 
 
L’amicizia tra ragazzi ha poche e semplici regole base, come dei comandamenti incisi sulla pietra che però mai nessuno è riuscito a ritrovare su un monte come è successo ai cristiani. Ad esempio, è fondamentale chiare il fronte su cui schierarsi tra PES e FIFA per poi passare pomeriggi interi ad epilessarsi insieme (naturalmente, PES); dopo aver trovato un accordo, si passa alla firma che attesta che “mi casa es tu casa”, e magari anche dal ferramenta per fare una copia delle chiavi di cancello, portone e nel mio caso non del garage, perché lì c’è la moto e quella deve essere al sicuro in un posto dove nessuno a parte me possa mettere mani; dalla consegna delle chiavi si può procedere al “questo pezzo di divano è mio”, o ancora, “in casa mia tengo io il telecomando”, e anche meglio “quella è la mia tazza, scegline qualsiasi altra ma non questa” (e puoi scommettere che per la pappina di latte e biscotti il pomeriggio alle cinque sceglierà sempre quella fatidica tazza). Dopo aver messo le fondamenta, si può passare a paragrafi quali 1.0. Mia sorella non si tocca 1.1. Proprio per questo ci proverai ed io ti ammazzerò 1.2. Se e solo se lo farai ti negherò l’accesso in casa mia (o più comodo spedirò mia sorella in convento); 2.0. Organizza una partita di calcetto senza chiamarmi e ti negherò la parola fino a prossimo avviso 2.1. Ma ti perdonerò se poi verrai a casa a propormi un torneo di PES (ancora una volta, sottolineerei PES); 3.0. Le mie sigarette sono tue 3.1. Le mie maglie, felpe, pantaloni, mutande sono tue 3.2. Il mio telefono è tuo 3.3 ma quell’ultima merendina della mia marca preferita devi lasciarla al suo posto (come da manuale, tra tutte le delizie nella tua dispensa sceglierà proprio quella. E la inzupperà nella tua tazza. E ti batterà anche a PES).
Ma la regola delle regole è una sola, e racchiude coraggio, onore, lealtà, sincerità, cavalleria e quel pizzico di proibizione che poi in realtà è ciò che ti fotte sempre.
Come Dio diceva “non desiderare la donna d’altri”, così le ragazze degli amici, che siano ex o in una relazione in corso, sono intoccabili. Eh. E questa è brutta. Perché queste ragazze tu dovresti guardarle e provare quasi un amore fraterno nei loro confronti, sono coloro che fanno star bene il tuo amico e quella dannata minigonna la mettono sono per far piacere a lui, non perché tu debba calare l’occhio sulla gamba scoperta che lascia facile accesso alle porte del piacere. Assolutamente no.
Io in situazioni del genere non mi ci sono mai trovato.
Prima di lei.
E ora, se mi concedete un termine volgare che non sono solito usare ma che descrive pienamente i miei turbamenti, sono cazzi.
Il vero problema è che lei non è di quel genere di cui discutevamo prima, minigonna, micro top e labbroni colorati. Così ce ne sono state e non mi hanno mai turbato più di tanto, e forse avrei preferito visto la situazione in cui mi trovo in questo momento, e invece no, invece lei è qualcosa che sembra così prezioso, qualcosa che metteresti su un piedistallo al riparo da qualsiasi cosa, qualcosa alla quale non puoi fare a meno di affezionarti.
Serena e Teo si conoscono da sempre e si vogliono da poco, saranno all’incirca quattro o cinque mesi che formano ufficialmente una coppia, ed io la guardo da lontano da, che so, quattro o cinque anni. Ma da timido quale sono, anche se nessuno direbbe mai ciò di me, non ho mai esposto a nessuno la mia passione per questa biondina che vive a cento metri da casa e ho passato gli ultimi anni a passarle davanti con la moto aspettando un saluto, ad invitarla tramite terzi ai poolparty che annualmente ospito nel mio giardino e a girare nel vicinato, fermandomi a parlare con i suoi amici nella vana speranza che lei ci vedesse e si fermasse a parlare con noi. Insomma, un idiota. C’è stato un momento in cui la mia ossessione, perché al tempo si, era solo ossessione, sembrava essersi attenuata se non del tutto sparita, e poi ecco che Teo, il mio migliore amico da quando all’asilo gli rubai la moto da corsa di Action Man (e con il quale ho comprato il mio primo PES), si presenta a casa mia con la sua nuova ragazza. Serena. Fu allora che capii che sarebbe stato meglio se fosse rimasta solo un’ossessione irrealizzabile, una specie di quadro da contemplare, da studiare ma mantenendo una certa distanza, perché uscire insieme significava parlarle, e parlarle per me è come fare l’amore con il suo cervello.
Non fraintendetemi, io c’ho provato. C’ho provato in tutti i modi a levarmela dalla testa. Lei è la ragazza di Teo e devo fare il simpatico con lei per farla trovare bene nel gruppo, perché possa dire che gli amici del suo ragazzo sono simpatici e che uscire con noi non le pesa, ma c’è stato un periodo durante il quale sono stato io a non voler uscire con il gruppo perché preferivo stare lontano da lei, da loro insieme, per il bene della mia psiche e di colui che considero mio fratello.
Ho creduto di essere riuscito ad andare avanti, di essere riuscito a smettere di pensare a lei ogni volta che la riproduzione casuale del telefono faceva partire All of me di John Legend (la canzone che cantammo a squarcia gola la prima volta che entrò nella mia macchina) o tutte le volte che mettevo piede su una barca a vela (il primo vero discorso che abbiamo intavolato e una delle passioni che ci accomuna), ma c’era sempre un preciso momento che tornava a ronzarmi in testa. Più che “ronzare” direi che addirittura mi teneva sveglio la notte. Mi tiene sveglio la notte.
Eravamo a Milano insieme perché lei e Ale, altro membro storico del gruppo, avevano un test universitario, ed io e Teo ne avevamo approfittato e li avevamo accompagnati così da poter fare anche un po’ di casino lì nella grande città. Per quanto strano possa sembrare, però, oltre che far festa per quelle tre sere ci impegnavamo anche a fare visite intellettualmente attive (e no, non parlo solo del Duomo). Teo studia all’artistico e qualcosa ne capisce, Serena è innamorata dell’arte e l’arte è innamorata di lei, ed io sono cresciuto con un nonno che prima ancora di insegnarmi a parlare mi portava in giro per mostre e musei. Ale è, beh, più razionale di noi, ma ce lo trascinavamo dietro promettendogli una bella sbronza per quella sera. E la successiva. E la successiva ancora.
Ricordo che era l’ultimo giorno e la Pinacoteca di Brera era a pochi passi dal nostro albergo, così c’era venuto lo schizzo di andarci a fare un giro prima di prendere il taxi per l’aeroporto.
Era la stanza XXXVII, lo tengo in mente come se vivessi quel momento ogni giorno. Avevo lasciato Teo e Ale nella zona precedente a discutere davanti all’autoritratto di Crespi e vagavo con le mani in tasca seguendo l’istinto, seguendo Serena.
Me ne resi conto solo una volta al centro della sala.
Che non riuscivo a guardare altro,
se non lei.
Io, che con l’arte c’ero cresciuto, che l’avevo sempre considerata un pilastro fondamentale della mia vita, di come sono io ora, che vivevo circondato di dipinti, mi trovato pietrificato davanti all’unica vera arte che riuscivo a contemplare in quel momento. Più viva delle statue del Canova, aveva una massa di capelli biondi intrecciati sulla schiena che ricordavano i campi di grano di Van Gogh e gli occhi di un colore più bello di quello delle ninfee di Monet.
E mi ero scoperto innamorato di lei, come di un artista della sua prima opera.
Non erano serviti gesti o parole, ma era bastato l’offuscarsi del resto del mondo, di quello che era parte del mio mondo, al suo solo passaggio. Ed automaticamente le sono andato accanto, lasciandomi prendere dalla passione con cui i suoi occhi studiavano Il bacio di Hayez.
«Non sembra anche a te di sentire sulla pelle tutto l’amore che quel bacio racchiude?»
Ma la vera unica domanda nella mia mente era, chi dei due è l’opera d’arte?
«Più di quanto immagini» le risposi, e lei staccò per la prima volta gli occhi dal quadro solo per guardare me e sorridere. E mi ritenni un uomo fortunato. E fottuto.
Come potevo continuare a far finta che non fosse successo nulla? Come se il mondo non mi fosse crollato addosso in quel momento nel quale avevo realizzato che niente aveva senso se non parlava di lei, se non raffigurava di lei. Ma ho racimolato tutte le forze e mi sono dato del tempo per capire cosa fare, se mandare a quel paese un’amicizia di quattordici anni per un futuro decisamente non certo o farmi da parte, cercare, per quanto possibile, di andare avanti.
A dir la verità, sto ancora decidendo.
Sto decidendo anche ora, mentre lei è aggrappata al mio petto e la strada scorre veloce sotto le ruote della mia moto. Mai ho trovato più difficile guidare se non quando lei è dietro di me.
«Andre è tardissimo» grida lei per riuscire a farsi sentire nonostante il rombo del motore e il casco integrale. D’istinto accelero e Serena stringe ancora di più le sue gambe contro i miei fianchi.
Siamo diretti a casa mia, dove è in corso una festa, una festa che non può decollare dato che l’alcool è tutto nei nostri zaini. In realtà sono incazzato a morte con Teo, perché sarebbero dovuti andare lui e Ale a fare questa spesa almeno un paio d’ore fa, ma dato che mancano della più basilare capacità di organizzazione si sono ridotti ad avvisarmi della mancanza delle bottiglie a meno di mezz’ora dalla festa, ed io sono stato costretto a lasciare loro in villa a fare gli onori di casa mentre, con Serena che si è offerta di aiutarmi, andavo a comprare da bere. Che poi, costretto è un parolone. Di certo la presenza di lei rende il tutto quasi apprezzabile, se non divertente. Serena è sempre così tranquilla, fresca come una boccata di brezza marina, che con lei intorno non riesci ad essere incazzato, quindi anche se mentre giravamo per i corridoi del supermercato avrei voluto chiamare Teo e sfogare un sacco di rabbia repressa, è bastata una sua mano sul mio polso per impedirmi di prendere il telefono e mandare tutto ciò al di fuori di quel tocco a quel paese.
Ma questo non importa, no? Ora andremo alla festa, lei scenderà dalla mia moto e correrà da Teo, perché è così che dev’essere, ed io come sempre andrò avanti fingendo che non mi importi di niente, perché io non provo sentimenti, perché io con le ragazze ci vado solo a letto, o almeno così tutti dicono. Che non riesco a tenermi una ragazza fissa da quando ho lasciato l’ultima.
Peccato che nessuno si è mai chiesto davvero il perché.
Eppure è davanti agli occhi di tutti.
Quando sgommo nel vialetto di casa Serena mi pianta un pugno sulla spalla, poi scende saltellando dall’Rs Aprilia 125 nera e rossa che io mi ostino a chiamare amore.
«Andre ti odio, lo sai che non devi fare queste cose con me dietro» grida, con un tono di voce tra l’infastidito e il divertito.
«Guarda con quel pugno mi hai proprio convinto, tu sì che sei una dura» le rispondo, scompigliandole i capelli non appena le passo accanto. La sento sbuffare alle mie spalle e sorrido tra me e me, poi i suoi passi si uniscono ai miei verso il cancello di casa.
«Sere davvero hai fatto troppo per oggi, vai dagli altri in giardino, ci penso io a sistemare l’alcool»
«Lo sai che ti aiuto volentieri, e poi ho più o meno litigato con Teo e davvero vorrei ritardare il nostro incontro il più possibile»
Ah.
Quest’informazione mi mancava.
È tanto brutto essere felici delle disgrazie altrui?
«Tu e Teo? Che litigate? Cioè, qualcuno riesce davvero a litigare con te? »
«A quanto pare si»
«E il motivo sarebbe…»
Serena abbassa lo sguardo e arrossisce, poi passa sotto il mio braccio mentre le apro il cancello e accelera il passo verso la porta d’ingresso. Mi mordo il labbro e questo silenzio mi uccide. Teo mi dice sempre tutto, soprattutto consigli per quanto riguarda Serena dato che da ciò che racconta la capisco meglio io di lui. Eppure niente. E Serena non sembra voler accennare parola.
Solo il rumore delle casse di birra poggiate sul bancone mi distrae dai pensieri.
«Andre te lo direi se non fosse una cosa stupida… e imbarazzante e priva di senso» mormora lei, tenendosi impegnata con qualsiasi cosa piuttosto che alzare lo sguardo e trovare me a fissarla, imbambolato.
Ed imbambolato mi ci ritrovo anche qualche ora dopo, sempre davanti a lei, mentre siamo entrambi completamente sbronzi a parlare a bordo piscina e le sue inibizioni si sono abbassate così tanto che ci vuole poco per convincerla a confessare.
La verità è che si è incazzato perché sono venuta a comprare gli alcolici con te” ha appena detto lei, e la mia mascella ha toccato terra. Credevo di non aver capito bene, poi però lei ha annuito sconsolata e si sono spalancati anche i miei occhi.
«Che senso ha? Ha paura che ti faccia cadere dalla moto?» rispondo, e per un momento sono ancora più incazzato con il mio migliore amico che a quanto pare non si fida di me. Eppure Serena scuote ancora una volta la testa.
«In realtà è stata più una sparata di gelosia. Non è la prima volta, Andre. Teo pensa che io sia … attratta da te, e vede ogni volta che siamo soli come una conferma di questa sua assurda tesi»
Boom.
Sento il mio cuore perdere uno, due, tre battiti.
Poi parte all’impazzata e chi lo ferma più.
Qualche spia d’emergenza nel mio corpo si attiva e le mie labbra si muovono per pronunciare un «tu attratta da me?», ma qualche attimo dopo già mi sono scordato cosa ho detto.
L’alcool fa girare tutto ciò che ho attorno, lei è capace di far fare le capriole al mio cuore e non credo di poter sopportare le due cose insieme e uscirne vivo.
«Si lo so è assurdo. Dice che come guardo te non guardo nessun’altro, “neanche tu fossi la Cappella Sistina”, testuali parole»
Ed io vorrei risponderle che io, anche sotto le volte della Cappella Sistina, continuerei a guardare lei.
È una cosa che ho già testato.
Ma se la figura di merda la evito in quel momento perché sono troppo sconvolto per risponderle, di certo non me la risparmio fino alla fine della serata dato che, quando la festa è agli sgoccioli e restano solo i pochi amici stretti che si fermano a dormire a casa mia, esordisco con un «andatevene tutti e resta solo Sere con me sta notte, dato che è l’unica tra voi che mi ha calcolato per tutta la sera anziché molestare gli altri invitati»
Forse dovrei imparare a cucirmi la bocca quando sono ubriaco.
A Teo quasi non va lo Jeger di traverso.
Serena alza lo sguardo confusa. È seduta al mio fianco e la sua mano è poggiata tra le nostre ginocchia che si sfiorano, ma la ritira non appena cattura lo sguardo di fuoco di Teo.
«Andre tranquillo anche se dormi con tutti maschi non ti diamo del gay» mi salva in corner Ale, quel genio, santo, capocannoniere che è Ale.
«E anche se fosse non ce ne faremmo un problema» scherza poi Luca, e sento la sua mano battermi sulla spalla. Rido anche se da ridere non c’è assolutamente niente, rido ma il mio sguardo è incatenato a quello di Serena, che ricambia un po’ persa, con le labbra leggermente arricciate in un sorriso e le guance che non so se son rosse per l’imbarazzo o per l’alcool che le scorre nel corpo. Fatto sta che dopo questa scenetta Teo lascia la sua sdraio e, alla bellezza delle tre di notte, si getta di nuovo in piscina completamente vestito.
E Serena non sembra intenzionata a seguirlo.
Lei sta bene accanto a me.
È il posto giusto per entrambi.
Ale mi sta fissando incuriosito dalla sdraio di fronte alla nostra, ma quando gli chiedo cos’abbia non mi risponde. Sta sera son tutti strani.
Ed io più di loro mi sento con la testa oltre le nuvole, e le stelle, e l’intera galassia.
Io però un motivo ce l’ho, ed è il profumo di lei al mio fianco che mi inebria, è il suo viso che si nasconde nell’incavo della mia spalla per coprirsi la faccia dalle troppe risate quando Ale spara una delle sue solite cazzate. È bello sentirsi così persi ed al tempo stesso al posto giusto, che l’idea dell’abbandonarsi ai propri sentimenti, smarrire se stesso in un’altra persona, diventa una proposta allettante. Non saprei dire se fossi perso prima di trovare lei, o se sono perso ora in tutto ciò che lei è.
È qualcosa che devo cercare di capire, prima o poi.
Non che sia qualcosa di cui mi importi poi così tanto, non quando lei è così vicina.
Mi godo la sua presenza,
 
Anche perché, dopo quella sera, passa una settimana prima che possa rivederla.
 
Non c’è un motivo preciso per la sparizione di Serena. Lei e Teo stanno ancora insieme e a quanto pare lui la ama come sempre da matti, eppure ha saltato il nostro solito caffè delle cinque al solito bar, e la serata film, e il sabato in centro, e le sigarette della buona notte, e la colazione della domenica e qualsiasi altra occasione in qualsiasi altro giorno della settimana. E sia io che lei, Teo e Ale abitiamo ad una decina di passi l’uno dall’altra.
Così, un uggioso lunedì di inizio Settembre, mentre guardo annoiato per l’ennesima volta la saga del Signore degli Anelli, mi rendo conto che qualcosa bisogna pur farla. Non posso credere che Serena abbia smesso di volerci vedere da un giorno all’altro, e soprattutto ho questa pulce nell’orecchio che vede me come il vero problema della sua mancanza durante queste giornate. Seguendo questo ragionamento dovrei stare buono al mio posto e lasciarle vivere la sua vita (soprattutto la vita di coppia) tranquillamente, ma cosa posso farci se ogni cellula del mio corpo sente la sua mancanza?
Così Il Signore degli Anelli finisce in pausa e senza fregarmi della tenuta da casa (pantalone della felpa e tshirt slabbrata) in contrasto con le camicie con le quali mi ha sempre visto, afferro le chiavi della moto posseduto dalla pigrizia che mi impedisce di fare quei cento metri a piedi (leggermente in salita, eh) ed esco di casa.
E vado da lei.
C’è una pioggerella flebile e l’odore della pioggia regala al momento un tocco scenico, un po’ da film, nonostante da questa mossa non mi aspetti un gran che, nessun lieto fine. Qualche calcio nel sedere al massimo. Più che chiederle di passare qualche minuto con me non posso fare, perché nonostante il mio amore per lei metta molte volte tutto il resto in secondo piano, lei resta la ragazza del mio migliore amico. Resta intoccabile, per quanto ciò mi sembri ingiusto.
Sono sotto scacco nella mia partita con il destino, ed io a scacchi non sono mai stato poi così bravo.
Eppure le citofono.
Serena mette fuori la testa per capire chi possa essere quel folle che le citofona alle sette di sera di un lunedì qualunque con la pioggia e il cuore in mano. Escludendo Teo, che sarà fuori fino a domani. Quando incontra il mio sguardo spalanca la porta di casa, ma restiamo ad osservarci attraverso le fessure del cancello incapaci di dire o fare qualsiasi cosa. O almeno, per me è così. Se si tratta di lei non so cosa fare. Se si tratta di lei sono un coglione patentato, un ragazzino innamorato.
«Entra, ti starai bagnando» dice finalmente con la voce insicura, eppure forte abbastanza perché possa capirla. Con un fischio la serratura del cancello scatta e mi faccio coraggio per aprirlo, mentre con il cuore in gola corro verso di lei. Lei che non mi è mai sembrata più bella, con i ciuffi ribelli di capelli biondi legati dietro la nuca e solo una tshirt oversize a coprirle il corpo. Arrossisce anche, quando le sono accanto e il mio sguardo le corre addosso. «Scusa Andre, se mi avessi avvisato mi sarei messa qualcosa di decente»
E come faccio io a dirle che mi lascerebbe senza fiato anche con una tenda addosso? E che anzi, a vederla così penso che mi piacerebbe averla sempre a girare per casa, con una mia maglia addosso, dopo aver fatto l’amore.
Come si fa?
«No, anzi, scusa avrei dovuto chiamare, è solo che…» mi passo una mano tra i capelli, mentre cerco le parole giuste. «È solo che non ti abbiamo vista per un po’ e si, insomma, io e Ale ci siamo preoccupati»
«E Ale dov’è? »
«In realtà non ne ho idea»
Serena mi guarda e sorride, come se la situazione le faccia in qualche modo tenerezza, o comunque piacere. «Facciamoci una sigaretta, dai»
Seguo Serena per i corridoi di casa fino ad arrivare in una veranda che si affaccia sul giardino. L’unica luce accesa è soffusa e proviene da un Abat-Jour accanto al divano, fuori è quasi buio e i vetri sono appannati dalle gocce d’acqua. Le casse liberano note di una canzone di John Legend.
«Disturbo qualcosa? »
«No figurati, stavo leggendo e se piove amo farlo qui»
Serena apre una finestra e quell’odore di pioggia che tanto mi piace arriva anche dentro casa. Ci sentiamo ai lati apposti del divano, come se in questi giorni di mancanza tutte le barriere che c’eravamo abbattuti a vicenda si fossero ricostruite. Il problema è che le mie non sono poi così facili da demolire. Mi lancia una sigaretta e mi nascondo dietro il fumo quando l’accendo. Non sarei dovuto venire, non so neanche da dove iniziare. Poi però la guardo meglio e mi sembra così piccola che mi viene quasi da ridere, da ridere di me, che mi lascio intimorire da una creatura così innocente, che mi guarda e al tempo stesso si tortura le labbra nervosa, seduta a gambe incrociate e lontana chilometri da me.
«Teo?» Domando dal nulla, perché io da lei mi farei volentieri riabbattere qualsiasi barriera. Ma Serena non sembra capire, piega la testa in modo interrogativo e la sua ombra si proietta sul mio petto, dove dovrebbe esserci lei e non solo un’ombra scura. «è per ciò che mi hai accennato l’altra sera che non ti sei fatta vedere questi giorni? Perché è geloso di… me e te?»
Mando giù il groppo che ho in gola e quel me e te mi riecheggia in testa finché lei non risponde. È un bel concetto. Io e lei.
«Ormai è una sua fissa, e non riesco a fargli cambiare idea»
«E il mio discorsetto dell’altra sera non ha certo aiutato, vero?»
Annuisce e mi batto una mano sulla fronte, sono davvero un idiota.
«Non so come riusciremo a risolverlo, ma sono contenta che tu sia passato. Mi sei, siete, mancati. La colazione di domenica senza voi non ha senso»
«Sere dovremmo parlare con Teo, tutti e tre»
Lei apre bocca per rispondere, ma viene interrotta dal mio cellulare che comincia a suonare. È mia madre che mi affida il bellissimo compito di tenere d’occhio i miei fratelli questa sera, mentre i programmi miei e di Ale erano tutt’altri. C’è una serata sta sera dove suona Luca ed avevamo free entry e free drink, ma non ho neanche il tempo di rimpiangerla che un’idea mi balena in mente.
Questa sera Teo non c’è.
Così chiamo Ale e gli comunico la brutta, ma non poi così brutta, notizia. Per poi proporgli una seratina film e pizza. Con Serena. Ed Ale accetta, perché sono convinto che lui abbia capito tutto, e soprattutto perché, nonostante darebbe qualsiasi cosa pur di andare a ballare tutte le sere, a volte il suo lato festaiolo viene messo da parte dall’importanza che per lui hanno gli amici. E Serena manca anche a lui, sarebbe impossibile il contrario. Lei è una di quelle persone che se ti abitui ad averle intorno non vorresti mai farne a meno.
«Sta sera cancella i tuoi impegni, sta venendo Ale a casa e facciamo da baby sitter ai gemelli, mangiamo la pizza e guardiamo un film» le propongo, e quando le labbra si schiudono per pronunciare un rifiuto che le si leggeva anche negli occhi, scatto verso di lei e le copro la bocca con la mano. «Passeremo insieme questa serata, che Teo lo voglia o no. Possiamo non dirglielo, se ti crea problemi. E quando tornerà dal weekend con i genitori risolveremo la situazione tutti insieme. Non puoi dire di no. Ora vai a metterti un paio di pantaloni e ti aspetto sulla moto»
E Serena no non lo dice davvero.
Anzi, viene a casa con me.
Il Signore degli Anelli che avevo interrotto per andare da lei viene riavvolto e lo vediamo dall’inizio tutti insieme sul divano di casa. Tra me e Serena ci sono i due gemelli, due piccoli biondini uguali in me in tutto e per tutto, mentre Ale ha occupato la chaise longue e si è mangiato due pizze in meno di dieci minuti (offerte da me come ricompensa per essere rimasto a casa). Stiamo bene così.
I gemelli sono stranamente tranquilli e se ne stanno buoni a guardare il film o a ridere quando Serena e Ale cominciano a doppiare il film, o quando Serena fa cadere tutti i pop corn per terra ed io glie li lancio addosso come fossero le frecce di Legolas, anzi in realtà ridono per qualsiasi cosa lei dica o faccia. Forse è un gene di famiglia, innamorarsi di lei.
Prima di andare a dormire le danno un bacio sulla guancia e le chiedono di tornare presto a trovarli, e lo spero anche io.
«Sai Andre, dovresti fidanzarti con lei» mormora Marco quando li accompagno in camera per assicurarmi che vadano a dormire davvero e non a giocare alla playstation. Leo annuisce.
«È complicato, ma giuro che ci sto provando»
Il resto della serata lo passiamo con un paio di birre e programmi demenziali in televisione, a ridere e scherzare finchè Serena non prende sonno e poggia la testa sulla mia spalla. I suoi respiri diventano regolari dopo pochi minuti, e il viso scivola nell’incavo del mio collo, e sono sicuro che si sia addormentata. Ale ci lascia per andare a prendere un’altra birra ed io sono pietrificato, terrorizzato dall’idea di poterla svegliare, anche perché il suo respiro sulla mia pelle è così bello che non vorrei dovermene staccare. Potrei abbracciarla, potrei anche darle un bacio e fanculo Teo, ma io non sono così, e lei neanche vorrebbe, quindi mi limito ad accarezzarle leggermente i capelli.
«Mi piace» dice Ale non appena torna dalla cucina. Mi allunga una bottiglia ma l’unica cosa che riesco a fare è guardarlo. «Serena, intendo» continua.
«In che senso?» gli domando, sperando in qualsiasi risposta che non comprenda l’essersi innamorato di lei, perché già Teo è un bell’ostacolo, figuriamoci se ora Ale si è preso una bella cotta. Posso dirle addio una volta per tutte.
«Nel senso che è bello passare del tempo con lei, non trovi? È una persona che ti fa sentire a casa ovunque. Basta vedere Teo quant’è felice, no? »
«Già» rispondo, buttando giù un sorso che quasi finisce mezza birra.
«Dovresti proprio fare qualcosa a proposito»
Questa volta non capisco così lo guardo interrogativo, ma è lui ad aver capito. Ale capisce sempre.
Anzi, in realtà l’ha sempre saputo.
«Dio Andre, sei follemente innamorato di lei»
«Ale ma che…»
«Dai Andre, che cerchi di starle sempre il più vicino possibile, quasi fosse l’unico ossigeno disponibile. E il modo in cui trucidi con lo sguardo chiunque la guardi un secondo in più del necessario, neanche Teo l’ho fa. E Teo è il suo ragazzo. Oh e vogliamo parlare del blocca schermo del tuo cellulare? Andiamo, Il Bacio di Hayez? Fai sul serio? Pinacoteca di Brera, hai guardato più lei dei quadri, come fosse un capolavoro. E ora quasi stavi per ammazzarmi quando ti ho detto che mi piace, solo che a me piace come persona da avere nel gruppo, a te piace come se fosse la persona con cui vorresti passare la vita. E sei fottuto, amico. Ma sai cosa? Io tifo per te, che se c’è lei sei una persona migliore. Teo non la ama abbastanza. Non come potresti fare tu. »
 
Ma se pensavo che dopo averne parlato con Ale le cose sarebbero migliorate, o almeno sarebbero state più facili, mi sbagliavo di grosso. Nelle settimane successive successero troppe cose. Teo venne a scoprire dai gemelli che Serena aveva passato la serata con noi e diede di matto, incrementato dal fatto che glie l’avessimo nascosto. Litigò persino con Ale. Come se non bastasse, nei giorni a seguire la mia ex storica tornò a farsi sentire, con tante belle parole e tante scuse per come era finita la nostra relazione, e nonostante da lei non volessi assolutamente niente non sono mai stato una persona che porta rancore, così Silvia si reinserì nel gruppo, e iniziò a provarci con me in ogni attimo della sua esistenza. Dopo che Teo chiarì con tutti, riprese a far uscire Serena con noi, ma, casualmente, solo le volte in cui c’era anche Silvia, che si spalmava su di me e non mi mollava un secondo.
È stato in quel momento che ho perso Serena.
L’ho sentita lentamente scivolarmi dalle mani attimo dopo attimo, sera dopo sera. Ed io continuavo a tenere Silvia vicino perché era il mio unico modo per stare con Serena, ma più quella tortura continuava più lei si chiudeva in se stessa. Ci sono state volte nelle quali non ha pronunciato mezza parola.
Finchè una sera, ubriaco marcio, le dissi che Teo faceva bene ad essere geloso di lei, che se fosse stato per me l’avrei baciata già dalla prima sera che ci conoscemmo. Lei mi rispose con un “Teo ha sempre avuto ragione”. Il giorno dopo lasciò Teo, e sparì anche dalla vita di tutti. Sparì dalla mia vita.
Ed ora sono seduto con la testa tra le mani su una panchina di casa di Luca, con una birra mezza vuota tra le gambe. L’estate è finita da un po’, il che significa che non vedo Serena da settimane e settimane. Non so se è meglio o peggio così. Sono stati più i casini del resto, più l’amore sprecato che quello condiviso. Anzi, quello non c’è mai stato. Ma, ecco, ora sono a questa festa e so che lei sta arrivando. Si è trovata in università con Luca, hanno stretto amicizia cazzeggiando nei corridoi e l’ha invitata, senza secondi fini dato che lui della faccenda non sa niente. Anzi, l’ultima volta che è stato con noi eravamo a bordo piscina e Serena sembrava abbastanza inserita nel gruppo.
E non so se sono pronto a rivederla. Anche se dovrebbe essere Teo quello in agitazione, quello che con lei c’è stato davvero e che non le parla da quando lei l’ha lasciato con un banale “non possiamo più stare insieme”, tremano anche a me le mani. Non ci posso fare niente.
«Andre ma ti vuoi riprendere? Come se non l’avessi mai vista in vita tua. È sempre lei, ti giuro che non è cambiata di una virgola» esordisce Ale, sedendosi al mio fianco.
Lui è l’unico che, per forza di cose, dopo qualche mese ha ripreso a vederla. E dico per forza di cose perché ora Ale è impegnato con la migliore amica di Serena, il che ha portato ad una loro riunione, gestita sempre con molta discrezione così che né io né Teo ci trovassimo mai ad uscire con loro.
«Ale quello è il problema, che lei è sempre lei ed io sono sempre io, che al solo pensiero di poterla vedere di sfuggita questa sera vado in panico»
«Allora comincia a prendere aria, perché è arrivata»
Il mio cervello si scollega automaticamente non appena recepisce le parole di Ale e lo sguardo corre a cercarla, come il suo cerca il mio. Ci incontriamo a mezz’aria, spiazzati e confusi, come se quest’amore fosse una zavorra troppo pesante da portare da soli e aspettassimo l’appoggio dell’altro per sentirci sollevati. Indossa un abito leggero di un celeste chiarissimo che sfiora l’erba del giardino ad ogni passo e le sta da dio, i soliti ciuffi ribelli di capelli sono legati dietro la nuca e lasciano scoperto il piccolo viso tondo, e le guance rosa.
Mi chiedo come possa sperare io di dimenticarla, un giorno, se la sua poetica bellezza è tutto ciò che vorrei osservare nelle mie giornate. Sarebbe un po’ come chiedere a Dante di lasciar stare Beatrice, o a Romeo di non addormentarsi per sempre al fianco della sua Giulietta.
Riesci ad immaginare un amore così?
E mi rendo conto di essere disposto a non chiederle niente in cambio, a patto di poterla avere nella mia vita. Così finisco la mia birra, perché fino alla fine della serata dovrò parlarle. Anche davanti agli occhi di Teo se sarà necessario.
Mentre Serena resta ferma a guardarmi, senza sapere cosa fare, Federica, che è arrivata con lei, muove un passo nella nostra direzione. Serena cerca di afferrarle il polso per trattenerla, ma non vi è niente da fare. Ora è costretta ad avvicinarsi.
«Ciao piccola»
Ale saluta Fede con un bacio sulle labbra, passionale, che lascia la ragazza leggermente frastornata.
«Ciao anche a te, latin lover» risponde lei, dandogli un buffetto sulla guancia ricoperta dalla barba. Mi alzo a mia volta, lasciando la birra sulla panchina, e faccio per salutarla. Federica è una tipa apposto, bella, schietta e solare, esattamente come Ale. Come si suole dire, dio li fa e poi li accoppia.
«E voi due non vi salutate neanche? Prima eravate degli amici così affiatati» ecco, a proposito della schiettezza di Ale. Naturalmente parla di me e Serena. Serena, che pur di non farsi notare si nasconde dietro le spalle di Federica, come se cercasse in tutti i modi di evitare il contatto con me.
La capisco, perché spaventa a morte anche me.
«Ehi»
«Ehi»
Sotto lo sguardo divertito e incuriosito di Ale, e grazie a Federica che si sposta per farmi passare, allungo una mano verso il fianco di lei per avvicinarla e le lascio un bacio sulla guancia, insicuro come davanti ad un problema di geometria solida.
Serena resta rigida, ma sulla guancia si intravede quella fossetta sulle gote che spunta ogni volta che sorride.
Poi corre a salutare Ale, quasi fosse di vitale importanza liberarsi dal mio braccio che le circonda il bacino.
Federica mi scruta con i suoi occhioni blu da dietro le lenti degli occhiali da vista, ma quando arriccio le sopracciglia in modo interrogativo scuote la testa.
Chissà Ale cosa le ha detto di me.
Chissà Serena se le ha detto qualcosa di me.
«Ragazze, ben arrivate» esclama Luca, spuntando alle nostre spalle. Vestito interamente in nero, come sempre, conquista tutti con il suo sorriso carismatico e i calici di vino che passa alle due ragazze. «Sere se vuoi a te lo do a doppio, so che stai preparando l’esame di Privato con il mio vecchio professore. Fidati, serve bere, se no non arrivi viva all’appello»
«Luca io sto studiando per analisi I, non credi che mi meriterei anche io un bicchiere di vino?» rispondo scherzando mentre lo uccido con lo sguardo. Sento Ale sbuffare e mi ricordo di quando mi fece notare il modo in cui guardo male chiunque provi ad avvicinarsi un minimo più dell’indispensabile a Serena e nonostante tutto mi viene da ridere.
«Ed io sto preparando Storia dell’architettura, dovrei avere un’intera bottiglia di Jeger»
«Ragazzi, stavo solo cercando di far ubriacare Serena così che fosse più facile poi convincerla a ballare con me, grazie per avermi rovinato l’approccio» dice Luca in tono scherzoso, ammiccando verso Serena. Ma lei guarda me, come se mi stesse in qualche modo offendendo, e resta in silenzio finchè Fede la salva con un “andiamo a cercare il mio Jeger”.
E se pensavo che, una volta andata via, Luca avrebbe smesso di parlare di lei mi sbagliavo, perché subito dopo prende me e Ale e «Certo che Serena me la farei molto volentieri, tanto lei e Teo si sono lasciati no?» dice.
L’unica reazione che mi viene in quel momento è ridere.
Che altro potrei fare?
Magari fosse così facile come dice Luca. Anzi no, per lui è facile. Lui vuole sono una cosa da lei, una cosa che per me non sarà mai importante come tutto il resto.
Magari potessi vederla solo come una ragazza da portare a letto. Sarebbe tutto decisamente più facile.
«Lu lascia stare, non è tipa per te» gli risponde Ale, cercando di salvare la situazione dato che io sono incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
«Lo vedremo»
Luca esce di scena con il suo calice in mano e l’aria soddisfatta, si accinge a salutare gli altri invitati, a fare l’amico di tutti, come sempre.
Ale, nel frattempo, mi fissa, senza consigli o parole.
«Sai cosa si dice, i grandi amori non si baciano subito»
«Ma non è scritto da nessuna parte che debba vedere tutti provarci con lei senza poter alzare un dito»
E mentre le ore passano, come sempre, non posso pretendere che tutto vada per il verso giusto. Teo ha bevuto così tanto che neanche si regge in piedi ed io e Ale lo accompagniamo in camera di Luca dove si addormenta in pochi attimi, ma è quando torniamo dagli altri che accade l’impensabile. Cioè, considerando che ormai dalla vita mi aspetto qualsiasi cosa non mi sorprende poi più di tanto.
Accade che Silvia arriva alla festa, arriva a sconvolgere tutti i miei piani, e se prima avevo una minima speranza di poter recuperare qualche tipo di rapporto con Serena questa sera, ora me lo sogno, anche perché a fissare l’ingresso della brunetta c’è anche lei, e quando subito dopo il suo sguardo cerca il mio sono pienamente consapevole che può finire tutto qui. Ho perso Serena quando è arrivata Silvia. Anche se mia non lo è mai stata c’era qualcosa tra me e Serena, c’era un legame che però si è inevitabilmente spezzato, e Silvia continua deliberatamente a calpestarlo. Senza saperlo.
Ed io mi chiudo tutto il tempo nel tormento della mia relazione platonica, lasciando una minima parte di me ad interagire con il mondo esterno e il resto perso nei meandri sconosciuti della mia mente, ad amare e a struggersi, a gridare cosa che il bravo ragazzo che sono non potrebbe mai dire ad alta voce.
Cose cattive verso Silvia, ad esempio, che mi segue ovunque vada senza che io riesca a trovare un modo gentile per farle capire che non sono interessato, che ora quasi mi disturba la sua presenza.
Trovo in Federica un’ancora di salvezza quando la scorgo mentre mi si avvicina trafelata, e quasi le corro incontro sperando che Silvia non si ostini a starmi attaccata anche in quest’occasione.
«Ti prego aiutami» mormoro non appena sono vicino abbastanza da afferrare Federica per le spalle. La faccia di lei, però, è tutta un programma.
«E sei ancora qui a non far niente?» risponde lei, corrucciando la fronte, e da preoccupata quasi passa a sembrare delusa. Anzi, incazzata.
«Fede cosa diavolo dovrei fare? Far buttare Silvia fuori dalla festa? Mandarla così male a quel paese da farglielo ricordare per tutta la vita? Perché ti giuro che vorrei, ma io non sono così»
«Andre ma che hai capito? Pensavo parlassi di Serena»
«Serena?»
«Serena e Luca. Sono spariti da un po’»
In quel momento non ci vedo davvero più.
È tutta la serata che le cose mi stanno andando male, tutta la giornata oserei dire, e tutta la settimana e la vita in generale. E lo so che mi ero promesso che mi sarebbe bastato esserle amico, ma questa morsa allo stomaco mi prende e non mi lascia ragionare. Tanto ora amici non lo siamo neanche, cosa c’è da perdere? Da rovinare?
Lascio Federica e corro da qualche parte, perché Luca sarebbe libero di fare ciò che vuole con lei. Serena è decisamente il suo tipo, e purtroppo so come tratta le ragazze, siamo amici da una vita, ed è proprio per questo che devo trovarli prima che possa succedere qualcosa.
Quando li vedo, in una parte del giardino lontana da occhi indiscreti, l’inferno che ho dentro si sprigiona nel pronunciare il nome di lui, quasi fosse la peggiore delle bestemmie.
Serena smette di ridere, mentre Luca mi guarda innocentemente, senza capire. Anzi forse è anche incazzato con me per avergli rovinato la futura scopata di quella sera.
«Devo parlare con Serena, potresti lasciarci un secondo?»
Credo di essere stato davvero autoritario, perché senza neanche una parola Luca si alza dal gradino sul quale erano seduti e sparisce quasi con la coda tra le gambe.
«È successo qualcosa?» mi chiede Serena, alzandosi a sua volta, e dal modo in cui mi guarda quasi spaventata mi rendo conto di quanto posso sembrare folle, un mostro accecato dalla rabbia, dall’insoddisfazione, dalla gelosia bruciante.
«Mi succedi tu, Serena. Da sempre» le parole mi sfuggono, estrapolate e formulate dall’insieme delle emozioni che si addensano dentro di me. Non mi riconosco, non sono io questa persona. Esasperato ad un livello tale da dover confessare tutto, pur di non scoppiare, pur di non stramazzare al suolo con la gola in frantumi per colpa di tutte le parole che ha trattenuto.
«Andrea hai bevuto troppo, ne parliamo in un altro momento»
E forse è anche lei ad aver bevuto un po’ troppo, considerando la bottiglia di vino poggiata sulle scale e le sue gote rosse, le frasi strascicate, ma per quanto possa sembrare da vigliacchi le mie parole poco sobrie sono ciò che ho bisogno di gridarle in questo momento, ed è meglio che ad ascoltarle non sia la sua mente da brava ragazza al pieno delle sue facoltà. E se domani non ricorderà pazienza. Io ci avrò provato almeno.
«Io ho bisogno di parlare invece, e proprio ora, perché sento di averti perso e non so cosa fare. Allora dimmelo tu, come devo fare con te, Serena? Che dopo ogni passo verso te ne faccio altri cento indietro e ti giuro che ci provo con tutto il mio cuore a non mandare le cose all’aria, ma non sono bravo a far restare le persone»
«Andrea ma io e te cosa siamo? Cosa c’è da mandare all’aria? Al massimo è a Silvia che dovresti fare questo discorso. Silvia che ci tiene davvero tanto a te»
«Ma io non sono felice quando c’è Silvia, neanche un po’, proprio per niente, perché so cosa significa avere quel cazzo di sorriso da deficiente sul viso quando ci sei tu a guardarmi e quindi dimmi come io potrei dare a Silvia ciò che vuole, se ciò che voglio io sei tu. E non dirmi che tu tieni a me meno di quanto ci tiene Silvia, perché non ci credo.»
Serena poggia la schiena al muro e porta una mano sul viso, a coprirsi gli occhi. Io, con le mani che tremano, butto giù un sorso di vino da quella bottiglia rimasta mezza vuoto. Nessuno dei due è forte abbastanza da sostenere questa conversazione. Nessuno dei due potrebbe fare a meno dell’altra, ma non abbiamo neanche coraggio abbastanza di fottercene del mondo, di Teo, di Silvia.
Poi Serena tira un sospiro e la sua voce si spezza.
«Io non lo so cosa sento Andrea. So solo che mi mandi in pappa il cervello, che sto bene se ci sei, e cerco te, solo te, se non ci sei. E che ogni volta che ti guardo mi perdo in tutto ciò che tu sei. E sei la persona a cui darei la mia ultima sigaretta, e a cui dedicherei anche il mio momento peggiore, anche solo per una chiacchiera ed un sorriso»
«Non puoi dirmi queste cose se non le pensi, perché io sono rimasto incastrato in te, e quasi potrei illudermi che per te è lo stesso»
Mi avvicino a lei, prendendole il polso tra le dita. Le lascio scoprire il volto ed il suo sguardo grida “Vaffanculo! Abbracciami” e scuote qualsiasi parte di me, e quando grida «Vai via Andrea. Non si può» non riesco a muovermi.
«Vattene Andrea» ripete, sfilando con forza il polso dalla mia presa. Mi allontana con una spinta dalle spalle, poi comincia a tirarmi dei pugni sul petto e più si agita più non ho idea di cosa fare.
E soprattutto non la capisco, perché io non riesco a pensare a Teo in questo momento, non se lei mi dice certe cose, eppure Serena non riesce a far del male a nessuno. Preferisce farne a ste stessa, sprecare occasioni e felicità solo per assicurarsi che questa non danneggi nessuno. È troppo buona. Ed io ho imparato da lei, eppure non mi pongo troppi problemi se la posta in gioco è così alta. Alle conseguenze si penserà in seguito, ora vorrei solo perdermi in lei più di quanto già non sono.
«Vai via» dice ancora, sta volta in modo definitivo. Niente più pugni sul petto, niente più contatto fisico, solo una figura stanca, un po’ persa nei fiumi dell’alcol, un po’ esanime.
Dovrei andare via. Ci provo. Mi allontano e poggio un piede sul primo gradino, stanco, pronto alla resa.
E non riesco, non ci riesco a lasciarmela alle spalle, neanche se lei mi prega di farlo.
Allungo il braccio verso di lei e la strattono al mio fianco, finchè non si trova tra le mie braccia, e il suo viso è proprio davanti al mio, e il suo corpo così vicino che sento ogni mia terminazione nervosa fondersi alle sue.
Allora la bacio, perché tanto non potrebbe andare peggio, perché almeno una volta nella vita ho bisogno di sapere cosa si prova. Le prendo il mento tra le dita e lascio che le mie labbra si avventino sulle sue, mentre l’altra mano corre ad intrecciarsi nei suoi capelli dietro la nuca.
Serena si abbandona a me, che l’ho salvata e al tempo stesso la sto incasinando come nessun altro mai potrebbe. Dischiude la bocca al mio tocco e si aggrappa alla mia spalla come fossi l’unica ancora capace di tenerla con i piedi su questa terra.
Non credo ci saranno mai parole giuste per descrivere questo momento, anche se in realtà basterebbe ascoltare i battiti del cuore che riempiono il nostro silenzio. Ed è difficile abbandonare quelle labbra, ma devo per rispetto, perché lei mi ha chiesto di andare via ed è giusto che sia così. Volevo solo un bacio, volevo poterle dire addio senza rimpianti.
Mi allontano dopo averla stretta così forte che neanche un uragano sarebbe riuscito a separarci, ma un uragano è più facile da gestire in confronto a tutto ciò che provo per lei, e della vita che non vuole vederci insieme. Le do le spalle senza guadarla neanche per l’ultima volta, non riuscirei a vedere il disprezzo sul suo viso, e salgo gli scalini che portano sul patio con la consapevolezza di averle donato una parte del mio cuore senza volerla indietro. Va bene così.
Poi sento qualcosa afferrarmi il polso.
E lei è di nuovo tra le mie braccia, e le sue labbra sono di nuovo sulle mie e sta volta è diverso.
Questa volta non è un bacio di addio, è un bacio che mi chiede di restare.
Non ci penso due volte.
Serena stringe il mio collo tra le sue braccia, quasi in un abbraccio mortale, e le mie dita stropicciano quel vestitino leggero che le fascia così bene il corpo che potrei impazzire. Lei è una brava ragazza, ma mi bacia come mai mi sarei aspettato da lei, ed io stesso mi sorprendo di quanto forte riesca a stringere quel corpicino, e di quanta passione si potesse celare in quest’improbabile eppure tanto agognata unione.
Le sue labbra cercano le mie in un modo folle ed io follemente sono innamorato di lei.
«Resta con me Andrea, per quanto sbagliato possa essere, io ho bisogno di te»
Ed io, se questo è ciò che si prova, resterei anche tutta la vita con lei.
Ricordo quando, a Milano, davanti al Bacio di Hayez mi chiesi se l’opera d’arte fosse lei o il quadro. Con il viso di Serena tra le mani, posso finalmente dire che lei è il capolavoro per me, come lo sarà stata la donna del dipinto per l’uomo che con tanto amore la baciava.
Se penso a come ci immagino durante il bacio fuggitivo di qualche minuto prima, ci vedo esattamente come i due amanti. Lo stesso disperato addio. E spero che anche per loro sia andata come è stato per noi, perché è una cazzo di emozione vedere le proprie speranze, aspettative, ricostruirsi dopo essere state distrutte con la stessa facilità con la quale il mare distrugge i castelli di sabbia sulla riva.
Stringo la mia arte tra le braccia, al resto si penserà dopo.
Per ora conta solo perdermi nei colori e nei dettagli nascosti della mia tela preferita, in quest’angolo di paradiso, dove questo momento ha le sembianze di un per sempre ed il dopo sembra un astratto concetto di cui, se ho lei, non mi importa.
   
 
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