Ci sono promesse che facciamo per il puro gusto di volerci credere. Perché anche se sappiamo che non ce la potremo fare, mai e poi mai, ci piace lo stesso ingannarci, per poi assolverci più tardi, quando nemmeno intenteremo un processo farsa alle nostre intenzioni ancor più farsesche.
E poi ci sono le promesse che estorciamo per scaricare un sacco di mattoni sulle spalle di qualcun altro. Perché abbiamo bisogno di staccarci le sue mani dal collo per respirare, anche solo per cinque minuti.  

Tu adori Shun, ma le tue spalle sono troppo piccole adesso che lui sta per partire, troppo giovani e ancora implumi per sostenere anche lui, che finirà chissà dove, a chilometri e chilometri di distanza. Tu sei il maggiore. Quello grande, come ti hanno detto tutti – la mamma, il nonno, padre Ranmaru – ed è compito tuo badare a tuo fratello. Proteggerlo, nell’assurda convinzione che quella strana ragazzina vista in sogno te lo porterà via, lontano, chissà dove.  
Ma chi baderà a te? Chi proteggerà te, chi impedirà a quella ragazzina vestita di nero di farti del male, di portarti chissà dove e farti chissà cosa?

Nessuno, se non te stesso. E non puoi sperare di sopravvivere con la testa chissà dove, non puoi concentrarti sulla tua unica possibilità di salvezza – conquistare quella ferraglia e tornare indietro – se il tuo pensiero fisso – la tua angoscia quotidiana – è Shun.
Si troverà bene? Sarà ferito? Sarà diventato un  po’ più forte? Avrà smesso di frignare per ogni sassolino in cui inciampa?

Ecco perché gli estorci quella promessa, perché stringete i mignoli e ripetete il giuramento. Per costringerlo a crescere, così come qualcun altro ha costretto te a fare altrettanto. Perché ti sei ricordato di avere solo nove anni, e di voler essere un bambino anche tu. Anche solo per cinque minuti.



 
Momento classico che più classico non si può. Ikki che saluta Shun in partenza per l'Isola di Andromeda e si leva un peso dal groppone niente male.