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Autore: MauraLCohen    12/10/2015    6 recensioni
“I love you truly” è la mia personale revisione della serie Saint Seiya dopo la battaglia contro Apollo. La storia è interamente concentrata sull'amore di Seiya e Saori e dai problemi che questo comporta.
La storia è formata da 60 capitoli (sono pazza, lo so.) e riprende alcune parti della serie classica e di Omega, altre del film ma sopratutto degli “OAV”.
ultimo avvertimento: la storia verrà corretta dopo la pubblicazione dell'ultimo capitolo.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amor profano, amor proibito '
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Capitolo XV

Ciò che lei vuole di più

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#1. Note dell'autrice:

Difficile da credere, ma Sonia ha aggiornato...
Suonate campane, suonate a festa.
Scherzi a parte, oggi le noticine sono a inizio capitolo perché devo chiarire alcune cose, onde evitare pomodori in faccia:

  1. certi nomi e determinati avvenimenti sono omessi per esigenza;
    2) Usare la terza persona per descrivere le “visioni” di Seiya sarebbe stato oltreché inutile, anche controproducente... E a me piace semplificarmi la vita... Eehe;
    3) Abbiate pietà del ritardo, so che avevo detto che non ci avrei più messo due mesi, ma tra scuola (ammmore <3) e scaramucce varie da risolvere, non mi ci sono potuta concentrare con la costanza che, questo capitolo, meritava.

    Non me ne vogliate, so di essere una brutta persona e me ne vergogno
    Ci risentiamo a fine capitolo per i pomod... Em... Salutini finali.


     

     

Intorno a me è tutto buio, il dolore inizia a scomparire e una luce calda mi attira a sé facendomi precipitare nel vuoto. I sensi mi abbandonano: le voci, gli odori e le luci spariscono lasciando spazio al nulla. Sento la voce di Isabel in lontananza, è triste, piange e chiama il mio nome... Non riesco a capire cosa stia succedendo e alla fine mi abbandono alle tenebre. 

[...]

<< Dove sono? >> mi domando ad alta voce. 

Sono sdraiato sull'erba di un prato, il sole è alto e l'aria è fresca: c'è un venticello leggero e gli uccellini cinguettano accompagnati dal rumore dell'acqua di un ruscello poco lontano da dove mi trovo io. Questo bosco sembra un paradiso ma qualcosa mi dice che non lo è. 

Mi alzo piano, con molta fatica, do una rapida occhiata in giro per capire dove mi trovo ma è tutto inutile, non ho idea di dove io possa essere. Questo luogo assomiglia vagamente al bosco di Villa Thule ma nulla di più. Sono un po' scosso, l'ultima cosa che ricordo è Tifone, Isabel poco dietro di lui, un colpo, un dolore atroce e poi più nulla. 

"Cosa mi è successo? cosa ci faccio qui e come ho fatto ad arrivarci?" 

Quante domande a cui rispondere, la mia testa sta per esplodere. I miei pensieri però si spostano subito verso Isabel: lei dov'è? come sta? non riesco a non pensarla, è più forte di me. 

"Pegasus... Pegasus, svegliati" 

Chi mi chiama? Di chi è questa voce? 

Di colpo tutto ritorna buio. Troppo buio. 
Non riesco a capire dove sono né con chi sono. 
C'è pace qui, silenzio e quiete. È come se il peso della battaglia non potesse raggiungermi.
Dove sono? 
Sto vagando nel vuoto, in silenzio, ma perché questo non mi spaventa? 
Avanzo verso una flebile luce in lontananza ma non riesco a vedere al suo interno. 
Sento solo la sua voce che mi chiama a sé, come se mi conoscesse. 
"Su, Pegasus, sbrigati... Vieni da me!" 

"Chi sei?" le domando, senza ottenere risposta. 

Continua a chiamarmi, ma non si fa vedere.
Mi avvicino e fugge. 
Perché sento in lei un cosmo conosciuto? 
"Chi sei?" ripeto. La luce che emana mi impedisce di vederla in viso. 
"Lei è in pericolo, Pegasus. Tu ti devi svegliare" 
"Lei chi?  Chi è in pericolo?" 

E in un lampo tutto mi torna alla mente. 
Hermes, il monte Olimpo, la battaglia contro Artemide e quella contro Tifone. 
Tutto è nitido nella mia mente, ogni immagine e ogni ferita. Tutto ritorna come una lama incandescente.

Lei. 
È tornata anche lei. 
Isabel. 

L'unica cosa che ricordo è la sua figura dietro Tifone. 
Perché è in pericolo? 
Io... Io, forse, non sono riuscito a salvarla? 

"Cosa le è successo?" La luce davanti a me ora si ferma. 
"Un'ombra grava su di lei, Pegasus. Un'ombra oscura... E porterà il tuo marchio!" 
"Il mio marchio? Cosa significa?" 
"Torna da lei, Pegasus!"  

[...]

Erano passati tre mesi dalla battaglia contro Zeus e le condizioni di Pegasus erano critiche: i medici parlavano di un coma, ma tutti sapevano bene che il Cavallo Alato era sospeso per volere divino tra la vita e la morte , così come già lo era stato ai tempi di Hades. Quel sonno profondo nel quale il giovane era caduto, non era un semplice coma, ma bensì, un limbo parallelo nel quale l'anima del Saint era andata a riposare in assenza dei cinque sensi del suo corpo umano.

Lady Isabel anche quel giorno era lì, vicino a quel letto dove il suo amato giaceva in fin di vita . Lo guardava e l'unica cosa che traspariva dal suo sguardo era la tristezza, mista all'amarezza dell'essere responsabile; più tempo passava vicino a quel capezzale, più si sentiva colpevole di aver spinto lei, Pegasus, verso morte certa. Aveva perso il conto dei giorni trascorsi in quella stanza dell'infermeria della Grande Fondazione. Ormai i medici dicevano che era solo questione di tempo prima che la vita lasciasse il corpo del ragazzo e lei questo non poteva sopportarlo; le aveva provate tutte: aveva fatto venire i migliori medici da tutta la Grecia e l'ultimo gesto disperato fu ricorrere alla sua metà divina, ma anche quella fallì.

Io ci ho provato, te lo giuro... ci ho provato con tutte le mie forze ma tu sei così cocciuto che hai preferito ridurti in fin di vita piuttosto che abbandonare il campo di battaglia... piuttosto che abbandonare me.” Gli occhi le si riempirono di lacrime, calde e amare, che veloci solcavano il suo viso, mentre stringeva forte la mano di Pegasus... Era come se, anche in quelle condizioni, potesse aiutarla a non crollare. “ Sei troppo testardo per piegarti alla volontà divina” lady Isabel non si arrendeva, conosceva il suo cavaliere meglio di chiunque altro e sapeva che sarebbe tornato da lei, come faceva sempre... come le aveva promesso. “Tornerò, tonerò sempre da te... tu fidati di me e cercami dove sarai sempre certa di trovarmi. Isabel, la mia vita appartiene a te, a te soltanto... nessuno ci separerà.” glielo aveva promesso tante volte. Ogni volta che lei aveva paura, lui l'abbracciava forte, senza preoccuparsi del fatto che avrebbe potuto farle male; l'avvicinava piano a sé, con quel suo solito sorriso beffardo, e le dava sicurezza. Più di quanto potesse immaginare.

Un rumore fece sobbalzare la fanciulla: qualcuno stava bussando alla porta. Per un attimo, ella, pensò di non aprire, ma alla fine la porta si aprì lo stesso lasciando intravedere un Phoenix assonnato (molto probabilmente era rimasto lì tutta la notte) che, col suo fare spavaldo, si appoggiò con la schiena e una gamba allo stipite della porta rivolgendo alla fanciulla il suo sorriso migliore. Al cavaliere non sfuggì l'espressione sconvolta della sua dea; se non fosse stato certo che fosse lei, non l'avrebbe riconosciuta. Era davvero distrutta, gli occhi gonfi e leggermente arrossati, messi in evidenza dalle occhiaie.
Phoenix tirò un sospiro, richiudendo la porta alle sue spalle.

<< Milady... >> mormorò, accennando un saluto.

Era davvero straziante vederla così, al di là del fatto che la Fenice, al suo lato umano, aveva sempre preferito quello divino, non riusciva proprio a vederla in quelle condizioni.

<< Phoenix >> rispose lei, sollevando lievemente il capo dal capezzale del suo amato. << Dovresti andare a casa a riposare... Non ti fa bene stare qui tutto il giorno! >> Lady Isabel sospirò, rimettendosi in piedi per sistemare il cuscino a Pegasus che pareva dormire un sonno talmente profondo da stampargli sul volto quell'espressione da bambino che tanto amava.

<< Non credo che lei sia nelle condizioni migliori per dare questo consiglio... >> osservò Phoenix, alludendo alle sue condizioni fisiche. Era quasi scontato risponderle così, e questo il Saint lo lesse nei suoi occhi... Forse anche lei era stanca... Stanca davvero, di tutto.
In un attimo gli apparve davanti il ricordo di Esmeralda – la sua Esmeralda – che lo medicava dopo l'allenamento. Era straziante... Perché quello sguardo lui lo conosceva: lo aveva visto puntato su di lui e lo aveva anche provato, quando la sua amata morì.
Ne avevano versate tante di lacrime, entrambi. E lo avevano fatto in silenzio, per amore dell'altro... E Phoenix, quello stesso dolore, lo aveva rivisto negli occhi spenti della sua dea che, silenziosamente, piangeva (già) rassegnata il suo amato Pegasus.

<< Ce la farà >> affermò, stringendo i pugni. << Come sempre! Pegasus ce la farà e lo sai anche tu >> Era una luce – un lampo – quello che fuoriuscì dagli occhi del giovane per posarsi in quelli di lady Isabel, che a stento riuscì a trattenere i singhiozzi.

<< Non è così semplice stavolta, Phoenix... Pegasus non è semplicemente in coma, ma bloccato in mezzo tra la vita e la morte: il suo cosmo è bruciato del tutto e l'armatura che indossava gli ha portato via i cinque sensi; è come se fosse un corpo vuoto... >>

Phoenix non smetteva di guardarla, era davvero incredibile la complessità di quella ragazza: da donna fredda e spietata era passata a ragazza sensibile e fragile. Il cavaliere scosse leggermente la testa perché ben presto venne riempita da domande fastidiose alle quali non avrebbe mai voluto dar voce.
E se avesse ragione? Se fosse davvero giunta la fine di Pegasus?”... la Fenice non voleva crederci, non poteva crederci. Il suo amico sarebbe tornato, non avrebbe lasciato la sua amata Isabel da sola... quante volte lo aveva visto imprecare, soffrire, combattere per poi gioire ogni volta che quella fanciulla gli si avvicinava? Sì, ne era certo: tonerà anche questa volta e tornerà per lei... come sempre del resto!

<< Isabel... fidati di lui. >> Ed era una flebile preghiera quella... Una speranza alla quale aggrapparsi. Anche se entrambi non riuscivano a crederci come in realtà avrebbero voluto fare.

Era buia quella stanza, troppo buia. E sicuramente non perché il sole non vi battesse... Anzi, l'infermeria che lady Isabel aveva fatto costruire dalla fondazione tempo addietro, risultava davvero luminosa e lo aveva scelto apposta quel luogo: voleva che il sole entrasse in quelle mura che, troppo spesso, erano dimora di pianti silenti e dolori mai pronuncianti. Come se bisognasse tenerli dentro, nascosti, per paura di riviverli. Ma da quando Pegasus si trovava in quella camera, quelle stanze parevano essersi trasformate in una prigione: erano tutti troppo nervosi, tanto da aver provocato numerose liti tra la Fenice e il Cigno che più di una volta avevano dato in escandescenza per motivi fin troppo futili – così come diceva Andromeda.
Avere il proprio compagno in bilico tra la vita e la morte aveva scosso tutti... I sensi di colpa si erano risvegliati non solo nella reincarnazione della dea Athena, ma anche nei suoi protettori; tutti loro credevano di non aver fatto – e di non aver dato – abbastanza. Ma lady Isabel sapeva che ciascuno di loro aveva lottato con tutto se stesso per proteggere la Terra e non poteva rimproverarli in nulla: le erano rimasti fedeli fino all'ultimo. Se c'era un colpevole di ciò che era capitato a Pegasus, questo era solo lei, si ripeteva.
Così, avvolgendo le mani intorno alla ringhiera del letto, cercò di tenere un tono di voce saldo per poter rispondere al suo cavaliere che, in silenzio, la scrutava.

<< Non sai quanto vorrei credere alle tue parole... davvero, non lo puoi immaginare. >>

Ma Phoenix lo immaginava eccome; sapeva bene (benissimo) come si sentiva; cosa, in quel momento, le stava dicendo il cuore. Erano entrambi la causa del proprio male, chi in un modo chi nell'altro. La Fenice aveva perso la Esmeralda per colpa del Cloth che indossava, mentre la fanciulla che aveva davanti stava per perdere colui che amava a causa del suo lato divino. E Phoenix sapeva che quel senso di colpa che ora la teneva imprigionata, non se ne sarebbe più andato. Forse col tempo si sarebbe affievolito, oppure lady Isabel avrebbe imparato a conviverci e a incassare i colpi che questi le infliggeva, ma mai avrebbe potuto pensare che il magone allo stomaco sarebbe passato del tutto. Mai.

Nessuno disse più niente e il rumore della maniglia fece girare di scatto i due che vennero interrotti da Andromeda, anche lui in pessime condizioni.

<< Scusate... >> sussurrò, imbucandosi in uno spazio davvero minuscolo che aveva creato aprendo la porta. << Milady, Saga vorrebbe vederla... >>

Silenziosamente, lady Isabel posò l'ultima volta gli occhi sul corpo di Pegasus, e un po' per fuggire dalla situazione che si stava andando a creare con Phoenix o forse perché spinta dal senso del dovere, la dea, congedandosi, si avviò al di fuori dell'infermeria.

[...]

Ormai da svariati minuti Saga faceva avanti e indietro per tutta la Tredicesima Casa.
La caduta dei Gold Saints aveva davvero scosso tutti, lui in primis.
Kanon lo aveva avvisato, aveva detto lui che qualcosa di brutto era in serbo per il Santuario da parte degli dèi, ma la sua diffidenza lo aveva fatto indietreggiare, pensando che fosse l'ennesimo inganno del fratello.
E ora era pentito. Davvero.
Non aveva più parlato con Kanon da quando era tornato, si erano visti di sfuggita su ordine di lady Isabel, ma poi avevano fatto in modo di evitarsi categoricamente.
Era estenuante, come situazione... Ma Saga non poteva non sentirsi in colpa: aveva sempre etichettato Kanon come un traditore, ed egli aveva fatto lo stesso col Gran Sacerdote.
Se non si erano ancora scannati, era solo merito di Athena, che riusciva a far mantenere loro il controllo. Già... Era così, si disse Saga, rilasciandosi cadere sul trono.

<< Saga... >> La voce di lady Isabel, appena giunta alla Tredicesima, gli fece alzare lo sguardo di quel tanto che bastava per ammirarla: visibilmente stanca e sfatta, ma comunque bellissima.
<< Milady, sa che dovrebbe riposare? >> le fece notare lui, alzandosi dal suo giaciglio, per avvicinarsi a lei. << Non le fa bene stare così... >>
<< Saga, ti prego... >> obbiettò lei, visibilmente scossa. << Mi hai fatto chiamare per farmi la predica da baby-sitter, oppure c'è davvero un'emergenza? >>
Il Gran Pope storse il naso, per quanto tenesse a quella ragazza, a volte sapeva essere snervante col suo tono autoritario: glielo aveva sempre rimproverato!
<< Bene... >> le disse, << vengo subito al dunque. Immagino di non essere il solo in pensiero per il Santuario: siamo privi di protezione; con le Dodici Case scoperte, a chiunque è permesso attraversare questo luogo sacro per giungere fino a qui... >>
<< Lo so >> asserì Athena. << Non ti posso negare, Saga, che anche io sono preoccupata per questa situazione. Credo che sia il momento di procedere con le investiture, così come avevamo deciso... >>
<< Non so... Credo che alcuni dei ragazzi non siano pronti... >> Dopo il ritorno dei Bronze insieme alla dea, quest'ultima e Saga si trovarono davanti alla dura scelta della sostituzione dei Gold caduti in battaglia per mano di Zeus. Non ebbero molta scelta, i Cloth d'Oro venivano assegnati in base al segno d'appartenenza, ma alcuni Saint, secondo il Gran Sacerdote, non erano effettivamente pronti (né abbastanza forti) per poter affrontare un ruolo così delicato.
<< Ne abbiamo già parlato... >> lo interruppe lady Isabel. << Ho fiducia in tutti loro: ce la faranno. E comunque, ora che si prospetta un periodo di pace, credo che sia necessario intensificare gli allenamenti non solo delle nuove reclute, ma anche dei futuri Gold; e voglio che siano i Cavalieri rimasti – dunque: Ioria, Death Mask, Aldebaran e Kanon – a gestirli. >>
<< Un anno di allenamento con i Cavalieri D'Oro e se questi li riterranno all'altezza procederemo con l'investitura. E a quel punto dovremmo preoccuparci delle reclute per i Bronze Cloth >> acconsentì Saga.
Lady Isabel annuì, lasciando cadere lo sguardo sulle sue mani congiunti all'altezza del ventre.
La perdita dei Gold Saint era stata un brutto colpo per lei e ancora non lo aveva metabolizzato del tutto; le commemorazioni erano ormai avvenute da diversi mesi, su sua precisa richiesta al di fuori di ogni Casa venne fatta costruire una statua col rispettivo Gold, così che il rito funebre potesse essere svolto senza il bisogno di un tumulo dove al di sotto non vi era nulla*. Saga, alla decisione di Athena, fu del tutto renitente ma nulla poté far cambiare idea alla dea; nell'antica Grecia si credeva che l'anima di chi non riceveva il rito funebre vagasse senza meta e perseguitasse coloro che non avevano rispettato l'obbligo dei funerali, e per quanto lady Isabel non credesse a quelle dicerie, non avrebbe mai permesso che il rango più alto dei suoi fidati guerrieri non ricevesse le commemorazioni funebri.

<< Ogni cosa a suo tempo, Saga. Ora occupiamoci di restituire la debita protezione al Grande Tempio, poi ci preoccuperemo delle nuove reclute >>
<< Sì, milady... >> annuì il Gran Pope. << Ma vorrei prendere parte anch'io all'addestramento dei nuovi Gold Saint, per visionarli sul campo! >>
<< Ma, Saga... >> obbiettò lady Isabel.
<< Non si deve preoccupare, io e Kanon non siamo dei bambini, sappiamo mettere da parte le nostre divergenze >> la rassicurò Saga, impedendole di andare oltre.
Lady Isabel si fidava ciecamente del suo gran sacerdote ma sapeva bene quanto i sentimenti umani sapessero essere corrosivi nell'animo e non voleva che nessuno dei suoi Cavalieri fosse costretto a portarsi dentro un peso come quello che legava i due gemelli. Così si avvicinò al gran pope, avvolgendogli le mani con le sue. << Io ho fiducia in te, Saga... So che il tuo animo è puro, ormai. Ma il senso di colpa e la vendetta non spariscono dal nostro cuore, dobbiamo essere certi di poterli domare entrambi per poter convivere con chi non ha più la nostra fiducia... >> la Dea si dovette bloccare un attimo, osservando perplessa lo sguardo fugace dell'uomo che aveva davanti, combattuto tra il bene e il male. << So che farai la cosa giusta... >> gli disse e Saga non poté fare a meno di sorridere di rimando.

[…]

L'ho finalmente raggiunta, la sento vicino a me.
Quella luce che prima mi sfuggiva, ora è intrappola.
Voglio delle risposte” le dico, afferrandole un braccio, ma lei non sembra scomporsi. Con la testa girata dall'altra parte, così che io non possa vederla in faccia, ella cerca di divincolarsi dalla mia stretta. “Chi minaccia Isabel?” il tono della mia voce si fa più saldo, rabbia è quella che sento, ma non posso andare oltre alle urla. Faccio pressione affinché si volti verso di me e la luce che l'avvolge comincia ad espandersi, travolgendomi; una ragazza senza volto, questo vedo.
Pegasus... Ciò che vi minaccia equivale a ciò che colei che ami desidera di più... Qualcosa che mi appartiene e che mi è stato portato via a causa vostra!” Sentendo quelle parole, erroneamente lascio andare il suo braccio, indietreggiando più che posso.
Di cosa parla costei? Di quale sporco reato ci accusa?
Tu, Cavaliere, devi tornare da lei, così che io possa fare la mia comparsa a tempo debito...”
Mai!” un solo balzo in aria, il mio cosmo comincia ad ardere. “Ti sconfiggerò qui... FULMIN...”
Placa la tua collere, Pegasus.” Con una sola mano levata al cielo, riesce a paralizzarmi come un uccellino in gabbia. Il cosmo di questa donna è immensamente smisurato, tanto da eguagliare una divinità. “Tu dimenticherai tutto ciò che ti ho appena detto, tornerai dalla tua amata, lascerai che tutto avvenga così come deve... E io avrò la mia vendetta verso tutti voi!”
Mi sento attratto dalla sua forza, mi richiama a sé, finché non sono a pochi centimetri da lei, impotente e immobile, come imprigionato.
Non crucciarti, Cavaliere... La vostra disfatta non sarà dolorosa, quando riavrò ciò che è mio, perirete senza alcun dolore superfluo!” Con un dito si avvicina alla mia fronte, la sua pelle è fredda e liscia, il suo sorriso di sfida tagliente. In pochi istanti mi vedo travolto da centri concentrici dorati, veloci, che mi portano nell'oscurità più totale.
Non sento né vedo niente.
La testa si svuota e il mio corpo comincia a fluttuare, non ricordo più niente.
C'è solo il vuoto qui, fisico e mentale della solitudine.

[…]

<< Efesto! >> la voce di Era tuonò in tutto il tempio, costringendo il dio ad abbandonare la statuetta che, con cura, stava ricavando dal legno del Pinus Cembra. Era difficile procurarsi quel materiale, ritenuto il più pregiato per l'intaglio del legno, tant'è che Efesto era costretto a dover mandare uno dei suoi servitori alla ricerca dell'albero.
<< Efesto! >> Eccola di nuovo, quella voce che tanto odiava. Il dio non sapeva neanche cosa lo spingesse ad aiutare sua madre, la donna che fin dalla sua nascita non aveva fatto altro che disprezzarlo; per quanto gli costasse ammetterlo, quando Era ebbe bisogno del figlio, egli non riuscì a tirarsi indietro perché, in fondo, qualcosa ancora lo legava a lei... Ed Efesto non riusciva a spiegarselo. Così, senza dir nulla, la osservò entrare all'interno della stanza, sul suo viso un sorriso deciso. << Lascia stare quei pezzi di legno e alzati, devo mostrarti una cosa... >> gli disse, continuando a sorridergli compiaciuta. Efesto spostò lo sguardo sulle sue statuette: non c'era niente che amasse più di quei pezzi di legno – così come li aveva definiti Era; grazie ad essi aveva ritrovato la bellezza e aveva imparato a farla sua, riproducendo la perfezione in ogni sua figura. “In questo modo puoi avere la bellezza che ti è stata negata” si ripeteva, continuando a covare in sé odio per quel fato ingiusto che lo aveva costretto ad essere ripudiato dalla sua stessa madre a causa della sua bruttezza.
<< Madre... >> sospirò, portando il suo sguardo sulla dea. << Cosa volete farmi vedere? >>
Eccola di nuovo, la risata folle di Era. Quella che aveva solo quando sapeva di aver già vinto...
<< Porta pazienza e seguimi, Efesto. Dobbiamo andare al Tempio di Mars... >> spiegò la donna, soddisfatta e felice, con un sorriso assai preoccupante, mentre si dirigeva verso l'uscita.
Il Tempio del dio Mars...” si interrogò Efesto. “Cosa mai può esserci al suo interno?”
Il dio aveva notato che da un po' di tempo la madre passava molto tempo nella casa del dio della guerra, sparito anche lui a causa della dipartita di Tifone. Così, spinto dalla curiosità, Efesto seguì Era fino all'Ottavo Tempio... << Fai memoria, mio caro... >> disse la dea. << Tempo fa ti dissi che avevo l'arma per sconfiggere Athena... >>
Efesto annuì.
<< Allora vieni... Sotto la statua di Mars troveremo ciò che stiamo cercando! >> In silenzio, entrambi entrarono all'interno, raggiungendo la struttura che rappresentava il dio. Efesto provò a parlare ma Era lo zittì con un gesto della mano, mentre con l'altra premeva sulla cintura raffigurata nella statua di Mars.
<< Madre, che fate? >> chiese dunque il dio, ancora ignaro delle intenzioni di Era.
<< Dovresti sapere, Efesto, che ogni Tempio ha un sotterraneo e che ogni divinità ha dato a questi una protezione diversa... >>
Un lampo di disprezzo attraversò gli occhi di Efesto, che ora erano posati sulla dea. << Lo saprei, made... Se tu non mi avessi buttato tra gli uomini! >>
Indifferenza.
L'unica cosa che fuoriusciva dallo sguardo della dea.
Era fredda, spietata, all'apparenza del tutto priva di sentimenti... Ma Efesto sapeva che non era così: tutto ciò che stava facendo, Era lo faceva per amore di Zeus e per l'odio verso Athena che ormai l'accecava.
<< Hai già avuto la tua vendetta col trono, ancora non ti basta? >>
Il dio la fulminò con lo sguardo: ribattere sarebbe stato inutile, Era non avrebbe mai compreso il tormento di Efesto e rivangare il passato non avrebbe fatto altro che aggiungere sale a una ferita.

Nel frattempo, la statua di Mars si era spostata di qualche centimetro, lasciando così vedere una lunga scalinata che dava ad un andito sotterraneo.
Era rise esaltata mentre lasciava che il figlio la precedesse.
L'andito era buio ed entrambi fecero fatica a muoversi al suo interno, ma alla fine giunsero alla porta che la moglie di Zues aspettava con ansia di trovare.
<< Lo senti? >> chiese eccitata.
<< Il cosmo di Mars... >> rispose Efesto, disgustato.
Era sorrise. << Non esattamente... >> E dando un colpo alla porta, questa si aprì, lasciando intravvedere una culla dalla quale proveniva il pianto di un bambino.

<< Non dirmi che questo è... >> domandò Efesto, sgranando gli occhi sul fagottino nella culla.
Un bimbo dai capelli color granata, gli occhi nocciola e un pianto assordante...
<< La madre non è Aphrodite >> spiegò Era, prendendo il piccolo in braccio per calmarlo.
<< Ah no? >>
Era rise di nuovo. << Fai mente locale, mio caro... Ti ricordi l'ancella della tua amata che è corsa ai piedi di Zeus pochi mesi fa? >>
Efesto annuì.
<< Beh, diciamo che tra di noi c'era un accordo e che lei non lo ha rispettato. Questo bambino è figlio suo e di Mars, concepito all'insaputa di Aphrodite poco dopo la sua morte. >>
<< Quel bastardo... >> ringhiò Efesto, scaraventando la culla sul pavimento. << Non ho rinunciato a lei perché lui la tradisse! >> Colto dall'ira, il dio continuò a colpire ripetutamente l'oggetto in ferro che finì contro una parete illuminata dal candelabro presente nella stanza, sotto le urla del bambino, stretto al seno di Era. << Vedi di darti una calmata... >> lo ammonì lei. << Tu non hai rinunciato ad Aphrodite. Tu, lei, non l'avresti neanche mai avuta se non fosse stato per il trono nel quale mi hai imprigionata... Non scordartelo >>
Ancor più irritato da quanto ricordatogli dalla madre, Efesto uscì dalla stanza, lasciando che la porta si richiudesse violentemente alle sue spalle.

Come osava Era rivolgesi a lui in quel modo, si diceva. Non era più un bambino né era il ricettacolo dei suoi folli piani. Aveva imparato a sue spese quanto l'imperfezione divina costasse sull'Olimpo.
Forse per questo egli, in sposa, volle solo Aphrodite...
La dea della bellezza incarnava ciò a cui lui ambiva... E ciò che non avrebbe mai avuto.

<< Dannazione >> ringhiò, sferrando un pugno alla prima colonna che gli capitò a tiro. << Me la pagherà cara... Molto cara! >> Efesto si voltò indietro ad osservare il tempio; il cielo dell'Olimpo si stava via via oscurando, rendendo quel luogo ancor più cupo di quanto già non fosse.
<< Troverò il modo di vendicarmi... >> continuò il dio. << Sarò io a trionfare... >> Un sorriso comparve sul suo viso e, armatosi del tuo bastone, Efesto riprese a salire le scale fino al Tredicesimo Tempio...
Sapeva già cosa fare.

[…]

L'avevano chiamata di colpo e quasi si sentì morire quando la voce di Andromeda le annunciò il risveglio di Pegasus. Non aveva voluto aspettare oltre, Lady Isabel, nonostante le premure di Saga sul fatto che si sarebbe dovuta riposare.
La reincarnazione di Athena lasciò quasi immediatamente la Tredicesima Casa per raggiungere la struttura ospedaliera situata all'apice del Santuario, seguita dal piccolo Kiki e da Sirio.
Quando i tre arrivarono, due infermiere li trattennero al di fuori, nonostante le pressioni di Lady Isabel.
<< Stanno facendo degli accertamenti, milady >> le avevano detto, e in cuor suo sapeva che non doveva controbattere, ma era più forte di lei. << Voglio entrare per parlare con i medici >> ripeteva, ma alla fine fu lo stesso Sirio a convincerla ad aspettare.
Passò all'incirca un'ora e anche Castalia e Ioria furono informati del risveglio del loro amico e si precipitarono subito nella struttura.
<< Lo avete già visto? >> chiese la sacerdotessa, sedendosi vicino alla sua dea, dalla quale ricevette subito risposta. << No, non ci hanno ancora fatti entrare... Stanno finendo di fargli tutti gli accertamenti! >>
Ioria sospirò. << Io lo sapevo... Ne ero sicuro... >> disse esaltato.
Lady Isabel e Castalia si scambiarono un lieve sorriso, prima che quest'ultima si piegasse leggermente su se stessa a causa di una fitta.
<< Tutto bene? >> chiesero in coro i presenti.
<< Credo che abbia scalciato... >> Castalia sorrise. << E promette bene >>
Dopo quell'ultima affermazione, la sala si riempì delle risate di tutti, mentre dalla stanza di Pegasus usciva la prima infermiera.
<< Allora? >> chiese lady Isabel, avvicinandosi a lei.
La donna deglutì a fatica, non era facile sostenere lo sguardo della giovane ereditiera che quel giorno era più penetrante del solito.
<< Il medico dice che è un miracolo. Fino a pochi giorni fa il ragazzo non rispondeva a nessuno stimolo né verbale né doloroso >>
Lady Isable continuò ad interrogare con lo sguardo la giovane donna dai capelli biondi. << E ora? >> chiese, preoccupata.
L'infermiera sospirò, facendo avvicinare la ragazza alla porta. << Ora è cosciente, ma vogliamo assicurarci che la sua uscita dal coma non gli abbia causato difficoltà motorie o intellettive... >>
<< Capisco >> rispose lady Isabel, continuando ad osservare dal vetrino della porta i medici muoversi per la stanza. << Posso entrare? >> ridomandò, ricevendo in risposta un nuovo “no”.
Chiamata dal medico, l'infermiera si congedò, rientrando all'interno della stanza del paziente, lasciando la reincarnazione di Athena ancor più in pena.

Tutti i presenti continuavano a fare avanti e indietro in quel corridoio mentre aspettavano notizie dai medici.
Erano sì, tutti felici per il risveglio del loro amico, ma erano anche in ansia per paura che tutto potesse finire da un momento all'altro, rivelandosi solo un sogno crudele.
Per smorzare la tensione, Phoenix e Andromeda andarono a far scorta di caffè e dolcetti del distributore per tutti, mentre Ioria vegliava su una Castalia ormai in dormiveglia.
<< Milady, va tutto bene? >> domandò il Gold, osservando la sua dea perdersi tra i suoi pensieri.
Erano davvero già trascorsi tre mesi dalla fine della battaglia contro Zues, tre mesi di agonia, preghiere e speranze. Per una volta, lady Isabel, fu in grado di mettere da parte Athena, di dire “no” al suo ruolo e di mettere i suoi sentimenti al primo posto. Era Pegasus quello in convalescenza su quel letto, era Pegasus che ogni giorno combatteva tra la vita e la morte... E lo faceva a causa sua, perché lei non era stata in grado di sovrastare un suo simile. Non ne era capace. Lei che la guerra la conosceva solo a causa di Athena.
Non era così che si immaginava quando era piccola, non era così che si voleva vedere...
Erano trascorsi tanti, tantissimi anni da quanto non era nient'altro che la nipote di Alman di Thule.
A lady Isabel sembrava un'eternità... Quanto era rimasto di quella bambina capricciosa? Forse niente... O forse più di quanto lei stessa credesse. In fondo, per come la vedeva lei, quelle guerre non erano nient'altro che un capriccio divino, come se per le divinità far uccidere tra loro gli uomini fosse un gioco. E anche Athena ne era responsabile. Lei che il genere umano lo voleva difendere, avrebbe dovuto scendere in battaglia per prima, senza vincolare dei ragazzi al campo di battaglia. Sospirò, lady Isabel, realizzando che, l'egoismo, l'uomo l'aveva appreso dagli dèi... Che non erano poi così perfetti come essi stessi sostenevano.

Quando lady Isabel si accorse degli occhi perplessi di Ioria che la scrutavano attentamente, realizzò che forse si era persa per troppo tempo tra i suoi pensieri mentre, finalmente, dalla stanza del Saint uscì anche l'ultima infermiera per annunciare che poteva entrare.

Finalmente, si disse, varcando la soglia e richiudendo la porta alle sue spalle, non riuscendo neanche a girarsi senza che le lacrime le solcassero il viso.
Le teneva dentro di sé da tre lunghi mesi, lasciando visibile agli altri solo il freddo del suo sguardo.
Era stanca, stanca davvero di doversi tenere sempre tutto dentro quando non c'era Pegasus con lei, si ripeteva che era giunta l'ora di crescere e di imparare a camminare con le proprie gambe ma... Poi lo vide lì a fissarla, quasi divertito per il suo aspetto, ma sereno... Come se non fosse successo nulla, come se non gli fosse capitato tutto quello che, invece, gli è capitato.
Lady Isabel davvero non riusciva a capire dove Pegasus trovasse la forza di reagire ad ogni situazione, non importava quanto questa fosse stata distruttiva, lui ci riusciva sempre.

Ed ora era lì, seduto sul letto e fasciato da capo a piedi, ma col suo solito ed instancabile sorriso.

[…]

<< Che cosa? Castalia è incinta? >> domandò Pegasus, sgranando gli occhi.
Lady Isabel annuì. << Lo ha scoperto poco dopo la nostra partenza per il Monte Olimpo... E dall'ultima visita che ha fatto, i bambini sembrano essere due: un maschietto e una femminuccia. Alexis e Aria. >>
<< Alexis e Aria? >> fece da eco il Saint.
<< Salvezza e Purezza, sono questi i loro significati... Li ha scelti Ioria per ricordare Micene. Una sorta di tributo al Gold Saint del Sagittario... >> Lady Isabel sorrise, incrociando lo sguardo complice di Pegasus; entrambi erano ben consci di quanto fosse complicato per la ragazza parlare della Notte degli Inganni, per la quale ancora faceva fatica a guardare negli occhi Ioria. In fondo, che diritto aveva di farlo? Il Leone aveva perso suo fratello a causa della sua nascita e del ruolo che rivestiva, non averebbe mai potuto chiedergli scusa davvero per ciò che gli aveva fatto. E questo Pegasus glielo aveva sempre letto negli occhi, per questo rispose al suo sorriso, prendendole le mani. << La purezza d'animo di Micene ha permesso più e più volte la salvezza della Terra. Questo Ioria lo sa, lo ha capito col tempo... >> le disse, avvicinandola a sé. << E' un eroe e tutti lo ricordiamo come tale. Salvando te, ha salvato la Terra. Micene era fedele al suo ruolo e lo ha dimostrato fino all'ultimo, non ti devi colpevolizzare di questo! >>
Lady Isabel chinò mestamente il capo: non voleva scaricare su Pegasus il peso del suo tormento, nonostante questi facesse di tutto per aiutarla. La ragazza aveva deciso di sopprimere dentro se stessa quel pesante fardello, aspettando di trovare il coraggio di chiedere scusa. Ma ora non era abbastanza forte.
<< C'è un altra cosa... >> sussurrò, suscitando la curiosità del Cavallo Alato che chiedeva impaziente cosa fosse.
<< Credo che te ne debba parlare Castalia, io ti ho detto già troppo >> rise lady Isabel, alzandosi in piedi e posandogli un amorevole bacio sulla fronte prima di uscire dalla stanza, lasciando spazio a Castalia che entrò sorridendo.
<< Allora... >> disse. << Ti sei svegliato?! >>
Pegasus sogghignò. << Tu che dici? >> Il cavallo alato era davvero contento di rivedere la sua insegnante, negli ultimi tempi non avevano avuto molto tempo per stare insieme e questo dispiacque a entrambi.
Pegasus era molto contento di aver ritrovato la sorella, ma in cuor suo un po' si dispiaceva di non poter più vedere come tale la donna che lo ha cresciuto, istruito e addestrato, insegnandogli tutto ciò che sapeva.
Castalia più volte gli aveva ripetuto che anche se tra loro non vi era un legame di sangue, per lei, lui sarebbe sempre stato quel piccolo tornado che metteva tutto se stesso nei suoi allenamento; sarebbe sempre stato molto più di un semplice allievo, e questo lo sapeva anche lui.

Quando Castalia si sedette nella sedia, Pegasus non poté fare a meno di sorridere, vedendola tenersi il pancione con tanta premura.
<< Allora, come stai? >> gli chiese la donna, avvicinandosi a lui.
<< Come se non avessi dormito per tre lunghi mesi... >>
<< Sei stato un imprudente! >> Il tono di Castalia si fece di colpo più serio. << Non avresti dovuto spingerti così oltre... Hai rischiato grosso! >>
Pegasus prese a fissarla intensamente, sapeva anche lui di esser vivo per miracolo ma non poteva pentirsi del suo gesto; scosse il capo, riacquistando anche lui un tono serio. << Ho fatto quello che era necessario! >> disse, prendendo le mani di Castalia tra le sue. << Non avrei potuto – né voluto – fare altrimenti, Castalia. Se Isabel fosse m... >
<< Lo so, Pegasus! >> lo interruppe lei, vedendolo incupirsi sempre più. << Non sono qui per farti la predica, mi hai solo fatta preoccupare... Parecchio >>
Il Cavallo Alato alzò lo sguardo per osservarla negli occhi, cosa assai difficile visto che da buona sacerdotessa qual era Castalia, non si privava della sua maschera neanche in quei momenti.
Non le importava se Athena aveva abolito quella legge crudele, quella maschera, per le donne, era un simbolo e nessuna di loro voleva rinunciarci; nessuna di loro voleva dimenticare l'enorme sacrificio che avevano dovuto fare per essere ora ciò che erano.
<< Allora... >> sorrise di nuovo Pegasus. << Isabel mi ha parlato di un'altra cosa, oltre ai due piccoli Alexis e Aria... Posso sapere cosa? >>

Castalia sospirò, stringendo più forte le mani del ragazzo.
Aveva pensato molte volte al modo in cui chiedergli quella cosa, ma tutte le volte la paura di non poter più parlargli le chiudeva lo stomaco.
Tornerà” si ripeteva, ma intanto non proseguiva col suo discorso. Più volte anche con Ioria si era trovata a parlare di questo, ma il Gold sapeva che la sua amata avrebbe trovato le parole giuste per chiedere a Pegasus di diventare il padrino dei due bimbi.

Ed ora doveva farcela, perché Pegasus stava bene, si era svegliato e la paura era passata. Poteva chiederglielo a cuor leggero.

<< Avanti Castalia... >> la incitò il Saint. << Così mi fai preoccupare... E' successo qualcosa a Ioria? >>
Pegasus era visibilmente preoccupato, aver perso tre mesi di vita dei suoi amici, ora lo stava sconvolgendo. Non sapeva cosa fosse successo a chi, non riusciva a capire o ricollegare nulla... L'ultima cosa che ricordava era Tifone che andava in pezzi, nulla di più.

E ora Castalia sembrava così tesa, senza dargli alcuna risposta... Pegasus non sapeva più cosa pensare.

<< Stai tranquillo, Pegasus: non è nulla del genere >> lo tranquillizzò la donna. << Io... Devo solo chiederti una cosa che riguarda i bambini... >>

Il Saint tirò un sospiro di sollievo udendo quelle parole e senza pensarci due volte si mise seduto sul letto, avvicinandosi più che poteva a Castalia. << Sono qui... >> le disse. << Dimmi tutto >>
Castalia rise, vedendo la luce negli occhi del ragazzo: era come se tre mesi di coma non lo avessero turbato neanche un po'... Ed era bello vederlo così forte.
<< Io... >> cominciò, venendo però subito interrotta.
<< Prima voglio che tu ti tolga la maschera... >> le disse Pegasus. << So che ci tieni a quel pezzo di ferro ma... Non ci sono Saint di Athena ora, siamo solo noi e se dobbiamo parlare dei miei futuri nipotini, voglio vedere il tuo volto... >>
Un lieve sorriso comparve tra i lineamenti di Castalia, mentre portava entrambe la mani sulla maschera per levarla. << Hai ragione >> disse << ora siamo solo noi... E io devo chiederti una cosa molto importante. Tu sai quanto sia io che Ioria teniamo a te, e sai anche che entrambi riponiamo la massima fiducia nell'uomo che stai diventando. >>

Pegasus sorrise sentendo quelle parole, pur non riuscendo ad abbassare lo sguardo dagli occhi azzurri dell'Aquila. Il cavallo alato aveva immaginato per anni quali potessero essere i lineamenti di quel viso, il colore dei suoi occhi, la forma delle sue labbra, ma nessuna delle sue fantasie poteva eguagliare la delicatezza e la bellezza così pura di quell'espressione commossa.

<< Vedi Pegasus... >> riprese Castalia, ridestandolo dal suo pensare. << Io e Ioria vorremmo che tu e Tisifone faceste da padrini ad Alexis e Aria. >>

Il Cavallo Alato sentì il cuore balzargli fuori dal petto. In quel momento, a caldo, non riuscì a dire niente; abbracciò forte Castalia, lasciando che calde lacrime di commozione solcassero i visi di entrambi.

<< Ne sarei felice >> sussurrò Pegasus, ritornando a guardarla negli occhi.

[…]

Efesto si era procurato metà tronco di una Quercia; erano ormai ore che ci lavora sopra e cosa ne avrebbe ricavato lo sapeva solo lui.

Nella penombra del tempio era calato il silenzio ed Efesto sogghignò sentendo quel cosmo così basso avvicinarsi.

<< Sapevo che avresti accettato... >> disse, abbandonando lo scalpello. << Devo chiederti solo una cosa prima di farti vedere il nostro biglietto per la vittoria: ne sei davvero sicuro, vuoi davvero tradire la tua dea? Sappi che non accetterò ripensamenti... >>
Il cosmo davanti al dio si fece ancora più basso sotto la veste nera che ricopriva la figura corpulenta di un uomo. Questa incrociò le braccia al petto, avvicinandosi a Efesto. << Pegasus pagherà per l'umiliazione che ha recato alla mia persona... Pagherà! >>
Efesto non poté essere più felice di così nell'udire quelle parole: avrebbe usato quello stupido fino a quando la sua vendetta non fosse stata completata. Era non avrebbe vinto su Athena ma la figura umana della dea avrebbe sofferto come non mai. << Bene >> sorrise e con un gesto svelto, estrasse dal tronco lavorato due ciondoli, entrambi col pendente a forma di diamante.
<< Cosa devo fare con questi? >> chiese l'ombra avvicinandosi al dio, assorto nella contemplazione delle sue creazioni. “Vinceremo” si disse tra sé e sé, “avrò la mia vendetta su tutto l'Olimpo”.

E avrebbe vinto, Efesto. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli, non c'era modo di sbagliare, e lui lo sapeva. Sorrise nuovamente pensandoci, scegliere colui che aveva davanti come alleato poteva essere una mossa azzardata, per certi versi rischiosa: era pur sempre un cavaliere di Athena, quello lì, e sì sa che se si nasce rotondi non si può morire quadrati. Ma Efesto aveva calcolato anche quello, non aveva lasciato nulla al caso. Era non doveva sospettare niente e Athena si doveva fidare di quel cavaliere che, comunque, a lei sarebbe stato fedele finché necessario.

<< Non ti preoccupare, >> disse secco << tu dovrai fare poco e niente per avere ciò che vuoi... Il piano è semplice: questi due ciondoli servono a scambiare le identità, tieni a mente che Era vuole puntare a Athena e per fare questo le serve colpire la ragazza che la ospita. E tu sai cosa sta a cuore a quella fanciulla, no? >>
<< Pegasus... >> commentò aspramente il ragazzo, ancora in piedi a braccia incrociate difronte al dio.
<< Esatto... Pegasus, ma noi non possiamo permettere che Era li separi, altrimenti vincerebbe... Ma non possiamo neanche permettere che loro rimangano insieme... >> Una risata isterica seguì questa frase, ma la figura nascosta sotto il mantello non ebbe il coraggio di commentare, cosa che, tutta via, non fu necessaria.

<< Ti spiego, mio caro... Questi ciondoli ti permetteranno di assumere le sembianze di Pegasus mentre questi assumerà le tue. E per far questo, tu devi fare altre tre cose: 1) Devi avvicinarti a Pegasus per metterglielo al collo, ma per fare questo ci serve Era. E qui scatta la seconda cosa che devi fare: 2) Devi avere la fiducia di Era, solo grazie a lei potrai avvicinarti a Pegasus e avere il tempo materiale di scambiarvi; 3) E questa è la migliore, dovrai far sì che, una volta effettuato questo “scambio”, Era prenda con sé Pegasus che avrà le tue sembianze e, beh, diciamo che sarà lui a pagare per il tuo futuro tradimento. >>
<< Tradimento? >> fece da eco l'interpellato.
<< Sì, come credi di sbarazzarti di Pegasus altrimenti? Quando lo cattureremo su volontà di Era, tu diventerai lui e avrai il tempo di dargli il tuo posto tra le catene, così che risulti che il Cavallo alato sia scappato a causa di una tua debolezza. E ancor prima che lui possa riprendere i sensi, Era lo avrà già decapitato! >> Efesto rise nuovamente, stringendo più forte i due ciondoli tra le mani.
<< Cosa fai? >> chiese l'ombra, incuriosita dall'improvvisa serietà dei lineamenti del dio.
<< Shh! >> lo zittì, cominciando ad emanare uno strano bagliore dai palmi delle mani. Quando tutto tornò normale, i due diamanti che fungevano da pendenti erano diventati di un azzurrò brillante, quasi accecante. Ed era così che a Efesto servivano, quei due finti-diamanti dovevano sembrare veri. << Prendi... >> disse Efesto, lanciandoli entrambi nelle mani del ragazzo. << Conto su di te, non osare deludermi >>

[…]

<< DAVVERO? >> Pegasus era in estasi, era quasi balzato giù dal letto per scuotere il dottore che, più sorridente che mai, gli comunicava le sue dimissioni dall'ospedale. << Ormai sei più sano di un pesce, figliolo. E non ti nego che la cosa mi sorprende, sei entrato in questa struttura esanime e ne esci come se non fosse successo nulla, senza nemmeno un nostro intervento... E' sorprendente, te ne rendi conto anche tu, sì? >> Ma Pegasus non lo stava ascoltando, erano passate solo poche ore dal suo risveglio, ma erano già troppe per lui che non intendeva passare neanche un minuto di più a letto. Aveva fatto la guerra a lady Isabel per alzarsi dal letto che, ancora preoccupata per le condizioni del suo amato, gli aveva consigliato – per non dire ordinato – di stare sdraiato fino a che non fosse venuto il medico per confermare che non correva più alcun pericolo. E alla fine, aveva ceduto e deciso di aspettare.

Ma ora era libero... E l'espressione allegra che aveva stampata sul viso non poté che contagiare anche Sirio, accorso all'ospedale non appena informato del risveglio del suo amico.

<< Allora, Pegasus... >> sorrise entrando nella stanza << stai già andando via? >>

Il ragazzo, intento a riporre quelle due/tre cose che aveva con sé nel bagaglio, si arrestò di colpo, voltandosi verso l'amico in piedi sull'uscio della porta.
<< Sirio... >> disse a gran voce, lasciando magliette e maglioncini per andarlo ad abbracciare. << Allora sei tornato? Come sta Fiore di Luna? >>
<< Sono tornato pochi giorni fa, Pegasus... Sarei voluto venite prima, davvero. Ma non me la sentivo di lasciare Fiore di Luna da sola... >> Il viso del Dragone si fece di colpo serio, preoccupando il Cavallo Alato che stacco le mani dalle spalle dell'amico. << Sirio, v-va tutto bene? >> balbettò, osservando gli occhi del Dragone riempirsi di lacrime. << Sirio... >> replicò nuovamente, e finalmente questi fece un sorriso. << Va tutto bene, Pegasus. E' solo che quando sono tornato ai Cinque Picchi, Fiore di Luna mi ha fatto trovare una sorpresa... Tanto bella quanto inaspettata... >> Le lacrime del Dragone ripresero a scorrere copiose sul suo viso. << Durante il periodo che abbiamo passato in Grecia – e subito dopo sull'Olimpo – Fiore di Luna ha scoperto di aspettare un bambino... >>
<< Sirio... Ma è una splendida notizia!! >> Pegasus si era fatto nuovamente allegro, stringendo le mani dell'amico e regalandogli uno dei suoi migliori sorrisi. << E dimmi, quanto manca? Maschio, Femmina? >>
<< Pegasus calmati... >> lo interruppe, ora divertito dal comportamento dell'amico. << Sarà un maschietto e nascerà a Ottobre , il 2 , per l'esattezza. >>
<< E' incredibile... Piano piano ci stiamo riuscendo, a costruire la nostra vita. E dimmi, Fiore di Luna come sta? Avete già deciso un nome? Quando farai ritorno ai Cinque Picchi? >>
<< Una domanda alla volta, Pegasus: non riesco a starti dietro! >> Sirio non poteva che essere felice della sincera gioia che traspariva dagli occhi del compagno, sempre allegri, nonostante quello che aveva passato in quei mesi. << Allora, >> riprese, sedendosi su una poltrona poco lontana dal letto in cui Pegasus si era accomodato << io starò in Grecia ancora per pochi giorni, non più di una settimana: non voglio stare troppo lontano da casa. In più, ho già parlato con Lady Isabel: la Grande Fondazione metterà a disposizione dei jet privati per noi cinque, così che ci sia concesso di spostarci più rapidamente. L'ideale, per me: il mio prossimo ritorno in Grecia sarà con Fiore di Luna. >>
<< VOGLIO VEDERLA COL PANCIONE! >> strillò il Saint alato, << Non mi sembra vero... E' una notizia... Sirio, stai per diventare papà... TE NE RENDI CONTO? >>
Pegasus non riuscì più a trattenere le lacrime, avvicinandosi all'amico per abbracciarlo... << Sono davvero felice per voi... >> mormorò, colpendogli più volte la spalla. << Dovremmo dare la lieta notizia a tutti, non credi? >>
<< Lo faremo, non appena arriverà anche Fiore di Luna >> rispose commosso, Sirio.

[…]

<< E' ora! >> La voce di Era fece aprire la porta che si ergeva dinanzi agli occhi di Efesto e del Cavaliere.
<< Madre, siete sicura? >> chiese nuovamente il dio, interdetto dalla visione del bimbo che dormiva << In fondo, Athena potrebbe percepire il cosmo di Mars in questa creatura e il vostro piano fallirebbe miseramente! >>
La dea parve non sentirlo: le parole di Efesto, per lei, contavano quando quelle di un servo. << Sto dando una possibilità all'umana che ospita Athena... E anche se la dea dovesse essere titubante, il bisogno della donna di avere un bambino prevarrà su tutto! >>
<< E' vile... >> commentò il Cavaliere, marciando poco dietro di Era. << E' una guerra... >> replicò quest'ultima, avvicinandosi alla culla del bambino.
Il piccolo dormiva sereno, ignaro di quanto stava per accadere. Era lo sollevò leggermente dal suo giaciglio e la stanza sotterranea del tempio di riempì di strilli e singhiozzi.
<< Portalo al Santuario! >> ordinò la dea, porgendo il fagotto al Cavaliere. << La tu presenza non darà nell'occhio in quel luogo... E fai in modo che la stessa Athena trovi per prima il bambino! >>

[…]

Santuario, diverse ore dopo.

Pegasus era finalmente uscito dall'ospedale, portandosi dietro uno strano senso di incompletezza che non riusciva a spiegare. In compenso però, adesso era sdraiato al fianco della sua amata e per quanto quella strana sensazione fosse insopportabile, non voleva pensarci. Erano di nuovo sono lui e lei. Dama e Cavaliere. Niente avrebbe dovuto rovinare quelle ore di quiete che si erano concessi lontano da tutto e da tutti.
E adesso, che la notte era inoltrata da diverse ore, Pegasus si era preso qualche minuto per contemplare Isabel in tutta la sua innocua bellezza.
Un'altra guerra era andata, eppure erano ancora lì, insieme... Forse avevano davvero fermato la ruota del destino, che costringeva Athena e Pegaso a esalare l'ultimo sospiro nei campi di battaglia; era forse giunta la fine? Dopo di loro nessun altro?
Qualcosa si mosse nello stomaco del cavaliere, era così... Così strano pensare che si sono susseguite, nei secoli, tante Guerre Sacre, che in ognuna di esse il Cavallo Alato non ce l'aveva fatta... Ma lui sì: Pegasus era ancora al fianco di Athena... Era stato scelto per un destino che nemmeno lui poteva immaginare, da chi però? Chi aveva voluto farlo vincitore?

Il magone allo stomaco di Pegasus si fece più intenso, c'erano tante domande che avrebbe voluto porre a qualcuno in grado di dargli delle risposte... Ma prima che la sua mente potesse tornare ad esplodergli, un rumore proveniente dall'esterno, lo fece balzare a sedere.
Il cavaliere si guardò intorno, cercando di individuare la causa di quelle urla continue, ma non riusciva a capire cosa fosse, così si alzò lentamente, cercando di non svegliare la compagna al suo fianco, e velocemente uscì dalla Tredicesima Casa.
Stavano ormai sorgendo le prime luci dell'alba e l'aria, lì fuori, era pungente, tanto da far rabbrividire il ragazzo, intento a ruotare su se stesso per decidere da che parte andare, guidato dagli strilli che, mano a mano, si facevano più intensi.

<< Che diavolo è? >> si interrogò, cominciando ad avanzare verso l'altura delle stelle. Possibile che si fosse già presentato un nuovo nemico? Così presto? Pegasus doveva vederci chiaro in questa faccenda o sarebbe davvero impazzito quella sera.
Continuò a salire fin quando non sentì una voce chiamarlo da dietro. Il Saint si voltò di scatto, scoprendo così una lady Isabel parecchio assonnata che gli era venuta dietro vedendolo uscire di fretta dal tempio.

<< Che succede? >> gli chiese dolcemente, continuando a salire.
<< Vorrei tanto saperlo anch'io! E in ogni caso non è prudente stare qui... >> le disse, invitandola a rientrare alla Tredicesima, ottenendo però un secco “no” in risposta.
<< Questo sembra tanto il pianto di un bambino... >> osservo la ragazza, arrivando al fianco del cavaliere. << Possibile che vi sia un bambino qui, tra queste mura, a quest'ora della notte? >> domandò quest'ultimo
<< Qui tutto è possibile... >> aggiunse poi, sbuffando e suscitando un lieve sorriso in lady Isabel che aveva ricominciato a salire le scale fino alla fine della rampa.

Ci fu grande, grandissimo stupore quando, giunto anche Pegasus alla fine dei gradini, il pianto cessò e un mucchio di coperte sistemate disordinatamente, mosse dal vento, fecero intravedere il viso arrossato di un bambino di qualche mese...
<< Pegasus... >> La voce di lady Isabel si spezzò ancora prima di uscire dalle sue labbra.
<< Non è possibile... >> finì lui la frase.
 


 

#2.Note dell'autrice:

Odiatemi, odiatemi, odiatemi.
Vi ho raccontato la metà dei fatti, ma l'ho fatto con uno scopo ben preciso...
No, non mi diverto a farvi menare... E solo che... EHEHEHEHE... Non ve lo dico, manca solo l'epilogo prima del sequel, non posso svelarvi i miei assi nella manica.
Quindi ci risentiamo presto, prestissimo (scuola permettendo!) 
Ma soprattutto, prima di salutarci, devo dire pubblicamente una cosina:


In bocca al lupo, NewHope! <3 

Tu sai perché <3

 

   
 
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