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Autore: Jinny82    17/10/2015    3 recensioni
La seconda guerra mondiale è agli sgoccioli, ma per Ikki e Shun è la quotidianità
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prima di leggere: questa storia è ispirata a "Una tomba per le lucciole", versione studio ghibli (non libro e non drama. Il libro non l'ho letto, il drama special visto solo una volta XD). Ma: non sono lo studio ghibli, quindi vi prometto che alla fine i fazzoletti potete metterli via!
I personaggi hanno età differenti da quelle dei protagonisti della storia, in quanto Setsuko era più piccola (4 anni) e Seita più grande (14 anni), di conseguenza le varie reazioni alle varie situazioni saranno differenti (ma ho preso ispirazione e basta, tenendo certi episodi, ma eliminandone o unendone assieme altri). Inoltre il carattere stesso dei personaggi è differente (ho messo OOC perché il contesto generale è differente da quello in cui li veiamo sempre e di conseguenza reagiscono in maniera differente).Per altri tedi, alla fine XD





Ikki odiava la guerra, con tutto il suo cuore. Aveva otto anni, due anni prima, quando il papà era partito con la sua flotta. Adesso sei tu l’uomo di casa, gli aveva detto. Devi proteggere la mamma e tuo fratello. Ma Ikki aveva otto anni, non aveva idea di come si potessero proteggere le persone.
La odiava perché dopo poco che il papà era partito, la mamma aveva dovuto iniziare a lavorare; ma la mamma era cagionevole, e debole di cuore, quidi Ikki aveva sempre paura di non vederla tornare. Aveva detto di voler lavorare lui al posto suo, era lui l’uomo di casa, no? Ma era troppo piccolo, e ancora con l’obbligo di andare a scuola.
La odiava perché Shun, che di anni quando papà era partito ne aveva quattro, non si permetteva più di lasciarsi andare. Non devo piangere, per nii-san e per la mamma, diceva. Ma a ogni bombardamento, Ikki lo vedeva lottare. A ogni notizia che la radio trasmetteva, che riportasse sconfitta o vittoria, Shun soffriva immensamente per quelli che non sarebbero tornati, e per quelli che non li avrebbero visti ritornare, e si tratteneva. Ikki allora gli prendeva la mano e Shun gli si aggrappava.
A sei anni, Shun era diventato un bambino taciturno e troppo serio. Tutti dicevano sembrasse una bambina, con i capelli chiari e morbidi e gli occhi verdi, ereditati dalla nonna irlandese, ma lui non sembrava prendersela.
<< Perché li lasci parlare?! >> gli chiedeva Ikki. Shun si stringeva nelle spalle
<< A cosa servirebbe prendermela? E poi è vero, in fondo. Sono piccolo per la mia età, e assomiglio più alla mamma che al papà ... >>
Ikki si imbronciava a quelle parole, ma aveva imparato che era meglio lasciar perdere, per non far soffrire di più Shun. E lui aveva dieci anni e voleva che il suo fratellino tornasse a ridere come faceva prima della guerra ...
<< Shun non piange più tanto ... è diventato bravo ... >> sentì dire un giorno ad una vicina
<< Però non ride neanche più ... >> rispose la mamma. Ikki andò con lo sguardo a Shun, che era seduto accanto a lui al tavolo basso nella stanza centrale della loro piccola casa, e lo vide accigliarsi un momento, per poi riprendere gli esercizi di kanji. Ikki gli scompigliò leggermente i capelli, e Shun gli fece un mezzo sorriso, a cui Ikki rispose prontamente.
 
A scuola iniziarono ad isolarli sempre di più. Shun si vedeva fin da lontano che non fosse completamente giapponese. Per Ikki ci si doveva accorgere del colore particolare degli occhi, un blu scuro con una punta di viola, ma ormai a scuola lo sapevano tutti. Li chiamavano Oni e li lasciavano in disparte, impedendogli di usare le altalene o gli attrezzi per la ginnastica, spintonando Shun, che era piccolo, ignorando lui.
Non dicevano niente alla mamma, per non farla preoccupare, ma quando dovette tornare a casa portando Shun in braccio perché l’avevano picchiato (badando bene a non farsi vedere da lui fino a fatto accaduto), non poterono nascondere la cosa.
La mamma prese Shun e lo portò subito dal dottore, che si limitò a medicargli le escoriazioni e controllare sommariamente che non avesse niente di rotto. Ikki vide Shun fare un sacco di smorfie, ma solo quando furono di nuovo a casa iniziò a piangere. Non voleva tornarci a scuola. Si disperò così tanto che gli venne la febbre.
Quando si fu addormentato, la mamma fece segno a Ikki di sederlesi vicino. Il bambino obbedì e lei lo abbracciò
<< Mamma! >> protestò Ikki, imbarazzato. Lei rise, ma tornò subito seria, guardando Shun steso nel futon
<< Da quanto va avanti? Prese in giro, botte ... vi isolano? >>
Ikki abbassò il viso
<< Non volevamo che ti preoccupassi ... >> mormorò. Lei sospirò e lo abbracciò di nuovo, tenendolo poi stretto con un braccio, l’altra mano che accarezzava teneramente una guancia a Shun.
<< Credo sia successo in classe ... è stato il suo maestro a venire a chiamarmi, ma non li ha fermati ...  >> mormorò Ikki, lo sguardo fisso sul più piccolo. Si concesse di rimanere abbracciato alla madre per un po’, poi si alzò e prese i futon dall’oshiire, stendendoli ai due lati del futon di Shun, sorridendo
<< Così se si sveglia, da qualsiasi parte si giri ha qualcuno. >> disse. La mamma gli sorrise di rimando
<< Sei davvero l’uomo di casa, eh. Ma io dormo tra un pochino. Prima devo scrivere a vostro padre. Deve sapere cos’è successo. >> disse, in tono severo. Ikki annuì, per poi spogliarsi ed infilarsi nel futon. Shun dovette percepirlo, perché gli si rannicchiò contro, cosa che fece ridacchiare la mamma. Ikki si addormentò accarezzando i capelli del fratellino.
Si svegliarono di soprassalto per l’allarme antiaereo. La mamma li fece vestire in fretta, con Shun che si lamentava di odiare i rifugi. Presero la foto di papà, la lettera che la mamma aveva appena finito di scrivere, e corsero fuori. Ikki prese Shun in braccio, vedendo che faticava ancora a correre. La mamma gli teneva una manica della casacca, in maniera da non perderlo nella folla che si affrettava verso i rifugi. Shun tremava ancora per la febbre, nonostante iniziasse già a fare caldo e avesse il cappuccio imbottito in testa. Come sembrava piccolo, conciato così, si trovò a sorridere Ikki.
Rimasero nel rifugio per una mezz’ora soltanto, e in quella mezz’ora la mamma non mancò di dire a tutti quello che era successo a Shun
<< Poi è crollato ... non si lamenta mai, non piange mai, ma questo ... povero piccolo ... >> sospirò. Ikki vide un sopracciglio di Shun inarcarsi, ma rimasero in silenzio con il viso basso finché non poterono uscire. La loro zona era stata poco colpita, e casa loro era ancora in piedi e senza alcun danno. In compenso qualche spirito o qualche divinità doveva aver sentito il pianto di Shun, perché la scuola era stata rasa al suolo.
Il giorno dopo scoprirono che non c’era spazio sufficiente nelle scuole in cui sarebbero potuti essere accolti, quindi si trovarono a dover studiare a casa, come molti dei bambin del vicinato.
<< Mi sa che è colpa mia ... >> sospirò Shun quel pomeriggio, mentre aspettavano che la mamma tornasse. Avevano la radio accesa e stavano ascoltando le notizie dal fronte, quindi Shun era di umore decisamente malinconico. Ikki si trovava spesso a pensare che, nonostante l’aspetto, Shun fosse cresciuto, nell’ultimo periodo. Troppo in fretta. Gli si sedette vicino e lo abbracciò, ma Shun si staccò, con una smorfia
<< Ahio ... >> borbottò, imbronciandosi
<< Di solito ti piacciono gli abbracci ... >> fece notare Ikki
<< Mi piacciono anche oggi, ma mi fa male tutto. >> sbuffò il più piccolo. Rabbrividì leggermente
<< Hai avuto paura? >> chiese Ikki, posandogli una mano sui capelli. Shun annuì, continuando a guardare fuori dalla portafinestra davanti la quale era seduto
<< Scusami ... avrei dovuto difenderti ... >>
<< Nii-san, per potermi difendere avresti dovuto sapere cosa stava succedendo ... >> gli fece notare Shun. Ikki sbuffò. Non faceva una piega ...
<< Sei troppo sveglio, piccoletto. >>
Shun ridacchiò, e Ikki sgranò gli occhi. Erano mesi che non sentiva una risata uscire dalle labbra del fratellino ... solo qualche sorriso, ma una risata ... Shun lo guardò, sorpreso
<< Hai riso ... >> si giustificò Ikki. Shun sorrise, annuendo
<< Penso di essermi sbloccato ... >> disse. Ikki gli scompigliò i capelli. Sentivano le voci degli altri bambini, fuori, che giocavano
<< Vuoi andare anche tu? >> chiese Ikki, facendo un cenno verso l’esterno. Shun scosse la testa, con una smorfia. Ikki sospirò, ricominciando a giocherellare con i suoi capelli. La mamma si rifiutava di tagliarglieli. E si rifiutava anche di rasare lui, altra cosa per cui tutti li prendevano in giro. Siete pettinati come le bambine, dicevano. Ma a lui non importava. Se alla mamma piacevano così, andavano bene così anche a lui. E poi i capelli di Shun, così morbidi, gli piacevano tanto ...
<< Nii-san, mi fai il solletico! >> protestò il più piccolo, scostandosi leggermente. Ikki rise ed attesero la mamma giocando a carte, con la portafinestra soalancata, godendosi l’inizio dell’estate.
 
La mattina dopo, la sirena suonò poco dopo che la mamma era uscita per andare al lavoro. Ikki si trovò a raccogliere le solite cose, aiutato da Shun. Lo costrinse in qualche modo a mettere il cappuccio imbottito, nonostante il più piccolo si lamentasse del caldo, e mise il cappello. Ma dovevano aver dato l’allarme in ritardo, perché quando uscìrono, gli aerei stavano già sorvolando la zona. Shun gli si aggrappò alla manica, indicando in su, con gli occhi sbarrati. Ikki vide le bombe cadere nella loro direzione. Trascinando Shun si nascose di nuovo dentro casa, rannicchiandosi accanto allo scalino dell’entrata, tenendo Shun stretto a sé, attendendo l’esplosione che non arrivò. Dopo un po’, i due bambini si arrischiarono a guardare fuori, vedendo solo pezzi di qualcosa con una fiammella. Tanti. Ovunque. Ikki prese la mano di Shun e si avviò cautamente per la strada. Un istante dopo, tutto prese a bruciare. I due bambini iniziarono a correre, mentre altre bombe cadevano attorno a loro, anche sulle persone. Ikki si risolvette a prendere Shun sulle spalle, correndo poi più veloce che poteva. Si impose di ignorare quelli che correvano in fiamme, quelli che non riuscivano a raggiungere i rifugi, quelli che fuggivano dai rifugi in fiamme. Si fermò solo allo sbocco, coperto da un tunnel di cemento, di un canale di scolo, e posò a terra Shun, cadendo poi seduto, esausto. Shun tremava forte e teneva gli occhi sbarrati, le ginocchia strette al petto, i pugni tanto stretti da avere le nocche bianche. Ikki inspirò profondamente e prese le mani al fratellino, sciogliendogli i pugni
<< Qui siamo al sicuro. >> gli disse, costringendolo a guardarlo negli occhi
<< Nii-san ... >> Shun era sconvolto. E accidenti, lo era anche lui. Rimasero seduti vicini, in silenzio, per un po’.
<< La mamma starà bene? >> chiese Shun. Ikki sospirò. Lo sperava ...
<< Aveva le medicine. E c’è un rifugio dove lavora. >> rispose. Shun sospirò a sua volta.
Quando la sirena suonò nuovamente, uscirono dal loro rifugio
<< Devo fare pipì ... >> sbuffò Shun
<< Ti aspetto ... >> ridacchiò Ikki, mentre il più piccolo si allontanava leggermente, nascondendosi dietro alcuni cespugli.
Dopo, salirono su per la collina sotto la quale c’era il canale di scolo in cui erano andati a rifugiarsi, e Ikki si sentì mancare. Kobe non c’era più, o quasi. Quello che non era crollato, stava ancora bruciando. Shun gli si aggrappò alla manica della giacca con tutte due le mani, mordendosi forte le labbra. Ikki invidiò quelli con fratelli molto più piccoli. Perché Shun capiva. Anche troppo.
<< La mamma dice di andre ai due pini, se succedesse qualcosa come ... adesso ... >> mormorò, ritrovando un minimo di lucidità. Shun annuì e lo seguì, mentre costeggivano il fiume. Si stavano radunando tutti li, e sentivano sprazzi di discorsi. Nessuna casa era stata risparmiata, o quasi. C’erano persone che non avevano avuto la possibilità nemmeno di tentare di fuggire. Altri parlavano di conoscenti che erano stati colpiti direttamente dalle bombe incendiarie (ah, allora era così che si chiamavano). Ad ogni parola, le mani di Shun gli stringevano la manica più forte.
Quando arrivarono ai due pini, si sedettero di nuovo. Una vicina li riconobbe e li raggiunse. Pulì loro il viso con un fazzoletto e Ikki glie ne fu grato
<< Eravate in casa da soli? >> chiese. Ikki annuì
<< La mamma era al lavoro ... >> mormorò, guardando poi istintivamente verso la zona dove avrebbe dovuto esserci la fabbrica. Solo fiamme.
<< Sei proprio un ometto. >> lo lodò la donna, e Ikki avrebbe voluto gridarle in faccia che aveva già dieci anni, e che erano figli di un ufficiale della marina imperiale. Ma la verità era che si sentiva piccolo e sperso e non aveva idea di come fare
<< Casa nostra non c’è più ... >>
Il mormorio di Shun attirò la sua attenzione. Il più piccolo stava guardando fisso il punto dove fino a meno di un’ora prima sorgeva il loro quartiere.
Pose una mano sulla nuca al fratellino, facendogli posare il viso contro il proprio petto. Shun gli si abbandonò contro, con un sospiro.
Un poliziotto in bicicletta passò con un megafono, per chiamare quelli del loro quartiere alla scuola del quartiere vicino, dove avevano preparato l’alloggio temporaneo.
<< Andiamo. Se stanno raccogliendo tutti la, arriverà anche la mamma. >> disse Ikki, alzandosi. Shun annuì e si alzò a sua volta. Come sembrava piccolo, con il cappuccio in testa, i segni delle botte ancora visibili, la casacca troppo grande. Ikki gli tese la mano, ma Shun scosse la testa, caparbio. Poteva tenere il passo. Forse. Dopo dieci minuti, Ikki sentì la mano del più piccolo insinuarsi nella sua. Abbassò il viso, cercando di capirne l’espressione, ma il cappuccio la celava
<< Puoi toglierlo, ora ... >> gli disse, sorridendo. Shun si fermò, armeggiò un poco con il laccio che lo chiudeva e, con un sospiro di sollievo, se lo tolse, ripiegandolo e legandoselo sulla schiena. Era sudato, e Ikki rise, mentre col fazzoletto tentava di asciugarlo almeno un po’
<< L’avevo detto io, che avevo caldo! >> borbottò Shun. Ikki gli scompigliò i capelli, e si avviarono di nuovo.
Quando arrivarono alla scuola, una collega della madre li raggiunse. Guardò per un momento Shun, mordendosi il labbro inferiore, poi prese in disparte Ikki
<< Meno male sei arrivato ... >> gli disse, facendogli poi segno di andare a parlare con un medico che stava controllando i feriti
<< Nii-san ... >> chiamò Shun
<< Sto io con lui. Vai. >> sospirò la donna. Ikki annuì e si allontanò, ignorando la voce di suo fratello. Doveva essere davvero sottosopra, pensò. Non aveva mai nemmeno pensato di ignorare Shun ...
Il medico lo guardò, con aria di sufficienza, e Ikki si presentò. L’espressione dell’uomo cambiò radicalmente e, scuro in viso, gli fece segno di seguirlo.
In una stanza isolata, stava ... qualcosa che poteva assomigliare ad una persona, completamente bendata. Solo il naso e la bocca uscivano.
<< Ah, meno male, s’è addormentata ... >>
Ikki si avvicinò al giaciglio, ma si fermò di nuovo
<< Nella sua borsa dovrebbero esserci le medcine per il cuore ... deve prenderle ... >> mormorò. Non gli veniva in mente altro da dire.
<< Ascolta ragazzo ... è molto, molto grave. Domattina proviamo a trasportarla in un ospedale qui vicino. Ma ... >>
Ikki abbassò il viso ed il medico gli posò una mano sulla spalla, per poi uscire dalla stanza. Ikki si inginocchiò accanto al giaciglio, cercando qualcosa di sua madre in quell’ammasso di bende che a malapena respirava. Cos’avrebbe detto a Shun? Aveva sei anni, ed era incredibilmente intelligente per la sua età, ma ... era comunque un bambino ancora piccolo ... si alzò, facendo un cenno con la testa alla mamma, come se lei potesse vederlo
<< Gli dico che starai bene, d’accordo? Quindi guarisci ... >> e dicendo così, uscì. Il medico gli diede l’anello della mamma. Ikki lo accettò sentendo il cuore sprofondare un po’ di più.
Uscì nel cortile, dove aveva lasciato Shun alle cure della collega della mamma. Sorrise, vedendo il più piccolo ridere e si avvicinò
<< Nii-san! >> Shun gli corse incontro. Ikki si affrettò a mettere l’anello in una tasca che si chiudeva con un bottone, mentre Shun gli si gettava contro, circondandogli i fianchi con le braccia. La donna gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla, poi si allontanò, dicendo che avrebbe portato loro la razione di biscotti che stavano distribuendo a tutti. Pareva che gli adulti pensassero che un gesto appena accennato fosse sufficiente a consolarlo ...
<< C’è la mamma? Possiamo vederla? >> chiese Shun, alzando il viso. La sua espressione si incupì, e Ikki si trovò di nuovo a volere un fratello più piccolo che non capisse sempre tutto così in fretta
<< L’hanno portata in ospedale ... quello della città vicina non è stato colpito, hanno detto ... Forse domani ci portano ... >> mentì. Shun lo guardò. Poi serrò la mandibola
<< Ma io voglio incontrarla! >> protestò
<< Adesso non si può, Shun! >> sbottò Ikki, allontanandosi e dandogli le spalle. Sentì Shun tirare su con il naso. Ancora. Ottimo, era riuscito a farlo piangere.
<< Nii-san ... >> arrivò il richiamo. Un lamento talmente straziante che Ikki dovette mordersi forte le labbra. Si girò, guardando il più piccolo, sorridendogli leggermente. Shun gli si avvicinò, sempre piangendo in silenzio, e gli nascose il viso contro la casacca.
<< Non volevo farti arrabbiare nii-san, scusa ... >> mormorò Shun, con la voce che gli tremava
<< E io non volevo farti piangere ... >> sospirò Ikki, posandogli una mano sulla testa. Shun si staccò, con un sospiro, e si asciugò gli occhi con la manica. Ikki gli sorrise
<< Sei fin troppo bravo ... >> mormorò
<< Guarda che non sei tanto più grande di me! E ... beh, se reggi tu, reggo io. Insieme. >> mormorò Shun, guardandolo negli occhi e imbronciandosi leggermente. Ikki lo abbracciò
<< Si incredibile, piccoletto. >> gli disse, sorridendo.
Passarono quella notte alla scuola, e non ci furono alri raid. Non hanno lasciato niente da bombardare, gli aveva fatto notare Shun, poco prima di addormentarsi. L’indomani, il medico andò a cercarlo. Ikki lo seguì, bene attento a non svegliare Shun, e venne fatto entrare nella stanza.
<< E’ morta durante la notte ... >> mormorò l’uomo. Ikki guardò mentre prendevano la mamma e la mettevano su una stuoia, per portarla fuori, dove c’era già una pira. Ce n’erano tante, in realtà ...
<< Avete qualcuno da cui andare? >> chiese il medico. Ikki annuì. Avevano una zia che abitava in un piccolo paese poco distante da li ... seguì con lo sguardo gli uomini che mettevano la mamma sulla pira e accendevano il fuoco, poi si accucciò a terra
<< Sarà dura ... >> mormorò il medico, facendolo alzare. Ikki inspirò a fondo qualche volta, poi annuì, serio.
<< Ho Shun. >> disse, deciso. Guardò ancora fuori le fiamme che si alzavano
<< Le ceneri? >> chiese, con un filo di voce
<< Domani puoi venire a prenderle. Oggi vai dove abbiate qualcuno che si prenda cura di voi, d’accordo? >>
Ikki annuì. Tornò nella palestra, dove avevano steso i futon. Shun era già sveglio, e si guardava attorno, cercandolo. Ikki lo raggiunse
<< Scusa, sono andato a parlare col medico. >> gli disse, accarezzandogli il viso. Shun si imbronciò subito
<< Non possiamo vederla neanche oggi, vero? >> chiese. Ikki si morse il labbro inferiore
<< Deve riposare molto ... e prima dobbiamo andare dalla zia ... >>
Shun abbassò il viso e Ikki si chiese come avrebbe fatto a continuare a mentirgli. E quale reazione avrebbe avuto sapendo la verità ...
<< Almeno abbiamo un posto dove andare ... >> quasi pigolò il più piccolo, gli occhi verdi velati di lacrime. Ikki ebbe l’impresione che avesse di nuovo intuito più di quanto avrebbe dovuto.
Meno di mezz’ora dopo, stavano camminando verso la stazione. La ferrovia era rimasta miracolosamente intatta.
Quando vide arrivare il treno, Shun si entusiasmò tanto da attirarsi sguardi poco simpatici da parte degli adulti presenti, ma Ikki non se la sentì di rimproverarlo. E, una volta saliti, anche lui si trovò in ginocchio sul sedile con la faccia incollata al vetro
<< Nii-san! Stiamo andando velocissimi! >> diceva Shun ogni tanto, per poi ridere deliziato.
Quando arrivarono a casa della zia, però, ci fu il primo problema. La donna, infatti, non aveva la minima idea che le sarebbero capitati tra capo e collo, ed andò completamente nel panico
<< Non ho posto! Non so dove mettervi! E poi! Altre due bocche da sfamare! Che ha vostra madre per la testa, eh?! >>
<< La mamma ... >> Ikki si morse la lingua. Stava per dire “è morta questa mattina”. Si era fermato giusto in tempo
<< E’ in ospedale! Cattiva! >> gridò invece Shun, iniziando poi a piangere. Ikki lo strinse a sé, sconvolto dal fatto che Shun avesse alzato la voce con un adulto. Guardò la donna davanti a lui cambiare completamente espressione ed atteggiamento
<< Poveri piccini ... >> sospirò << Beh, non possiamo fare altrimenti ... >> continuò, con aria pensosa
<< C’è una stanza che non usiamo. Ma dovete pulirvela da soli. >> disse, entrando e facendo loro segno di seguirlo.
Ikki asciugò il viso a Shun, che stava tentando di calmarsi, e la seguì all’interno. Lei fece loro vedere la stanza, poi li armò di stracci per la polvere e una spazzola morbida, da usare inumidita per pulire il tatami.
<< Beh, all’opera. >> decretò Ikki, mettendosi le mani sui fianchi. Shun rise e si mise a pulire il tatami, mentre Ikki toglieva polvere e ragnatele dove arrivava. Aprirono l’oshiire, trovando i futon che la zia aveva detto loro di usare e, portandone uno alla volta perché pesavano e loro tanto grandi non erano, li misero ad arieggiare.
Quando loro cugina tornò da scuola, Ikki non riuscì a fermare Shun che le corse incontro, facendosi prendere in braccio
<< Come siete cresciuti dall’ultima volta! >> li salutò lei, schioccando un grosso bacio sulla guancia a Shun, che ridacchiò, tutto contento
<< Non credere di sfuggirmi tu. >> disse lei, avvicinandosi a Ikki ed abbracciandolo. Ikki si staccò, al culmine dell’imbarazzo
<< Nii-san dice che ormai è troppo grande per gli abbracci ... ma io no, posso avere anche il suo? >> chiese Shun. La ragazza, che ormai era all’ultimo anno di liceo, rise e strinse di nuovo il piccolo. Poi lo guardò meglio
<< Che brutti lividi! >> disse, preoccupata. Shun fece una smorfia
<< L’hanno picchiato a scuola ... >> borbottò Ikki
<< E tu non hai fatto niente? >> si informò lei
<< Mica si sono fatti vedere da nii-san, sai. E anche il maestro è andato a chiamarlo dopo che avevano finito ... >>
<< E perchè se la prendono così con te? >>
<< Perchè sembro una bambina. E ho gli occhi verdi ... >> mormorò Shun. Lei si indignò e corse subito a parlarne con la madre, che commentò il tutto indignandosi più della figlia. Ora di sera, tutte le vicine erano andate a vedere il bambino che sembrava una bambina, riempiendolo di complimenti e coccole. Ikki ridacchiava guardando quanto accadeva, mentre Shun di certo non si sottraeva.
Quando venne la sera, Ikki si rese conto che la zia diede loro le dosi più piccole e rifiutò di dare ancora zuppa di miso a Shun
<< Già è piccolo per la sua età! >> tentò di protestare Ikki, ma Shun gli mise una mano sul braccio
<< Non si aspettava che saremmo venuti. >> disse, per poi impilare ordinatamente le ciotole ed il piattino usati. Poi si scusò e si ritirò
<< Com’è educato ... >> sospirò la zia
<< Vero. Ma è ancora piccolo! >> sibilò Ikki, per poi alzarsi a sua volta, scusandosi, ed andando a cercare il fratellino. Lo trovò nella stanza che gli avevano assegnato, al buio, intento a guardare fuori
<< Voglio tornare a casa, nii-san ... >> mormorò, girandosi e vedendolo entrare. Ikki gli si sedette accanto
<< Non ce l’abbiamo più una casa. >> si trovò a mormorare. Shun sembrava sul punto di mettersi a piangere
<< Lo so. >> mormorò invece. Si avvicinò ai futon, spogliandosi in fretta e sdraiandosi su un fianco. Ikki si sdraiò sul futon accanto, anche lui con indosso solo la biancheria, dopo essersi premurato di abbassare la zanzariera. Shun gli si rannicchiò contro
<< Domani vado a vedere se c’è ancora la roba che abbiamo seppellito in giardino. >> disse Ikki. Shun annuì, nella penombra
<< Io ti aspetto qui. Magari scrivo a papà, così gli dico che siamo qui ... e così vede quanti kanji ho imparato ... >>
Ikki ridacchiò, scompigliandogli i capelli
<< Crederà di essere stato via molto più di quanto pensasse! Ne sai più di me ormai! >>
<< Perché tu non studi, nii-san! >> lo rimproverò Shun. Poi sbadigliò e si addormentò di botto. Ikki rise a bassa voce, poi chiuse gli occhi, addormentandosi a sua volta di li a poco.
 
La mattina successiva si fece prestare un carretto da uno de contadini della zona ed andò in città, o quello che ne rimaneva, trascinandolo. Ci voleva mezz’ora, dopotutto.
Arrivò al loro quartiere che il sole era già alto. Stavano già ripulendo le strade dai detriti. Le carcasse bruciate dei tram guardavano con i loro occhi ciechi ed anneriti la scena di decine e decine di persone che scavavano tra le macerie ala ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, fosse anche un lembo di stoffa bruciacchiato da portare con sé, per non dimenticare completamente la vita quando ancora era tale.
Ikki andò diretto verso quello che era stato il loro giardino. Spostò dei pezzi di lamiera, che non aveva idea di come fossero arrivati li, ed alcune tegole, raggiungendo infine il posto dove, in un grande vaso di terracotta infilato in una buca, avevano sepolto le loro cose più preziose. Soldi, le spille ed i fermacapelli della mamma, i kimono, e poi delle umeboshi, e, cosa che gli fece brillare gli occhi per la gioia, delle caramelle. Shun sarebbe stato felicissimo!
Portò tutto sul carro, a rate perché era troppo per lui da solo, poi si fermò alla scuola, sempre tenendo il carretto ben saldo.
Gli consegnarono le ceneri della mamma in una scatola di legno, che lui mise sul carro, con un sospiro.
Fece il viaggio di ritorno pensando a come nascondere la cosa a Shun ... poco lontano da casa della zia si fermò. Scavò con le mani, e seppellì la scatola con le ceneri, poi ricoprì il buco e si spolverò alla meno peggio. Dovette accucciarsi un momento, sentendosi sul punto di crollare, poi riuscì a raccogliere coraggio sufficiente e, sempre trascinando il carretto, raggiunse la casa della zia. Posò un momento le varie cose e corse a riportare il carretto, per poi tornare definitivamente. Prese la scatola di latta con dentro le caramelle e se la infilò in tasca, poi entrò, portando dentro alla meno peggio tutto. La zia lo aiutò, e Ikki vide che aveva gli occhi che le brillavano. Le diede le umeboshi
<< A Shun non piacciono, sono troppo aspre, tossisce sempre se le mangia ... >> disse
<< Beh ... in questo caso ... grazie ... >>
Ikki scrollò le spalle e si affrettò a portare nella loro stanza i kimono e gli accessori della mamma, infilandoli in un cassetto vuoto. Shun, che stava leggendo sdraiato sul tatami, alzò lo sguardo, poi riabbassò il viso, imbronciandosi
<< Anche oggi non andiamo dalla mamma ... >> mormorò. Ikki rimase appoggiato con le mani alla cassettiera, cercando di scacciare il pensiero della scatola di legno sepolta poco lontano dalla siepe. In quel momento Shun iniziò a piangere forte, urlando che voleva vedere la mamma, e Ikki si sentì come se lo stessero strappando in mille pezzetti. Inspirò profondamente, poi si girò e si accucciò davanti al fratellino, prendendolo per le spalle
<< Ascoltami, Shun! Non so quando potremo incontrarla. Ma devi essere forte. Anche per lei! Hai capito, piccolo? >>
Shun si asciugò gli occhi, riuscendo a calmarsi in qualche modo. Poi gli si rannicchiò contro. Ikki gli soffiò nei capelli, strappandogli una risatina
<< Chiudi gli occhi. >> gli disse poi. Shun obbedì
<< E adesso apri la bocca. >> disse ancora Ikki, mentre apriva il coperchio della scatolina di latta e si lasciava cadere in mano una piccola sfera di zucchero alla frutta. La posò sulla lingua leggermente protesa di Shun. Il piccolo chiuse la bocca, poi spalancò gli occhi e saltò in piedi, ridendo e correndo per tutta la stanza, per poi lasciarsi cadere tra le braccia di Ikki e rimanere li, con un sorriso beato sul viso mentre succhiava la caramella
<< Aahhh nii-san, ti voglio bene! >> sospirò. Ikki rise e gli compigliò i capelli.
Quella sera, attese che il più piccolo si fosse addormentato, poi uscì senza fare rumore, andando a prendere la scatola. Quando rientrò, la zia era sulla soglia, con aria severa
<< Si può sapere dove sei andato a quest’ora? >> chiese. Poi vide la scatola ed impallidì
<< Quando …? >>
Ikki si strinse nelle spalle
<< Ieri mattina. Sono andato a prendere le ceneri oggi quando ho preso la roba da casa ... non dirlo a Shun, ti prego ... >>
<< Dovrebbe saperlo … >>
<< Si dispererebbe ancora di più ... troverò il modo e il momento, ma non adesso ... >> mormorò Ikki. La donna annuì e si ritirò. Ikki seppellì la scatola nel giardino, sotto un cespuglio di rose, si fermò a lavarsi le mani all’acquaio della cucina, poi tornò nella camera che divideva con Shun. Il più piccolo dormiva tranquillo.
Dopo poche ore, però, si svegliò piangendo, chiamando la mamma. Ikki tentò di calmarlo, mezzo addormentato, ma non ci riuscì. Come se non bastasse, la zi entrò, furiosa, nella stanza, ingiungendogli di farlo calmare, che in quella casa c’era gente che la mattina doveva alzarsi, non erano tutti fannulloni come lui. Ikki ingoiò la rabbia, prese Shun in braccio, ed uscì. Shun gli rimaneva aggrappato, singhiozzando
<< Hai già sei anni Shun ... >> tentò di rimproverarlo. Per tutta risposta il più piccolo gli si aggrappò più forte, nascondendogli il viso nell’incavo tra spalla e collo. Ikki si accovacciò a terra, per poi sedersi, sempre tenendo l fratellino tra le braccia, sul ciglio della stradina di campagna. Ed allora le vide
<< Shun! Le lucciole! >> sussurrò, come per paura di spaventare quelle piccole stelle alate. Shun si staccò leggermente, ancora tirando su con il naso, e si girò a guardare nella direzione che Ikki gli stava indicanto. Spalancò gli occhi e sorrise
<< Sono bellissime! >> disse, con una vocina talmente piccola che Ikki non riuscì a fare a meno di stringerlo forte. Shun gli regalò una risatina, per poi farsi serio
<< Non volevo che la zia ti sgridasse, scusa ... >> mormorò. Ikki fece una smorfia
<< Tanto avrebbe trovato un motivo per sgridarci doman mattina, non preoccuparti. >>
Shun si accoccolò meglio tra le sue braccia
<< E’ solo finché la mamma non sta meglio, vero? >> chiese, con un filo di voce. Ikki iniziò ad accarezzargli i capelli
<< Si. >> mentì.
Tornarono in casa e Shun dormì tranquillo il resto della notte.
Prese però a scoppiare a piangere ogni notte, o ad avere incubi terribili che poi lo lasciavano sveglio per tutto il resto della notte. Non sempre Ikki riusciva a calmarlo o a rimanere sveglio con lui. E di certo il fatto che la zia desse sempre meno da mangiare a tutti due non aiutava il più piccolo a stare meglio.
<< Il fatto, nii-san, è che non hanno più cibo nemmeno per loro ... >> sospirò una sera Shun. Ikki fece una smorfia a quelle parole e, in silenzio, strinse a sè l più piccolo, il cui stomaco stava brontolando da almeno un’ora. Prese la scatola di latta e la scosse. C’erano ancora parecchie caramelle, quindi ne diede una al fratellino, che lo ringraziò con un sorriso enorme.
 
Quella sera, la zia entrò nella stanza, annunciando che le scorte erano finite e i soldi pure e come loro due avevano intenzione di contribuire, dato che erano piombati li. Ikki non aveva trovato una risposta, Shun aveva abbassato il viso.
<< Allora? >> aveva chiesto la zia, facendo alzare il viso a Shun
<< Ha solo sei anni! >> aveva protestato Ikki. La donna aveva sbuffato ed aveva aperto il cassetto, prendendo i kimono della mamma
<< Con questi dovremmo riuscire ad avere parecchio riso, e una parte sarà tutta vostra, visto il contributo. >> e detto questo aveva fatto per uscire. Shun le si era aggrappato, piangendo, urlando che erano i kimono della mamma. Senza che Ikki riuscisse a fare niente, il più piccolo aveva rimediato uno schiaffo ed un rimprovero sul comportamento ingrato.
<< Voglio andare via ... >> singhiozzò Shun. Ikki lo strinse a sé, mordendosi forte le labbra per non iniziare a piangere anche lui. Accarezzò i capelli del più piccolo finché non si fu calmato. Shun si staccò ed andò a sedersi davanti alla finestra, e Ikki pensò si fosse imbronciato. Quando però si avvicinò vide che il più piccolo aveva l’espressione triste
<< Quando finirà la guerra, papà tornerà. E comprerà alla mamma dei kimono più belli. >> disse, cercando di far passare il momento. Shun si girò a guardarlo per un momento, gli occhi verd pieni di lacrime
<< Io voglio incontrarla, ma ... se ... se non possiamo andare è grave, vero?  >> si girò di nuovo e si asciugò gli occhi in fretta, prendendo un’espressione decisa che a Ikki spezzò il cuore
<< Devo essere bravo. Come te, nii-san. >>
Ikki lo abbracciò. Avrebbe voluto dirgli che lui non era bravo. Che gli stava mentendo continuamente. Invece si limitò a tenere stretro Shun, che gli stava appoggiato contro, guardando dalla finestra e sospirando.
La zia tornò dopo circa un’ora e diede loro un vaso pieno di riso. Quella sera le loro dosi furono come quelle della zia e di loro cugina.
Dal giorno seguente però tornarono ad essere sempre più piccole. E Shun prese il coraggio ed osò obiettare che si trattava del riso preso con i soldi ricavati dalla vendita dei kimono di loro madre, rimediando un altro ceffone dalla zia. Ikki lo strinse subito a sé ed uscì di fretta dalla stanza, senza nemmeno impilare le ciotole. Quando arrivarono nella loro camera, Shun gli affondò il viso nella casacca, cercando di reprimere i singhiozzi. Si calmò in fretta e si staccò, asciugandosi gli occhi. Ikki gli controllò il viso, ma Shun si strinse nelle spalle, scostandosi
<< E’ solo uno schiaffo. >> mormorò, ma la voce gli tremava. Si asciugò gli occhi
<< Era solo uno schiaffo, ma hai solo sei anni, Shun. >> sospirò Ikki, stringendolo di nuovo a sé.
 
Quando suonò l’allarme, la zia non si preoccupò di aspettarli. Ikki si caricò Shun, che era mezzo addormentato, sulle spalle ed iniziò a correre. Non sapeva dove fossero i rifugi li, ma trovò un posto isolato, vicino ad un lago, con una galleria a due sbocchi scavata in una collina, dove entrò con Shun, che gli rimase aggrappato, gli occhi ora sbarrati, terrorizzato per i bombardamenti
<< Qui siamo al sicuro. >> disse Ikki << Le case sono lontane, non bombardano qui. >>
Shun annuì, poi si guardò attorno, come accorgendosi di dove fossero
<< Nii-san e se ... se venissimo a stare qui?  >> chiese, con un filo di voce. Ikki si guardò attorno. C’era abbastanza spazio. Avrebbero otuto stendere un paio di stuoie e metterci i futon, e c’erano dei ganci sul soffitto, che sarebbero stati perfetti per la zanzariera. Inoltre c’era un piccolo scaffale polveroso, dove avrebbero potuto conservare le cose.
<< Per l’acqua c’è il lago. Ci saranno anche dei pesci ... >> mormorò Shun. Ikki lo guardò
<< Siamo solo bambini, però ... >>
<< Il riso lo so cuocere anch’io, possiamo scavare una buca per fare il fuoco ... >>
<< Non ci vuoi proprio più stare dalla zia eh? >> sospirò Ikki. Shun scosse la testa
<< Le sono grato di averci accolti. Ma ... >> si portò una mano alla guancia colpita poche ore prima, abbassando il viso
<< Alla mamma e al papà non è mai saltato in mente di colpirci. >> mormorò. Ikki sospirò, annuendo. Era vero. Se facevano qualcosa di male venivano sgridati, come tutti, ma non erano mai stati colpiti. E la zia li sgridava comunque, anche solo per il fatto che respirassero ...
<< Anch’io non ci voglio pià stare. Domani vado a farmi prestare un carretto e vado a comprare quello che ci serve per vivere qui. Tu scrivi a papà per avvertirlo nel frattempo. Che le risposte ce le faccia recapitare all’ufficio postale. >>
Shun a quelle arole spalancò gli occhi
<< Davvero nii-san? >> chiese. Ikki annuì ed il più piccolo gli gettò le braccia al collo, facendo ruzzolare entrambi a terra, ridendo.
 
<< E dove andrete? Come farete col cibo? >> chiese la zia la mattina seguente, mentre Ikki stava caricando le ultime cose sul carretto. Shun gli lanciò uno sguardo che voleva dire “sbrigati e andiamocene per favore”
<< Ce la caveremo. >> rispose, per poi avviarsi
<< Beh, meno male. >> disse la zia. Aveva davvero il tono sollevato, ma i bambini sapevano benissimo che non era per la loro incolumità, ma solo per il fatto di non averli più tra i piedi.
Shun gli camminava accanto, ogni tanto correva avanti a vedere qualcosa, entusiasmandosi per qualsiasi minimo particolare, e Ikki si trovò a sorridere, felice nel vedere finalmente il fratellino così sereno.
Arrivati al loro nuovo rifugio, sistemarono tutto, poi tornarono a portare il carretto al contadino che glie l’aveva prestato. La moglie, intenerita dal sorriso di Shun, regalò loro, non senza essere rimproverata aspramente dal marito, un cavolo. E fu l’illuminarsi del visetto di Shun a fermare anche gli ultimi rimproveri
<< Così piccoli, come farete da soli? >> chiese invece
<< Io sono grande per la mia età, posso fare tante cose. E Shun è tanto intelligente, quindi non avremo problemi. >> disse Ikki. Ed in quel momento ne era convinto.
Purtroppo passarono poco più di due settimane, e già i primi problemi iniziarono ad arrivare. Avevano sempre meno cibo. I contadini non ne avevano in più da vendere, nonostante loro avessero ancora i soldi che la mamma aveva lasciato loro (e c’era di sicuro qualcosa in banca, lo sapevano tutti due).
<< Anche a cuocerli non credo vengano buoni. >> borbottò Ikki richiudendo l’astuccio dove tenevano i soldi
<< Se ci vendessero della farina e delle uova potremmo provare a friggerli. Fritto è buono tutto. >> sospirò Shun, ridacchiando poi. Era seduto sul piccolo molo, poco distante da dove Ikki stava ispezionando le loro ormai quasi esaurite provviste, e con una lenza di fortuna stava aspettando che qualcosa abboccasse. La settimana prima aveva pianto all’idea di dover sacrificare qualche povero verme per poter mangiare un povero pesce. Ma ora la fame aveva vinto.
In così poco tempo, erano dimagriti. Gli unici vestiti che avevano, che già avevano iniziato ad andare loro larghi mentre erano dalla zia, ora pendevano flosci. Oltretutto, la pelle di Shun era soggetta a chissà che infiammazione, ed il piccolo continuava a grattarsi. E Ikki sospettava avesse la febbre da almeno un paio di giorni, ma Shun si limitava a scrollare le spalle quando glie lo chiedeva.
<< Nii-san! Ha abboccato! >> esultò in quel momento Shun, tirando fuori dall’acuqa un pesce, con non poca fatica vito che era bello grosso. Ikki corse ad aiutarlo, e quel giorno poterono mangiare a sufficienza.
Durante la notte però, Shun andò almeno quattro volte nel bosco, dove andavano per fare i loro bisogni. Quando tornò con la piccola torcia che avevano recuperato, era pallido. Si sdraiò di nuovo sul futon e, nonostante il caldo, si coprì. Ikki gli posò una mano sulla fronte, ma non era caldo
<< Mi è venuta la diarrea ... sono tre giorni ormai ... oggi sembrava andare meglio ... >> mormorò Shun, imbronciandosi
<< Vuoi andare dal dottore? >> chiese Ikki, ma Shun scosse la testa. Non gli piacevano i dottori. Ci era già stato per fare una puntura e di certo non voleva ripetere l’esperienza. Ikki sospirò, accarezzandogli i capelli. Erano molto meno morbidi del solito, e come ... spenti. Di slancio lo abbracciò, e Shun gli si rannicchiò contro, sospirando ed addormentandosi di li a poco.
 
Una sera, Shun ricominciò a svegliarsi piangendo, dicendo di volere la mamma. Andò avanti una settimana, e quella settima volta non ci fu verso di calmarlo. Allora Ikki uscì, sapendo di poter trovare cos’avrebbe calmato il più piccolo. Catturò delle lucciole e le portò all’interno, sotto la zanzariera assieme a loro. Shun si calmò immediatamente, ammirandole estasiato. Si addormentavano mentre ricordavano, raccontandoli con la voce sempre più flebile ed impastata, un episodio di quand’erano piccoli, prima della guerra, quando erano andati con la mamma a vedere la nave su cui lavorava papà, che in quell’occasione di festa era addobbata con una miriade di piccole luci. Avete visto? Aveva chiesto poi il papà quella sera. Certo che avevano visto, avevano anche risposto al suo saluto dalla banchina, e lui li aveva visti? Il papà aveva risposto che li avrebbe visti e riconosciuti anche tra mille uguali a loro ...
La mattina dopo, quando Ikki si svegliò, Shun non era nel futon. E le lucciole non c’erano più.
Ikki si affrettò ad uscire, preoccupato per il fratellino, e lo trovò intento a fare una buca nel terreno, un mucchietto di lucciole ormai morte accanto a lui
<< Che fai? >> gli chiese. Shun non alzò nemmeno lo sguardo
<< Una tomba per le lucciole >> rispose. Fece una pausa, scavando ancora un poco, poi sospirò
<< E’ triste come possano brillare in maniera così splendente ma vivere così poco ... >> mormorò. Una frase sorprendentemente profonda per un bambino di sei anni. Ma Shun leggeva molto, e capiva più cose anche di tanti adulti ...
<< Ma loro non se ne accorgono, sai? Sonnof atte così. Splendono e poi finiscono ... l’avevamo fatto a scuola ... >> sospirò Ikki. Shun annuì mentre metteva le lucciole nella buca e la richiudeva. Un pezzo di legno segnava il punto, come una lapide, e la scatola, ormai vuota, delle caramelle, fungeva da vaso per un unico piccolo fiore
<< Quando la guerra finisce dovremo fare una tomba anche per la mamma ... >>
Ikki si sentì sprofondare. Fece per avvicinarsi a Shun, chiedergli cosa accidenti intendesse ...
<< Me l’ha detto la zia. Che è morta ancora la sera in cui eravamo alla scuola ... >> mormorò << mi ha dato le ceneri perché lei non le voleva li, è stato quando sei andato a prendere la roba per venire qui ... però ... credo che stesse bene sotto le rose, le piacevano tanto le rose ... quindi quando finisce la guerra, le facciamo una tomba con tante rose, così è contenta ... la scatola con le ceneri è nel mio cappuccio ... >>
Ikki si premette le mani sulla bocca, il viso inondato di lacrime. Shun si girò e lo abbracciò. Piansero insieme. Per le lucciole. Per la mamma. E un po’ anche per loro che erano soli.
<< Nii-san! Hai gli occhi tutti rossi! >> lo canzonò Shun, appena si staccarono
<< Anche tu! >> rispose Ikki a tono. Shun iniziò a ridere, e Ikki lo seguì a ruota, grato dell’assenza di recriminazioni per le sue menzogne.
Solo la sera Shun tirò in ballo la faccenda, ma in una maniera assolutamente e totalmente “da Shun”
<< Come hai fatto a sopportarlo da solo, nii-san? Siamo in due, non è necessario che conti solo sulle tue forze. Ho solo sei anni, è vero, ma tu ne hai solo dieci. Finché papà non torna dalla guerra siamo solo noi. Ma anche se siamo solo noi ... riordati che hai me. >> e detto questo, si era addormentato, completamente sdraiato su di lui. Ikki aveva ridacchiato e, nnostante il caldo, non l’aveva spostato. Non avrebbe potuto. Gli serviva tenerlo abbracciato, in quel momento.
 
Col passare dei giorni, il cibo finì. Nessuno gli vendeva nulla, Shun era sempre più magro e più apatico. A malapena usciva dal rifugio, e solo per andare a fare i propri bisogni. Aveva la pelle sempre più irritata e perdeva un sacco di capelli. E Ikki tentò di rubare delle patate. Era quasi riuscito, una notte, nell’impresa, ma il contadino si era svegliato, e l’aveva inseguito, insultandolo, colpendolo quando riusciva. Arrivati al rifugio, era riuscito a prenderlo ed il rumore aveva svegliato Shun che, con gli occhi sgranati, aveva chiesto cosa stesse succedendo. Il contadino si era limitato a picchiare Ikki e trascinarlo all’ufficio di polizia, mentre Shun chiamava Ikki urlando, disperato, terrorizzato dalla situazione.
Il poliziotto nell’ufficio era un uomo anziano e dall’airia tutt’altro che minacciosa, cosa che fese sentire Ikki malissimo per la vergogna. Il contadino, che era riuscito a riprendersi la refurtiva, continuò a sbraitare, finché il poliziotto non lo minacciò di sbattero dentro per abuso di minore, visto come aveva conciato Ikki. L’uomo se n’era andato borbottando e Ikki aveva guardato il poliziotto
<< Non abbiamo più cibo .... e il mio fratellino ha solo sei anni ... non sta bene, deve mangiare! Non ci vendono nemmeno più niente! E non so come fare ... >>si passò una mano sul viso, ma si trovò a sussultare per il dolore
<< Sono tempi duri, piccolo. Tutti hanno fame, nessuno ha nulla da condividere. Dovresti tornare da tua zia ... >>
<< Era sollevata quando ce ne siamo andati. E ... non mangeremmo counque ... >>
L’anziano uomo sospirò e lo lasciò andare. Ikki uscì sulla strada, illuminata dalle prime luci dell’alba. Shun uscì da dietro un angolo, avvicinandoglisi, mille domande negli occhi, così grandi in quel visetto smunto. E Ikki crollò. Scoppiò in snghiozzi disperati, cadendo in ginocchio a terra quando Shun, allarmato, lo abbracciò. Stringendo a sè il piò piccolo, che gli dava pacche impacciate sulla schiena.
Quando si calmò, si trovò a doversi caricare Shun sulle spalle. Il più piccolo era troppo stanco per poter tornare fino al rifugio.
Poche ore dopo, Shun svenne. Stavano parlando, bevendo una sottospecie di minestra fatta con i pochi avanzi che avevano. Le mani di Shun avevano tremato, poi il più piccolo era crollato di lato.
Ikki l’aveva preso in braccio ed aveva corso fino allo studio del medico. Quello aveva fatto riprendere Shun, mantenendo un’espressione fredda e controllata, poi l’aveva visitato. Shun era rimasto poi sdraiato sulla brandina, con lo sguardo perso nel vuoto
<< Il bambino è denutrito. E lo sei ache tu, a quanto vedo. >>
<< Non abbiamo cibo e non ce ne vendono ... >> mormorò Ikki
<< Dovrai trovare una soluzione, perché a lui non rimane molto. Il prossimo! >>
<< E come la trovo una soluzione?! Ho dieci anni! >> gridò Ikki, caricandosi nel frattempo Shun in braccio
<< Senti, ho altri pazienti! Fila! >> si arrabbiò il medico, mentre una signora grassa entrava nell’ambulatorio. Ikki uscì, mordendosi le labbra, la mandibola serrata per la rabbia
<< Aspettiamo la signora grassa e ci mangiamo lei? >> chiese Shun, con un filo di voce ed un minuscolo sorriso. E Ikki seppe che aveva sentito tutto. E che aveva paura. E Ikki doveva trovare qualcosa da dargli da mangiare.
Se lo caricò sulle spalle, deciso a provare un’ultima cosa prima di tornare strisciano a mendicare dalla zia. Era disposto anche a quello se non fosse riuscito. Controllò di avere quello che gli serviva. Un certificato che diceva di chi erano figli. Il nome cucito sul taschino della camicia. La foto del papà nel taschino. La tessera per le razioni della mamma. I soldi. Ed iniziò a camminare. Con Shun sulle spalle, gli ci volle quasi un’ora per arrivare in città. Ogni tanto parlava con il più piccolo, per accertrsi che fosse ancora cosciente. Shun rideva per quelle premure, ma la sua voce era tanto debole ...
In fila per le razioni, Shun quasi svenne di nuovo, nonostante fosse sulla sua schiena
<< Devi resistere, piccolo ... >>  mormorò Ikki
<< Scusa ... >> sospirò Shun << Ma mi sento tanto stanco ... >>
<< Ancora un pochino, tocca quasi a noi. E ci vengono anche le gallette, così puoi mangiare subito! >>
Shun ridacchiò debolmente per il fervore di Ikki, ed iniziò a giocare con i suoi capelli, solo per fargli capire che anche se parlare gli costava fatica, era sveglio.
Quando fu il loro turno, gli diedero una manciata di riso e quattro gallette. Meglio di niente, pensò.
<< Il piccolo non sembra star bene ... >> borbottò l’uomo che distribuiva le razioni << Ma adesso che la guerra è finita, abbiamo ancora meno roba. >>
<< Finita? >> mormorò Shun, artigliando la camicia di Ikki
<< Si, piccoli. Il Giappone ha perso. >>
Ikki si sentì improvvisamente debole
<< Ma ... la flotta ... >> iniziò, anche se in cuor suo già cnosceva la risposta. Il papà nona veva risposto. Mai. Nemmeno a una lettera ...
<< Affondata. Sono morti tutti, quei poveretti ... >>
<< Quindi è morto anche papà ... >> mormorò Shun con voce tremante
<< Ho paura di si, piccolo. C’è un ufficio per smistare gli ofani, al comune, l’hanno messo in funzione ieri. Dovreste andare la ... >>
Ikki annuì, ringraziò ed uscì. Si fermò dopo pochi passi e posò Shun a terra, aiutandolo a mangiare una galletta. La seconda riuscì a mangiarla da solo. Ikki gli diede anche le altre due
<< Nii-san, devi mangiare anche tu ... >> tentò di rimproverarlo Shun
<< Io resisto ancora, non sono piccolo come te. Mangia, che mi sa ci aspetterà un’altra coda. Mi sono spaventato davvero tanto prima, sai? >>
Shun sospirò, iniziando a mangiare la terza galletta
<< Anch’io ... >> ammise, con le lacrime agli occhi. Sospirò ancora
<< Siamo solo noi, nii-san ... per davvero ... >> posò la mezza galletta nell’involucro, insieme all’ultima, e si nascose il viso incrociandovi sopra le braccia. Ikki lo strinse e piansero insieme, in silenzio.
Appena si calmarono, andarono al comune. Nonostante il pronostico di Ikki, trovarono solo uan ragazza sui quattordici anni davanti a loro.
Ikki entrò nella stanza che gli avevano indicato, sempre con Shun sulle spalle, chiedendosi se li avrebbero rimandati dalla zia. L’impegato chiese i loro nomi. Confermò che loro padre era tra i caduti, cosa che provocò altre lacrime a Shun, poi controllò un altro registro
<< Il parente più prossimo è il padre di vostro padre. Gli abbiamo mandato la comunicazione della morte del figlio ... >>
<< Il nonno? E’ ancora vivo? >> chiese Ikki
<< Così ci risulta. >>
Li fecero entrare in una stanza attigua dicendo di aspettare. Shun gli posò la testa sulle gambe e si addormentò, esausto per il troppo piangere e per la fame.
Passarono ore. Shun si svegliò e Ikki gli fece mangiare l’ultima galletta e mezza.
Finì per addormentarsi anche lui.
Vennero a svegliargli, dicendo loro di farsi trovare la mattina dopo in stazione, in tempo per il primo treno. Sarebbero andati dal nonno.
Tornarono al loro rifugio che era già buio e, alla lice della torcia, che ormai andava ad intermittenza perchè le batterie erano scariche, raccolsero le loro cose.
All’alba erano in stazione. Shun ciondolava per il sonno, ma sembrava stare meno peggio del giorno prima. Avevano cucinato e mangiato il riso, la sera prima ... le persone del comune li raggiunsero, in mezzo alla folla, diedero loro i biglietti, una lettera per il nonno, e quattro gallette a testa.
Il nonno stava a Kyoto, ed il viaggio sarebbe stato lungo. Tanto lungo che perfino Shun prese ad annoiarsi
<< Nii-san, ma tu l’hai mai visto il nonno? >>
Ikki annuì
<< Una volta. Tu eri nato da poco ... un omone con la barba bianca ... non credo ce ne siano tanti a Kyoto >>   
Shun ridacchiò.
Quando arrivarono a Kyoto, il nonno li aspettava alla stazione. Aveva l’aria austera, ma sorrise ai due bambini e si chinò alla loro altezza, abbracciandoli
<< Il peggio è passato. >> li rassicurò, ed i due scoppiarono in singhiozzi.
Quando Ikki vide la villa, mentre camminava con la mano in quella del nonno (Shun era in braccio all’uomo e si era addormentato), si rese conto che davvero il peggio esa passato. Shun si svegliò in quel momento e Ikki lo vide sorridere, mentre il sole, tramontando, colorava le pareti di arancio e rosa.



Varie: Innanzitutto, dubito fortemente che esistesse qualcosa come un punto informazioni dove andare a vedere se qualche parente c'era ancora, ma ho voluto regalare ai nostri due piccoletti un nonno Kido per una volta buono. (Ikki non me la perdonerà tanto presto temo XD).
Altra cosa, come avete notato ho allontanato di due anni rispetto alla differenza "canonica" i due fratellini, quindi hanno 4 anni di differenza invece che due (anche se poi in legend of sanctuary diventano 4 ... misteri della droga di cui fa uso il Kuru, immagino XD)
Ho voluto aggiungere al tutto una nota un po' più angst infilando una nonna irlandese, così da giustificare i colori misto manga e anime XD Ma quello vabbè, è stata una cosa irrilevante.
Volevo usare solo loro due e i personaggi del film, ma senza usare nomi o facce, in maniera che non risultasse una crossover ma solo un'ispirazione (anche se in effetti certi avvenimenti li ho tenuti pari pari, ma visti dagli occhi di un bambino di 10 anni, non di un ragazzo di 14). Ho eliminato tutta la parte dello "sciacallaggio" durante i bombardamenti, perché appunto Ikki ha 10 anni, e a 10 anni si è ancora dannatamente piccini per quanto in fretta si sia dovuti crescere.
Un'altra differenza secondo me fondamentale è l'odio di Ikki nei confronti della guerra. Non lo sentiremo mai dire a Shun che papà li vendicherà, e non lo vediamo discutere con la zia sul fatto che i soldati li proteggono. Ikki vede la guerra così com'è:morte e distruzione e null'altro.
Mi verrà sicuramente in mente altro, ma per pra passo e chiudo XD

    
  
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