Giochi di Ruolo > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: Broken    20/10/2015    0 recensioni
[Genesis GDR]
Ella aveva i capelli sporchi, il viso ancora rigato di lacrime ed i polsi sanguinanti per via delle manette troppo strette, pareva sfiorita tutto d’un tratto, ma lo sguardo restava vigile in direzione della guardia. Egli si piegò sulle ginocchia e tentò di scostarle una ciocca dal viso, ma la ragazza si ritrasse prontamente a quel contatto che, paradossalmente, per tanto tempo aveva desiderato.
***
Una (improbabile) fanfiction dedicata alla mia ship nel Genesis Gdr.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avvertenze!
La prima cosa che noterete leggendo questa fic, è che alcuni dei personaggi hanno nomi ispirati
alla saga del Mondo Emerso. Ciononostante, non si tratta di plagio, quanto di un omaggio
alla regina Troisi. I personaggi, infatti, sono completamente OC e nulla hanno
a che fare con quelli che (quasi) tutti conoscete e spero amiate.
Spero che la storia vi piaccia e vi ringrazio in anticipo
se perderete un po' del vostro tempo a leggerla.
<3


 

Gli occhi di Nihal si sollevarono quel che bastava per scorgere l’imponente figura dell’uomo farsi strada tra le ombre per entrare in quell’angusta cella. Ella aveva i capelli sporchi, il viso ancora rigato di lacrime ed i polsi sanguinanti per via delle manette troppo strette, pareva sfiorita tutto d’un tratto, ma lo sguardo restava vigile in direzione della guardia. Egli si piegò sulle ginocchia e tentò di scostarle una ciocca dal viso, ma la ragazza si ritrasse prontamente a quel contatto che, paradossalmente, per tanto tempo aveva desiderato.
-Tu lo sapevi..-
Gli occhi azzurri di Nihal si riempirono velocemente di lacrime che ella, tuttavia, trattenne.
-..lo sapevi sin dall’inizio-
Argon addolcì appena lo sguardo, come mai aveva fatto prima, ma non riuscì a trovare le parole per risponderle, per chiederle scusa, poiché egli mai si era scusato con qualcuno e mai avrebbe creduto di doverlo fare con lei.

 
*Due giorni prima*
 
La giornata trascorreva lenta e tranquilla nel grande palazzo di Escetir, quell’equilibrio che per un po’ aveva vacillato sembrava essere stato ricostituito e Yavanna sembrava ormai entrata nell’ottica del Regnante. Era china su delle carte dal contenuto incomprensibile per Nihal, la quale si era addentrata nella grande sala solo per portarle qualcosa di caldo da bere. Avrebbe voluto dirle di riposarsi, per l’ennesima volta, ma ormai la regina era diventata una causa persa, troppo impegnata a voler dare il massimo in quella carica che le era come piovuta dal cielo. Nihal si accomodo accanto a lei, prendendo anch’ella una tazza e rigirandosela tra le mani.
-Sarai stanca, Yava..-
-Lo sono- , la ragazza dai corti capelli si stropicciò i begli occhi scuri, chiaramente segnati dalla fatica di quella infinita lettura –Ma ho quasi finito, non preoccuparti-
-Lo dicevi anche due ore fa!-, la rimbeccò Nihal, seriamente preoccupata per la salute della sua migliore amica nonché sovrana. Le mancavano i momenti di tranquillità cui si era tanto abituata in quegli anni, quelle chiacchierate notturne che si concedevano più spesso di quanto avrebbero dovuto, ma comprendeva gli impegni di una regina e cercava di risultare meno di peso possibile. Alle volte si limitava solo a portarle i pasti –e a mettersi in un angolino assicurandosi che mangiasse-. Era la persona che più amava su tutta Genesis e vederla deperita dopo il grave lutto subito, la logorava dentro, pertanto, anche a costo di sembrare invadente, si assicurava che Yavanna, a poco a poco, recuperasse le forze. Attese che l’amica posasse la tazza ormai vuota sul vassoio e si diresse verso la porta per lasciarla da sola col suo lavoro, ma un forte e deciso bussare la costrinse a fermarsi lì dov’era. Entrambe si guardarono sorprese e poi Yavanna concesse a chiunque fosse il permesso di entrare. Un Fen a dir poco sconvolto fece capolino attraverso la grande porta in legno scuro, guardando entrambe con un’espressione oltremodo preoccupata, se non spaventata.
-Mia regina..-, disse, incapace di porre fine al fiatone che lo attanagliava -..ci sono delle guardie di Meredoch..di sotto-
Yavanna si alzò a fatica dall’ampio scranno, osservando attentamente l’espressione del suo capo delle guardie.
-Guardie di Meredoch? Cosa vogliono?-
Seguì un attimo di silenzio, troppo lungo perché potesse trattarsi di qualcosa di buono, poi Fen abbassò lo sguardo per poi rivolgerlo verso Nihal.
-Lei.-
***
Yavanna giunse al piano di sotto, seguita da Fen, e Nihal a pochi passi dai due. La regina di Escetir non era solita arrabbiarsi, ma la sua espressione, le sue movenze, il suo sguardo, non tradivano altro sentimento al momento. I tipi che si trovò davanti la superavano in altezza di almeno venti centimetri e quello che sembrava essere il capo tra i tre, era ancora più imponente degli altri. Le si parò davanti, l’ampio petto messo in mostra dalla logora maglietta di tela marrone, una posa fiera ed intimidatoria.
-Che cosa desiderate, signori?-
Tutto nel tono di quella domanda lasciava intendere l’ironia con cui essa era stata posta. Argon, il capo delle guardie, piegò un lato della bocca in un appena accennato sorriso e superò con lo sguardo la figura di Fen, per posarlo su quella minuta ragazza dai capelli biondi. Per un attimo, un solo, brevissimo attimo, il cuore di Argon –ammesso che lo avesse davvero- perse un battito, nello scorgere quel viso che avrebbe potuto essere tanto familiare. Scacciò il pensiero di lei dalla sua testa, per quel che ne sapeva, Nihal avrebbe fatto bene ad essere morta o non l’avrebbe mai perdonata per essersene andata a quel modo, per averlo lasciato solo come era sempre stato. Tornò a fissare la regina di Escetir, mostrando una sicurezza tutt’altro che reverenziale nei suoi confronti.
-Il mio re mi ha mandato per la vostra dama di compagnia, quindi, se non vi dispiace..-
Mosse un passo in avanti, ma Yavanna si frappose tra lui ed una tremante Nihal, già protetta dalla spada sguainata di Fen.
-Con quale accusa?-
Un ringhio basso sfuggì dalle labbra di Argon, troppo ansioso di porre fine a quel ridicolo teatrino.
-La vostra dama di corte ha nascosto la fuggitiva principessa di Meredoch nella sua tenda, la notte del consiglio di Alba-
Nihal deglutì, mentre il respiro le si fermava completamente. Non era possibile che l’avessero scoperta, era stata fin troppo attenta a non farsi vedere ed aveva persino mentito a Yavanna sull’accaduto. Argon, da canto suo, non avrebbe potuto trovarsi in una posizione più spiacevole di quella; da un lato avrebbe voluto ringraziare la straniera per aver aiutato Dubhe, l’unica persona a cui avesse dimostrato un’incondizionata fedeltà, dall’altro era costretto ad eseguire gli ordini del suo re se non voleva essere decapitato per alto tradimento. Yavanna, alle parole del capitano delle guardie, quasi ebbe un mancamento.
-Chi la..accusa di ciò?-
-Testimoni.-
-E voi vi fidate di ‘testimoni’? Per quel che ne so, il re di Meredoch sarebbe ben contento di sbarazzarsi di sua sorella!-
Una delle guardie al fianco di Argon scattò in avanti, urtato dalle insinuazioni della Regina, ma ad Argon bastò un palmo della mano sul suo petto per arrestare quel suo minaccioso incedere.
-Non so che voci siano giunte alle vostre orecchie, ma qualcuno con una certa reputazione ha giurato al mio sovrano di aver scorto la principessa assieme ad una ragazza bionda nel vostro accampamento e, per quel che so io, non ci sono molte persone con quel colore di capelli qui, dico bene?-
Le parole dell’uomo lasciarono Yavanna incapace di reagire. Le bastò voltarsi verso Nihal e guardarla negli occhi per capire che lui diceva il vero. La delusione che provò in quel momento fu quasi assimilabile al dolore per la perdita dei suoi genitori e la gola le si chiuse. Yavanna fu incapace di opporsi e, quando le due guardie sottoposte si avvicinarono per arrestare Nihal, tutto quello che la regina fu capace di dire fu:
-Nihal..non dire niente..qualunque cosa ti facciano, tu non dire niente o rischieresti la morte-
Fu un sussurro a pochi centimetri dal viso della dama, ma quel nome non sfuggì alle vigili orecchie di Argon, il cui stomaco si chiuse per brevi istanti, attimi in cui gli parve di morire. Ora che la guardava meglio, effettivamente, le somigliava davvero tanto. Quei capelli color dell’oro che tante volte le aveva scompigliato e quelle iridi azzurre –ora arrossate dalle lacrime- in cui si era specchiato.
Era lei.
Ed era viva.
Ed Argon la odiava.
 
Restò tutto il tempo dietro di lei, osservandone la minuta figura, forse assicurandosi che quei due idioti che si portava dietro non le facessero troppo male. Li conosceva fin troppo bene, li aveva allenati di persona e li detestava, per il loro essere irrispettosi e indisciplinati, ma il re li aveva fortemente voluti tra le guardie reali, perché era chiaro quanto essi gli fossero fedeli. Giunsero ai piedi degli immensi alberi che sorreggevano tutta Escetir, ma Nihal era troppo sconvolta e spaventata persino per notare i meravigliosi esemplari equini di fronte a lei. Come previsto, uno dei due uomini, Alamir, prese a strattonare Nihal per un braccio, fino a trarla contro il suo ampio petto.
-Penso proprio che ti legherò al mio cavallo e mi divertirò un sacco a vedere i tuoi piedi sanguinanti-
Fu tutto velocissimo, Nihal si divincolò dalla presa e lui la colpì forte in viso, spaccandole un sopracciglio e facendola finire a terra; Argon lo bloccò prima che potesse colpirla ancora, una rabbia indescrivibile che divampava dall’altezza dello stomaco. Strinse forte il polso di Alamir fino a sentirlo scricchiolare e sussurrò al suo orecchio così che lei non potesse udirlo.
-Toccala ancora e quello che sanguinerà sarai tu-
L’occhiataccia che gli rivolse fu sufficientemente eloquente e la guardia si limitò ad annuire e a prendere posto sulla sua cavalcatura. Argon, infine, si rivolse a Nihal la quale si era già rimessa in piedi senza bisogno d’aiuto ed ora lo fissava con aria di sfida. Non le chiese se stesse bene, ma afferrò un fazzoletto di stoffa che gli penzolava dalla cintola e glielo porse per asciugare il sangue che le colava sull’occhio.
La odiava ancora, ma odiava ancor di più vederla conciata a quel modo.
Non la legò al cavallo, preferendo farla salire davanti a lui, con non poco disaccordo da parte dei suoi sottoposti che, memori delle punizioni che il loro capo era solito infliggere a chi non gli andava a genio, tacquero. Nihal rimase muta per tutto il viaggio, gli occhi fissi sulle mani di lui che reggevano le redini. Aveva memoria di quel momento, di quel petto che si solleva contro la sua schiena, ma era tutto diverso, adesso. Non aveva il suo amico d’infanzia dietro di sé, ma una guardia che, per quel che ne sapeva, la stava conducendo verso la prigionia eterna o, peggio, la morte. Argon, invece, non poteva pensare altro se non al fatto di averla ancora lì, tra le braccia, così piccola da continuare a non ostruirgli la vista anche a distanza di anni. Decisero di accamparsi poco fuori da Escetir, per la notte, poiché era troppo rischioso viaggiare col buio in zone che non conoscevano; sistemarono le tende ed accesero un fuoco per cucinare qualcosa da mangiare. Nihal restò in un angolo lontana da loro, così che essi potessero tenerla d’occhio. Ovviamente, non le fu concesso di mangiare. Alamir e Deinor continuavano a scambiarsi battute su quanto gli sarebbe piaciuto portarsela al letto se mai il re avesse deciso di risparmiarla; descrissero nei minimi dettagli ciò che le avrebbero fatto se solo ne avessero avuto occasione e ad ogni parola, Argon sentiva l’odio crescere in lui, finché, al limite della sopportazione, non gli ordinò di andare a dormire nelle proprie tende; sarebbe stato lui di guardia per la notte. Solo quando fu certo che entrambi erano andati a dormire –non gli ci volle molto, vista la quantità di vino che avevano ingurgitato-, si avvicinò a Nihal, sedendosi accanto a lei. Le porse un pezzo di pane e formaggio che aveva tenuto da parte apposta per lei. La ragazza lo prese stancamente, rivolgendo un sorriso non troppo convinto al suo carceriere. Era infreddolita e stanca, ed aveva paura. Argon se ne accorse, poiché tentò, in qualche modo, di metterla a suo agio, anche se era una cosa che non faceva da troppo tempo.
-Non sei di Escetir, vero?-
Nihal scosse la testa, ma non parlò.
-Di dove sei?, la incalzò lui.
-Meredoch.-
Una risposta semplice e concisa, ma che diede ulteriore conferma ad Argon dei suoi dubbi.
-Quand’è che sei andata via?-
-Tanti anni fa..non ricordo esattamente-
Tredici, lui lo ricordava fin troppo bene. Abbassò il capo e prese un sorso di vino dalla borraccia. Lo offrì anche a lei, pur sapendo ch’ella lo detestava, ma, con sua meraviglia, la ragazza accettò l’offerta, forse troppo assetata per poter dire di no. Aveva una domanda che gli premeva insistentemente contro le labbra e non seppe neppure lui dove trovò la forza di pronunciarla ad alta voce.
-Perché sei andata via?-
Lei si voltò a guardarlo, soffermandosi per un attimo sui lineamenti di quel viso maturo e segnato da troppe battaglie. Scorgeva qualcosa di familiare in lui, ma era troppo buio perché potesse mettere correttamente a fuoco. Distolse lo sguardo, puntandolo verso quel fuoco di cui desiderava immensamente il calore, perdendosi in ricordi fin troppo amari.
-Mia madre mi ha affidata a dei mercanti perché mi portassero via da Meredoch..per proteggermi, sai..e loro mi hanno venduta al miglior offerente-
Fu come se mille spade gli trapassassero le carni nello stesso istante. Non aveva mai considerato la possibilità che qualcuno avesse potuto allontanarla, troppo accecato dal fastidio –o dal dolore?- di essere stato lasciato di nuovo da solo. Forse, in quell’attimo preciso, smise di odiarla. Un piccolo groppo gli si formò in gola, prima che le rivolgesse l’ultima domanda.
-Avevi qualcuno..lì a Meredoch?-
A quel punto, gli occhi di Nihal furono incapaci di trattenere le lacrime, che ella comunque celò alla vista dell’uomo volgendo il capo dal lato opposto.
-Avevo un amico, una volta, ma penso che lui mi consideri morta, ormai.. mi chiedo spesso se pensi ancora a me, perché io lo faccio spesso-
Il cuore di Argon si arrestò completamente e, per la prima volta dopo tanto tempo, egli tornò quasi a sentirsi vivo, animato da sentimenti di cui aveva dimenticato il sapore. Qualcosa di simile all’amore per una bambina che non aveva mai dimenticato, ed un’immensa paura per ciò che le sarebbe capitato di lì a poco; non voleva perderla di nuovo, non ora che l’aveva ritrovata.
 
***
 
Il mattino seguente, il viaggio fu straziante. Argon non aveva chiuso occhio tutta la notte e così Nihal, nonostante avesse avuto la possibilità di dormire nel caldo della tenda. Erano scossi allo stesso modo, per lo stesso motivo; entrambi temevano per la sorte che sarebbe toccata alla ragazza, una volta varcati i confini di Meredoch. Nihal aveva quasi dimenticato il caldo di quella regione, quel sole cocente che mai aveva potuto accarezzare i suoi dolci tratti se non durante il suo ultimo anno lì, nei pomeriggi con Argon. La città, tuttavia, era assolutamente sconosciuta ai suoi occhi, ma avrebbe preferito non doverla mai vedere, soprattutto non in quelle circostanze. Il portone principale si spalancò al passaggio delle tre guardie, le quali affidarono i cavalli ad un giovane stalliere e si addentrarono a passo lesto all’interno del palazzo reale. Gli interni erano grigi e bui, tutta un’altra realtà rispetto ad Escetir –la sua adorata Escetir-, e Nihal poteva percepire il freddo di quell’ambiente pungerle le ossa. La sala del trono non era poi troppo differente, gli stessi toni scuri e privi di vita, se non fosse stato per il pavimento che riluceva d’una tonalità di rosso scarlatto. Sullo scranno, al centro della sala, un ragazzo forse poco più grande di lei attendeva che le sue fidate guardie s’avvicinassero e solo quando furono a poco più di due metri da lui, egli si decise a parlare.
-Dunque..- disse piegando il busto in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia ed osservandola con un sorriso beffardo sul volto –tu sei quella che ha aiutato mia sorella a scappare. Bella mossa, davvero, peccato voi donne siate troppo stupide per fare le cose per bene-
Nihal trattenne l’istinto di rispondergli a tono, sfogando la sua rabbia nelle mani che presero a torturarsi in un gesto che Argon conosceva fin troppo bene. “Ti prego, non rispondergli”, era tutto ci che il guerriero al di lei fianco riuscisse a pensare. Aveva avuto modo di conoscerla e sapeva bene che, se provocata, la sua lingua diventava parecchio tagliente. Nihal raccolse tutta la calma di cui disponeva e sollevò lo sguardo ceruleo sul re, uno degli occhi tinto di una sfumatura violacea per via del colpo ricevuto il giorno prima.
-Non sapevo chi fosse, mio signore-
-E allora perché l’hai aiutata?-
-Perché pensavo fosse in pericolo-, non era mai stata particolarmente brava a mentire, ma sapeva che, se riusciva a concentrare l’attenzione su qualcos’altro, le bugie risultavano più credibili. Il suo pensiero, ora, era se mai sarebbe uscita viva dal palazzo e se avrebbe avuto modo di incontrare di nuovo Argon. Solo i suoi occhi scuri, al momento, potevano ancora tenerla ancorata al terreno. Il re si alzò dalla sua posizione, discendendo lentamente quei tre gradini che lo ponevano su un livello superiore rispetto a lei. Quando le fu vicino, lei non alzò lo sguardo, ancora troppo concentrata su quei ricordi lontani.
-Tu aiuti tutti i fuggitivi, di solito?-
-No, signore, io non..-
-ALLORA PERCHE’ PROPRIO LEI??-
L’aveva afferrata per le esili spalle, costringendola a guardarlo negli occhi iniettati di sangue. Non somigliava a Dubhe, nulla poteva scorgere di lei in quel volto deturpato dalla rabbia, e, se lui non l’avesse ancora tenuta ancorata con la sua presa salda, Nihal probabilmente sarebbe crollata sulle proprie ginocchia. Argon, intanto, aveva serrato i pugni con forza tale da sentire le unghie penetrargli nella carne.
-Io non..non lo sapevo..-
Nihal prese a singhiozzare con forza, il primo vero pianto da tanto, tanto tempo. Lui la lasciò andare, quasi con disgusto, allontanandola da sé.
-Dovrei farti giustiziare-
-Signore.-
La roca voce di Argon ruppe i singhiozzi della ragazza, creando un evidente fastidio nel suo re. Tra i due non correva buon sangue, il re non si fidava di lui –e ne aveva ogni valido motivo-, ma non aveva alcuna prova per sollevarlo dall’incarico che suo padre prima di lui gli aveva affidato.
-Che vuoi tu?-
-Non potete provare che lei sapesse chi fosse quella ragazza e non potete ucciderla senza prove. Lei è molto più vicina alla regina di Escetir di quanto voi crediate, scoppierebbe una guerra-
-Che scoppi allora. Quei pagliacci di Escetir non durerebbero neppure mezzo secondo contro il nostro esercito-
Un’altra voce si unì al coro, mentre Nihal cercava di calmare gli spasmi del pianto. Ora osservava il capo delle guardie con stupore ed infinita gratitudine, scorgendo in lui quell’espressione che da troppo tempo non vedeva. Lui la stava difendendo, e non ne avrebbe avuto alcun motivo, a meno che..
-Argon ha ragione, vostra altezza-
Un uomo, alle spalle del re, aveva parlato. Da come era vestito era chiaro che egli fosse un consigliere, ma Nihal non poté provare alcun sollievo davanti alla possibilità di essere risparmiata, poiché un dolore maggiore di mille torture si stava insinuando in lei. Argon era lì, al suo fianco, lo era stato per tutto quel tempo e lei non se ne era accorta. Eppure, era sicura di non aver dimenticato il taglio dei suoi occhi o la piega delle sue labbra. Puntò gli enormi occhi ancora pieni di lacrime –lacrime diverse, stavolta- sul viso di quello che ormai era un uomo e lo incatenò a sé quando egli tentò di osservarla di sottecchi. Quello sguardo valse più di mille parole, era chiaro che Nihal volesse chiederli perché non le avesse rivelato la sua identità ed era chiaro che Argon, a quella domanda, non sapesse minimamente rispondere.
-Non possiamo rischiare una guerra per una sguattera, mio signore, soprattutto non adesso-
Il consigliere aveva ripreso a parlare, perorando la causa smossa in suo favore dal capo delle guardie. Il re parve molto contrariato da quelle parole, ma qualcosa nel suo viso, suggeriva che lui sapesse perfettamente che sia Argon sia il consigliere avevano pienamente ragione. Seppur riluttante, mosse una mano dando un ordine secco alle sue guardie.
-Portatela nelle prigioni, domani le saranno date dodici frustate per aver aiutato un fuggitivo di Meredoch a scappare. Se non posso avere la sua testa, che almeno il suo sangue scorra sulle mie mani-
Nihal non sentì neppure una parola di quella sentenza, né le importava di dover essere punita il giorno seguente, tutto ciò di cui era capace era continuare ad osservare Argon, persino ora che le altre due
guardie la stavano scortando nella stretta cella.
 
 *Adesso*

-Perché non mi hai detto niente, Argon?-
Pronunciare quel nome non le provocava l’effetto sperato, poiché troppo era il rancore nei suoi confronti.
-Perché farmi tutte quelle domande se poi non avevi intenzione di dirmi che eri tu?-
Lei sapeva che lui l’aveva riconosciuta nell’istante in cui Yavanna aveva sussurrato il suo nome e non riusciva a trovare alcuna giustificazione a quel suo silenzio. Argon si lasciò cadere a terra, vicino e lei, fin troppo vicino, incrociando le mani sulle ginocchia.
-All’inizio avevo paura che tu non ti ricordassi di me.-
Un respiro pesante lasciò le sue labbra, quasi quella confessione gli fosse costata lo sforzo più grande della sua vita.
-E poi..poi ho avuto paura e basta. Per te e per quello che ti sarebbe successo. Non sono abituato ad avere paura, lo sai Nihal-
Quel nome risuonò come musica alle sue orecchie, ma niente di paragonabile alla sensazione delle piccole mani di Nihal che si stringevano attorno al suo braccio. Argon la guardò con la coda dell’occhio; si era accoccolata a lui come faceva da piccola, quando era spaventata per qualcosa. Le posò la grande e callosa mano sulla testa, prendendo a carezzarle distrattamente i capelli.
-Sarò io a doverti frustare domani-, disse con la voce infranta dal dolore del solo pensiero di quell’azione.
-Lo avevo immaginato-
-Poi ti porterò via da qui, te lo prometto-
-E resterai con me?-
Forse avrebbero vissuto di nuovo una vita da fuggitivi, una vita a nascondersi, una vita a cui Nihal non era più abituata, ma a quello avrebbero pensato insieme in seguito.
-Si.-
 

 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Broken