Fame
-
Chissà
che accidenti di schifo ci rifileranno stavolta! - .
Volsi
conseguentemente la testa verso Angelica, che stava analizzando il menù della
mensa dell’università, scostandosi con una mano di tanto in tanto una ciocca di
capelli castani che le ricadeva davanti al viso.
Distolsi
subito lo sguardo, decidendo di concentrarlo sulla poltiglia che un cartellino
giallo spacciava sfacciatamente per “pollo fritto”.
Deglutii,
cercando di ignorare la nausea che mi aveva assalito, afferrando al volo un
panino, una mela e una bottiglia d’acqua prima di seguire le mie compagne di
corso al centro della sala, che avevano già adocchiato un tavolo libero.
-
Certo
che ti sei proprio fissata con ‘sta storia della
dieta! – esclamò Clara, osservando il mio vassoio semi vuoto, mentre,
incurante, afferravo un coltello per sbucciarmi la mela.
-
Non
ingurgiterò quella schifezza che voi vi ostinate a chiamare cibo – le risposi
placidamente, storcendo il naso una volta che i miei occhi si furono posati di
nuovo sul cosiddetto “pollo fritto”.
-
È da quando ci conosciamo che l’hai iniziato… dall’inizio
dell’anno accademico. Non starai esagerando? – mi
chiese poi, ricevendo in risposta un “no” accennato
scuotendo la testa.
-
Diciamo…
che non riesco ad essere costante. Provo a seguirla, ma improvvisamente mi
prendono dei raptus che non riesco a placare se non cedendo. E sono di nuovo
punto e a capo! - .
-
Questo
succede perché mangi poco! Ecco, secondo te più tardi
non ti verrà fame? – mi chiese Angelica, ostinandosi a spalleggiare la compagna,
alla quale rivolsi uno sguardo seccato. Un po’ troppo seccato, dal momento che
distolse subito lo sguardo dal mio, prendendo a mangiarsi il suo pranzo.
Che
schifo.
-
Forse
– decisi comunque di risponderle, dedicandomi poi a sbriciolare dei pezzi di
pane e a portarmeli alla bocca con infinita lentezza, per far passare tempo.
Un
fruscio attirò l’attenzione mia e di Angelica, facendoci alzare lo sguardo contemporaneamente
su Clara, che aveva tirato fuori dalla borsa un
quotidiano, soffermandosi con gli occhi spalancati sulla prima pagina.
-
Non
è possibile… - mormorò, girando con mani tremanti il giornale verso di noi, per
renderci partecipi della sua ansia.
Eh
beh… la capisco.
-
Un
altro omicidio? – chiese incredula Angelica, spalancando a sua volta gli occhi,
facendo scorrere velocemente gli occhi sull’intero articolo.
-
Ed
è di nuovo una della nostra università! – sbottò Clara, ritirando il giornale,
con sommo disappunto della compagna che lo stava leggendo, accartocciandolo poi
e infilandolo a forza nella borsa, con gesti stizziti.
-
Ah
sì? – le chiesi sorpresa, non ricordandomi del nome della vittima.
-
Questa
storia non mi piace… - mormorò poi, scostando il vassoio e allontanandolo da
sé, ignorando deliberatamente la mia domanda.
-
Già…
- mi limitai ad assecondarla, addentando poi la mia mela.
Finalmente
tra le due calò il silenzio, e in breve tempo passò anche l’ennesima,
noiosissima, pausa pranzo.
-
Ce
l’hai il dizionario
di latino, vero? – mi chiese Angelica, mentre percorrevamo la strada che ci
avrebbe condotte a casa mia.
Mi
limitai semplicemente ad annuire, cercando di concentrarmi sullo smorzare i
crampi che mi si stavano susseguendo nello stomaco.
Rimase
in silenzio anche lei, tanto che riuscii a ricordarmi della sua presenza solo quando non la sentii più accanto a me. Mi voltai, per
capire cosa le fosse preso.
-
Non
c’è un’altra strada? – mi chiese titubante, fissando spaventata la strada poco
illuminata che ci stavamo apprestando ad attraversare per arrivare nel mio
condominio.
-
Questa
è la più breve – le risposi, analizzando il suo volto contratto in una maschera
d’angoscia.
-
Ancora
con quella storia dell’assassino? – le chiesi esausta, sorprendendomi per
l’incredibile stupidità che stava dimostrando in quel momento.
-
Beh…
è sera… e… - mi rispose lei balbettando, facendomi ridere appena.
-
E
secondo te, se l’assassino volesse farti fuori, aspetterebbe la sera? – le
chiesi divertita, scuotendo la testa, per niente concorde col suo punto di vista.
Vedendola
immobile, decisa probabilmente a non volersi schiodare da lì, ritornai
indietro, raggiungendola e dandole uno scappellotto dietro la testa, guidandola
poi verso un’altra strada.
-
Chiudi
la porta a chiave – mi supplicò, una volta che fummo entrate nel mio
appartamento. Sorrisi divertita, mentre giravo la chiave nella toppa.
-
E
dimmi – mi rivolsi a lei dalla cucina, dopo che l’ebbi fatta accomodare nella
mia stanza. – cosa dicono di questo fantomatico killer? – le chiesi, aprendo
poi il frigorifero, decidendo con cosa cenare quella sera.
-
È
un serial killer – mi urlò lei di rimando, facendomi sorridere di nuovo divertita. Addirittura?
-
I
cadaveri delle vittime sembrano avere tutti delle cose in comune - .
-
Cioè?
– le chiesi di rimando, incuriosita sul serio da quell’affermazione.
-
Sono
stati tutti… - pronunciò, prima di fermarsi. Io cominciai ad estrarre diverse
varianti dal frigo e ad annusarle, scoprendo spiacevolmente che tutto sembrava
essere andato a male, a giudicare dalla puzza.
Ritrassi
le mani disgustata, storcendo il naso, portandomi una
mano alla bocca con ancora il pezzo di carne che avevo estratto dal
frigorifero. Mi serviva qualcosa di fresco.
-
Sono
stati tutti? – chiesi allora, ricordandomi della descrizione che mi stava facendo
Angelica.
-
Sono
stati tutti fatti a pe… - .
Mi
voltai, constatando che la voce che avevo sentito, come avevo immaginato, era
troppo vicina.
Angelica,
in piedi per miracolo, sull’uscio della porta, sbiancò, spalancando la bocca,
mettendosi probabilmente a contemplare il contenuto del mio frigorifero, passando
poi a guardare le mie mani sporche di sangue, una delle quali stringeva a sua
volta una mano, quella che mi aveva fatta riflettere sul procurarmi qualcosa di
fresco.
-
Beh…
avevi ragione tu. Avrei dovuto mangiare di più a pranzo. Adesso ho fame – le
spiegai, e prima che urlasse afferrai le forbici che giacevano sul tavolo –
destinate comunque a lei ancora prima che mi scoprisse – e la colpii alla gola,
tranciandole di netto la carotide.
Visto
che ero già a metà dell’opera, iniziai dalla testa.
-
Questo
sì che è cibo! – esclamai, mentre mi dedicavo a masticare la carne tenera del
collo.
Angolo dell’autrice…
Penso
che si sia capito che il titolo va letto in italiano XD
Primo
esperimento splatter.
Avevo
pensato a qualcosa di decisamente e più verosimilmente splatter, nel vero e
proprio senso della parola, ma non avendo mai scritto in proposito, mi sembrava
azzardato, così come mi sembra azzardata questa fic,
nonostante lo splatter s’ “intenda” e non si “legga”.
L’effetto
a sorpresa sarà riuscito?
Bah.
A
voi il giudizio.
Senza
pretese.
HOPE87
(che ringrazia tutte le persone che hanno
commentato e aggiunto tra i preferiti “L’incubo”)