Amaranth dream
3.
Jane e Tony rimasero a battibeccare per quasi
tutta la durata della loro uscita, borbottando qualcosa su Thor e la sua
passione per le armi (Jane era pronta a giurare che ad Asgard avesse una stanza
piena e che passava parecchie ore a lucidarle, anche se non le usava mai) e su
un certo Barton Clint e il suo amore per Robin Hood.
Emma capiva poco niente, ma fece tesoro di quelle piccole informazioni,
sperando di riuscire ad avere abbastanza elementi, prima o poi, per ricostruire
i suoi ricordi.
-Oh, guardate quella boutique!- esclamò ad un
tratto, indicando con il dito quello che sarebbe dovuto essere un negozio di
costumi. La ragazza si affrettò verso la vetrina, ammirando la splendida coppia
di abiti medievali esposti: erano entrambi femminili, con le gonne lunghe che
arrivavano fino a terra, il busto stretto e le maniche larghe che cadevano
morbidamente verso il basso. Ad un certo punto, tuttavia, la testa prese a
girarle e uno spiacevole senso di déjà-vu le fece quasi perdere l’equilibrio.
La via di New York si sostituì con un’ampia stanza
e i vestiti che aveva davanti cambiarono aspetto, mantenendo però la stessa
aria di abiti d’epoca.
-Non ci
entrerò mai!- esclamo, guardando malissimo mia sorella, già perfettamente
vestita. E’ talmente tanto a suo agio in questi vestiti che sembra esserci nata dentro.
-Ti prego,
Emma! Metti questo vestito e facciamola finita!- esclama, facendomi quasi
venire un attacco di nervi. Fa presto a parlare lei! Deve entrare in quegli
affari per fare contento il suo fidanzato, quel Thor, mentre io devo farlo solo
perché…
-Una cosa mi
sta sfuggendo: esattamente, cosa ci faccio io qui?- quasi ringhio, continuando
a guardare il vestito con astio.
-Sei mia
sorella, che discorsi sono!- Jane sembra talmente convinta di quel che dice che
sono sicura convincerà anche me. –Voglio che tu faccia parte di questo mondo,
che iniziamo a farne parte insieme. Ora che sanno che sono la compagna di Thor
è ovvio che vogliano conoscermi, vedere che persona sono, anche perché non ho
fatto una bella prima impressione.- dice, arricciando il naso. –E.. da sola non
ce la faccio, Emma.-
Ecco, mi ha
convinta. Ci avrei messo la mano sul fuoco.
-D’accordo,
d’accordo! Mi metto quest’affare, ma se qualcuno osa buttare i miei jeans lo
lincio. Giuro!- dico, quasi con rabbia, strappando il vestito dall’appendiabiti
e dirigendomi verso il paravento. Che rompitura di scatole, ragazzi.
-Grazie
Emma, grazie davvero! Te ne ho anche procurato
uno azzurro, il tuo colore preferito.-
Ah per
fortuna, sennò non so come avrei fatto a sopravvivere!
-Emma? Che ti succede?- disse Jane, scuotendo di
forza la sorella. –Avanti, mi stai facendo preoccupare!-
Emma mise a fuoco le due persone davanti a sé e si
rese conto di essersi abbandonata sulla vetrina del negozio, come priva di
forze.
-Io.. sto bene. Ho avuto una sorta di déjà-vu .-
sussurrò, cercando di ritornare interamente alla realtà. –Per caso, la prima
volta che ho messo un vestito ad Asgard, era azzurro?-
Jane annuì. –Si, azzurro con una cintura di corda
in vita. Te lo ricordi?- chiese, emozionata. Lei annuì. –Ho ricordato quando mi
sono soffermata a guardare questi vestiti. Come se avessero fatto scattare
qualcosa.- disse, pensierosa. Se prima
aveva avuto qualche dubbio, ora ne era certa: c’era qualcosa da ricordare,
qualcosa di importante e il metodo non era neppure troppo complicato. Doveva
aspettare solo che si creassero le situazioni opportune.
-Oh, Emma..- sussurrò Jane, correndo ad
abbracciarla. Emma ricambiò con affetto: ora ricordava l’immenso affetto per
Jane, che l’aveva fatta rimanere su Asgard, con la sua corte di déi e i suoi scomodi
vestiti medievali.
-State dicendo che la memoria le ritorna tramite
déjà-vu?- chiese Bruce Banner, passandosi una mano tra i capelli castani. –Ha
senso.-
Emma aveva notato con un misto di tenerezza e
curiosità come il dottore avesse alcuni tic –come il passarsi le mai tra i
capelli- che lo coglievano quando era pensieroso o teso per qualsiasi ragione.
Tony, durante la loro passeggiata, le aveva raccontato le vicende del dottore e
di come fosse costretto a mantenere costantemente la calma se non voleva che
Hulk –o l’altro, come lo chiamava
lui- uscisse e prendesse il sopravvento sulla sua personalità. Le aveva inoltre
assicurato, vedendola chiaramente impressionata, che Banner era buono come il
pane e che rifuggiva da ogni stress, avendo imparato ad autocontrollarsi in una
maniera particolarmente ferrea; come facesse, non glielo aveva saputo spiegare.
-Esattamente.- rispose la diretta interessata,
incrociando le braccia al petto e sedendosi meglio sulla seggiolina traballante
del laboratorio. –Da quel momento ho
ricordato altri particolari, come la mia stanza ad Asgard. Anche se la mia
mente sembra indecisa nel dare la giusta forma ad alcuni oggetti, come il letto
o l’armadio.-
-In che senso?- le domandò Jane, alzando un
sopracciglio.
Emma scosse la testa. –Per esempio, ogni tanto
vedo il colore delle lenzuola rosa, altre vede smeraldo. Oppure le dimensioni
si alterano.- rispose, facendo spallucce: dopotutto, non le sembravano dettagli
così importanti. Tuttavia, Jane e Thor si scambiarono un’occhiata ed entrambi
si voltarono verso il fratello di lui, che si stava guardando le unghie
annoiato. Quest’ultimo, sentendosi osservato, alzò lo sguardo. –Ebbene? Cosa
avete da guardare voi due?- ghignò, aggrottando le sopracciglia, quasi
infastidito.
-Forse sarebbe carino se ci considerassi, quando parliamo.-
disse un tantino piccato Steve, dalla sua posizione abbandonata addosso al
muro.
Loki affilò lo sguardo e fece un gesto stizzito
con la mano. –Io non sono carino.-
sbottò, prima di alzarsi e uscire dalla stanza in tutta fretta.
No, non lo
sei e non fai nulla per sembrarlo.
Emma guardò la sua schiena sparire oltre la porta
e si morse il labbro, confusa: non riusciva davvero a comprendere il motivo del
suo comportamento, ne del suo modo di fare e tantomeno la sua personalità. Come
aveva detto quella stessa mattina a Jane, gli altri Avengers era riuscita ad
inquadrarli con relativa facilità, ma lui restava un punto interrogativo. Anche
se l’idea di indagare non la entusiasmava poi molto: la prima impressione che
aveva avuto di lui era stata pessima e per quanto potesse fidarsi di sua
sorella, quell’immagine non se ne voleva andare dalla sua mente.
Thor sospirò pesantemente, ma si alzò e seguì il
fratello. La ragazza ebbe l’impressione che fosse stremato, come se avesse
appena avuto un’accesa discussione con lui e gli avesse ripetuto per la
millesima volta la stessa cosa. In
effetti, non mi sorprenderei se fosse esattamente così: Loki non mi sembra una
persona a cui risulti facile ascoltare il prossimo.
-Quindi,- intervenne Jane, rompendo finalmente il
silenzio –dobbiamo solo aspettare? I ricordi le torneranno?-
Il dottor Banner annuì. –Ritengo di si. La tua
mente ha solo bisogno di riprendersi un po’ alla volta dal trauma, ma
lentamente guarirà.- disse, rivolgendosi
direttamente ad Emma. –Mi dispiace, ma più di così non so come aiutarti: non ho
lauree in psicologia ne in medicina. Tutto quello che so l’ho imparato da
autodidatta.-
-Oh, no, è già troppo gentile e sono relativamente
certa anche io che questa sia la scelta migliore.- anche se è terribilmente frustrante.
Steve sospirò pesantemente. –Cambiando discorso,
ci sono stati sviluppi nella ricerca?-
-No, purtroppo.- rispose Banner, passandosi per
l’ennesima volta una mano sul viso: Emma era convinta che la sua stanchezza
superasse qualsiasi record umanamente raggiungibile. –Stiamo tentando ogni
singola via, ma in un modo o nell’altro siamo sempre respinti.-
-Dannazione!- sussurrò il Capitano, stringendo i
pugni. –Non possiamo aspettare inermi che ci attacchino di nuovo!-
-Scusate l’interruzione, ma di cosa state
parlando?- chiese Emma, azzardandosi ad intervenire. –Chi deve attaccare chi?-
I componenti della stanza si guardarono con intesa
e, per un momento, Emma si sentì terribilmente fuori posto.
-C’è un motivo se sei tornata sulla Terra con Thor
e Loki.- iniziò Jane, cercando le parole. –Ci sono stati degli attacchi qui, da
parte di alcune.. creature.-
-Da secoli le leggende di questo pianeta parlano
di streghe, molto spesso causando
la morte di persone innocenti.-
intervenne Steve, staccandosi dal muro e facendo un passo nella direzione delle
due ragazze. –Ma credo che questo nome si avvicini parecchio a quello che sono
loro. Streghe, ma Loki e Thor le
chiamano fattucchiere.-
-O stronze.- aggiunse Banner, facendo sorridere il
capitano.
-E.. cosa vogliono?- chiese la ragazza, un con
leggero tremito della voce. Le risultava difficile –forse stupidamente, dato
gli ultimi avvenimenti- realizzare che esistessero davvero le streghe e la sua mente dondolava tra
l’immagine di Hermione Granger
e quella del folklore medievale, che, effettivamente, credeva fosse più da
ricondurre al concetto che stava cercando di spiegarle Steve.
-Loro traggono energia dalla natura e dalla vita:
è su ciò che si fondano i loro poteri. Questo pianeta è sicuramente molto ricco
sotto questo punto di vista e sarebbe una fonte inesauribile di energia.-
continuò il dottore. –Il nostro piano era di scovarle nel loro nascondiglio, ma
si sono nascoste bene: hanno creato uno strato tra la nostra dimensione e.. il
resto.-
Emma aggrottò le sopracciglia, tremendamente
confusa. –Non capisco. Che genere di resto?-
Il dottore sorrise, divertito. –In realtà, sei
stata tu a darci l’idea, parlandoci dello spazio assoluto e relativo studiato
nella filosofia. Immagina un infinito sfondo che deve essere preso da base per
tutto ciò che è misurabile: tempo e spazio devono essere studiati basandosi su
questo sfondo che è, rispettivamente, tempo assoluto e spazio assoluto. Come lo
zero nella scala Celsius, per intenderci. Secondo te e secondo noi, queste creature
sono riuscite a creare un’altra dimensione tra quella assoluta e la nostra.-
-Ed è possibile?- chiese Jane, probabilmente anche
lei allo scuro di queste supposizioni.
-A quanto pare, si. Il nostro unico problema è che
non riusciamo a trovare il punto d’incontro tra queste due dimensioni, il punto
in cui loro passano per venire qui.-
Emma rimase in silenzio, astraendosi dal discorso.
Non credeva di essere stata così d’aiuto, in quel frangente. In effetti, dopo
la spiegazione di Banner, sentiva che quei concetti non le erano del tutto
estranei, ma tra quello e l’arrivare a formulare una teoria del genere.. beh ne
passava di acqua sotto i ponti.
-Oh, che razza di gente noiosa che siete.- esclamò
Tony, entrando in laboratorio seguito da Natasha. –Sempre a rimuginare.-
-C’è chi lo fa e chi non lo fa per niente.- disse
seccato Steve, lanciandogli un’occhiataccia.
-Al contrario di te, manine d’argento, io ho
lavorato fino ad ora.- sbottò di rimando l’altro, dando prova della sua
suscettibilità. –Ho riparato questi ad Emma.-
Emma allungò incuriosita il collo e vide che Tony
teneva tra le mani un groviglio di quelle che sembravano piastrine metalliche.
Quando lui si avvicinò, tuttavia, distinse due braccialetti e due cavigliere.
-Cosa sono?-
-Te le avevo costruite poco tempo fa sul modello
dei propulsori di Iron Man. Forza, indossali.-
La ragazza fece come le era stato detto e si
sorprese nel notare la pesantezza di quei quattro cerchietti di metallo. Tutto sommato, notò, non sono nemmeno così brutti.
-Ora prova ad usarli. Eri diventata abbastanza
brava, sarebbe un peccato che ti fossi dimenticata come si fa.-
Emma abbassò le braccia, chiedendosi come
funzionassero esattamente quegli aggeggi, quando si accesero all’improvviso
facendola schizzare verso soffitto. L’unico risultato, fu una bella e dolorosa
botta sulla schiena.
-In particolare dopo tutti i lividi che ti sei
fatta.- aggiunse Tony, guardandola leggermente divertito. –Tranquilla, normale
amministrazione. Cerca solo di ricordare una semplice lezione: sei tu a
controllare la tecnologia, non viceversa.-
-Ti sei fatta male Emma?- domandò preoccupata
Jane, aiutando la sorella ad alzarsi.
Emma scosse la testa, massaggiandosi il punto
colpito. –No, tutto bene.- mugugnò, con una leggera smorfia.–Però potevi spiegarmi
come funzionassero questi cosi!- esclamò, puntando un dito contro lo
scienziato. Accidenti a lui!
Jane sbuffò e lanciò un’occhiataccia a Stark.
–Sono pericolosi.- gli disse. – Tu vai in giro con un’armatura anti-proiettili:
quando cadi non ti fai un graffio!-
Emma ridacchiò, ma nel profondo l’idea di poter
volare –volare!- la entusiasmava non
poco: doveva solo imparare come utilizzare al meglio quel regalo.
Tony, notando l’espressione della ragazza, fece un
sorriso sghembo, decisamente soddisfatto. –Jane non capisce. Nemmeno il tuo
caro maritino era troppo entusiasta all’idea, ma i miei prodotti sono
sicuramente i migliori al mondo.- disse, senza ombra di umiltà.
Maritino..?
Improvvisamente, sembrò che il tempo si fosse
bloccato e che le parole di Tony continuassero a rimbalzare nella stanza,
implacabili come possono esserlo parole taciute a lungo.
Emma, scioccata, si voltò a guardare sua sorella,
ma il suo viso era rivolto verso lo scienziato e lo stava fulminando con lo
sguardo. Alla ragazza mancò un battito: lei era sposata?
-Jane..- chiamò, quasi in una supplica, ignorando
Steve che si era quasi gettato addosso a Tony e lo stava tempestando di offese
senza alcun riguardo.
La sorella si voltò, finalmente, verso di lei. –Mi
dispiace, Emma.. noi non volevamo lo venissi a sapere così. Credevamo che
l’avresti ricordato quando saresti stata pronta.- sussurrò afflitta, mordendosi
il labbro.
La ragazza scosse la testa, mentre le lacrime le
rigavano le guance. –E chi.. chi..?- domandò, confusa e addolorata. Aveva un
marito e nessuno glielo aveva detto.
Jane fece per aprire la bocca, ma le porte del
laboratorio si aprirono con un rumore sordo, facendo voltare tutti e quattro.
Thor entrò con un sorriso da un orecchio all’altro, che si spense non appena
vide le loro facce, e dietro di lui..
Loki.
Ecco chi era. Emma se lo sentì nelle viscere. Lei
e quell’uomo erano sposati, erano marito e moglie. E gliel’avevano tenuti tutti
nascosto.
-Emma..- la chiamò Jane, ma lei non le diede
retta. Guardò gli occhi verde smeraldo di Loki, mentre prendevano
consapevolezza di ciò che era successo e si spalancavano. Ci guardò dentro, cercando di capire la
verità, ma la sua mente si rifiutò di aprirsi, per l’ennesima, dolorosa volta.
L’unica cosa che lei riuscì a fare a quel punto,
fu scappare. Sorpassò Thor e Loki come un fulmine, ignorando la voce di Jane
che la chiamava e il pugno che, probabilmente, aveva spaccato il naso ad Iron Man.
-Emma, ti prego. Ti supplico!- la chiamò, con un inclinazione nella voce che le spezzò
quasi il cuore. Tuttavia, scosse la testa e continuò a correre lontana da loro.
Angolino dell’autrice: Buonasera a tutti! Ne approfitto per aggiornare dato che sono bloccata a casa malata.
Allora, vi è piaciuto il capitolo? In effetti, le cose si stanno facendo più avvincenti: Emma ha ricordato qualche particolare e ciò che ancora non è riuscita a far tornare alla mente le è stato rivelato in modo scioccante da Tony. Chi altro se non lui per questo arduo compito?
Voglio precisare un paio di punti che ho scordato di sottolineare all’inizio: primo, la storia è ambientata dopo Thor: The Dark World, come si può notare da ciò che dice Jane nel dejà-vù, ovvero che non aveva fatto una bella prima impressione ad Asgard; inoltre è pre-Avengers Age Of Ultron, in quanto non saranno presenti né Vision –che adoro con tutta me stessa, in ogni caso- né Wanda/Scarlet Witch.
Poi, un’altra cosa: ho deciso di cambiare il punto di vista dei dejà-vù di Emma (anziché in terza persona, sono in prima), perché li trovo un pochino più personali. Spero di averci azzeccato.
Infine, ringrazio di cuore gli angeli che hanno recensito e che hanno aggiunto la storia ad una delle liste. Non smetterò mai di dirlo: vi adoro!
Un abbraccio e alla prossima!
Sami