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Autore: Pineapple__    20/10/2015    0 recensioni
Tratto dal testo: "[...]: un piccolo panda intento a divorare del bambù mentre un infuocato tramonto si stagliava sullo sfondo. L'indomani si sarebbe presentato personalmente a casa di Alfred per donargli quel piatto; doveva pur farsi perdonare dopo avergli rotto lo zigomo in due punti in seguito ad un bisticcio particolarmente importante. "
[RoChu] [Lievissimi accenni AmeriPan]
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cina/Yao Wang, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando l'arte cinese poteva essere considerata innocua 
 


I freschi sbuffi di un vento estivo serpeggiavano tra gli stretti cunicoli all'interno del fitto canneto di bambù, sparpagliando leggiadramente i biancheggianti petali di fiori di pesco sul portico in solido legno di noce e trasportando con sé l'odore pieno e caratteristico del frutto dall'inconfondibile succosità e dolcezza. Tutto intorno, la natura sembrava muoversi, danzare, al ritmo dettato dal vento che si smorzava per poi subito rinvigorirsi; quasi come  il cadenzato ed appagante respiro della Madre Terra. Lo scacciademoni appeso allo stipite dell'immensa apertura si mosse appena, sinuoso, nel seguire le dolci carezze del vento e spezzò per un effimero istante l'allegro scricchiolare dei grilli, facendo vibrare l'aria circostante con il suono cristallino delle sue campanelle. Mosse, quasi accarezzandole con materno amore, le poche ciocche che sfuggivano all'egemonia della elegante coda di cavallo abbandonata scompostamente sopra la spalla sinistra. Socchiuse gli occhi, Yao, beandosi della meritata sensazione di refrigerio. Si intrufolò, infine, all'interno della sua tunica scarlatta, quasi prima saggiandone sapientemente i drappeggi e i rifinimenti dorati. L'ondata di immediata freschezza a contatto con la pelle reduce da una giornata particolarmente afosa fece irrigidire il corpo del cinese, tanto che fu costretto ad annullare il contatto fra il pennello e la liscia superficie della ceramica per paura di creare antiestetiche sbavature all'interno dell'articolato disegno; un piccolo panda intento a divorare del bambù mentre un infuocato tramonto si stagliava sullo sfondo. L'indomani si sarebbe presentato personalmente a casa di Alfred per donargli quel piatto; doveva pur farsi perdonare dopo avergli rotto lo zigomo in due punti in seguito ad un bisticcio particolarmente importante. Ricordava particolarmente bene la reazione di Giappone alla notizia della colluttazione avuta con la megalomane nazione americana; non l'aveva mai visto così arrabbiato, neppure dopo la sonora sconfitta alla battaglia delle Scogliere Rosse. Riappoggiò sapientemente il fine groviglio di setole macchiate nell'inchiostro color notte, rifinendo con diligenza l'orecchio destro del piccolo panda raffigurato al centro dell'oggetto in ceramica. L'arnese per la pittura scivolava con lentezza quasi esasperante lungo i contorni dalla tinta scura del cucciolo di urside, ben attento a non sbaffare verso gli spazi bianchi a causa di uno sconsiderato movimento involontario delle ipertese dita della mano. Gli scintillanti occhi color caramello, nei quali si rifrangevano gli eburneo raggi dei tre quarti di una Luna malinconica, non si erano separati un secondo dall'oggetto sul quale stava lavorando ormai da ore; ogni piccolo particolare doveva essere curato nei minimi dettagli, dal germoglio di bambù che sfuggiva burlone dalle inesperte zanne del piccolo animale alle varie tonalità dell'imbrunire che svettava sullo sfondo, tinteggiato di vari ed intricati miscugli di rosso, arancione e giallo. Persino la nuvole rosate erano perfettamente sfumate all'orizzonte, confondendosi e attorcigliandosi con esso. Non vi era nessun dubbio; quello era uno dei migliori lavori creati dalle sue esperte mani. 
 
Eppure percepiva, quasi perfettamente, una sorta di disturbo all'interno dell'oasi pacifica nella quale si era trasformato il suo giardino. Fece guizzare le attente iridi da ogni parte, scandagliando minuziosamente ogni angolo dell'ambiente intorno a sé. I campanelli suonarono per la seconda volta e, proprio in quel momento, il cinese abbassò la guardia, rincuorato dal fatti della sua errata supposizione di un'effrazione di domicilio da parte di qualche sgradito ospite. O, peggio, da un Corea che solo aspettava il momento giusto per avvinghiarsi all'inesistente seno di Yao. Solo il pensiero lo fece rabbrividire con cotanta violenza da vedersi costretto ad annullare nuovamente il contatto tra il pennello e la superficie del piatto. Chiunque fosse stato a causare quel momentaneo squilibrio, ora non era più -almeno per i suoi acuti sensi da nazione di quattromila anni- là e il moro avrebbe potuto tornare agli ultimi ritocchi prima asciugatura finale. Ma il povero, vecchio Cina avrebbe dovuto avere l'accortezza di controllare il luogo da dove il nemico avrebbe potuto attaccare con maggiore facilità e fu così che si ritrovò con gli occhi coperti da due abominevoli mani avvolte in guanti neri. La nazione cinese sobbalzò e cacciò un leggero grido, misto di sorpresa e spavento. E chi poteva essere, se non il suo inseparabile vicino nonché segreto amante agli occhi del mondo? 
 
"Oi, Èluósī*, toglimi le mani di dosso! Non vedi che sono occupato?" soffiò il maggiore con aria seriamente scocciata. 
 
"E va bene, Kitay*, ma solamente perché mi sembravi tanto concentrato~." dichiarò Russia, stranamente docile al comando dell'asiatico. 
 
Chissà perché, ma tutto ciò faceva pensare al moro che il minore l'avesse combinata davvero grossa e, quando finalmente i suoi occhi caramellati furono liberi da quella benda di affusolate dita, la sua paura più grande prese forma con mostruosa rapidità davanti ad essi; una tremolante striscia nera schizzava dal naso dell'animale raffigurato verso l'alto, andando a rovinare sul cielo -una volta- perfettamente sfumato, colorato e rifinito. Una vena ballerina pipiò sulla fronte di Cina, il quale sembrava sull'orlo di scoppiare in uno dei suoi soliti incontrollabili ed improvvisi attacchi di rabbia. Una smorfia altamente e minacciosamente sarcastica si dipinse sul suo viso mentre afferrava -ormai senza più quella chirurgica delicatezza- il, ormai, irrecuperabile piatto. Si voltò pigramente verso il biondo, il quale stava cominciando a sudare freddo sia per cappotto e sciarpa indossati durante quella stagione proibitiva, sia per i ben conosciuti influssi omicida che scaturivano quasi visibili ad occhio nudo dal corpo della nazione di fronte a lui. Ivan indietreggiò, cercando di proteggersi da qualsiasi colpo che probabilmente stava caricando il fidanzato. E lui sapeva bene quanto potesse fare male, se davvero intenzionato. 
 
"Su, su, Yaoka*, non fare così! Sono sicuro che non sei davvero dispiaciuto per quello che hai fatto ad America! Quindi quel piatto era solo una perdita di tempo!" cercò di tirarsi in salvo, ma si accorse che quello che aveva appena proferito l'aveva cacciato ancora più in merda di quanto non lo fosse stato trenta secondi prima. 
 
"Hai ragione, sai?" cominciò Yao, annuendo con espressione critica "Ho solo perso tempo, non ho bisogno di scusarmi con quel macina-hamburger. Se l'era meritato." 
 
In quel preciso istante, il ragazzone dagli occhi ametista percepì il proprio cuore alleggerirsi di un paio di chili. Era sollevato del fatto che -forse- il suo amante non fosse più arrabbiato con lui. Aveva imparato a non fidarsi della prima facciata delle persone; ma, andiamo, come poteva anche solo pensare che il suo Yaoka potesse mentirgli così spudoratamente? Ma -come se non fosse mai accaduto nulla-, quando si avvicinò per schioccare un infantile bacio sulle labbra del cinese, ecco che un piatto da diversi chili di peso si sfracellò sulla sua testa spargendo ovunque cocci colorati e una fine polverina bianca scaturita da pezzetti di ceramica  che rovinavano al suolo. Il russo cadde faccia al suolo, piagnucolante di scuse e con un bernoccolo fumante in bella vista sulla nuca. A quanto pare sarebbero voluti più giorni -o forse settimane- per rimediare a quello che aveva combinato.  
 
"Ricordati che l'arte cinese non è mai uno spreco di tempo, báichī*!" sbraitò Cina, tanto forte da far tintinnare per la terza ed ultima volta, quella sera, i campanelli dello scacciademoni. 
 
 
 




Angolino dell'Ananas: 

Questi giorni di malattia sono stati davvero redditizi, parlando di storie e storielle varie. Mi ha permesso, finalmente, di poter continuare questa RoChu che avevo in stallo dall'inizio dell'estate. Grazie, bronchite asmatica, almeno servi a qualcos'altro, oltre che a farmi saltare la scuola. In questi giorni ho -in realtà è _Rouge che mi edita le storie e colgo l'occasione per ringraziarla di nuovo (❤)- pubblicato tanto anche perché il quinto anno di liceo comincia a farsi sentire e, forse, non riuscirò a scrivere con la stessa costanza. Ma bando alle ciance, è arrivato il momento dei ringraziamenti aerei; ringrazio chi passerà a dare una letta, chi la ficcherà nelle preferite/ricordate/seguite e, soprattutto, a chi lascerà anche solo una recensioncina. A presto, spero~. 
bacissimi 
Pineapple__ 
 



Èluósī (俄罗斯 ) : "Russia" in cinese. 
 
Kitay ( Китай ) : "Cina" in russo 
 
-ka (Yaoka) : suffisso russo riconducibile al "-chan" giapponese, ma scritto attaccato al nome. 
 
Báichī (白痴 ) : "idiota" in cinese.
  
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