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Autore: Martins92    06/10/2015    0 recensioni
Nata in un piccolo paese italiano della Calabria, Catherine all’età di 12 anni si trasferisce con la sua famiglia in un appartamento nel Bronx, negli Stati Uniti, per motivi lavorativi del padre. Cresciuta in un ambiente malfamato, conosce presto i vizi della vita e diventa una donna cinica, sicura di se, una vera femme fatale. Incontra molti uomini durante il suo cammino, ma pare che nessuno di questi sia alla sua portata. Quando un giorno, dopo il suo primo matrimonio caduto in frantumi, incontra un uomo affascinante che segnerà la sua vita per sempre. Storia di un amore passionale e al tempo stesso tormentato, perché dietro alla apparente felicità si cela un abisso nero dal quale sarà difficile per Catherine riemergere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il vento gelido della notte mi accarezza la vestaglia scoprendomi leggermente le ginocchia ad ogni mio passo. E’ una sensazione pungente, ma il freddo che avverto è solo l’ultimo dei miei pensieri. Sono quasi arrivata sotto casa di mia madre. Mi fermo un istante.
Questo è il cortile dove da ragazza trascorrevo interminabili ore a fumare sigarette e a ridere delle persone. Mi guardo attorno e sembra quasi che nulla è veramente cambiato. Le mie amiche, la maggior parte delle quali sposate e con figli, vivono la loro vita tranquillamente, a quanto ne so. A me appaiono delle vecchie vacche in sovrappeso. E pensare che da ragazzette sognavamo Las Vegas, Parigi, Monte Carlo… Sogni ridicoli.
Inspiro forte e butto fuori l’aria, come per darmi coraggio, prima di suonare al campanello.
‘’Chi è a quest’ora della notte?!’’
‘’Mamma!  sono io ,Catherine’’
Per un attimo piomba il silenzio e immagino l’espressione sul suo viso rigato dagli anni e dalle preoccupazioni. Poi il rumore rassicurante della catena del portoncino. La porta si schiude.
‘’Gioia mia, che ti è successo? Entra, sembri distrutta’’
La mamma continua a bisbigliarmi queste parole protettive e continua a riempirmi di domende apprensive. Non riesco neppure ad ascoltare, voglio solo sedermi e godermi un attimo di tranquillità. Poggio la valigia vicino la porta e mi sdraio sul divanetto infeltrito del soggiorno. La mamma sembra aver capito la mia situazione e tace per qualche istante, giusto il tempo di andare in cucina e preparare un tazza di caffè.
‘’Figlia mia, hai intenzione di dirmi cosa ti è successo oppure no?’’ Dice porgendomi la mia tazza di caffè lungo, annacquato.
Avvicino la tazza alla bocca, e il calore del caffè arriva fino su alla punta del naso, riscaldandola. Odoro quell’aroma così buona, così rassicurante e dopo aver esitato ancora per qualche secondo mando giù un sorso. In un attimo mi riscaldo in tutto il corpo.
‘’L’ho lasciato.’’
‘’Che cosa significa, Catherine?’’
‘’E’ finita, mamma. Domani chiedo il divorzio. Non ho più intenzione di sopportare ancora le angherie di quel porco. Questa è la mia decisione e nessuno mi farà tornare in dietro’’.
Mamma torce la bocca in una smorfia di disapprovazione ma subito dopo riesco a scorgere nei suoi occhi verdi una vena di rassegnazione. Abbassa lo sguardo sulle dita intrecciate poi mi guarda dinuovo.
‘’Se è questo ciò che ti rende più serena, figlia.’’
Le sorrido e le butto le braccia al collo. Le mi stringe forte a se e si dondola un po’ come se volesse cullarmi.
‘’Sei a casa, gioia mia’’ mi sussurra in un orecchio.
Continuo a stringerla e aspiro il suo profumo. Sa di buono, di sapone e di fiori di lavanda. Non riesco a trattenermi e le bagno il colletto della camicia da notte con le mie lacrime.
‘’Cosa ci fai qui?!’’
Una frase pronunciata in modo stizzoso interrompe quegli istanti sereni.
Mi giro di scatto, scostandomi da Mamma e la vedo. Mia sorella. E’ lì sul ciglio della porta che separa il salotto dal corridoio che porta alle camere da letto. Mi domando da quanto tempo è che fosse lì ad origliare, la stronza.
‘’Lenore, ciao.’’
‘’Ti ho chiesto cosa ci fai qui in casa mia!’’
Da quando si reputa la legittima proprietaria di questa casa? Se ricordo bene abbiamo convissuto per 18 lunghi anni. Adesso pretende che l’appartamento sia suo, solo perché è l’unica tra le sorelle ad essere rimasta una zitellaccia?
‘’Ho lasciato William. E sono tornata qui. Problemi?’’
Rimane sul ciglio della porta con le braccia incrociate e lo sguardo da pazza. Mi fissa da capo a piedi e inizia a urlare cose a me totalmente indifferenti, tanto è vero che rimango a guardarla con un sorrisetto compiaciuto. Le vene del collo, sembra quasi stiano per esplodere.
Mamma cerca di zittirla sibilando tra i denti e portandosi l’indice sulle labbra. Ma nulla, Lenore persiste.
‘’Ma la finisci? Oca giuliva, prima che ti prenda a calci in culo!’’
Sbotto dove aver visto la seguente scena: lei che che da una spinta a Mamma che cerca ripetutamente di zittirla.
‘’Ma va al diavolo!’’
Gira i tacchi e torna nella sua tana (camera) bofonchiando qualche altra maledizione.
Sbuffo e torno a sedermi sul divano infeltrito.
‘’E’ sempre così litigiosa, tua sorella. Mi farà morire, prima o poi’’
‘’Ma’, lasciala perdere. E’ solo una gallina ignorante’’.
Mamma si porta la mano alla bocca per trattenere una risata.
‘’Per stanotte ti sistemi qui sul divano letto. Poi domani penseremo al da farsi.’’ Sistema coperte e cuscino in un attimo, mi da un bacio sulla fronte e torna in camera sua, in punta di piede per non svegliare Papà. Mi infilo nel letto e sento le molle del materasso sulla schiena. Ma non m’importa. Ora voglio rilassarmi, spegnere il cervello e dormire fino a mezzo giorno dell’indomani.
Un rumore di chiavi e di passi pesanti interrompono il mio sonno. Apro gli occhi e sull’orologio a muro vedo che sono le 5.40. Rimango immobile nel letto e quando sento i passi riavvicinarsi chiudo gli occhi fingendo di dormire. Quei passi raggiungono la porta di casa e il rumore del catenaccio mi convince a schiudere un occhio. La vedo di spalle, col suo cappotto di lana marrone. Sta andando a lavoro, la gallina. Ha sempre qualcosa da ridire su tutto e tutti, lei. Com’è odiosa, certe volte. La guardo mentre prima di uscire si accende una sigaretta e si fa la coda ai capelli. Si veste in modo orribile. Sempre quei colori spenti.
Ancora qualche istante ed esce di casa senza voltarsi. Ma cosa avrà mai da lamentarsi, ogni santa volta. Mia sorella non la capisco e forse non la capirò mai.
   
 
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