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Autore: Oducchan    10/10/2015    1 recensioni
Midorima non ha la più pallida idea di chi sia quel tipo coi capelli neri.
Vale la pena di scoprirlo
[Midorima - Himuro] [sì, avete letto bene]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Shintarou Midorima, Tatsuya Himuro
Note: Nonsense, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan
Fandom: Kuroko no basket
Titolo: Backwards
Personaggi: Himuro Tatsuya, Midorima Shintarou, Takao Kazunari, un mucchio di altra gente menzionata
Pairing:  HimuMido...?
Genere: generale, introspettivo, slice of life, un po' nonsense, dai.
Avvisi: what if/AU (le varie squadre si ritrovano periodicamente per giocare in gruppo, Midorima non sa chi è Himuro all'inizio), crack pair, OOC
Rating: verde
Note:
Non lo so, gente. Non lo so davvero. Mi sono messa in testa di farla e così m'è venuta. Non l'ho riletta quindi sarà piena di errori ma sono anche le due, perdonatemi.


 
Backwards


 
Midorima non ha la più pallida idea di chi sia quel tipo coi capelli neri. Gli pare che sia arrivato in compagnia di Murasakibara, ma con il casino che stava piantando in piedi Kise nel tentativo di sfuggire alle ire del suo senpai non ne è molto certo; ha anche sentito un commento da parte del capitano del Seirin su lui e Kagami, ma era troppo distante per coglierne effettivamente i termini.
Dovrebbe probabilmente saperlo, chi sia il tipo con i capelli neri. Il problema è che nella cacofonia generale nessuno ha pensato bene di presentarli direttamente, quindi quando Takao l’ha spintonato di fronte alla folla di adolescenti cestisti per offrirlo come vittima sacrificale al compito di rifornimento vivande, e si è ritrovato davanti il suo sorriso cortese e lo sguardo dell’unico occhio visibile puntato dritto nei suoi, era un po’ troppo tardi per chiedere il suo nome senza perdere quel poco di dignità che gli è rimasta dopo essere stato sballottato a destra e a manca nel marasma di babbei di cui a malincuore fa parte.
Dal canto suo, il tipo non è che si stia facendo molti problemi a cercare di intavolare una conversazione civile e triviale. Midorima cerca di ignorarlo come meglio gli riesce, mentre si aggira per gli scaffali del combini raccogliendo bottiglie di integratori e snack iperproteici, ma quello continua a trotterellargli dietro e a sorridergli ogni volta che gli rivolge uno sguardo. Certo è una presenza meno nociva e fastidiosa di Takao, che non si fa mai molti scrupoli a risultare sguaiato e inopportuno, ma nondimeno non gradita.
Se almeno sapesse come si chiama.
-Midorima-kun?-
Shintarou commette l’errore di voltarsi troppo bruscamente, con un “che c’è, ora?” già in bocca che però gli muore prima di uscire tra i denti. La luce del tramonto filtra dalle vetrine e bagna di riflessi iridescenti i capelli serici del suo accompagnatore, rendendo la pelle del suo viso quasi traslucida, per il suo pallore. Il suo sguardo pare incendiarsi, tra le ciglia scure e fitte, piccole pennellate di china nera che sfarfallano un istante a coprire gli occhi.
Quello dopo, il tipo si volta verso l’uscita, rompendo quel momento di stasi perfetta.
-Ricordati di prendere il Pocari- gli dice, con un sorriso saputo ad incurvargli le labbra. Midorima deve costringersi a riprendere a respirare, troppo sconvolto per muoversi subito.
 
Alla seconda riunione collettiva, quando Takao strilla “Shin-chan, vai a prendere da bere!” lo sconosciuto gli si piazza di fianco offrendosi per accompagnarlo prima ancora che Midorima possa pensare di delegare il compito a Momoi o a qualche altro primino. Stavolta indossa la divisa bianca e viola della Yosen, ed è innegabile la sua connessione con Atsushi; tuttavia, ancora una volta nessuno ha pensato di presentarglielo (anche se ha notato che Kagami ci ha provato, ad aprire la bocca. Poi, una gomitata da parte di Kuroko e un insulto volante da parte di Aomine devono avergli fatto cambiare idea), quindi quando s’incamminano il tarlo di non sapere come appellarglisi continua a divorarlo. È troppo orgoglioso per chiederglielo di propria sponte, timoroso di mostrare un interesse che potrebbe venire mal interpretato.
Stavolta, per fortuna, il ragazzo non gli rivolge nemmeno una parola. Lo segue all’interno del negozio, aiutandolo nel raccogliere i prodotti che cercano e nel contare i soldi alla cassa, ma non gli pone domande, non si mette a chiacchierare sul tempo o altre amenità simili. Lo tallona in silenzio, e Midorima è quasi riuscito a dimenticarsi della sua presenza e a scordarsi il nervosismo, quando sulla via di ritorno ai campi da basket pubblici il tipo lo chiama.
-Midorima-kun, ti sta cadendo il sacchetto-
La sua mano è calda, quando gli sfiora l’avambraccio. Sente i piccoli calli dei polpastrelli premere dove le dita prendono contatto con la sua pelle, e Midorima si ritrova a sgusciare via come se si fosse ustionato, incapace di nascondere la scarica quasi elettrica che lo ha attraversato a quel semplice contatto. Il tipo pare ugualmente confuso quanto lui: si fissa per un istante il palmo, prima di tornare a infilarselo nella tasca dei pantaloncini.
 
Diventa un po’ un’abitudine. Si ritrovano in gruppo, Takao s’inventa una balla per spedirlo a comprare cose, il tipo gli si accoda appresso e insieme svolgono le compere. Talvolta gli parla, talvolta il tempo sgocciola via in silenzio, ma sempre, immancabilmente, mentre stanno tornando sui loro passi, finiscono in qualche modo con lo sfiorarsi, con il toccarsi: una mano sul braccio, il gomito che incoccia nel fianco, la spalla che preme contro la sua mentre lo sfiora. Sono contatti così rapidi, così fugaci, che Midorima non riesce a determinare se siano premeditati o se siano soltanto frutto del caso. Quello che sa è che ogni volta provocano in lui una reazione sempre diversa, sempre più intensa. Si ritrova in qualche modo ad aspettarselo, quel calore improvviso che lo avvolge quando lo sconosciuto lo prende dentro mentre camminano, o quel torpore che si insinua nelle sue gambe quando chiama il suo nome per attirare la sua attenzione e poi stupirlo con un gesto che immancabilmente lo strega per secondi che paiono ore. Non sa bene cosa diamine stia succedendo, non sa bene perché stia permettendo che continui a succedere, sa solamente che sta succedendo e non ha idea di come fare a fermare tutto quanto, e se veramente voglia fermare tutto quanto.
Stavolta, fanno in tempo ad arrivare al campetto, prima che il tipo si decida a toccarlo.
-Aspetta- gli dice, e la sua mano si stringe al suo braccio, arrestando di fatto i suoi passi –Dividiamoci la roba, faremo più in fretta a distribuirla.
Midorima annuisce conciso, sentendo allo stesso tempo i muscoli formicolare, lì dove l’altro lo sta ancora trattenendo, e si ritrova a rimpiangere quella stretta quando si decide a scioglierla per maneggiare i sacchetti che stringono in mano.
Prima che il giocatore della Yosen si allontani chiamando i suoi compagni di squadra, Midorima fa in tempo a notare due cose: i capelli neri del tipo, così fini e serici e lucidi, hanno un odore pungente, fragrante, che gli piace particolarmente. L’altra, è che Takao lo sta fissando dall’altra parte del campo, con un sorriso mefistofelico che non promette nulla di buono.
 
-Quindi… tu e Himuro-san…-
Il sorriso di Takao scintilla come l’acciaio di una spada molto, molto pericolosa e affilata. Midorima opta per non dargli peso, sistemandosi gli occhiali sul naso e mettendosi in spalla il borsone, prima di avviarsi verso la palestra.
-Non ho idea di che cosa tu stia parlando o a cosa ti stai riferendo. Ora smettila e cammina, se arriviamo in ritardo le ananas di Miyaji-senpai le raccatti da solo-
Kazunari ridacchia, incrociando le braccia dietro la nuca e commentando salacemente sulle abilità di tiro del loro compagno di squadra, ma Midorima non lo ascolta nemmeno. Stringe un po’ più forte il peluche che costituisce il suo portafortuna per la giornata, la mente persa a contemplare quella nuova sensazione.
Himuro-san.
 
Due settimane dopo sono di nuovo lì, su quel campetto. Stavolta Takao non deve interferire in alcun modo per andare a prendere i rifornimenti, appena Momoi e Aida-san accennano alla cosa lascia Kagami a litigare con Aomine su chi debba avere l’onore di giocare in squadra con Kuroko e si sobbarca da sé l’incarico; Himuro, ovviamente, gli si avvia dietro.
-È una bella giornata, vero?- chioccia, sorridendo sereno.
Midorima gli getta un’occhiata storta, prima di sistemarsi gli occhiali sul naso.
-…Suppongo di sì- replica. Poi si blocca, confuso, quando con la coda dell’occhio nota che Himuro si è fermato e lo sta fissando con l’incredulità ben dipinta sui tratti fini e cesellati del suo viso. Shintarou sente del calore diffondersi rapido sulle proprie guance, prima di ritrovare la mobilità e la prontezza d’animo di voltarsi e riprendere a camminare.
-Allora, andiamo?-
Un passo. Due. Tre. Poi Himuro gli ricompare a fianco, di nuovo sorridente. E la sua mano calda, caldissima, dalle lunghe dita appena callose, scivola silenziosa nella sua, stringendola forte e iniziando a giocherellare con le bende.
Midorima non sa perché glielo lascia fare, ma quando Himuro lo lascia andare appena prima di rientrare nel campo visivo dei loro comuni “amici” il suo stomaco fa una brutta capriola e sprofonda di una buona manciata di centimetri, lasciandogli addosso un vago senso di nausea che rischia più volte di far fallire le sue triple.
 
La volta dopo Himuro non si presenta, ma nemmeno il resto della Yosen è presente. Midorima non si azzarda a chiedere, ma il tam tam delle domande fa strappare a Kagami l’agognata risposta che si tratta solo di un ritardo dovuto ai mezzi, e che presto o tardi saranno lì anche loro, dopotutto arrivano dall’altro capo del Giappone. Midorima si avvia a fare rifornimenti accompagnato dalla rosea figura di Momoi, che avrebbe preferito di gran lunga la compagnia di Kuroko alla sua ma che perlomeno non lo tampina con domande inopportune del tipo “Midorima-kun, perché hai quell’aria incarognita? È successo qualcosa?”
Quando ritornano indietro, più di mezzora dopo, i membri della squadra della Yosen sono appena arrivati e sono allineati contro il muro di cinta, chi intento a cambiarsi in un abbigliamento appropriato per una partitella, chi seduto ad osservare i match già in corso. Midorima vorrebbe passar oltre senza problemi, ma non riesce a trattenersi dall'abbassare lo sguardo, e cercare una certa chioma di capelli neri.
Incontra lo sguardo di Himuro a metà strada. Quello gli sorride, con quella pacatezza gentile che gli è solita, e Shintarou si ritrova a trattenere il fiato senza una ragione apparente. Poi Himuro gli fa un cenno con la mano, approfittando del fatto che il resto della sua squadra sta animatamente discutendo un'azione controversa di Akashi con un paio di esponenti del Rakuzan e che Murasakibara sta sgranocchiando i suoi snack fregandosene del resto del mondo, e Midorima gli si avvicina senza nemmeno registrare le occhiate allusive che Takao e Mibuchi gli stanno gettando dai due capi del campo.
-Himuro-san- saluta, cortese. Himuro alza il capo, e nel movimento i ciuffi neri gli scivolano sul viso, aprendosi come una raggiera. Per un istante riesce ad intravedere l’altro occhio, le ciglia scure che fanno capolino tra i capelli lisci, e la vista gli toglie di nuovo il fiato. Poi Himuro scoppia a ridere.
-Sei troppo alto, Midorima-kun, non fare come Atsushi. Vieni a sederti- gli dice, con un pragmatismo disarmante che Shintarou non fa nemmeno una piega, mentre gli si accoccola affianco.
-Devo andare a distribuire le bevande, Himuro-san- mormora, piano, ma in realtà sta fissando la curva snella delle ginocchia di Himuro, così bianche da parere del colore del latte. L’altro gli sorride, incoraggiante, e poi all'improvviso il suo viso si fa così vicino, così vicino che il suo respiro si arriccia caldo contro la pelle facendolo rabbrividire.
-Non devi essere per forza così formale, sai?- gli sussurra. Midorima stringe le labbra tra loro fino a farle sbiancare. Annuisce.
Himuro torna a guardare i continui scambi di palla tra Kagami e Kuroko, sul campo. La sua gamba viene a premere contro la sua, il ginocchio che s’incunea contro la sua coscia, i fianchi che si sfiorano fino a toccarsi alle anche, il gomito che si appoggia con nonchalance alla sua spalla. Midorima non riesce più a trovare la forza o il desiderio per muoversi per il resto della giornata, restando a fissare il nulla mentre il calore che si irradia da tutto il suo lato destro rischia di farlo impazzire.
 
È l’ultima settimana delle vacanze estive. Il caldo è torrido, afoso, una cappa di calore che avvolge Tpkyo come una morsa e rende difficile respirare, figurarsi l’attività fisica di un certo livello. Più che giocare, stavolta si sono ritrovati per stare accampati nelle zone d’ombra a ricercare un minimo di refrigerio, lasciando solamente ai deficienti senza cervello e malati di basket l’onore di occupare il tempo giocando effettivamente almeno una partita.
La richiesta di liquidi freddi da ingollare il prima possibile, inoltre, è ovviamente triplicata, e Midorima si ritrova a fare più viaggi per soddisfare le esigenze di tutti. Himuro lo accompagna ogni volta, parlando solo lo stretto indispensabile e aiutandolo a trasportare le bottiglie prima che risentano del clima e si riscaldino troppo.
Midorima si sente stanco, e al tempo stesso elettrizzato. È come se fosse un telefonino, un qualche apparecchio elettrico lasciato troppo tempo attaccato a una presa e smanioso ora di rilasciare quell’energia. Gli si è accumulata sotto pelle nell’arco di giorni, settimane intere, mesi, senza che nemmeno il pallone a spicchi riuscisse in qualche modo a dissiparla. È teso come una corda di violino, pronto a tranciarsi e scattare. Verso dove, o cosa, non sa dirlo.
Himuro non si esula dal sottrarsi da quella strana forma di contatto fisico che hanno instaurato nel tempo, nemmeno con il termometro che batte i quaranta. Lo sfiora quasi per caso, quasi per interesse, in maniera che ha del deliberato e al tempo stesso del casuale e dell’involontario. Midorima non sa cosa voglia sottendere, a quale scopo voglia puntare. Sa solo che ne ha abbastanza.
Il cielo ha assunto i riflessi dell’oro e dell’arancio, quando riesce a trovare la determinazione necessaria per lasciare gran parte dei suoi preconcetti e delle sue rimostranze alle spalle e affrontare finalmente quel qualcosa a cui non sa ancora dare un nome.
-Himuro-san- dice, forzando la voce ad essere ferma, salda. Sono di nuovo da soli, anche se in lontananza sente ancora l’eco della voce di Kasamatsu che sbraita qualcosa all'indirizzo di Kise.
Himuro si ferma, si volta, lo guarda. Il suo sguardo è impassibile, non lascia trasparire nulla; eppure, nella penombra, la sua pelle è così bianca da parere trasparente e i suoi capelli così neri da parere pece liquida, e formano un contrasto a cui è impossibile resistere.
-Sì, Midorima-kun?-  Chiede, gentile, e Midorima si ritrova a soffocare l’impulso di spingerlo contro il muro più vicino. Per fare cosa, si rifiuta di pensarlo.
-Cosa vuoi da me, esattamente?- chiede. Non abbassa lo sguardo. Lo scruta, freddo e glaciale dietro i suoi occhiali squadrati, eppure così perso e confuso da sentirsi solamente un bambino di fronte a qualcosa di incomprensibile e troppo, troppo grande.
-Non lo so, Midorima. Tu cosa vuoi, per te stesso?-
Non ce l’ha, una risposta. Non ha la benché minima idea di cosa dire, di cosa fare, di cosa volere. Così si limita a seguire l’istinto, e quando avanza di un passo Himuro lascia scivolare i sacchetti per terra e allunga le mani verso il suo viso, verso le sue guance, e poi la sua bocca copre la sua e le sue labbra premono contro le sue e Midorima smette di pensare per minuti, ore intere.
Intanto, il sole scompare dietro l’orizzonte, lasciando dietro di sé il buio della sera.
 
Quando ritornano, finalmente, al campetto, c’è un certo schiamazzo allertato e preoccupato ad aspettarli.
E il sorriso affilato e saccente di Takao, ma quella ormai non è più una novità.
   
 
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