Il TARDIS fluttuava dolcemente tra
migliaia di stelle che brillavano fulgide come una moltitudine di
diamanti incastonati nella nera volta dello spazio aperto.
Amy, in camicia da notte e vestaglia,
sedeva sulla soglia della cabina blu con le gambe che penzolavano di
fuori, nella tiepida bolla d'aria che avvolgeva la macchina del
tempo, unica isola d'ossigeno in quell'oceano infinito di nebulose,
galassie e pianeti nuovi e sconosciuti.
I corpi celesti scorrevano lentamente
sotto e sopra di lei, seguendo placidi il loro corso, del tutto
ignari della sua meraviglia mentre contemplava, con i suoi occhi di
umana, l'immensità gloriosa e formidabile dell'Universo.
Con un sospiro, Amy bevve un sorso di
cioccolata venusiana dalla tazza fumante che teneva in grembo e
schioccò le labbra, deliziata dal brivido caldo che le percorse la
schiena, tornando poi ad ammirare il pacifico e silenzioso fluire
della vita del cosmo intorno a lei.
Ma, quella sera, sembrava che neanche
il gusto dolce e speziato di quella squisita bevanda aliena o l'amena
visione dello spettacolare panorama fuori dal TARDIS riuscissero a
cacciare via l'inquietudine e la sensazione di perdita che, da
qualche tempo, la giovane avvertiva stringerle il cuore, come se
questo fosse avvolto tra le spire di un serpente velenoso che ogni
giorno aumentava un po' di più la sua morsa, logorandola da dentro.
Amy stessa non riusciva a venire a capo
di quell'inspiegabile stato d'animo. A volte si sentiva vicinissima
ad afferrarne il motivo, ma un attimo dopo si ritrovava al punto di
partenza, sola con quello struggente senso di nostalgia e mancanza al
quale non sapeva dare un nome.
Alle sue spalle, il Dottore stava
trafficando con la caotica consolle di comando del TARDIS, ma
lanciava continue occhiate apprensive in direzione della sua
compagna.
Da quando Rory era stato risucchiato
nella crepa temporale, un'ombra era calata sulla ragazza, sebbene
ella non ricordasse nulla del suo fidanzato, come se egli non fosse
mai esistito, e, di conseguenza, neanche della sua scomparsa.
Ma il Dottore sapeva che qualcosa nel
suo animo si era spezzato in modo irreparabile. Lo vedeva
chiaramente.
D'istinto, portò una mano alla tasca
della giacca e sentì sotto le dita, oltre il tessuto di tweed, la
superficie circolare e rassicurante dell'anello di fidanzamento:
l'unico oggetto che fosse rimasto a testimoniare la presenza di Rory
Williams nel mondo, nella sua vita e, soprattutto, in quella di Amy.
Forse avrebbe dovuto affidarlo a lei,
ma come poteva se la giovane non conservava neppure il più effimero
ricordo dell'uomo che avrebbe dovuto sposare e che aveva amato tanto?
Aveva cercato di farla divertire, di
distrarla dall'inesplicabile afflizione di cui era preda; aveva
acconsentito di portarla in ogni luogo e tempo ella avesse
desiderato, la stordiva con le sue chiacchiere e tentava di farla
ridere con i suoi modi bislacchi, ma quando il giorno volgeva al
termine e con esso anche le avventure, quel fosco fantasma senza nome
e senza senso tornava a tormentarla.
E il Dottore soffriva. Soffriva perché
la sua Amelia Pond non era più la stessa e lui non poteva neanche
dirle il perché e raccontarle di Rory; di quanto fosse buono,
altruista, coraggioso e di come avrebbe fatto qualunque cosa per lei.
La ragazza emise un altro lungo sospiro
malinconico, dondolando piano le gambe e avvolgendo le mani intorno
alla tazza di cioccolata calda, come a volerne trarre conforto.
Per un attimo, il Dottore rivide la
bambina di sette anni che aveva trascorso una nottata intera ad
aspettare il suo ritorno nel giardino di casa, appollaiata sulla
piccola valigia preparata in fretta con tutto l'occorrente per i
magnifici viaggi che lui le aveva promesso.
Fu preso dalla tenerezza e, lentamente,
raggiunse l'ingresso del TARDIS, sedendosi accanto a lei. Non disse
nulla, ma con Amy non aveva mai avuto bisogno di fiumi di parole.
Lasciavano che fossero i piccoli gesti o gli sguardi a parlare per
loro. Si capivano.
La giovane gli rivolse un lieve
sorriso, felice della presenza dell'amico accanto a lei, dopodiché
si portò nuovamente la tazza alle labbra, chiudendo gli occhi ed
esibendo una buffa espressione di beatitudine, un po' forzata.
Era fatta così Amelia Pond: sempre
pronta a relegare in un angolo ciò che avrebbe potuto farla apparire
fragile agli occhi degli altri.
- Mmm. Avevi ragione. Questa cioccolata
venusiana è davvero fantastica. -
Il Dottore rise e le fece l'occhiolino.
- Certo che lo è! Te l'avevo detto. Nessuno sa fare il cioccolato
come i venusiani; non per niente voi terrestri lo chiamate il pianeta
dell'Amore. -
Amy si unì alla sua risata e, per un
attimo, parve di nuovo la giovane spensierata e ansiosa di
abbandonare la routine quotidiana che la notte prima del suo
matrimonio aveva seguito un eccentrico alieno con un cravattino e un
cacciavite luminoso dentro una cabina telefonica della polizia più
grande all'interno che poteva viaggiare nel tempo e nello spazio, ma,
subito dopo, l'espressione del suo viso tornò ad incupirsi, e i suoi
occhi si velarono di nuovo di tristezza, come se fosse calata una
tenda scura dietro le sue iridi color dei boschi lussureggianti e
rigogliosi della Scozia.
- Ne vuoi parlare? - chiese piano il
Dottore.
- Parlare di cosa? -
Lui alzò le spalle. - Non lo so. Voi
umani amate parlare. Si può parlare di un mucchio di cose. -
prese a tenere il conto con le dita -
Ehm... si può parlare del tempo, di cinema, di quanto siano buoni i
bastoncini di pesce con la crema e di quanto invece facciano schifo
le mele, si può parlare del perché i cravattini sono forti o, per
esempio... del perché in questo momento stai piangendo. - concluse,
abbassando un po' la voce.
- Ma io non sto... -
Istintivamente, Amy si portò una mano
agli occhi e le sue dita intercettarono una gocciolina calda e
salata, che rimase a luccicare malinconicamente sul suo polpastrello
come una perla.
La ragazza fissò quella piccola
lacrima, stupita e confusa dal fatto che provenisse proprio da lei.
Perché stava piangendo? Non ne aveva
la più pallida idea e questo la spaventava.
- Non capisco. - disse piano,
volgendosi di nuovo verso il Dottore. - Non è la prima volta. Perché
mi succede... questa cosa? -
Il Signore del Tempo si morse il labbro
inferiore, come se fosse indeciso su cosa rispondere. Alla fine
sospirò e asciugò con delicatezza una nuova lacrima dalla guancia
rosea della ragazza, fissandola intensamente negli occhi umidi in cui
si specchiava l'immagine tremolante di tutte le stelle che li
circondavano.
- Dottore, ti prego. - insistette lei,
prendendogli la mano per scostarla gentilmente ma con decisione dal
suo volto. - Se lo sai, dimmelo. Voglio saperlo. -
Sulle labbra dell'alieno comparve un
mesto sorriso. Amy avrebbe preferito mille volte sentire una verità
scomoda piuttosto che una bugia rassicurante. L'apprezzava anche per
questo, per il suo coraggio nel guardare in faccia la realtà e
affrontarla, senza mai cercare inutili sotterfugi.
Ma non poteva rivelarle ciò che
sapeva, non quella sera almeno. In quella situazione, era proprio a
lui che tale coraggio mancava.
- No, Amy. Ne so quanto te. Mi
dispiace. -
La ragazza annuì, un po' delusa.
Sperava davvero che il Dottore potesse avere una risposta a quel suo
misterioso malessere. Il Dottore aveva sempre una risposta per tutto.
Gli si fece un po' più vicina e
appoggiò il capo sulla sua spalla. In nessun altro luogo avrebbe mai
potuto sentirsi più al sicuro. Oppure no?
Stranamente, negli ultimi tempi, la
giovane aveva la sensazione che, da qualche parte nel suo passato,
un'altra persona fosse stata in grado di farla sentire così bene,
ma, ogni volta che provava a visualizzare il suo viso, questo le
sfuggiva inesorabilmente, come quando si cerca di ricordare un
vecchio sogno ormai sbiadito, perso tra le fitte nebbie della
memoria.
- È strano. - cominciò, rivolta più
a se stessa che al Dottore. - Tu mi hai mostrato i posti più
disparati nel tempo e nello spazio, luoghi che non avrei mai neanche
potuto sognare, cose meravigliose che nemmeno immaginavo potessero
esistere, eppure è come se una parte di me fosse costantemente in
cerca di qualcosa. Come se tutto l'Universo e le sue meraviglie non
bastassero a riempire un vuoto che è sempre lì e si fa ricordare
ogni volta che non sono troppo impegnata a correre con te per
sfuggire al mostro di turno. -
Ci fu un istante di silenzio, smorzato
solo dal sommesso ronzio dei motori del TARDIS.
- Penserai che tutto questo sia
ridicolo, vero? La piccola Amelia Pond, sempre intenta a cercare di
afferrare qualcosa che non sa neanche lei. -
- No, non è ridicolo. -
Amy sollevò la testa e incrociò lo
sguardo del Dottore che, con sua grande sorpresa, la guardava
serissimo, con quei suoi occhi giovani e, al contempo, antichi quanto
l'universo stesso, attraversati dalla famigliare vena di amarezza che
si manifestava in certe occasioni, forse addirittura più accentuata
del solito.
- Ho viaggiato parecchio, Amy. Più di
chiunque altro abbia mai fatto, perfino tra la mia gente. Ho visto
stelle nascere e morire, ho assistito all'alba e al declino di intere
civiltà, e se c'è una cosa che ho imparato è che, a volte, l'unica
spiegazione è che non c'è una spiegazione. Bisogna solo andare
avanti e avere speranza nel futuro. -
La giovane lo guardava con insistenza,
come a chiedergli di proseguire, a supplicarlo di darle almeno una
risposta che non prevedesse solo l'affidarsi ciecamente alla
speranza.
- Troverai ciò che stai cercando, Amy,
qualunque cosa sia. -
La ferma sicurezza con cui il Dottore
aveva pronunciato quelle parole, come una profezia che certamente si
sarebbe avverata per il semplice fatto di essere stata formulata a
voce alta, riuscì miracolosamente a rincuorarla e, all'improvviso,
si accorse di avere un gran sonno.
- Be', per oggi basta con questi
discorsi. Penso proprio che me ne andrò a letto. Buonanotte Dottore.
-
Lui sorrise, l'attirò a sé con un
braccio e le premette dolcemente le labbra sulla fronte. - Sogni
d'oro, Pond. -
Stupita e insospettita da una tale
esternazione di affetto, Amy si ritrasse e fissò l'amico con
circospezione, cercando di cogliere il motivo di tutta quell'insolita
tenerezza. Il Dottore non le riservava quasi mai gesti come quello,
ma ultimamente erano diventati piuttosto frequenti. Fin troppo per
non notarli.
- Che c'è? - domandò lui, a disagio
sotto lo sguardo inquisitorio della compagna.
- Sei gentile, lo sai? -
Il Signore del Tempo si schiarì la
voce e si sistemò il cravattino, come faceva sempre quando era
nervoso. - Be', grazie. Faccio del mio meglio, anche se non è sempre
facile. Una volta, per esempio, mi trovavo agli anelli di Saturno e
c'era questo tizio... -
- No, intendo dire che c'è un non so
che di strano. Non è da te comportarti così. -
Il Dottore iniziava a sudare freddo,
messo alle strette da quelle dichiarazioni sempre più incalzanti.
- Dottore? Non è che, per caso, mi
stai nascondendo qualcosa, vero? -
- Non so di che cosa tu stia parlando,
Amelia. E ora fila a dormire. Quando ti sveglierai andremo a visitare
la quinta luna di Cindie Colesta e allora sì che ci divertiremo. -
Amy non sembrava ancora del tutto
convinta, ma, almeno per quella sera, rinunciò a discutere,
limitandosi a fare spallucce, dopodiché si alzò per dirigersi in
camera sua.
Il Dottore rimase seduto sulla soglia
del TARDIS e la seguì con lo sguardo fino a quando non fu certo che
se ne fosse effettivamente andata.
Con accortezza, estrasse l'anello dalla
tasca e se lo rigirò tra le dita, come soleva fare sempre più
spesso negli ultimi giorni.
Il piccolo solitario incastonato nella
montatura catturò i riflessi argentati delle stelle, baluginando.
Il Dottore non sapeva per quale motivo
avesse rivolto ad Amy quelle parole tanto fiduciose quando lui per
primo era perfettamente a conoscenza del fatto incontrovertibile che
ella non avrebbe mai più potuto ricongiungersi a Rory, l'unica
persona in grado di riempire il vuoto di cui la giovane aveva
parlato.
- Stupido, vecchio Dottore. -
L'ultima cosa che voleva era darle
false speranze, ma non era sempre stato questo il suo ruolo? Non era
forse l'inguaribile ottimista? Non era il sognatore dei sogni più
improbabili?
Nei suoi nove secoli di vita aveva
imparato che l'Universo è grande, vasto, complicato e ridicolo e, a
volte, anche se molto raramente, accadono cose impossibili che
chiamiamo miracoli.
Perché mai quella volta avrebbe dovuto
essere diverso? Perché Amy e Rory non avrebbero potuto avere il loro
miracolo?
In quell'istante, lo scintillio
dell'anello tra le mani del Dottore sembrò quasi un invito a non
abbandonare quella remota speranza.
Da Stria93: Ciao a tutti,
Whovians!
Questa è la mia seconda pubblicazione
in questo fandom, anche se la prima è stata una drabble.
Che dire... sono una fan accanita di
Amy e Eleventh. Il loro rapporto è qualcosa di unico e speciale che
mi ha sempre affascinata ed emozionata tantissimo.
Avrei voluto vedere di più del
difficile momento della quinta stagione in cui lei non ricorda nulla
di Rory e così ecco sfornato questo breve scritto pre 5x11.
Non ho resistito all'idea di inserire,
verso la fine, le due citazioni. Mi sembrava che stessero bene col
contesto generale.
Spero davvero che questa shot vi possa
piacere. Ringrazio tantissimo chiunque leggerà e, ancora di più,
chi volesse farmi un grandissimo regalo lasciandomi il suo parere. :)
Alla prossima, Sweeties! Baci!