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Autore: Atramentum    11/10/2015    10 recensioni
[Durbe/Merag]
- Una sola volta -, aveva espresso il suo desiderio - portami a vedere il tramonto una sola volta. -
Quella richiesta l'aveva molto colpito. La sorella dell'imperatore, sempre sorridente, era stata colta da lui in un momento di debolezza.
Si era stretta al mantello bianco, sussurrando: - ti prego. -
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Durbe/Dorube, I Sette Imperatori Bariani, Merag
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Sette stelle, distanti tra loro, compongono l'Ursa Major, costellazione visibile nei cieli boreali.
Nell'anno tremila, molti astronomi, storici e poeti si sono soffermati sull'asterismo, portando alla luce verità nascoste e segreti mai stati rivelati, tramandati oralmente da discendenti di sacerdoti e testimoni oculari.
Affreschi e monumenti confermano ciò che è stato detto da persone che, nei secoli precedenti, sono state scambiate per folli, mentalmente instabili.
Sette anime pure, morte per il semplice fatto di aver amato troppo, fecero dono del loro spirito ai cieli.
Così si dice.


Portami a vedere il tramonto
una sola volta


Merag, la beta della costellazione, si libera di quegli odiosi stivali, che impediscono il contatto dei suoi piedi con la sabbia.
Li tiene in mano, mentre passeggia indisturbata nella dorata spiaggia di Barian.
Lascia che le onde, a riva, le bagnino i piedi. L'acqua la rinfresca, le dà l'impressione di essere tornata umana. Di essere umana.
Poggia gli stivali per terra, con l'altra mano solleva la gonna di poco. Avanza lentamente verso il largo, verso il Sole che sta tramontando.
Il suo riflesso le appare estraneo. L'immagine è quella di una ragazza che non è una ragazza, ma un mostro creato dall'odio. Coperta da capo a piedi da un'ingombrante armatura che le impedisce di avere anche un solo, caldo, contatto. Lo sguardo affilato di una guerriera, senza labbra con cui poter dare baci. Mani ruvide e fredde, non adatte per dare carezze.
Ad essa si contrappone quella della principessa, vestita di un leggero abito bianco dai ricami azzurri e dorati, che viene sommersa dalle gelide acque del mare.
Tutto questo, perché vi amo.
È stata disposta a lasciare i suoi amici pur di seguire il fratello e l'amato nella morte. Lo avrebbe fatto nuovamente, se glielo avessero chiesto.
Tutto questo, perché mi amate.
Amore. Una parola così bella, ma così poco adatta alla situazione. Lascia la gonna e, con le mani, si bagna la faccia, come fa la mattina, per svegliarsi.

Una luce accecante, proveniente dalla torre della fortezza bariana, attira la sua attenzione. Dapprima non capisce cosa stia a significare, poi comprende.
Una riunione urgente dei sette imperatori.
Corre il più in fretta possibile verso la spiaggia e recupera gli stivali. Cerca di infilarli, con scarso successo.
Lascia perdere e continua a correre, cercando di non perdere l'equilibrio per via degli stivali.

Spalanca le porte della sala del trono, con il fiatone, e ricomincia a correre, alla vista dei sei, quasi tutti irritati per via del suo ritardo.
- Sono qui! -
Uno stivale si sfila, durante la corsa, e Merag sente di stare per cadere.
Due forti braccia la afferrano appena in tempo, impedendo al suo bel faccino di fare una brutta fine.
- Arito, grazie -, sospira, rimettendosi in piedi.
- Bisogna avere i riflessi pronti, sempre, Merag -, dice il bariano rosso.
Una risatina di scherno sfugge ad uno degli imperatori.
La bariana si gira nella sua direzione. - Se hai qualcosa da dire, dilla, Vector! -
L'interessato fa un passo avanti, non di più, e la guarda come fosse il più dolce pasticcino della pasticceria. - Non occorre bagnarsi per far colpo su di me! -
Merag nota che i suoi vestiti sono ancora bagnati, così come la frangia e parte dei capelli che le vanno davanti agli occhi.
Lo sguardo malizioso del bariano si sposta dalla principessa al capo, seduto sul suo trono, irritato. - Cosa c'è, Nasch, ti dà fastidio che la tua sorellina mi faccia la corte? -
La "corteggiatrice" gli lancia uno sguardo omicida. Se Vector avesse delle labbra, le incurverebbe di sicuro, poi passerebbe la lingua tra esse, abitudine recente.
- Adesso basta! -, cede Nasch. - Vi ho convocati qui per dare l'ordine di prepararvi alla battaglia. Si va sulla Terra. -
Nessuno osa fiatare.
Una voce soltanto, calma, si fa avanti. - Bene -, dice semplicemente.
Merag ritrova gli occhi del bariano che ha parlato. Sta in un angolo, attorniato da dei cristalli rossi.
La guarda, senza dire altro.
Nasch se ne va, seguito da Gilag e Arito, poi dagli altri tre.
Segue Durbe con lo sguardo, finché non si ferma, improvvisamente, mentre le porte alle sue spalle si richiudono.
- Perché non hai detto nulla? -
Il cuore le batte irregolarmente, poiché è la prima, vera, volta che le parla, nella loro seconda vita.
Allora ti ricordi di me.
La principessa e il cavaliere. I due imperatori bariani. Due anime che nemmeno la morte è riuscita a separare. Che il tempo ha riunito.
- Io.. io.. -
Esistono forse parole?
Si gira verso di lei e la guarda, ancora. Non riesce a sostenere quello sguardo, proprio no. - .. non l'ho fermato perché ho fiducia in lui. -
La verità è questa.

Conosceva già la risposta, Durbe. Egli, che in una vita passata l'aveva osservata molto, da lontano.

Però vuole saperlo. Vuole sapere cosa pensa riguardo la decisione di Nasch. - Sei d'accordo con lui? -

Tra tutte, questa è, in assoluto, la domanda più difficile. Gli risponderebbe, se lo sapesse, se fosse sicura della sua risposta.

Il silenzio che segue conferma ciò che Durbe pensa riguardo Merag.

Il tramonto di Barian gli ricorda molto quello del regno nel quale si era trattenuto per mesi.
Aveva avuto modo di poterlo osservare, oltre le nuvole, con il suo Pegasus. Una sera, tornato al castello, la principessa gli era venuta incontro, con tale tristezza in volto.
- Una sola volta -, aveva espresso il suo desiderio - portami a vedere il tramonto una sola volta. -
Quella richiesta l'aveva molto colpito. La sorella dell'imperatore, sempre sorridente, era stata colta da lui in un momento di debolezza.
Si era stretta al mantello bianco, sussurrando: - ti prego. -

In questo momento, Merag è più vicina alla principessa, che alla vivace Rio Kamishiro. Rio ce l'aveva fatta, aveva superato il dolore, grazie ai suoi amici e parenti.
Merag, invece, non ci è riuscita. Non potrebbe mai riuscirci. Perché è sola.
- Bene, se non hai niente da dire, possiamo andare -, si gira e si dirige verso il portone.

La sera in cui si erano parlati, lui le aveva risposto, semplicemente, inchinandosi: - tutto ciò che desiderate. -
Era in procinto di andarsene, quando una mano calda gli aveva sfiorato il braccio.
Anche adesso, con grande sorpresa di Durbe, ripete lo stesso gesto. - Non andare via. -
Si ferma, ma evita di guardarla. Duemila anni li separano dal loro passato, anni in cui si erano persi di vista, in cui i loro ricordi erano stati seppelliti nella sabbia dorata della spiaggia di Barian.

Merag ricorda solo che, dopo il mare, venne una luce rossa, un'altra arancione. Si era trovata in un palazzo enorme, ad accoglierla tre ombre.
Sto arrivando.
Non ricordava nulla, se non quella frase. Così si era incamminata verso un precipizio, ad aspettarlo. Una volta arrivata, però, aveva capito che la sua prima vita stava per volgere al termine.
- Principessaa! -
Due braccia l'avevano trattenuta. Il bariano grigio l'aveva stretta a sé come si stringe una bambola nuova.
Non ricorda altro. Solo il mare, di nuovo, e una figura che aveva proferito: - Nasch, Merag, vi riporterò in vita. -
Le voci di Ryoga, di Yuma, di Astral, di Byron, di Thomas, dei suoi genitori si contrapponevano ogni giorno alle grida dei soldati al suo servizio, morti in battaglia.
È sempre vissuta nel terrore, nella guerra. I sorrisi dei suoi amici la confortavano, le facevano capire che non era sola.
Ma un incubo, è sempre un incubo.
Quand'era stata in procinto di crollare, in sonno, le era apparsa un'ombra.
Il suo cavaliere era tornato, per portarla via dal quel posto orrendo ove si sentiva a disagio.

Ed eccola qui, in terra bariana, di nuovo.
Ha affrontato parecchie sfide, parecchi pericoli ed è stata in grado di uscirne sempre a testa alta.
Ma Durbe. Proprio non riesce ad affrontarlo. È stato il solo ad averla vista piangere e ridere sul serio.
L'unico che l'abbia amata.

Le sera successiva al suo sfogo, Merag aveva seguito Durbe fino a che non erano arrivati sulla torre più alta della fortificazione. Aveva lasciato cadere il mantello per terra, ma il cavaliere lo aveva ripreso e rimesso addosso a lei, dicendole: - fa freddo, lassù. Vi consiglio di tenerlo. -
Era montata sul morbido cavallo alato e lo aveva accarezzato delicatamente. Pegasus si era lasciato andare a quella carezza, tanto che il padrone aveva detto: - gli piacete. -
Era intento a sistemare un mucchietto di fieno, per questo si era dimostrato impreparato alla domanda della principessa: - piaccio solo a lui? -
Il mucchio gli era caduto dalle braccia e il fieno si era sparso per terra.
- Perdonami. Scherzavo - finalmente aveva sorriso.
Anch'egli era montato in sella, imbarazzato. Si era seduto dietro di lei e l'aveva circondata con entrambe le braccia, per evitare che cadesse.
- Pronta? -
- Sì. -
Si erano alzati in volo, finalmente. All'inizio, la fanciulla tremava, poi però si era calmata, grazie al contatto di lui, sulla sua mano.
L'aveva stretta forte, come se anche per lui fosse la prima volta, che volava verso il tramonto.
Con l'altra mano, aveva coperto gli occhi della principessa, e le aveva sussurrato all'orecchio: - non guardate ancora. -
I battiti del suo cuore erano aumentati, così come il rossore sul suo volto.
Quando le aveva scoperto gli occhi, il Sole era più vicino. Il colore del cielo andava dal giallo all'arancione. La linea dell'orizzonte sembrava fondersi con quella del cielo.
Era quasi commossa, nel vedere ciò che non le era stato permesso di contemplare in tutti quegli anni.
Dopo il silenzio, era arrivato il momento delle domande. - Tu, cosa pensi di me? - aveva chiesto con voce flebile.
Durbe, colto alla sprovvista, aveva fatto finta di non capire, così Merag aveva aggiunto particolari alla domanda: - credi che io sia una mocciosa viziata, come dice mio fratello? -
Le labbra del cavaliere si erano incurvate in un sorriso: - quello, è un nomignolo affettivo. Vostro fratello vi vuole bene. -
- Allora perché mi tiene rinchiusa? -
- Per evitare che uomini come me vi portino a vedere il tramonto -, aveva risposto, ridendo.
La risata era diventata contagiosa. Merag, colta l'ironia della frase, si era lasciata andare.
Si era voltata, verso di lui. Si era specchiata in quegli occhi profondi, che avevano sempre vegliato su di lei, in gran segreto.
Si era avvicinata e lo aveva baciato, pur sapendo quanto fosse sbagliato.
Il cavaliere aveva risposto al suo bacio, abbracciandola da dietro e tenendola stretta a sé.

Ma quella vita non tornerà.
Durbe lo sa bene e anche Merag.
- Devo andare. -
La bariana lo lascia andare. Si accascia per terra, nell'udire la porta chiudersi.
Riprende la sua forma umana, all'improvviso. Scoppia in un pianto liberatorio che però poi riesce a trattenere, a stento. Si alza di scatto e, correndo, spalanca le porte.
- Durbe! -, grida, correndo verso di lui.
Il bariano si gira, colto di sorpresa. Guardando la figura che sta correndo verso di lui, vede la principessa di un tempo.
Anch'egli, comincia a correre. Riprende la sua forma umana, o meglio, quella del cavaliere che tanto ha amato la sua donna.
Mi porti a vedere il tramonto...
Raggiunta Merag, la prende in braccio e poggia le labbra sulle sue, in un bacio dolce e nostalgico.
...una sola volta?


   
 
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