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Autore: lasognatricenerd    13/10/2015    1 recensioni
Spoiler per chi non ha ancora visto la fine della SECONDA stagione. Bellarke.
Il varco di quel cancello non può che segnare la fine... o l'inizio di qualcosa.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevamo vinto, seppur il nostro obiettivo fosse cercare di non uccidere innocenti. Avevamo vinto, per quanto sangue avessimo sparso. I nostri compagni sarebbero tornati a casa con noi, nel campo Jaha. Li avevamo salvati; avevamo fatto di tutto per arrivare a loro. Avevo sacrificato la mia vita per ognuno di loro ed eravamo arrivati ad una fine, anche se non ero sicuro che fosse davvero così. Non poteva essere finita davvero. Non poteva essere stato così semplice…

Semplicissimo non era stato. C’erano stati momenti in cui avevo creduto di non potercela fare; momenti in cui ero molto vicino all’arrendermi, ma poi mi ero fermato a pensare a tutti coloro che mi erano stati vicini, a tutti coloro che erano stati mandati sulla Terra con me a morire. Dovevamo far vedere all’Arca che potevamo sopravvivere e che lì, oramai, comandavamo noi. Erano stati genitori e persone adulte a mandare ragazzi di 16 anni in quel posto, senza il minimo dubbio. Adesso che eravamo salvi, avrebbero capito chi comandava.

Ma non avevo pensato solamente a loro. Avevo pensato anche a mia sorella, e a quanto la volessi rivedere. Volevo stringerla e dirle che mi era mancata così tanto. Avevo bisogno di sapere che stava bene. Il legame che avevamo era strano per molte persone, ma per me era la cosa più importante del mondo. Averla vicino significava avere forza e debolezza allo stesso tempo. Averla vicino significava, per me, essere Bellamy Blake. Senza di lei non sarei stato quello che ero veramente.

E poi c’era un’altra persona alla quale pensavo: Clarke. Era stata lei ad attuare quel piano perché si fidava di me. E se per un momento avevo pensato che volesse mandarmi lì per farmi morire, sapevo che lo faceva perché si fidava ciecamente di me. All’inizio non eravamo così; all’inizio non potevamo vederci l’un l’altro senza cominciare a litigare. Ma adesso le cose erano così diverse…

“Non posso perdere anche te”, mi aveva detto. E avrei voluto rispondere che nemmeno io volevo perderla, ma avevo preferito rimanere in silenzio. Era appena uscita – o quasi – dalla morte di Finn e non volevo immaginare che cosa provasse. Lo amava, l’aveva amato, così come l’aveva amato Raven e la sua morte aveva buttato giù la maggior parte di noi.

Anche se fra di noi, sull’Arca, ci conoscevamo solo di vista, da quando eravamo arrivati sulla Terra eravamo diventati un’unica cosa. Ci difendevamo l’un l’altro come se non ci fosse un domani. Era una cosa che avevo cominciato ad apprezzare con tutto me stesso, nonostante non lo facessi vedere a nessuno. Dovevo essere un leader; non l’avevo chiesto a nessuno, ma mi piaceva esserlo. Volevo avere le cose sotto controllo, anche se a volte era davvero difficile farlo. Bisognava prendere decisioni che non a tutti andavano bene, ma si cercava di dare il meglio per la popolazione.

Guardai Wick entrare nel campo e poi diedi le spalle a tutti, dirigendomi verso Clarke. Era rimasta indietro, ma la capivo: avevamo fatto un’azione che non poteva essere perdonata, ma allo stesso tempo nessuno poteva biasimarci. Avevamo fatto di tutto per salvare la nostra gente, come avrebbe fatto chiunque.

“Ci meritiamo un drink.” Annunciai alla bionda, volgendo lo sguardo verso coloro che si stavano abbracciando al di là della recinzione che avevamo costruito. “Prendine uno anche per me.” Che cosa stava dicendo? Ce lo meritavamo davvero un po’ di felicità dopo tutto quello che era successo.

“Ehy…” Feci una pausa, senza ancora guardarla negli occhi. “Possiamo superarla.” Potevamo, potevamo farci forza l’un l’altro e piano piano il dolore ed il senso di colpa se ne sarebbero andati. Non poteva rimanere lì per sempre. Non volevo giustificare la nostra azione, ma non potevamo nemmeno dire che eravamo noi i cattivi. Eravamo stati mandati lì per morire ed avevamo fatto di tutto per sopravvivere.

“Non entrerò.” Il cuore mi si bloccò in gola. Tremai. Guardai per un’ultima volta il campo e poi mi girai finalmente verso di lei, incrociando il suo sguardo. “Ascolta…” Mi venne in mente la volta in cui lei mi perdonò per aver fatto un’azione tanto orribile. “Se hai bisogno del perdono, allora è quello che ti darò. Ti perdono.” La mia voce era spezzata e lei mi guardava come se stesse per scoppiare a piangere. Aveva un’aria grave sul viso. Lo riconoscevo quello sguardo: aveva già fatto la sua scelta. “Ti prego.” La fissai. “Ti prego, entra.” Cercai il suo sguardo, perché nel frattempo l’aveva staccato dal mio.

Non poteva andarsene e lasciarmi da solo. Non poteva andarsene dopo tutto quello che era successo. Non poteva lasciarmi. Non poteva…

“Abbi cura di loro per me.”

“Clarke…”

“Vedere le loro facce ogni giorno non farà altro che ricordarmi cosa ho fatto per riportarli qui.”

“No! Cioè che NOI abbiamo fatto!”

Ed era vero. Noi avevamo abbassato quella leva. “Insieme”, avevo detto guardandola negli occhi. E poi l’avevamo fatto. Ci eravamo divisi quella scelta perché sapevamo entrambi che avrebbe fatto troppo male farlo da soli. Ma non potevo sopportare l’idea che se ne andasse. “Non devi farlo da sola.”

“Porto io il fardello così lo risparmio a loro.”

La mia testa esplose. Sentivo gli occhi lucidi, la fissai, disperatamente. Le fissai gli occhi, le labbra, poi di nuovo gli occhi ed era come se non capissi più niente. Se un attimo prima ero felice per la nostra vittoria, adesso ero fuori di me dalla disperazione. Nessuno mi aveva mai visto in quel modo, ma era come se non me ne importasse niente.

“Dove andrai?”

“Non lo so.”

Rimasi immobile. Non sapevo che cosa dire. Non volevo dire niente. Mi sentivo solamente distrutto da quelle parole che speravo vivamente di non sentire mai. Ed invece… ed invece stava succedendo. Feci un passo avanti per dirle di fermarsi, ma lei si sporse verso di me appoggiando le labbra contro la mia guancia. Il mio cuore perse un altro battito. Volevo piangere. Volevo urlare e volevo pregarla di rimanere.

La strinsi a me, mentre una lacrima mi solcava il viso. Sentivo il suo profumo invadermi le narici, il suo respiro caldo contro il collo e le mie mani fra i suoi capelli. Non volevo che fosse l’ultima volta, non volevo che fosse l’ultimo abbraccio. Avevo bisogno di lei e me ne rendevo conto solamente adesso. Avevo bisogno del suo respiro, della sua pelle contro la mia, della sua voce, della sua determinazione. Lei era l’unica che riusciva a tenermi testa, ed io ne avevo bisogno.

“Fa che ci rincontreremo.”

La sua voce mi fece male. La lasciai andare. Non volevo che se ne andasse, ma non riuscivo nemmeno a muovere un muscolo. Le diedi le spalle, guardando l’orizzonte che c’era al di là del nostro campo. “Fa che ci rincontreremo.” Pronunciai a bassa voce, prima di incamminarmi verso quella che consideravo casa da qualche mese.

Mi tremavano le gambe; se non mi fossi seduto nell’arco di pochi minuti, sarei crollato a terra. Evitai lo sguardo di tutti, oltrepassando chiunque mi dicesse di fermarmi, entrando nell’arca. Mi chiusi nella prima stanza che trovai e buttai a terra il borsone che ancora tenevo contro la spalla. Lanciai un grido, cominciai a piangere; finalmente mi lasciai crollare a terra, distrutto.

Ero innamorato di Clarke Griffin, e non glielo avevo detto. E chissà se ne avrei mai avuto l'occasione.
   
 
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