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Autore: Francine    07/10/2015    2 recensioni
Sai, Hagen, ho letto che nei paesi del Sud le ragazze indossano una corona di fiori quando si sposano, ti ha detto. E tu ti chiedi se anche lei stia vivendo a quello che sta capitando a te, se anche il suo cuore si interroghi sul perché vede sempre quel viso –sempre più spesso, con sempre più insistenza – quando a sera si ritrova a fissare il soffitto con una ridda di domande nella testa. Volere e non volere crescere allo stesso tempo. Volere e non volere essere da soli tra le lenzuola fresche di bucato. Quando fuori dalle coperte si gela, ma sotto le coltri è impossibile respirare. E mentre lei intreccia fiori per inganno, per spendere quel pigro pomeriggio di mezza estate lontana dal telaio e dai libri, tu speri che il viso che Freya vede oltre quella corolla bianca sia il tuo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hagen / Artax
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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Tranquilli, non sono impazzita. O forse sì, visto tutto quello che ho da fare e l’argomento di questa cosa. Comunque sia, a me Freja sta altamente sulle bolas (virtuali). Non la sopporto. La trovo un’insopportabile gattamorta con un gusto nello scegliersi i vestiti secondo solo a quello di Saori. Eppure mi ha inquietato non poco il fatto che non abbia detto neppure una battuta in Soul of Gold. Sembrava una bambola meccanica, un automa o qualcosa del genere. Da qui, nasce questa storia. Ma siccome per me Freja è un’insopportabile OMISSIS, e siccome per me il bashing è un passatempo cretino, cedo volentieri la parola ad Hagen. Il quale ha un taglio di capelli meraviglioso ma non ha una corazza candida, ma spero scuserete la licenza poetica, ché Sleipnir con il mantello verde melvino è troppo anche per me.
Il titolo fa il verso ad un romanzo, omaggio a Sen. Lei sa il perché.
Al solito, carote a destra e pomodori a sinistra, grazie. Io metto su il caffè. Chi si accoda?



 
Bianca
Una storia d'amore in mille parole

 
 
Bianca è la neve che fiocca indifferente su un’Asgard addormentata. Il nasino incollato alla finestra, la osservate cadere, impensierito tu, raggiante lei.
Brutto affare la neve fresca, pensi. Domani vi ci affonderai fino alle ginocchia. Avrai freddo e faticherai il doppio. E probabilmente dovrai spalarla via per aprirti un varco. Brutto affare davvero, la neve fresca.
Freya non nasconde il sorriso meravigliato che le vedi sfoggiare a Yuletide. O quando è il suo compleanno. Domani si gioca a palle di neve!, sta pensando, con una intensità tale che è come se lo stesse strillando a pieni polmoni. Invece Freya è muta, di quel silenzio che solo la gioia pura e semplice sa regalare. E resti in silenzio anche tu, a lambiccarti su come potrai accontentarla, perché ti piace vederla felice, perché quando Freya sorride a quel modo ti scoppia il cuore di gioia.
Fuori, la neve continua a fioccare indisturbata, ammantando la città e le montagne sullo sfondo di una pelliccia di ghiaccio.
 

Bianca è la corolla che Freya tiene tra le dita. I suoi occhi la soppesano, assorti in qualcosa che non ti è dato sapere. Da qualche tempo la principessa si balocca con strane fantasie di cui persino sua sorella è all’oscuro. Cosa vedono i suoi occhi grandi oltre quel fiore?
A cosa pensa il suo cervellino irrequieto quando si ritrova da sola a sola con se stessa, il capo chino sulla ghirlanda che intreccia per inganno?
Sai, Hagen, ho letto che nei paesi del Sud le ragazze indossano una corona di fiori quando si sposano, ti ha detto. E tu ti chiedi se anche lei stia vivendo a quello che sta capitando a te, se anche il suo cuore si interroghi sul perché vede sempre quel viso –sempre più spesso, con sempre più insistenza – quando a sera si ritrova a fissare il soffitto con una ridda di domande nella testa.
Volere e non volere crescere allo stesso tempo. Volere e non volere essere da soli tra le lenzuola fresche di bucato. Quando fuori dalle coperte si gela, ma sotto le coltri è impossibile respirare.
E mentre lei intreccia fiori per inganno, per spendere quel pigro pomeriggio di mezza estate lontana dal telaio e dai libri, tu speri che il viso che Freya vede oltre quella corolla bianca sia il tuo.
 

Bianca è la livrea di Sleipnir. Bianco il muso, bianco il dorso, bianchi i garretti e le zampe. Bianca è la sua armatura. Più bianca della neve. Ti respira addosso, mentre ti si dispone sulla pelle, ti avvolge, ti protegge, ti riconosce come suo.
Bianca è la luce che sprigiona il tuo cosmo. Bianca, come la neve perenne delle cime di Asgard. Bianca, come il calore più estremo che queste terre sterili nascondono nel grembo.
Bianca è la pelle d’orso davanti al camino su cui Freya sta leggendo un libro. Cerea è la sua espressione quando le mostri i frutti del suo sudore e della sua fatica.
Allora?!, le chiedono i tuoi occhi. Non osando sperare che ti getti le braccia al collo e ti tempesti il mento di baci. Restando ad aspettare, in silenzio, come un bravo cagnolino ubbidiente.
Gli occhi di Freya annegano nella paura. Che ti accada qualcosa. Che il nemico possa avere ragione di te. E ti ritrovi a sperare che quel brivido che senti sia lo stesso che le stringe il cuore nella dolce morsa della paura.
Il libro le cade a terra, le mani si serrano a proteggerle le labbra. Il fuoco scoppietta stizzito nel camino.
«Lo ha fatto davvero», ti chiede. La voce le trema.
Non sei contenta?, vorresti ribattere. Stupito. Perché tu sei al settimo cielo. Perché tutti quegli anni passati a sputare sangue e bile sono pur serviti a qualcosa. Ad avvicinarti di un passo a lei. Poca cosa. Ma il tempo ti ha insegnato che chi si accontenta gode. E che magari, un domani, chissà.
Soffiano venti di guerra su Asgard, dopotutto. Ed è in guerra che un uomo diventa un eroe. E agli eroi tutto, o quasi, è concesso.
Anche guardare un re occhi negli occhi.
Ti avvicini. Le prendi con dolcezza i polsi. Le abbassi le mani. Sorridi.
«Ti proteggerò, Freya. Ti proteggerò anche a costo della vita», vorresti dirle, ma non siete soli. C’è l’ancella con voi, che fila al telaio con aria indifferente, ma le sue orecchie sono ben tese. Così sorridi. Le lasci i polsi. Ti inginocchi. E le baci l’orlo della veste. Deferente.
«Rinnovo a te il mio giuramento, Principessa. Giuro fedeltà ad Asgard. Proteggerò questo regno e questo palazzo a costo della mia stessa vita», dici, osservando la greca di fiori candidi sul vestito di Freya. Gigli. Lo prendi come un presagio di buona ventura.
«Promettimi che sarai prudente, Hagen», ribatte lei. E se l’uomo vorrebbe poterla accontentare, il guerriero non può. Il guerriero sorride e le ribatte: «Ci proverò.».
 

Bianca è la rabbia che provi. Accecante, come il sole che sbuca da dietro le nuvole all’improvviso. L’armatura del Cigno è ammaccata, ma quel verme è ancora vivo. Quel verme senza scrupoli!
Che le hai fatto?
Che cosa le hai promesso?!

Non riesci ad immaginartelo. O forse sì. La pace con cui questi Santi di Athena si riempiono la bocca.
Parlare di pace e portare assedio ad una città.
Coerenza pura.
Ma Freya è giovane, è spaventata, ed ingenua. E il cuore delle donne le porta a credere in coloro che più di tutti dovrebbero rifuggire. I seduttori. I bugiardi.
Coloro che dietro un bel viso nascondono un cuore marcio ed un animo di nebbia.
Un’unica bandiera di pace, questo le avrà promesso. E lei gli ha creduto. Fino al punto da correre in suo soccorso – suo! Suo, non mio! – e prendere le sue difese. Parandosi davanti a lui. A braccia aperte. Sicura che i tuoi pugni non la sfioreranno.
Sicura che tu non oserai colpirla.
Tutti, ma non lei. Non lei.
«Io non mi muovo di qui», dice. Con quel cipiglio che solo una donna innamorata sa avere.
E la distesa del tuo cuore si colma di rabbia, mentre espandi il tuo cosmo e ti ricordi, a malincuore, che sei un guerriero. Che l’uomo è morto qualche giorno prima, quando Sleipnir è uscito da questo mare di lava.
E bianco è il dolore che colora la tua voce mentre le chiedi perdono e il tuo colpo cala.
Bianca è la sua gonna mentre il Cigno l’abbraccia e la stringe a sé.
Bianca la sua veste immobile, a terra.
Bianca la disperazione che ti congela il fiato.
Bianco il livore che ti romba nel sangue quando il Cigno si rialza.
Bianca la determinazione che ti serra mascella e pugni mentre prepari l’ultimo assalto, mentre prometti a te stesso che getterai ai corvi la carcassa di quel verme, mentre giuri a Freya che la raggiungerai il più presto possibile, non appena questa guerra sarà finita. È colpa di Athena se quel fiore è caduto. Il sangue di Freya lorda le mani della dea che viene dal sud, lorda le mani di quel Cigno che ha protetto fino alla fine.
E che non ha saputo proteggerla, come invece avresti fatto tu.
Bianchi sono i cristalli che danzano nell’aria attorno a quel verme.
Bianca è la tormenta che ti avvolge e ti solleva e ti annichilisce.
Bianco è il rammarico di aver perduto tutto.
Bianca è la gonna di Freya che corre per i prati fioriti.
Bianca la corona di fiori che le adorna i capelli, mentre aspetta te.
Bianca la sua purezza.
Bianco il suo sorriso. Raggiante. Splendente, come la lucentezza di Merak mentre brilla con tutte le sue forze, prima di perdersi nel fondo nero della notte.
Bianca la sua voce. Che ti chiama, ti implora, ti prega di non lasciarla da sola; ma è oramai troppo tardi.
E nel bianco ti avvii, nel bianco ti perdi, nel bianco ti fondi. Come se annegare in tutta quella luce fosse un po’ come annegare dentro di lei.


P.S.: e tanti auguri di buon compleanno. In ritardo, ma si sa, noi paguri ci prendiamo il nostro tempo.
   
 
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