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Autore: mrsSalvatore    08/10/2015    3 recensioni
HOLLAND +29
Stiles ripete sempre che si è "innamorato di Lydia Martin in terza elementare". Ma se la conosce dall'autunno dei suoi sei anni, come mai per innamorarsene ci ha impiegato tre anni? In fondo, ogni qualvolta che Stiles pensa a lei, è sempre un colpo al cuore.
Dal testo: "Era stato quello, il momento in cui l’aveva vista per davvero. In cui aveva guardato dentro i suoi profondi e grandi occhi verdi, e ci aveva visto dentro vasti prati al tramonto, maestosi alberi e boschi fatati."
Piccola One shot in cui ho immaginato il primo incontro Stydia e il momento in cui Stiles si rende conto che senza quella rossa saccente, non ci sa stare.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Vi chiederete "Ma Holland +29 cosa c'entra?"
Lo so che il compleanno era ieri
e so pure che con questa storia non c'entra niente.
Ma è una specie di "regalo",
e niente, volevo solo farle gli auguri a modo mio.
Buona lettura!
 
Stiles non se ne era innamorato la prima volta che l’aveva incontrata. Allora era solo un ragazzino molto vivace che passava i pomeriggi a giocare per le strade con il suo migliore amico. L’aveva conosciuta in prima elementare, quando si era seduto nel banco accanto a quello di Scott, e si era guardato attorno e l’aveva notata. La classe brulicava di ragazzine, ma lui aveva notato lei. Era una bambina di sei anni, come lui. Ricordava che aveva uno strano portamento, e lì per lì aveva pensato fosse proprio buffa. Era seduta in primo banco, esattamente davanti alla cattedra, nella fila opposta alla sua. Aveva la schiena ritta, il mento alto e gli occhi fissi davanti a sé. Indossava un abito rosso scuro, molto più scuro dei suoi capelli, che erano legati ai lati della testa con due forcine nere. Aveva il viso pallido, ma non giallognolo. Era candido, puro. Assomigliava ad una bambola di porcellana, una dama di quelle d’altri tempi. Aveva le gote appena arrossate dal vento autunnale, e le labbra di un rosso vivido, a causa dei continui morsetti che la bimba riservava loro. Non si era voltata indietro, e così Stiles non aveva visto i suoi occhi. E col senno di poi lo riteneva una fortuna, altrimenti sì che se ne sarebbe innamorato in quel momento. La ragazzina non aveva fatto altro che agitarsi sulla sua piccola sedia di legno per tutta la giornata, cercando di farsi notare dall’insegnante che volontariamente aveva provato ad ignorarla, finché spazientita si era voltata nella sua direzione quando all’ennesima domanda fatta alla classe lei era stata l’unica ad alzare la mano.
“Come ti chiami?” aveva chiesto questa.
“Lydia.” aveva risposto lei. Con una voce bassa, un po’ roca per essere quella di una bambina, ma ferma, decisa. Lydia non aveva esitato a rispondere, dando la risposta corretta, e ricevendo le lodi della maestra, e poi compiaciuta aveva sorriso soddisfatta di se stessa. Ma nemmeno allora Stiles l’aveva realmente vista. Lydia aveva fatto amicizia in fretta, e sembrava essere ben voluta da tutti gli insegnanti. Qualche volta gli era passata davanti tra una pausa e l’altra, per raggiungere le sue amiche, e lasciando dietro di sé un profumo alle rose, ma di nuovo lui non ci aveva fatto troppo caso. Lei interveniva spesso durante le lezioni, e un po’ lui l’aveva notata, ma ancora pensava che fosse solamente una ragazzina fastidiosa e un po’ saputella.
A Stiles non importavano le lezioni. Durante le mattinate non faceva che guardare fuori dalla finestra pensando al momento in cui sarebbe uscito da scuola, in cui sarebbe potuto tornare a casa sua, o magari sarebbe andato a giocare a pallone con Scott. Lo conosceva da tempo immemore, e avevano vissuto da sempre come due fratelli con genitori diversi. Per Stiles era il suo unico punto fermo, ed era certo che la cosa fosse reciproca.
Quell’anno morì sua madre. Era malata da tempo, e Stiles passava poche giornate in sua compagnia. Ricordava che qualche volta lui andava a trovarla, ma lei aveva sempre lo stesso sguardo perso. Se ne stava seduta con la schiena dritta sul bordo del letto, lo guardava con i suoi occhi vitrei e sputava parole di disprezzo, senza che lui ne capisse il motivo. Poi alle volte era meno calma, e gli urlava direttamente contro. Per lo più erano discorsi sconnessi e prima che lui riuscisse ad arrivare a comprenderne il significato, qualche medico lo accompagnava fuori dalla stanza. Ricordava di rimanere sempre fermo lì, quando lo sbattevano fuori. Restava immobile davanti alla porta, e la guardava intensamente, sperando di leggerci qualche spiegazione, qualche risposta alle domande che non aveva il coraggio di fare.
Era successo tutto all’improvviso, un giorno aveva ascoltato suo padre dall’altro capo della casa parlare con qualcuno al telefono, e qualche minuto più tardi, dopo aver riattaccato, gli si era inginocchiato accanto. Gli aveva spiegato che la sua mamma se n’era andata, che non poteva più andare a trovarla, che lei non c’era più. Era stato come uno schiaffo, ma di nuovo non ne aveva capito il senso. Gli erano solo rimaste in mente quelle tre paroline, non c’è più che alle volte ancora gli rispuntavano in testa, e ogni volta erano un pugno nello stomaco. Ma poi ci aveva fatto l’abitudine, ed è brutto farci l’abitudine a certe cose perché quando succede di peggio, nemmeno ti fa più male, anche se è meglio così. E allora aveva ripreso ad andare a scuola, a giocare nei parchetti con Scott, a sorridere e a ridere agli scherzi dei suoi amici, mentre dentro di sé si sentiva diventare ogni giorno più spento, e presto la sua casa era diventata buia, triste. E suo padre finiva di lavorare sempre più tardi, e quando tornava a casa stava fino a tarda notte in cucina a bere, con tutte le luci spente. E Stiles lo guardava dall’altra stanza in silenzio. Poi alle volte cercava di farlo ridere, sperando di riuscire a trovare il modo per fargli tornare il sorriso, ma lui non faceva altro che versarsi un altro po’ di Scotch in un bicchiere, e buttarlo giù tutto d’un sorso. E i suoi giorni erano monotoni, e monocromi. L’unica cosa che alle volte gli dava sollievo, era posare lo sguardo su quei ricci ramati della bambina seduta davanti a lui. E alle volte si concentrava talmente tanto su quella chioma, che la voglia di piangere finiva per morirgli in gola.
 
Fu solo due anni dopo, però, che Stiles la vide davvero. Era dicembre, faceva freddo, e la notte aveva nevicato parecchio. Le strade erano innevate, ma la scuola era aperta ugualmente. Suo padre lo aveva accompagnato in auto, e quando erano arrivati gli aveva detto: “Sta’ attento, figliolo. Con la neve è tutto più bello, e quando è tutto più bello, è più facile innamorarsi.” Lui aveva riso, senza capire. Non gli interessavano le ragazzine, a lui interessava lo sport, le cose da maschi. Aveva sbattuto la portiera, e salutato con la mano suo padre che si allontanava con l’auto.
La mattinata era trascorsa in modo tranquillo, come uno dei tanti soliti giorni; la svolta era stata durante la pausa. Potevano giocare in cortile, perché la maestra gliel’aveva permesso, e quel gruppo di ragazzini non faceva che gettarsi addosso l’un l’altro mucchi di neve. A Stiles non faceva impazzire, tutta quella gran confusione, ma a Scott era sempre piaciuto giocare con gli altri e così anche lui se ne stava lì, a fare mucchietti di neve da lanciare addosso a quei ragazzini, ridendo quando qualcuno veniva colpito, senza che gli interessasse davvero. Per un attimo aveva creduto di esserselo immaginato, quando l’aveva sentito. Gli era morto il sorriso sul volto, e un brivido gli aveva percorso tutta la colonna vertebrale. Era un urlo, un urlo acuto. Aveva alzato lo sguardo, ma i suoi amici ridevano ancora tra loro, con i giubbotti bagnati da quei cristalli ghiacciati, e lui sembrava essere stato l’unico ad accorgersene. Ma era sicuro di ciò che aveva sentito, ed era sicuro di aver sentito un urlo. Aveva abbassato lo sguardo, e si era ritrovato a fissarsi le mani. Erano screpolate dal vento, e rosse dal freddo. Il cumulo di neve tra loro era informe, pieno di bozzi, ma splendeva sotto i raggi del Sole che facevano capolino dietro le nuvole bianche nel cielo terso. Gli era parso quasi che tutto andasse a rallentatore. Le palle di neve che volavano da una parte all’altra del piccolo parco erano più lente, e ci impiegavano più tempo a raggiungere la meta. I suoni parevano più soffusi. Tutti tranne quell’urlo, quell’urlo che continuava a rimbombargli nella testa, come fosse stato impostato sulla riproduzione continua, e non facesse che andare avanti all’infinito. Stiles si era voltato, guardandosi attorno. Aveva cercato di capire da che parte fosse arrivato quel grido raccapricciante, e poi finalmente aveva notato una macchia rossa a terra, dall’altro lato del campo, dietro le giostre coperte di neve. Aveva gettato a terra la neve, e aveva corso il più veloce possibile, per quanto la neve alta e i suoi piccoli piedi glielo permettessero, mentre alle sue spalle Scott lo chiamava a gran voce, domandandogli dove stesse andando. E poi finalmente l’aveva raggiunta. Lei era inginocchiata a terra, il viso rivolto verso l’alto. Il cappotto bianco non si distingueva in mezzo a tutto quel candore, e con le mani cercava di sorreggersi per quanto possibile. Ricordava che i suoi capelli non erano mai stati così vividi, e quel rosso biondiccio pareva quasi sangue, in contrasto con quella distesa di bianco. Aveva ancora il viso candido, latteo. Senza la neppur minima imperfezione, levigato fino agli zigomi, ma arrossato su questi ultimi. Lydia aveva abbassato il capo, e afferrato riluttante la mano fredda che Stiles le aveva avvicinato, facendo una piccola smorfia di disprezzo che però non era andata ad intaccare quel quadretto perfetto che era il suo viso. Si era rimessa in piedi traballante, cercando di sistemare il capotto sgualcito.
“C’era del ghiaccio, e sono scivolata.” aveva tentato di spiegare con un tono risoluto, cercando di non risultare ridicola, ma quando aveva posato gli occhi su Stiles, lui si era sentito venir meno. Era stato quello, il momento in cui l’aveva vista per davvero. In cui aveva guardato dentro i suoi profondi e grandi occhi verdi, e ci aveva visto dentro vasti prati al tramonto, maestosi alberi e boschi fatati. Aveva letto tutto il suo essere solamente guardando quel verde cangiante. Lei aveva socchiuso le labbra, ingrandito gli occhi ancor di più, e aveva piegato appena il viso di qualche grado, guardandolo sorpresa, senza spiegarsi la sua strana espressione. Stiles non aveva detto niente. Era rimasto fermo, sperando che quell’attimo durasse per sempre, di perdersi in quelle pozze color smeraldo e non tornare mai più indietro. Ma lei invece aveva ritratto la mano all’improvviso, alzando un sopracciglio in segno di disappunto. Si era schiarita la voce, e dopo aver emesso uno strano sbuffo che ricordava una risatina trattenuta, si era allontanata.
Stiles non si era mosso ancora. L’aveva guardata andarsene via, con i capelli rossi mossi pigramente dal vento freddo, e le gambe che si muovevano incerte sopra quegli strati di bianca neve, forse ancora doloranti per la caduta recente. E gli era parsa così bella, così pura in mezzo a quell’incanto. E aveva voluto trattenerla a sé, e non lasciarla andare via. E aveva pensato che magari con Scott avrebbe ideato un piano per farla innamorare di lui, quella bambina dal viso bianco e i capelli rossi. E ci sarebbero anche voluti cento anni, ma lui avrebbe aspettato.
“Con la neve è tutto più bello, e quando è tutto più bello, è più facile innamorarsi.” Gli erano tornate in mente le parole del padre, e aveva sorriso, con la bocca larga. Perché quando Stiles faceva qualcosa, ci metteva tutto se stesso, e anche sorridere risultava divertente, quando era lui a farlo. Ma non era colpa della neve, quella volta. Lydia era bella, bella davvero. Era bella da sola, a prescindere dal paesaggio che la contornava. E magari, chi lo sa, se ne era innamorato. Dopotutto, era facile cadere in tentazione dopo aver posato gli occhi su quella bellissima regina delle nevi.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
E' la mia prima fan-fiction nel fandom di Teen Wolf, perchè avevo paura di non essere all'altezza per scrivere su questi personaggi a parer mio meravigliosi.
Spero davvero di non essere andata OOC con Stiles e Lydia, ma di aver fatto trasparire le loro personalità (o perlomeno quelle che erano le loro personalità nelle prime stagioni). Spero veramente che vi sia piaciuta, e se mi lasciaste un vostro parere ne sarei molto molto contenta: anche se dovesse essere negativo, perchè dalle critiche si impara sempre!
Vi lascio con una bellissima frase che ho trovato in giro qualche giorno fa, e forse qualcuno di voi già la sa ma io la trovo davvero molto carina.
Un bacio,


-Sve

"
 What if you have a Stiles, but you're too Lydia to see it?
"
 
  
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