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Autore: Loop    18/02/2009    0 recensioni
Breve one shot tratta dall'omonima canzone; quando l'amore non esisteva, e la terra era piatta, e gli uomini avanzavano rotolando; quando gli dèi ci divisero perché imparassimo cos'era l'impotenza e il dolore. Fino ad oggi, quando incontrandoti ho sentito che tanto tempo fa, siamo stati una cosa sola.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Origin Of Love

The Origin Of Love

A Roland

Qualche volta mi hanno detto che le ombre, al tramonto, fanno un po’ paura; si allungano, cambiano forma, sembra quasi che ti vogliano acchiappare.

A me però, ora sembrano soltanto lunghi ritagli di stoffa, quella stoffa leggera e un po’ trasparente che si usa d’estate.

Proprio ora i grandi ritagli si allungano sul pavimento, fin quasi a toccare il mio letto.

Tu ti volti piano, fra le lenzuola, e c’è talmente tanto silenzio che sento il fruscio della tua pelle contro la stoffa, che si muove lenta, al ritmo del tuo corpo.

Apri un poco gli occhi, come i bambini, e hai le ciglia impigliate, perché hai dormito molto.

Mi guardi, e a me viene in mente una canzone vecchia, che mi piaceva tanto, che mi faceva pensare a te quando ancora non sapevo che ci fossi.

Parlava di un mito vecchio, parlava di come è nato l’amore.

“Posso raccontarti una storia?”

“Mhm. Si. Che sia bella però.”

Ti sorrido piano, e provo a dirti con gli occhi che per te ho solo storie belle.

“Vedi, quando la Terra era ancora piatta, e le nuvole erano fatte di fuoco, e le montagne arrivavano al cielo, e qualche volta anche più in alto, le persone vagavano per la terra rotolando, si, proprio rotolando.”

Tu ridi, con la tua risata che vibra sotto la pelle, ma non interrompi la storia.

“Rotolavano perché avevano due paia di gambe, e due di braccia, e due teste, e per questo potevano anche parlare mentre leggevano. E non sapevano cosa fosse l’amore, perché erano due esseri in uno, due anime legate per tutta la vita.

“Allora esistevano tre sessi: uno aveva l’aspetto di due uomini incollati per la schiena, ed erano chiamati Figli del Sole; poi c’erano le Figlie della Terra ed erano due ragazze che sembravano arrotondate l’una dentro l’altra; infine, i Figli della Luna, metà sole, metà terrà, metà figlio e metà figlia.

“Ma erano esseri troppo forti, e gli déi si spaventarono della loro potenza. Così Thor disse agli altri dèi : “Lasciate che li uccida col mio martello, come ho ucciso i giganti!”. Ma Zeus intervenne: “No, fammi invece usare le mie folgori come forbici, come quando ho tagliato le gambe alle balene, e ho tramutato i dinosauri in lucertole.” E così dicendo prese un paio di folgori e ridendo disse : “Li dividerò a metà, li taglierò in due!” E nubi tempestose si raccolsero in cielo, e divennero vampate di fuoco.”

Tu sgrani gli occhi, e mi sembri un bambino così, con la bocca socchiusa, a immaginare le mie parole.

“E il fuoco piombò giù dal cielo, e tagliò la carne, e separò per sempre i figli del Sole, e della Terra, e della Luna.

“Poi un dio indiano cucì la ferita lasciando un buco sulla pancia, perché ci ricordassimo del prezzo che avevamo pagato per la nostra forza, e Osiride e gli altri dèi del Nilo scatenarono uragani e tempeste perché ci disperdessimo nel mondo…”

Credo che ormai hai capito dove voglio arrivare, ma ascolti paziente, con un mezzo sorriso sulle labbra scure.

“E se non faremo i bravi, credo che ci taglieranno ancora, lasciandoci solo un occhio, un braccio e una gamba.”

E qui tu ridi, e la tua risata è densa e scura, e odora di camelie e tabacco e legno, e vorrei che tu fossi sempre capace di ridere così, perché tutto quello che amo lo dici quando ridi.

Ma poi taci, per farmi continuare, perché la storia è bella, e anche se ormai sai che non è mia, è bella lo stesso qui, sotto il tramonto, prima di addormentarci di nuovo.

“E poi?”

“Beh, ti ricordi la prima volta che ci siamo visti? Io ti guardavo, e tu mi guardavi, perché avevo un viso familiare, ma non riuscivi a capire chi fossi, perché avevi sangue negli occhi, e io sangue sul viso. Ma avrei giurato che il dolore nella tua anima, era lo stesso che sentivo io. E noi lo abbiamo chiamato amore. E abbiamo tentato di ritornare come eravamo, abbiamo fatto l’amore per tornare una cosa sola, come quando siamo usciti dalle mani di Giove…”

“Ricordi quella notte? Faceva freddo, ed era buio. E’ così che è nato l’amore?”

“Non lo so. Tu cosa credi?”

Non è vero.

Io ci credo davvero che è stato così, che una volta siamo stati una cosa sola.

Perché mi sono sempre sentita incompleta, e ho capito che cos’era quel vuoto che sentivo dentro al cuore quando tu mi hai abbracciata.

Ma è meglio che tu non lo sappia, perché gli dèi potrebbero arrabbiarsi di nuovo, e chissà quanto mi ci vorrebbe per ritrovarti.

Adesso aspettiamo le stelle, aspettiamo che gli dèi dormano per diventare di nuovo una cosa sola, per ritornare ad essere forti come non lo siamo mai stati; e mentre il sole calerà, mi ricorderò di tutti i giorni in cui tu non eri con me, ma io sapevo di doverti trovare un giorno, sapevo che mi stavi aspettando, sapevo che respiravi, da qualche parte.

Mi ricorderò delle notti con le stelle chiare, che ridevano della paura che provavo, ridevano della solitudine.

E poi ti guarderò, e la tristezza si annullerà sulla linea del tuo naso, mentre i colori saranno risucchiati dal nero delle tue iridi, e la tua bocca scriverà una nuova storia.

Fine

  
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