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Autore: damon33    10/10/2015    0 recensioni
Oneshot Johnlock. Sherlock ha sempre amato le stelle. John vede Sherlock come se fosse una di loro.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock volse lo sguardo verso l'alto. Sebbene non si fosse mai interessato particolarmente all'astronomia, quei puntini luminosi che apparivano in cielo ogni notte gli scaldavano il cuore. Corpi luminescenti che bruciavano a centinaia di migliaia anni luce di distanza visibili ovunque sulla Terra. Sherlock non lo sapeva ma era così che lo vedeva John: luminoso. Nonostante questo però, purtroppo per John, Sherlock non era facilmente rintracciabile quanto le stelle. John guardò il cielo ripensando al litigio appena avuto... Forse "appena" non era il vocabolo appropriato visto che ormai John cercava il suo coinquilino e miglior amico da ben quattro ore. Erano le due del mattino e ancora si aggirava per Londra mandando preoccupato un messaggio ogni due minuti circa. Sherlock iniziava a sentire freddo, le dita si intorpidivano sempre di più e il tremore aumentava ma questo non gli interessava, tanto era ammaliato dagli astri notturni. Il suo cellulare continuava a vibrare ormai ininterrottamente ma Sherlock aveva già immaginato tutto quello che John avrebbe potuto scrivergli: dapprima messaggi di scuse, circa uno ogni mezz'ora, poi richieste di ritornare a casa, avvertimenti minacciosi ed infine messaggi preoccupati più frequenti. A goudicare dalla frequenza dei messaggi era giunto il momento di tornare a casa. Sherlock si alzò e fece per uscire dalla radura, uno dei suoi nascondigli, quando ricadde a terra. Polso accelerato, sudore freddo, dolore alla gola, mal di testa, temperatura corporea stimata: 39.3°C. Meglio contattare John, forse. Radura dietro Growing Street -SH Ecco il messaggio che John stava aspettando. Prese un taxi e raggiunse Growing Street. Doveva immaginare che fosse lì, era vicino Baker Street ed era uno dei pochi luoghi in cui si potevano ammirare liberamente le stelle e Sherlock gli aveva rivelato che quei piccoli puntini sopra il cielo lo aiutavano a pensare. Una folata di vento fece rabbrividire John. Se avesse trovato Sherlock -e l'avrebbe fatto- lo avrebbe ucciso facendo passare il tutto per un incidente -e l'avrebbe fatto-. Ormai mancavano pochi secondi all'arrivo di John, immaginava Sherlock. Era seduto a terra e quegli otto minuti e trentadue secondi che aveva speso aspettando il suo amico, gli erano sembrati eterni. Temperatura corporea: 41.1°C. Tutti i suoi sensi sembravano inibiti e, anche quando John arrivò, lui non si accorse di niente se non delle stelle che giravano vorticosamente. John entrò nella radura e si ritrovò davanti uno Sherlock ovviamente malato. Perfetto. "Sherlock!" Niente, nessuna risposta. Sherlock rimaneva seduto sull'erba bagnata osservando il cielo. John lo raggiunse appena in tempo per prenderlo e non fargli sbattere la testa mentre cadeva a terra svenuto. Lo caricò in spalla e lo portò a casa. Sherlock aprì gli occhi lentamente. Si sentiva debole ed aveva una pezza fredda sulla fronte. Temperatura corporea: 39°C. Meglio di quanto immaginasse. Prese in mano il telefono con non poca fatica, eliminò i settantasei messaggi di John della sera precedente e portò la sua attenzione su un messaggio di pochi minuti prima mandato da Lestrade. Ho un caso per te. Serial killer. Scotland Yard. Vieni appena puoi. -GL Un sorriso segnò il volto pallido del detective privato. Si alzó e si vestì senza fare troppo rumore. Si appoggiò alla porta quando ebbe un capogiro e, quando questo passò, uscì dalla sua stanza per poi andare a sbattere rovinosamente contro la parete. Tempo di arrivare in cucina che John era già sceso dalla sua stanza e lo aveva raggiunto. Come previsto. "Sherlock, cosa avresti intenzione di fare?" Sherlock si appoggiò al tavolo cercando di non far cadere le beute e le provette posate lì sopra "Lestrade mi ha chiamato. Ha un caso per me, devo andare" "Non se ne parla! Hai la febbre così alta che mi sorprende vederti in piedi". Come se non avesse detto niente Sherlock lasciò andare il tavolo per dirigersi verso l'uscita ma venne prontamente bloccato da Watson, nettamente in vantaggio rispetto a lui. "Lasciami, John. É un serial killer! Non ne vedevo uno da mesi!" John scosse la testa "Non sei in condizioni nemmeno di alzarti dal letto. Un serial killer ti aggiungerebbe alla sua lista di vittime senza alcuna difficoltà". Il telefono di Sherlock vibró: Allora che fai? Ti interessa? -GL Sherlock non rispose al messaggio. "Come se ti importasse" disse a John. Doveva colpirlo nel profondo, doveva distrarlo per potersi liberare dalla sua presa e uscire. Funzionò. Sherlock si liberò dalla presa di John mentre questo stava per rispondergli esitante e si incamminò verso la porta con passo traballante. Sherlock però non aveva tenuto conto della sua debolezza e per questo il dottore lo raggiunse in un batter d'occhio sulla scalinata che portava verso l'esterno e lo trascinò nuovamente in casa. "Certo che mi importa" Fu la sua risposta. Il telefono di Sherlock iniziò a vibrare ininterrottamente: una chiamata. John rispose al posto dell'amico dicendo a Greg che Sherlock era malato e non poteva aiutarlo, poi riattaccò senza neanche salutare. Con molta pazienza John riportò Sherlock a letto cercando di non buttarlo dalla finestra durante il tragitto. Non appena Sherlock si addormentò, John iniziò a pensare alla sera prima e all'inutile litigio che aveva portato a tutto questo. Non era stato proprio un litigio. Come ormai sospettava da molto, Sherlock gli aveva detto di amarlo e John, per quanto potesse ricambiare, non era pronto a questo. Sherlock se ne era andato senza sapere che il sentimento era corrisposto. Durante la notte, dopo aver riportato Sherlock a casa, John aveva avuto molto tempo per pensarci e sì, lui amava Sherlock ma per molto aveva scambiato questo sentimento per semplice affetto. Non appena si fosse svegliato gliel'avrebbe detto. Aveva deciso. Sherlock aprì gli occhi svegliandosi per la seconda volta quel giorno. Doveva essere sera: il sole non passava più dalla finestra e le prime stelle iniziavano ad essere visibili in cielo. Sherlock, passando accanto alla porta chiusa della stanza di John, prese le scale che portavano al tetto. Temperatura corporea: 37.8°C. Il riposo aveva fatto miracoli. Sherlock si sedette sul tetto con lo sguardo rivolto verso l'alto, proprio come la sera precedente. John era dietro di lui, Sherlock lo sapeva. "Dovresti imparare ad essere più silenzioso, dottore" disse Sherlock a Watson "E tu a restare a letto quando sei malato". Sherlock sbuffó sonoramente. "Sai che non ci riesco. Mi annoio" John sospirò, sembrava nervoso. "Io ci riesco" disse guardando Sherlock che si girò a sua volta per rispondergli con un sorriso "Perchè sei un idiota". John non riuscì a non lasciarsi scappare una risata mentre il cielo si oscurava sempre di più. Guardò di nuovo Sherlock negli occhi e per la prima volta notò il dolore, la frustrazione che essi contenevano. Senza pensarci due volte John posò le labbra sulle sue per poi staccarsi imbarazzato. Per una volta Sherlock era rimasto sorpreso "Ma... Perché?" chiese. "Perché sei un idiota" Ripose John tornando a baciarlo con le sole stelle come testimoni.
  
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