Capitolo 6
Cooper-Fowler Girls
Quel
lunedì si annunciò decisamente pieno di avvenimenti alquanto memorabili ma,
poco dopo l’alba, nessuno poteva saperlo ancora.
La
giornata era perfetta, calda, con un cielo limpido senza nemmeno una nuvola
all’orizzonte, cosa che rappresentava l’esatto contrario dell’umore di alcuni
abitanti di Pasadena, reduci da una settimana alquanto movimentata sotto tutti
i punti di vista.
Marie
aveva il sospetto che nella camera alla sua destra ci fosse la sua insegnante
nuda quindi si svegliò prima del solito e bussò alla porta del padre per dirgli
che usciva prima del corso di Chimica, Penny non aveva dormito molto perché
Sheldon si era rifiutato di fare sesso con la scusa del mal di testa – e la
femmina era lei in quella relazione! – quando era noto che non aveva voluto perché
la figlia dormiva a due passi da loro, Amy non aveva dormito affatto a causa
delle mille crisi di pianto, Leonard non aveva dormito perché odiava dormire in
aereo.
Il
suo viaggio era terminato prima perché il suo amico di New York aveva avuto un
impegno improvviso, così aveva fatto in fretta a prendere l’ultimo volo
disponibile ad un’ora indecente semplicemente perché costava la metà della metà
di un volo normale.
Stanco
morto, alle otto del mattino, bussò alla porta del suo appartamento, sudaticcio
e con delle occhiaie paurose.
Sheldon
gli aprì dopo qualche minuto, ancora assonnato con grande sorpresa dell’amico
visto che di solito alle sette era già sveglio.
“Leonard!”
esclamò, improvvisamente più attivo.
“Ciao,
amico. Sono tornato prima, è stata una cosa improvvisa, il telefono si è
scaricato...”.
“Ma
eri a New York!”.
“Lo
so, ma...”.
“Quindi
ci sei stato!”.
“Sì,
perché?”.
“Ma
non ricordi nulla? Non mi fido, vai a farti delle analisi e poi vediamo se puoi
entra...”.
“Ma
sei scemo? Non ho dormito, ho preso un volo alle tre per pagare di meno, sono
stanco morto e questa è anche casa mia!” esclamò il coinquilino, pensando di
aver avuto un bellissimo rientro.
“Che
succede?”.
La
voce di Penny lo riportò alla realtà e rimase sbigottito nel vederla spuntare dal
corridoio con addosso una maglia di Sheldon che a stento le copriva il sedere.
“Penny”
disse semplicemente, passandosi una mano tra i capelli sapendo che fossero in
condizioni pietose. “Tutto ok? Come mai sei qui?” chiese, senza riuscire a
controllarsi visto che la visione delle sue gambe non aiutavano il suo cervello
a collaborare.
La
ragazza sorrise e poi si strinse a Sheldon.
“Non
lo sai? Ci stiamo vedendo!” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Imbarazzato,
Sheldon annuì, senza sapere bene cosa dire.
“Che-che-che
cosa?!” urlò Leonard, senza credere a ciò che aveva davanti agli occhi. “Ma io
sono stato fuori pochi giorni, come...”.
Non
riuscì a continuare, tanto che era incredulo. Magari era colpa del sonno
arretrato,stava avendo delle allucinazioni belle pesanti, pensò.
“Le
belle cose succedono in poco tempo, vero, Sheldon?” domandò Penny.
“Ehm,
sì. Scusami Leonard, è successo tutto in pochissimo e non ho avuto il tempo di
aggiornarti” si scusò il fisico teorico, non potendo dire che ciò in realtà gli
era proprio passato di mente.
Cosa
avrebbe dovuto dirgli? Che Penny lo aveva baciato in un bar e lui aveva deciso
di ascoltare il suo invito ad esporsi invitandolo a cena e che nel giro di
qualche ora si era ritrovato nel suo letto e per vari motivi non ne era più
uscito? Che uscire con una donna aveva messo a dura prova il suo rapporto con
sua figlia e non riusciva a lasciarsi andare senza sapere che lei non avrebbe
avuto modo di scoprirlo?
“Oh,
bene, bene, magnifico, sì. Scusate, vado a farmi una doccia, devo
sistemarmi...” biascicò Leonard, prima di avviarsi verso il bagno con una sorta
di marcia soldatesca che contrastava con le sue parole falsamente dolci.
“Ora,
amico, devi dirmi tutto. Tutto!” esclamò Howard, entrando nell’ufficio di Sheldon
senza nemmeno bussare, salvo poi fare una faccia delusa.
Sheldon
interruppe i suoi calcoli alla lavagna e si voltò verso la porta dove vide
l’amico.
“Non
si bussa? E perché hai quella faccia?” domandò, infastidito.
“Ammetto
che speravo di trovare te e Miss Chimica fare cose sporcaccione sulla
scrivania” ammise l’ingegnere, strofinandosi le mani con aria deliziata.
Sheldon
fece una smorfia di disgusto, al contrario, e scrollò la testa con
disapprovazione.
“Sei
malato! E sei in vacanza, che ci fai qui?” domandò, dicendo mentalmente addio
alla sua concentrazione.
“Quando
sono in vacanza amo vedere film trash che snobbo durante l’anno, quindi sono
qui per vedere “Il fisico e la chimica che ci hanno dato dentro per tutto il
weekend”, no?” lo prese in giro, sedendosi sulla sedia di fronte alla
scrivania. “Su, dimmi tutto!”.
Scioccato,
Sheldon prese posto di fronte a lui.
“Tutto
cosa?”.
“Non
fare il finto tonto, so che ti sei sbattuto Penny questo weekend, tua figlia è
venuta da me ieri, ricordi? Quindi,come premio per farle da baby sitter, esigo
un racconto dettagliato dei tuoi incontri con Penny!” spiegò. “Dimmi, come sono
le tette? Da quelle magliette larghe non si capisce...”.
“Howard
Joel Wolowitz, esci dal mio ufficio!” gli intimò Sheldon, scandalizzato e
offeso da quella richiesta e indicando la porta con il pollice destro.
“Ma
dai! Dimmi, come...?”.
“Howard,
giuro su Isaac Newton che registro le tue prossime parole e le mando a tua
moglie” scandì lentamente Sheldon.
L’ingegnere
alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
“Prima
mi chiedi consiglio, ci riesci e poi non mi dici nulla!” si offese.
“Sei
tu che mi hai chiesto di vederci e ho seguito i consigli di tua moglie!”.
“Ok,
allora lo dici a lei e me lo riferisce?”.
“Sto
registrando, Howard” lo minacciò Sheldon, esibendo il cellulare.
L’uomo
si alzò con aria rassegnata e si avviò verso la porta, sbuffando. “Vado da
Leonard” aggiunse, sconfitto.
“Bravo,
e visto che ci sei chiedigli perché si è comportato da pazzo quando ha visto
Penny da noi e ha saputo che ci vediamo” gli disse.
Howard
si voltò e lo fissò, incredulo.
“Leonard
non lo sapeva?” domandò.
“No,
non ho avuto modo, l’ha scoperto oggi e sembra strano...”.
Howard
annuì e sospirò mentre apriva la porta.
“Amico,
sarai pure un genio ma non sai proprio fare due più due” si congedò,
salutandolo sarcasticamente con la mano e uscendo.
“Cosa?
Fa quattro, ingegnere dei miei stivali, magari sei tu che non lo sai!” disse,
parlando ormai al vento.
Non
ebbe nemmeno il tempo di alzarsi che la porta si riaprì e spuntò una Penny
alquanto strana.
La
vide chiudere la porta a chiave dopo aver guardato nel corridoio con aria
circospetta, togliersi l’enorme camicia a quadri a mezze maniche, avvicinarsi
alla sua scrivania e sedercisi su mentre lo spingeva lontano con i piedi, ancora
sulla sedia.
“Penny,
cosa...?”.
“Ho
mezz’ora di pausa e farlo sulla scrivania è sempre stato il mio sogno,
muoviti!” gli ordinò eccitata, sciogliendosi i capelli e togliendosi gli
occhiali.
“Ma
sei pazza? Hai parlato con Howard per caso?” domandò Sheldon, incredulo.
La
fine della lezione di Chimica fu dura da digerire perché per quelle due ore
aveva pensato solo a ciò che più amava studiare, alle formule e alle cose che
stava scoprendo.
In
quel lasso di tempo Penny era semplicemente la sua insegnante e lei era
semplicemente la migliore della classe che aveva osato ridere alla battuta da
lei giudicata “idiota” di colui che lei giudicava “Il peggiore della classe e
dell’intero universo”.
Tornare
alla realtà era decisamente brutto, il suo mondo di formule e reazioni chimiche
era il suo posto felice e uscirne ogni volta per affrontare degli esseri
viventi era un colpo al cuore.
Non
voleva rivedere Raj dopo la festa proprio come non voleva tornare a fare degli
esercizi stupidi e dolorosi visto che il suo corpo ora stava guarendo dal
dolore dopo la prima settimana di attività.
Da
una parte, però, fu felice di avere una scusa per non stare a casa visto che
aveva visto Penny uscire infuriata dall’ufficio di suo padre e temeva di
doversi subire una litigata, così, non pensando a ciò che sarebbe successo, si
avviò in palestra, salutando Bernadette e fermandosi come al solito a prendere
l’acqua al distributore.
“Qualcuno
qui ama così tanto l’acqua che ci getta dentro anche le persone” disse una voce
alle sue spalle mentre prendeva la bottiglina, facendola sobbalzare.
Marie
tremò, presa alla sprovvista, e quando si alzò vide l’istruttore che la
guardava con un sorriso beffardo e la braccia incrociate.
“Raj!”
esclamò, deglutendo. “Scusami, davvero, mi sono lasciata prendere e...”.
“Alla
fine però avevo ragione” la interruppe lui, avvicinandosi.
“Eh?”.
“E’
stata una cosa memorabile e scommetto che ci pensi ancora” sussurrò,
infischiandosene delle madri che le circondavano e poggiandole una mano sulla
vita.
“Che?
No! Lasciami!” disse la ragazza, allontanandosi e iniziando a camminare.
“Marie,
sei arrossita. Ti renderò le cose facili” la seguì Raj, prendendola per mano e
facendola voltare verso di sè. “Esci con me, stasera. Me lo devi dopo sabato,
no? E so come far divertire una donna...”.
Marie
pensava che in una situazione del genere avrebbe esultato, felice di essere
stata considerata da un bel ragazzo, per di più un po’ più grande e muscoloso,
ma ciò che riuscì a fare fu liberare la presa e guardarlo male.
“Mi
hai detto che sei single da poco, perché mai dovrei uscire con te? Non ti farò
da chiodo schiaccia chiodo! E’ palese che non vuoi sul serio me, visto che hai
mille tettone toniche e perfette a disposizione in quella sala!” rispose,
turbata ed energica più che mai.
Davanti
a sè vedeva l’uomo che aveva lasciato sua madre a causa sua, ma che dopotutto
non aveva esitato un istante a mollarla e a non farsi vivo, invece di provare a
chiarire.
Lei
aveva acceso la prima fiamma e lui aveva lasciato che l’incendio si propagasse
senza pensarci nemmeno due secondi.
Scoprire
che sua madre fosse più vecchia, sposata e con una figlia aveva subito mutato
le cose e Marie, per quanto non fosse esperta di sentimenti, comprese che non
fosse alquanto giusto.
Improvvisamente
realizzò ciò che aveva combinato la settimana prima e si sentì decisamente in
colpa, tanto che se ne andò verso gli spogliatoi mentre l’istruttore non
riusciva a ribattere alla sua provocazione.
Non
comprese ciò che le stava prendendo e per fortuna vide la sua amica chiacchierare
con altre ragazze fuori la sala di Total Body, che la guardò interrogativa.
“Bernie,
devo andare da mamma, per favore, Howard può accompagnarmi? Non so come
arrivare fino a Beverly Hills” disse rapidamente, agitata.
“Cosa?
Ma stai bene?” domandò preoccupata la donna, accarezzandole la fronte e notando
che stesse sudando freddo.
“Sì,
ti spiegherò tutto, promesso, ma è urgente. Ti prego, prima che mi passi la
voglia di vederla”.
Comprendendo
quanto fosse rara la situazione, Bernadette annuì e si scusò con le ragazze,
per poi andare verso lo spogliatoio e recuperare il cellulare.
Quando
Penny si alzò dal divano per poi ritrovarsi Sheldon fuori la porta, non ne fu
sorpresa, anzi, un po’ si sentì sollevata anche se odiava stare meglio solo
quando aveva qualche segnale da parte sua.
Con
grande sorpresa vide che reggeva in mano un mazzolino di fiori freschi e lo
fece entrare.
“Penny”
esordì lui, serio, mentre le porgeva i fiori. “Come avrai capito, non
sono un esperto in ambito sentimentale ma,
essendo una persona molto cosciente, riconosco i miei errori e so che dei fiori
sono il gesto internazionale per chiedere scusa. Detto ciò... Scusami per
averti rifiutato oggi, in ufficio, e... Per il mal di testa di ieri. Avrai
capito che era causato dalla presenza di Marie. Cioè, non è che mia figlia mi
causi il mal di testa, voglio dire...”.
“Ho
capito. Non sei l’unico intelligente, qui” disse Penny pazientemente. “Grazie”
aggiunse, prendendo i fiori e annusandoli. “Capisco i tuoi motivi, sul serio,
ma ho reagito male perché... Mi sentivo rifiutata, sono abituata a sentirmi
così e ho interpretato i tuoi gesti come quello di un uomo che si è già
scocciato di me” spiegò, abbassando lo sguardo, imbarazzata, memorie degli
uomini che comprendendo il suo interesse l’avevano sedotta e poi erano
scomparsi la mattina dopo.
“Ma
no! Penny, ti ho detto che so sempre come mi sento e non mentivo, se non avessi
voluto non ti avrei invitato a cena” la rassicurò. “E’ solo che... Ritirarmi
tardi, vedere lo sguardo incredulo e scioccato di mia figlia mi ha colpito
e...”.
“Ho
capito. Ti perdonerò se domani faremo sesso sulla mia scrivania, non sono
famosa come te e nessuno entrerà nel mio ufficio... E giuro che la sterilizzerò
prima” propose, ammiccante.
“Ehm...”
provò a ribattere Sheldon, ma non continuò perché, per zittire le sue proteste,
Penny si era già tolta la maglietta e non aveva il reggiseno.
La
giornata era stata così dura e sfiancante che Amy decise di accomodarsi sul
divano e non fare nulla per il resto del giorno.
Era
sola, si sentiva strana perché Raj non le mancava affatto e sentiva una voglia
assurda di abbracciare sua figlia e accarezzarle i capelli come non faceva da
anni.
Marie
l’aveva sempre calmata, era il motivo grazie a cui le brutte vicende della sua
quotidianità scomparivano una volta tornata a casa.
Vederla
lì, in attesa, abbracciarla, respirare il suo profumo, era la cosa più bella
della sua esistenza e lo era stata per anni, finché il corso degli eventi non
le aveva separate.
Ricordò
il giorno in cui seppe di non poter partecipare al progetto dei suoi sogni
perché era stato scelto un uomo, un uomo che come lei era genitore ma che non
avrebbe potuto dare buca o fare tardi perché nella mentalità sessista poteva permettersi
il lusso di pensare solo a lavorare.
Quel
giorno non aveva abbracciato Marie, allora quindicenne, e non lo aveva fatto
per un po’.
Si
sentiva una stupida, lei aveva deciso di portarla in grembo fino alla fine,
perché maltrattarla così?
E
perché ci pensava così assiduamente ora più che mai?
Perché
aveva visto la donna che mano a mano avrebbe preso il suo posto, una chimica
bionda e intelligente che già vedeva sua figlia più di lei anche solo
insegnandole qualcosa sei ore a settimana.
Immersa
nei tristi ricordi, fu risvegliata dal campanello che suonava insistentemente e
si alzò di malavoglia per andare ad aprire, non gradendo di essere in uno stato
pietoso, con il viso rosso, la voce un po’ nasale e il mascara sciolto.
Fu
con grande sorpresa che vide sua figlia di fronte a lei, con un’aria decisamente
sbattuta e il volto che sembrava lo specchio del suo, rosso e bagnato dalle
lacrime.
Vedendola
trattenne il respiro e sussurrò un: “Tesoro mio, cosa ti è successo?” e, senza
riuscire a farne a meno, la attirò a sè e la abbracciò, chiudendo la porta.
Aveva
quasi diciannove anni, sì, ma l’abbraccio era lo stesso di sempre, era sempre
fin troppo piccola e minuta, bisognosa di protezione.
“Mamma,
ho f-fatto una c-cosa brutta, scusami...” disse la ragazza, singhiozzando.
“Cosa?
Vieni, prendi qualcosa da bere” mormorò amorevolmente la donna, facendole segno
di seguirla, spaventata.
“No,
no, sto qui. So che dopo sarai arrabbiata...”.
“Cosa
dici?”.
Marie
tirò su col naso e si guardò intorno, alla ricerca del coraggio che le mancava.
Con
grande sorpresa, vide una foto che ritraeva loro tre su una mensola e le
lacrime la sopraffecero ancora di più. Nella sua mente, sua madre non
conservava alcun ricordo della sua famiglia.
“Lunedì
ti ho vista nei bagni della palestra con Raj” iniziò, deglutendo.
Amy
sbiancò di botto e si portò una mano alla bocca, ricordando nitidamente ciò che
era successo una settimana prima.
“Marie...”.
“Lasciami
finire! Ero indignata, ho sentito che ti chiamava “ventinovenne” e... E due
giorni dopo ho trovato la tua carta d’identità. L’ho data a una ragazza e...”.
“Marie”.
Non
era un’esclamazione, un rimprovero, un sospiro, era una semplice affermazione.
“E
non è finita! Sono andata alla festa della palestra sabato per sapere cosa
fosse successo e lui... Ha fatto lo scemo con me e... L’ho buttato in piscina.
E poco fa... Mi ha chiesto di uscire ma ho capito ciò che avevo combinato sul
serio, ero arrabbiata, voglio dire, usciva con te e ti ha rimpiazziato così,
senza provare a chiarire? Io...”.
“Marie,
per favore, stai calma” la zittì sua madre, sospirando e avvicinandosi a lei.
“Ti
prego, scusami. Ho fatto una cosa brutta e l’ho sempre saputo, ma ora...”.
“Avevamo
un rapporto... Fisico, non gliene fregava molto di me ma nemmeno a me di lui.
Certo, mi aiutava a non pensare ma posso capire il perchè delle tue azioni”
sussurrò Amy, guardandola negli occhi. “Io avrei fatto lo stesso, specialmente
dopo aver sentito mia madre dire che avere una bambina le ha rovinato la vita”
ragionò cautamente. “Siediti, devo raccontarti una storia, la verità che ha
scatenato le mie azioni”.
La
ragazza obbedì, ancora rossa in volto, poi però esitò mentre prendeva posto in
soggiorno.
“Perché
me le dici ora?” domandò, senza capire. “So che hai visto papà con Penny”
aggiunse, un po’ più accusatoria del dovuto.
Amy
sorrise amaramente e annuì.
“Pensa
ciò che vuoi ma vederli mi ha aperto gli occhi. Sì, sono una stupida, sì, sono
il solito cliché di donna che realizza ciò che ha perso quando lo vede davanti
agli occhi con un’altra e sì, so di non meritarmi nulla e so di non dover fare
nulla” disse come premessa, portandosi le mani avanti.
Marie
spalancò gli occhi, incredula.
“Tu...
Cioè, vedere papà e Penny...”.
“Non
so cosa credi ma io non ho mai smesso di amarvi, tesoro. Mi sono allontanata
perché mi sentivo diversa e odiavo mostrarmi vulnerabile... E credevo di volere
ciò che non ho mai avuto, senza capire che ho avuto tutto. Che stupida! Allora,
come ci rimarresti se un domani ti venisse negata l’opportunità di lavorare a
un progetto che hai ideato solo perché sei madre e nessuno vuole fare
affidamento su di te?” domandò cautamente, mantenendo il contatto visivo.
“Urlerei
ai responsabili di essere dei sessisti” disse semplicemente Marie con aria di
ovvietà.
“E
se ti venisse offerto un lavoro in Norvegia dopo un semestre di studio lì?”.
“Accetterei
di corsa!”.
“Ti
sentiresti in colpa se tuo marito fosse costretto a cambiare turni di lavoro
per far studiare te?”.
“Beh,
sì”.
“E
dopo ciò oseresti chiedergli di fare altri sacrifici per te e non andare a
importanti conferenze in giro per l’America?”.
“No”.
“Ti
sentiresti debitrice dopo che lui ha fatto da madre e da padre a tua figlia
mentre eri impegnata a frequentare le lezione e sostenere gli esami?”.
“Direi
di sì”.
“Quanto
resisteresti nel vedere i tuoi progetti andare in fumo dopo tanti sacrifici
solo perché hai delle ovaie?”.
Marie
abbassò lo sguardo e poi lo alzò, rattristita come non mai.
“Ti
è successo tutto questo?” domandò flebilmente, intimorita dalla risposta.
Amy
annuì, il volto malinconico al solo ricordo.
“Il
primo a fare rinunce è stato tuo padre, dal primo giorno in cui sei nata,
perché lui lavorava già per fortuna, quindi ha sacrificato molto per farmi
studiare, dal liceo fino al dottorato. Ero debitrice nei suoi confronti e mi
sembrava assurdo chiedergli di vivere in Norvegia dopo il semestre, così ho
accettato un lavoro qui e l’ho sempre spronato a fare ciò che l’università gli
chiedeva. Piano piano ci siamo sistemati e, sai, eravamo davvero, davvero
felici... Avevamo successo, avevamo l’amore, avevamo te! Poi, mano a mano, dopo
i trenta sono successe varie cose... Mi hanno scambiato per una
quarantenne...”.
“Ti
hanno negato il progetto”.
Amy
annuì amaramente, scrollando le spalle.
“Essere
moglie e madre mi ha causato mille ansie e problemi, ma non a me in prima persona,
che sia chiaro, a chi mi circondava! Odiavo essere giudicata instabile e
inaffidabile nel mio campo perché dovevo badare anche a una figlia, avere paura
di chiedere a tuo padre di andare a qualche congresso di neuroscienze lontano
da qui e... Accumolo dopo accumolo, sono scattata dopo la provocazione di tua
nonna, tre anni fa. Io non volevo dire quelle cose, davvero, io ti amo più
della mia stessa vita e mi sono allontanata perché non riuscivo a capacitarmi
di aver detto quelle cose, non ero in me! Tu sarai sempre la mia piccolina, non
sai quanto ho pianto nel saperti ad Havard! Mia
figlia che frequenta la mia Havard, ricordo
quando me ne parlavi, dicendo di essere indecisa. Per me era un sogno
immaginarti lì, dove ho studiato io, e... Scusami per tutto, piccola,
scusami!”.
Madre
e figlia si ritrovarono abbracciate, unite in una stretta ferrea, scosse
entrambe da lacrime di commozione e tristezza per tutto ciò che era successo,
ma stranamente più unite, come se gli avvenimenti degli ultimi anni le avessero
rinforzate e fatte crescere.
Le
disgrazie e le incomprensioni possono ridurre in frantumi un rapporto o
rafforzarlo, e quest’ultimo caso toccò alle ragazze Cooper- Fowler.
Era
ormai ora di cena quando Sheldon tornò nel suo appartamento, trovandovi un
Leonard che mangiava pizza seduto sul divano e ascoltava musica.
“I knew you were trouble when you walked in, so shame on me now,
flew me to places
I’d never been, now I’m lying on the cold hard ground,oh, oh, trouble,
trouble...”.
Era
una voce femminile a lui ignota e, non sopportando di ignorare qualcosa, il
fisico teorico prese il cellulare e attivò Shazam.
“Chi
è Taylor Swift?” domandò, senza capire.
Leonard
alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Una
ragazza che mi capisce molto bene” rispose sarcastico.
“Ah,
quindi una tua amica sta provando a sfondare nel mondo della musica e tu fai da
cavia ascoltando la sua voce petulante? Che bravo amico che sei” disse Sheldon,
sorridendo, per poi prendere il telecomando dello stereo e spegnere.
“Ma
sei scemo?” urlò Leonard.
“Leonard,
la tua domanda è fuori luogo, ti ricordo che ho un quoziente intellettivo di
cen...”.
“Non
me ne frega un cavolo, capito? Non sono tenuto a sentire le tue idiozie, io
voglio sentire la mia musica!” continuò a sbraitare, togliendogli il
telecomando dalle mani.
“Leonard!
Ma non ha senso, non devi ascoltare oltre, dì alla tua amica Taylor che è una
mezza pippetta ed è fatta!”.
“Sheldon,
possibile che tu non capisca?” chiese Leonard, come se fosse esausto.
“Sembra
assurdo detto da me ma non capisco, sì” asserì il fisico.
“Lascia
stare, non ho voglia di discutere” sbottò l’altro, infastidito.
Si
alzò, gettando il resto della pizza con aria affranta e se ne andò nella sua
stanza senza aggiungere altro.
“Leonard!
Ma dobbiamo prendere la cena!”.
“Và
a cenare dalla tua ragazza, io ho già mangiato!” urlò Leonard in risposta,
seguito dal rumore della sua porta che sbatteva violentamente.
Sheldon
non ebbe il tempo di dire altro che il cellulare lo avvisò di aver ricevuto un
messaggio, così estrasse il cellulare dalla tasca e lo lesse, salvo poi
rimanere bloccato, fermo.
Davanti
a sè aveva un selfie di Amy e Marie che ridevano come matte, con i capelli un
po’ disordinati e gli occhi stranamente gonfi.
Nel
giro di tre secondi gliene arrivò un altro, in cui Marie aveva gli occhi chiusi
come una bambina dispettosa e Amy le dava un bacio sulla guancia con aria
amorevole.
“Siete
bellissime” sussurrò, sentendo il suo stomaco fare mille capovolte.
Le
sue donne erano lì, sullo schermo del suo cellulare, e lui passò illusoriamente
il dito sul display dell’i-phone come per accarezzarle.
Una
cosa del genere non la vedeva da anni, e questo fu uno dei motivi che gli
fecero perdere la lucidità, tanto che senza pensarci scrisse “Le donne della
mia vita!” e inviò, senza nemmeno pentirsi.
Aveva
forse detto una bugia?
Nel
giro di pochi istanti, Amy rispose con un: “Peccato che qui manchi l’uomo della
nostra vita. Abbiamo delle cose da raccontarti, un bacio”.
Sheldon
era così preso dall’emozione e da un insieme di sentimenti contrastanti che non
sentì nemmeno Leonard che stava parlando, tornato pochi minuti dopo le urla.
“Ma
mi senti, Sheldon? Ho detto che ti accomp... Cos’è?”.
Senza
dire nulla, il coinquilino gli mostrò i messaggi e subito disse: “Guardale,
sono... Sono un amore, io...”.
Non
continuò verbalmente perché abbracciò l’amico, stringendolo a sè e sforzandosi
di non piangere, ma Leonard comprese tutto e guardò la porta, immaginando la
reazione di Penny a ciò che aveva appena visto.
Quella
situazione, come la famiglia Cooper-Fowler, era tutta un casino.
*°*°*
Eccomi
di nuovo qui con uno dei capitoli che adoro! La famiglia Cooper sarà anche
particolare ma è composta da membri che si adorano e hanno sofferto tanto.
Marie non ce l’ha fatta più e si è confidata con la madre, che le ha finalmente
detto la verità.
Certo,
ci sono tante cose da sistemare ma è un inizio e l’affetto madre-figlia è il
più forte di tutti.
Sheldon
vede madre e figlia insieme dopo secoli e rimane sorpreso e “ipnotizzato”,
oserei dire.
Cosa
succederà? Siamo entrati nei capitoli più succosi, vi avverto! :D
Nel
prossimo ci sarà anche... Mary Coooper! Io la adoro, insieme a Beverly, quindi
mi sono divertita a descriverla come nonna super religiosa. E ci sarà anche una new entry ;)
Come
sempre vi lascio due spoiler, grazie a chi mi segue e mi fa sapere il suo
parere, siete mitiche <3
“Dimmi
che non mi ami e non ne riparleremo più” lo interruppe bruscamente, prendendolo
per un braccio e obbligandolo a smetterla di camminare su e giù per la stanza.
“Amore
mio, come sei alta, sempre di più! Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!”
esclamò, raggiante.
“Nonna,
non per contraddirti ma tuo figlio, ovvero mio padre, sfiora il metro e novanta
ed avendo una madre nella media è logico che la mia statura sia maggiore del
dovuto. E’ tutta scienza” la rimbeccò subito Marie, con la sua solita aria da
“Scusami ma non sono io che lo decido” tipica di quando Dio entrava in discorsi
scientifici.
A
mercoledì o giovedì,
Milly!