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Autore: potterfanlalla17    22/10/2015    5 recensioni
Dopo il peggior finale di sempre nella storia di pap, ho deciso che il personaggio di Gaetano meritava più di quanto ha avuto. Questa è la mia personalissima visione di come dovrebbe proseguire il rapporto schizofrenico tra Gaetano e Camilla, sempre che tra i due un rapporto sia ancora possibile.
Un paio di avvertimenti: primo, non ho idea di come andrà finire, perciò non assicuro il lieto fine da favola come tutti vorrebbero vedere oggi. E secondo, astenersi fan sfegatati di Camilla Baudino: la prof. questa volta mi ha proprio deluso e non credo che sarà facile per lei recuperare la mia fiducia....figuriamoci quella del povero Gaetano.
A tutti coloro che invece vorranno seguirmi auguro buon viaggio insieme a me in questa nuova avventura targata pap.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RISVEGLI

Quella notte non aveva praticamente chiuso occhio.

Per essere completamente sinceri, non aveva nemmeno passato molto tempo a letto. La chiacchierata con Livia era andata per le lunghe, perché Camilla si era trovata a narrare di fatto quanto accaduto negli ultimi dieci anni della sua vita: sua figlia aveva ascoltato in silenzio, interrompendola di quando in quando con  alcune domande su passaggi, momenti, parole e gesti che non le erano completamente chiari. Al termine di quello che in pratica era stato un lunghissimo monologo, Livia si era alzata dal divano, aveva abbracciato la madre e, presa la piccola di casa, si era ritirata nella propria camera.

Per qualche istante Camilla era rimasta senza parole, perfino leggermente seccata dal mutismo della figlia, ma, tornata a sua volta in camera, comprese quello che era appena accaduto. Il solo fatto di aver finalmente tirato fuori tutto quello che aveva vissuto e provato in quegli anni l’aveva fatta sentire infinitamente più leggera. Si era infilata sotto le lenzuola con un piccolo sorriso che le increspava le labbra, forte di una speranza, una sensazione di benessere, che la chiacchierata con Livia le aveva regalato.

Poi, erano cominciati gli incubi: ad occhi chiusi, i ricordi degli ultimi dieci anni si erano trasformati in un incubo senza fine, ma quando si era svegliata di soprassalto, sudata e con il battito decisamente accelerato, il senso di quegli incubi le era sfuggito. Non ricordava esattamente cosa avesse sognato, ma una strana sensazione opprimente di ansia e di angoscia aveva preso il posto della leggerezza con cui era andata a dormire. Ed in quelle condizioni il sonno l’aveva lasciata.

Il pianto della piccola Camilla le offrì la scusa per abbandonare definitivamente il letto ed occupare la mente con pensieri che non fossero velati da una certa dose di inquietudine.

-Ehi, piccolina! Nemmeno tu riesci a dormire?- disse entrando in quella che un tempo era la stanza degli ospiti, ora riadattata a nursery per la neonata. Sollevò la piccola che continuava a manifestare la propria disapprovazione per essere stata lasciata sola in quella grande camera, cominciando a cullarla come era solita fare con la sua Livietta diciotto anni prima.

-Mamma!- mormorò proprio Livia entrando in camera della figlia con ancora gli occhi chiusi. –Che ci fai qui?

-Camilla piangeva…

-E sono io quella che dovrebbe alzarsi. O al massimo George. Torna a dormire, che fra qualche ora devi essere a scuola.

-Adesso mi dai anche ordini, mammina?- ribatté divertita Camilla, mentre con delicatezza lasciava quel fagottino rosa tra le braccia di Livia.

-Se servisse a qualcosa, lo farei- commentò la ragazza, ma il tono di voce lasciava intuire che dietro a quella affermazione si nascondeva molto altro.

Camilla avrebbe volentieri risposto a tono se solo ne avesse avuto il tempo; un leggero bussare alla porta la costrinse ad affacciarsi in corridoio per sincerarsi di non essere preda di allucinazioni uditive derivanti dal poco sonno…o dall’avanzare dell’età.

Di nuovo delicati colpi sulla porta di casa.

Camilla e Livia si guardarono incuriosite, prima di dirigersi verso la porta. Una rapida occhiata dallo spioncino (tanto per Camilla ormai quella era una abitudine consolidata) e la porta si aprì lasciando entrare Renzo.

-Papà!- mormorò Livia.

-Renzo! Che…che ci fate voi qui?- il plurale divenne d’obbligo quando Camilla notò il passeggino sul pianerottolo accanto all’uomo. Non erano state molte le occasioni in cui le era capitato di avere a che fare con il secondogenito di Renzo e francamente non le era del tutto chiaro come questa cosa la facesse sentire: l’istinto materno le faceva adorare anche quel bambino, che, per uno strano scherzo del destino, assomigliava così tanto a Livietta da piccola, mentre la ragione le urlava che quei cinquanta centimetri di tenerezza erano il simbolo del fallimento del suo matrimonio.

Alla fine prevalse l’istinto e lasciò che Renzo spingesse all’interno dell’appartamento il passeggino di Lorenzo.

-Scusa, Camilla, per l’ora. E me ne sarei anche andato se nessuno mi avesse aperto, solo che…ho dimenticato le chiavi dell’appartamento a casa di Carmen e lei sta dormendo, quindi…

-Tu e Lorenzo siete rimasti chiusi fuori casa.

-In pratica…

Camilla si ritrovò suo malgrado a sorridere: era capitato anche a loro nei primi giorni con Livietta. A quell’epoca Renzo aveva cercato rifugio dalla suocera al piano di sotto, anche se in quel caso l’idea di svegliare la donna alle sei del mattino lo aveva messo stranamente di buon umore.

-Vieni, dai. Ti preparo un caffè.

Livia salutò il padre e si richiuse in camera con la piccola Camilla cercando di farla riaddormentare e soprattutto per evitare che una nuova crisi di pianto della piccola Turner potesse svegliare lo…zio…Dio, suonava tutto ancora così strano ed inquietante!

Camilla e Renzo, invece, si diressero verso la cucina con Lorenzo che dormiva tranquillo incurante di quello che stava accadendo nel mondo degli adulti.

Il silenzio tra i due era piuttosto pesante, complice anche il fatto che Renzo sembrava fissare Camilla con un’espressione indecifrabile.

-Che c’è? Ho qualcosa in faccia?- chiese la donna ad un certo punto.

-No! No, stai benissimo. Come sempre, del resto

-Uhm…ok.

Quella battuta le riportò alla mente le parole che un tempo le aveva detto Gaetano, quando ancora si conoscevano da poco e lui, fin troppo cavaliere e gentiluomo, si limitava a ricoprirla di complimenti velati e gentili ma che la turbavano come non avrebbero dovuto. Ed all’improvviso l’idea di essere lì con Renzo, a quell’ora del mattino, a parlarsi civilmente, la fece sentire terribilmente in difetto, come se quella tregua (e forse persino pace) ritrovata con Renzo altro non fosse che un espresso tradimento nei confronti di Gaetano. Del resto, aveva allontanato entrambi gli uomini, ma mentre con Renzo continuava ad esserci una inevitabile frequentazione, con Gaetano i rapporti si erano praticamente troncati.

Davanti agli occhi le balenò l’immagine cristallina di un Gaetano deluso tanto quando gli aveva mentito sulla notte passata con Michele. E quel senso di disagio alla bocca dello stomaco tornò a coglierla all’improvviso, facendole desiderare di ricacciare Renzo fuori dalla porta. Aveva criticato aspramente il commissario per la sua immotivata gelosia fino a poche settimane prima, arrivando a definirlo infantile ed immaturo nel bel mezzo del centro di Torino, ed ora si ritrovava a pensare che probabilmente il suo comportamento non era stato poi così esente da critiche e recriminazioni. Tutto sommato Gaetano aveva avuto le sue buone ragioni per dire quello che aveva detto, più e più volte, su lei, su Renzo, e in ultimo anche su Michele. Ma perché solo ora riusciva a vedere lucidamente che le parole di Gaetano avevano un fondamento più che solido? Che diamine era cambiato in pochi giorni? Perché prima sentiva di dover attaccare Gaetano e ora le sembrava di essere dalla parte del torto? Sprazzi della conversazione notturna con Livietta tornarono a galla prepotenti, portando alla luce occasioni e circostanze nelle quali avrebbe potuto, e anzi dovuto, comportarsi diversamente…per lei stessa, per Gaetano e anche per Renzo stesso. E di nuovo quella sensazione viscida e strisciante di angoscia si fece sentire, ancora più forte.

-Ho…chiamato l’avvocato- esordì Renzo, al quale scappò un sorriso divertito vedendo l’espressione stupita di quella che ormai doveva cominciare a considerare la sua ex moglie. –Che c’è? Pensavi me ne fossi dimenticato?

-No…no…beh, in effetti mi sorprende che sia stato tu a fare il primo passo, e così in fretta. Con tutto quello che è successo negli ultimi mesi credevo che tu…

-…che io volessi approfittare di Camilla e Lorenzo per prendere altro tempo?

La donna alzò le spalle confermando così le parole del marito.

-No- continuò Renzo -diciamo che ho recepito il messaggio, alla fine. Mi ci è voluto un po’ di tempo per capirlo e assimilarlo, per…accettarlo, ma ora sono qui, depongo le armi. Desidero solo vivere in pace con te, Livia, nostra nipote e anche con Carmen e Lorenzo.  

Camilla puntò i suoi occhi in quelli di Renzo: non c’era rabbia, delusione, frustrazione. Era sincero, o almeno lo sembrava.

-Come mai questo atteggiamento conciliante tutto ad un tratto?

-Beh, abbiamo quasi rovinato il matrimonio di nostra figlia a causa dei nostri litigi. Non voglio rischiare di rovinare anche l’infanzia di Lorenzo. Io ho fatto il casino e io ne devo pagare le conseguenze, non lui. E poi come hai tenuto a precisare anche in ospedale, tu mi vuoi bene, mentre io ti amo. E non penso che questa sia una cosa che il tempo possa più sistemare ormai.

Il contenitore del caffè scivolò dalle mani di Camilla, ma lei quasi non se ne accorse: quelle parole, le parole che aveva detto a Renzo e Gaetano in quel dannatissimo ospedale! Quelle stesse parole avevano aperto gli occhi a Renzo sul fatto che il loro matrimonio era davvero finito; che effetto avevano potuto avere allora su Gaetano, con cui la relazione, ancora agli inizi, era così debole e fragile? LUI era debole e fragile: aveva cercato di dirglielo in tutti i modi ma solo ora se ne rendeva conto…e il suo discorso, il suo volersi sentire libera e indipendente, quel “vi voglio bene”…aveva probabilmente distrutto anche la più piccola speranza di Gaetano. Cosa aveva detto quando erano in macchina con Tommy? Che non era stanco di aspettare lei, ma le sue decisioni? Oddio, lei aveva preso una decisione e adesso era possibile che lui…che lui…ma non era questo che intendeva! Non era “quella” decisione…

-Camilla, ti senti bene?

La donna annuì ma decise comunque che per precauzione era meglio lasciar terminare a Renzo la preparazione di quel caffè. L’uomo tornò a fissarla: la conosceva da una vita e poteva facilmente intuire cosa stesse passando per la mente di Camilla.

-A proposito di…di quella conversazione in ospedale…

-Preferirei non parlarne, se non ti dispiace.

-Invece credo che dovremmo. Ho…ho visto Gaetano ieri sera. O meglio, stanotte- Renzo fece una pausa di silenzio per lasciare a Camilla assimilasse l’informazione, cosa che avvenne pochi secondi dopo. –Non preoccuparti, non sono volati pugni, né ci siamo sfidati a duello all’alba.

Nonostante tutto, Renzo riuscì a strappare un accenno di sorriso alla donna seduta sullo sgabello proprio di fronte a lui.

-Ti ha detto qualcosa? Di me?- Camilla temeva quella risposta tanto quanto la bramava. Un contatto seppur indiretto con Gaetano, la possibilità di sapere se dopo tutto lui ancora la stesse ancora aspettando. Anche se non credeva di avere il diritto di sperare…

-Non esattamente…ecco, credo che lui…sì, insomma…credo se ne sia andato, ecco.

Questa volta Renzo dovette attendere qualche secondo di più perché Camilla cogliesse il senso profondo della sua affermazione. Ci aveva pensato tutta la notte: doveva raccontare a Camilla di quell’incontro notturno? Di certo, il vicequestore non aveva posto condizioni quando si erano saluti, non gli aveva detto di lasciare Camilla fuori da tutta questa faccenda. Del resto, se se n’era andato nel cuore della notte, forse voleva proprio evitare che la donna venisse a conoscenza di questa novità. Ad ogni modo Camilla lo avrebbe scoperto prima o poi (e conoscendo le sue dote investigative più “prima” che “poi”) e poco sarebbe cambiato se lo avesse saputo da Renzo o lo avesse scoperto da sola.

 -Cosa vuoi dire con “se n’è andato”?- Camilla schizzò in piedi con un’agilità che non credeva più di possedere almeno dai tempi del liceo, e forse nemmeno allora, ma le parole di Renzo avevano scatenato quel mostro interiore che da qualche ora gironzolava liberamente tra lo stomaco e il petto.

-Andato. Andato. Aveva una borsa. Andato- continuò a ripetere Renzo gesticolando e cercando di evitare di rivelare i dettagli della conversazione. Giunto a questo punto, forse comprendeva perché aveva esitato tanto prima di decidersi a parlarne a Camilla.

-Sii più preciso, per favore! Aveva un borsone? Che borsone? Era grande, piccolo? Che ti ha detto?- il tono concitato tradiva l’avvenuto superamento di qualsiasi soglia di controllo: l’ansia era ormai degenerata in panico totale. Era come divisa in due: da un lato il suo cervello voleva sapere il più possibile da Renzo (ed era disposta anche alla tortura se si fosse resa assolutamente necessaria), dall’altro il suo corpo le gridava di prendere la via della porta e di andare a controllare di persona cosa stava succedendo nell’appartamento di fronte.

Alla fine fu il corpo a prevalere sulla mente e senza nemmeno rendersene conto si trovò davanti alla porta di casa di Gaetano. Suonò il campanello più volte, bussò alla porta con crescente impazienza. “Adesso apre. Adesso viene ad aprire” continuava a ripetere dentro di sé in una sorta di mantra.

-Camilla…- Renzo l’aveva seguita più per paura che potesse mettersi a tentare di sfondare la porta a spallate che per reale interesse.

-Adesso arriva, vedrai. È sotto la doccia o ancora a letto, ma vedrai che viene.

Fu quello il preciso istante in cui per la prima volta in tutta la sua vita Renzo si rese conto di quanto Camilla amasse Gaetano Berardi: quegli occhi così spaventati all’idea di averlo perso per sempre, la voce tremante, quel suo volersi convincere che a breve Gaetano avrebbe aperto la porta e tutto sarebbe tornato alla normalità. Avrebbe voluto che il suo ultimo gesto da marito fosse quello di poter alleviare il dolore che le sarebbe derivato dalla consapevolezza che lui, Gaetano, non era più lì, dove lei lo aveva sempre cercato e trovato. Accanto a lei.

-Camilla- tornò a ripetere questa volta passandole un braccio attorno alle spalle per costringerla con tutta la dolcezza di cui era capace in una simile circostanza ad allontanarsi da lì. Lei sollevò gli occhi ormai pieni di lacrime e si aggrappò con la poca forza che le era rimasta alla giacca di Renzo.

Livia lì trovò così, stretti in quello strano abbraccio, intuendo perfettamente cosa doveva essere appena successo. E senza bisogno di aggiungere altro, si avvicinò ai genitori stringendoli entrambi a sua volta.

 

Angolo dell’autrice:

dunque, che dire? Il percorso che riportrà Camilla tra le braccia di Gaetano (forse?) è appena cominciato.  Lei aveva bisogno di tempo per capire…e quindi il riavvicinamento tra i due sarà graduale. Entrambi hanno molto da dire e da spiegare a questo punto e forse dovranno trovarsi a metà strada se vogliono avere la seranza di rimettere insieme i pezzi di questo rapporto. Insomma…bisogna continuare a leggere er scoprire come andrà =)

A presto.

L.

   
 
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