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Autore: Kary91    24/10/2015    2 recensioni
{Raccolta}
Regole:
1. Scrivi i nomi di 10 personaggi.
2. Scrivi una fanfiction per ogni prompt, usando i personaggi coordinati ai numeri.
~ First Time;Annie&Gale (friendship)
~ Angst; Hazelle Hawthorne
~ AU; Cinna & Famiglia Hawthorne
~ Threesome; Johanna, Darius & Gale
~ Hurt&Comfort; Primrose & Ranuncolo
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cinna, Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Johanna Mason, Ranuncolo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Much worse games to play.'
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{Drabble Games}

ccc

 

 

Regole:

1. Scrivi i nomi di 10 personaggi.

2. Scrivi una fanfiction di quindici parole o meno per ogni prompt, usando i personaggi coordinati ai numeri. NON leggere i prompt prima di scrivere la lista dei personaggi.

 

 

Lista dei Personaggi

 

1.       Rory Hawthorne

2.      Katniss Everdeen

3.      Johanna Mason

4.      Annie Cresta

5.      Primrose Everdeen

6.      Gale Hawthorne

7.      Hazelle Hawthorne

8.      Cinna

9.      Darius

10.   Ranuncolo

 

 

I Prompt;

 

First Time (4 e 6).

{Annie Cresta & Gale Hawthorne}

 

“Ho parlato con la tua sorellina, l’altro giorno” mormorò la ragazza, sollevando lo sguardo dal vassoio per il pranzo.

Gale le rivolse un’occhiata interrogativa.

“Mi ero persa per i corridoi e cercavo Finnick, mi sono spaventata. Lei e tua madre mi hanno vista e mi hanno riaccompagnata in ospedale: Posy mi ha tenuto la mano per tutto il tempo… è così carina!”

Gli occhi di Annie si persero nel vuoto, come – ormai Gale se n’era accorto – accadeva spesso.

“Un giorno vorrei avere una bambina dolce come lei; o magari un maschietto.”

Per la prima volta da giorni, il fantasma di un sorriso piegò le labbra del ragazzo.

 

Angst. (7)

{Hazelle Hawthorne (/Mr. Hawthorne)}

Avevo un anello, una volta.

Era semplice, un po’ sporco, in legno di nocciolo.

L’avevi comprato tu al mercato, dopo settimane di straordinari e domeniche imprigionate sotto terra.

Avevo un anello – il nostro anello  – e non lo toglievo mai.

Nemmeno la notte, perché sentire la pressione sul dito mi ricordava le tue strette, i tuoi baci ruvidi di barba. Non importava se il lato del letto di fianco al mio era freddo, se non potevo più sentirti borbottare nel sonno, se da anni nessuno mi accarezzava più con quella tenerezza un po’ grezza che ti apparteneva sin da ragazzino.

Non importava.

Perché avevo quell’ anello:  avevo te.

 

L’ho tolto una volta, quell’anello: questa mattina, per via dei geloni.

E il fuoco me l’ha portato via, così come ha derubato molte famiglie dei loro stessi figli.

Le bombe hanno distrutto quel poco che eravamo riusciti a costruire, ci ha riso in faccia guardandoci dritti negli occhi.

Ha acceso la rabbia nel nostro primogenito, dopo tutti i miei tentativi di tenerla sopita.

Ha terrorizzato Rory e Vick, che in un lampo hanno perso il diritto di potersi definire ‘bambini’.

Nostra figlia piange, si butta per terra: ha perso la sua unica bambola mentre scappavamo dalle fiamme.

Io ho perso te, per la seconda volta, assieme alla mia casa. All’innocenza dei miei figli, la nostra dignità.

Ho perso te che eri tutto per noi, ma evidentemente non bastava.

Il fuoco non ha pietà nemmeno degli sterpi più bassi, quelli che crescono a fatica e con poca acqua.

E io già so, come sai tu, che adesso sarà nostro figlio a non avere pietà per lui.

Proteggilo tu se puoi, ne ha tanto bisogno.

Ne ho tanto bisogno.

Perché se un tempo sognavo che un giorno anche lui avrebbe avuto un anello – il nostro anello – da donare a qualcuno da amare, adesso quel desiderio è in cenere.

Adesso non abbiamo più nulla.

Non abbiamo più te.

 

 

AU. (1 e 8)

{Cinna & Rory Hawthorne|Kings!AU}

 

“Permette, vostra maestà?”

Cinna distese la stoffa rossa del mantello e attese che il principe Rory si chinasse, per allacciarglielo al collo.

Rory si rimirò compiaciuto allo specchio, facendo oscillare il drappo.

“È magnifico, Cinna!” si complimentò il giovane, sorridendo ammiccante al suo riflesso. “Con questo mantello sembro già re! Il futuro Re Rosso della Nobile Casata degli Hawthorne. Chi tel’ha commissionato?”

“È un dono della principessa Primrose del Reame dei Vincitori. Per il suo compleanno, vostra maestà.”

Le orecchie del principino arrossirono a punto tale da far invidia al color cremisi del suo mantello. Si sforzò comunque di apparire il più noncurante possibile.

“Molto bene; e quest’ultimo pacchetto da parte di chi è?” chiese, sollevando una scatola infiocchettata con gran cura, piena di nastri rosa. “Forse di Gale? è tutto il giorno che non si fa vedere.”

Tanto per cambiare, aggiunse accigliato fra sé.

“Credo che il principe Gale sia ancora a caccia” rispose Cinna, sforzandosi di trattenere un sorrisetto;  conosceva bene le abitudini del principe Gale di ribellarsi ai suoi doveri da nobile per trascorrere intere giornate nei boschi. Spesso alle sue scorribande si univa anche la futura regina Katniss del Villaggio dei Vincitori, ma questa era una faccenda segretissima. Se al castello del buon Re Peeta si fosse venuto a sapere, la notizia avrebbe creato gran scalpore: il sovrano Mellark e la principessa Katniss avevano da poco annunciato il loro imminente matrimonio.

“E allora di chi può essere?” mormorò fra sé il giovane Rory, scartando il regalo. “Forse è da parte di Vick?”

Proprio in quel momento una risata infantile s’intrufolò nella stanza. Il principe si guardò subito attorno, le sopracciglia aggrottate in una smorfia infastidita.

“Esci fuori, nanerottola!” esclamò poi, sbirciando sotto il trono. Il visetto rosso dal riso di una bambina fece capolino fra i piedi della seggiola, i capelli spettinati e il vestito sgualcito. La principessa Posy balzò fuori dal nascondiglio, un sorriso birichino ad arricciarle le labbra.

“Te l’ho fatto io questo regalo!” esclamò, tirando fuori dal pacchetto del principe il suo misterioso contenuto. Quando Rory vide il dono, le sue orecchie tornarono ad arrossarsi per la vergogna: la bambina gli aveva appoggiato in grembo una parrucca dai lunghi capelli rosa.

“Io e Vick l’abbiamo presa dall’armadio di Madama Trinket” rivelò la ragazzina, ignorando lo sguardo omicida del fratello. “Sai, mi sono un po’ stufata di fare la principessa: voglio diventare una fata di quelle che fanno le magie con le bolle di sapone! Così ho pensato che se avevi una parrucca la principessa la potevi fare tu al posto mio. E questa è bellissima, è pure rosa[1]!”

Rory non disse nulla. Il suo sguardo di fuoco fu sufficiente per far intuire alla sorellina che era giunto il momento di squagliarsela.

“Stupida marmocchia moccio-ambulante che non sei altro…” mormorò fra sé, gettando all’aria le sue buone maniere da principe. Posy gli fece una pernacchia, prima di correre a rifugiarsi fra le braccia di Cinna: fra i quattro principini della nobile casata degli Hawthorne, la piccola Posy era senz’altro la preferita dello stilista di Corte e la bambina questo lo sapeva bene.

“Non sono mocciobulante, quello semmai sei tu… Principessa Rory!” strillò, quando il fratello scattò verso di lei.

Fuggì poi verso le porte d’ingresso, con il principino alle calcagna. Gli schiamazzi dei due figli del Re avrebbero probabilmente fatto storcere il naso a qualsiasi nobile li avesse visti – Madame Trinket in primis -, ma Cinna non si scompose: le baruffe dei fratelli Hawthorne lo facevano sempre sorridere.

Spezzavano un po’ della monotonia che impregnava la vita di corte.

 

 

Threesome. (3,6 e 9)

{Johanna Mason, Gale Hawthorne &  Darius}

Il silenzio innaturale delle celle dava sui nervi a Johanna.

L’assenza di grida e lamenti la insospettiva, la induceva a pensare che i suoi aguzzini si stessero preparando per sfoderare le loro trovate migliori. Il peggio doveva ancora arrivare: ne avvertiva la certezza in continuazione, ogni momento di ogni giorno. Perfino nei momenti di agonia dopo i cicli di elettroshock, che facevano a pugni con la sua lucidità, il suo pensiero fisso era il medesimo: inventeranno dell’altro, si diceva. Con questo branco di sadici sociopatici non c’è limite al peggio.

Per distrarsi da questi pensieri ogni tanto parlava: borbottava qualcosa fra sé, oppure cercava, con scarso successo, di intavolare qualche magra conversazione con i compagni di cella.

Un pomeriggio, decise di rivolgere la parola al prigioniero rinchiuso nella cella di fronte alla sua.

Erano in due, in realtà, entrambi con i capelli rossi; che erano dei  senza-voce era evidente dal silenzio che li trafiggeva ogni volta che le lame dei coltelli li martoriavano. Non sembravano passarsela molto bene.  Avevano il volto incrostato di sangue e ferite aperte da giorni in ogni parte del corpo, inferte per il puro gusto di vederli soffrire senza che potessero implorare pietà.

La femmina sembrava priva di sensi, quel pomeriggio, così Johanna decise di fare un tentativo con il ragazzo.

“Ehi, tu…”

La sua voce risultò più roca rispetto a come se la ricordava. Il giovane rimase immobile.

“Dico a te, Rosso.”

Il Senza-Voce voltò il capo verso di lei. Le loro celle erano separate da un corridoio, ma la prigione era talmente stretta e le gabbie così piccole che erano distanti appena qualche metro.

“Che hai combinato per farti spedire in questo inferno?”

Il giovane la fissò a lungo, ma continuò a non dire nulla; strappò poi un pezzo di stoffa dalla sua camicia e se lo legò all’avambraccio, cercando di bloccare il sangue che gocciolava da una ferita fresca.

Johanna roteò gli occhi.

“Mi sa che assieme alla lingua ti hanno asportato anche un pezzo di cervello…” borbottò fra sé, voltando la testa dall’altra parte.

Chiuse gli occhi e cercò di riposare. Pochi minuti stanti più tardi un rumore metallico la spinse a riaprire le palpebre.

Il Senza-Voce stava battendo un dito contro le sbarre per attirare la sua attenzione.

Johanna gli scoccò un’occhiata accigliata; il giovane le stava indicando una striscia di sangue per terra: proveniva dalle sue ferite.

“Non sei il solo grattugiato come una scorza di limone, sai?” borbottò la ragazza. “L’ultima cosa che ho voglia di fare è compatire qualcuno.”

Il rosso scosse la testa. Indicò ancora il sangue per terra e questa volta ci appoggiò sopra un polpastrello, tracciando delle linee oblique. Solo a quel punto, Johanna comprese che il ragazzo stava cercando di comunicare con lei. Non sembrava un’impresa facile nemmeno così, perché il rosso sembrava talmente debole da non riuscire nemmeno a scrivere.

“Una freccia…”  azzardò dopo qualche tempo Johanna, cercando di interpretare le linee tracciate dal Senza Voce. “…Hai ucciso qualcuno?”

Il giovane scosse nuovamente la testa. Sollevò a fatica una mano e tornò a disegnare: con orrore, Johanna notò che gli mancava un dito. Analizzò poi con attenzione la nuova immagine formata dal ragazzo: sembrava un animale, forse un uccello.

Unì con la mente i due disegni del ragazzo ed ebbe un’illuminazione.

“La Ghiandaia Imitatrice” azzardò, pensando a Katniss e alla maledetta freccia che aveva distrutto il campo di forza. Un ghigno amaro le piegò le labbra. “Bah, in fondo non siamo tutti qui per colpa sua?”

Ancora una volta, il ragazzo scosse la testa. Poggiò l’intera mano sui disegni di prima e vi tracciò sopra delle linee ondulate con gesti rabbiosi, violenti.

Per un attimo, Johanna pensò che fosse semplicemente in preda a un qualche attacco d’isteria. Più guardava il disegno, tuttavia, più le linee  nervose di sangue le suggerivano qualcosa: le ricordavano un fuoco; un nugolo di fiamme indomabili.

Lo fece notare al giovane che abbozzò un sorriso amaro: evidentemente la sua interpretazione di quell’accozzaglia di sangue e sporco gli piaceva.

Infine, il prigioniero mimò una parola con le labbra, guardando Johanna negli occhi; ci vollero un paio di tentativi, ma alla fine la ragazza capì.

“Amico” mormorò Johanna, indovinando il messaggio del compagno. “Sei stato messo dentro perché hai difeso un amico.”

Il Senza-Voce annuì. Il suo sguardo ricadde ancora sul suo sangue, sulle fiamme danzanti che aveva disegnato senza accorgersene, e le indicò. Mimò una seconda parola, che questa volta la ragazza indovinò subito.

“Ribelle” pronunciò per lui. Il giovane dai capelli rossi annuì di nuovo; dopodiché chiuse gli occhi, come a volerle suggerire di essere stanco.

Johanna sospirò e voltò il capo dall’altra parte.

Quella fu la loro prima e ultima conversazione.

Un paio di giorni più tardi, i due Senza-Voce dai capelli rossi vennero torturati a morte.

Il disegno delle fiamme danzanti di sangue continuò a tormentare Johanna fino a quando, una notte, qualcuno riuscì ad introdursi nella sua cella per liberarla.

Era immersa in uno stato di stordimento, vittima del dolore e della stanchezza, quando due mani l’avevano scrollata con fermezza. Quando aveva alzato lo sguardo, Johanna si era trovata di fronte due occhi grigi che la fissavano decisi. Occhi da ribelle, così come l’uniforme indossata dal ragazzo che la stava sorreggendo. E dentro quegli occhi, il fuoco: lo stesso fuoco arrabbiato che aveva disegnato per terra il Senza-Voce senza nemmeno rendersene conto.

“Johanna Mason, giusto?” aveva bisbigliato a quel punto Gale Hawthorne, sostenendola con delicatezza.

Estenuata dal dolore e dalla paura, Johanna cercò di ritrarsi: temeva e bramava quell’intruso al tempo stesso, desiderosa di fuggire ma incapace di fidarsi.

Il suo sguardo incrociò ancora una volta gli occhi grigi del ragazzo e la determinazione che vi bruciava dentro fece scattare qualcosa in lei.

Le tornò in mente la prima parola che il Rosso le aveva mimato, il motivo della sua cattura: amico.

Con quella parola in testa, la diffidenza venne meno; riuscì a fidarsi e si lasciò guidare dal Ribelle, colui che forse aveva causato la prigionia di un amico.

Colui che forse l’avrebbe salvata.

 

Hurt&Comfort. (5 e 10)

{Primrose & Ranuncolo}

Piangeva, soffocando i singhiozzi nel cuscino per non farsi sentire dalla madre.

Piangeva il pomeriggio, di ritorno da scuola, perché Katniss usciva per andare a caccia fino a tardi e così non correva il rischio di farsi sentire.

Piangeva per tanti motivi, la piccola Prim. Per la fame e il freddo che continuava a soffiarle addosso Dicembre. Per la nostalgia di un papà perduto e di una madre scomparsa, seppur seduta nel letto di fianco al suo. Per la solitudine delle giornate invernali trascorse senza sua sorella.

Un movimento improvviso la fece sobbalzare.

Si strinse a Lady, nel notare un animaletto arruffato con il muso immerso nella ciotola d’acqua della capretta.

Si spaventò, temendo fosse un topo, ma quando la creatura sollevò la testa si rivelò essere un gattino: un esserino esile e sporco, che tremava dalla testa alla coda.

Un timido sorriso si disegnò sulle labbra di Prim. Studiò con attenzione il micino e se ne innamorò all’istante, proprio come le accadeva quando trovava qualche animale ferito nel Prato.

Si asciugò le maniche con una manica: la tristezza e la fame si strinsero in un angolo per fare spazio alla curiosità.

“Secondo me ti ha mandato il mio papà” sussurrò la bambina, avvicinando il volto al musetto del cucciolo. “Per tenermi compagnia.”

Il gattino emise un miagolio tremulo, prima di strusciare il capo contro il naso di Prim: era sporco e puzzolente, ma anche morbido e caldo.

La piccola rise: con quel gattino vicino, stava già incominciando a sentire meno freddo.

 

Note Finali.

Questo giochino che circola nei blog di scrittura da secoli non stanca mai, è davvero divertente! Siccome non riesco più a scrivere qualcosa di decente da mesi, ho deciso di tentare la fortuna con il meme e questo è il risultato. Le storie sono un po’ folli, soprattutto per via delle accoppiate strane che escono fuori ma credo che questo sia proprio il bello del gioco! Non ho pubblicato tutti i prompt, ma solo i primi, perché altrimenti la raccolta sarebbe stata infinita, visto che non sono in grado di scrivere delle storie di 15 parole come andrebbe fatto ** Nel caso voi ce la facciate e abbiate voglia di cimentarvi in questo meme, fatemi sapere, sono curiosissima di conoscere le combinazioni di personaggi che vi usciranno! *__*

 

Buona scrittura!

Laura



[1] L’intera storia fa riferimento alla mini-long “Il cielo non crolla (ed io nemmeno)” dove Vick inventa un regno immaginario (il Regno di Posy) per la sorellina in cui, scherzando, decidono che ci sarà Rory in versione ‘principessa dai lunghi capelli rosa. Questo regno sarebbe appunto governato dalla ‘nobile casata degli Hawthorne’, ecco il perché di questa AU.

   
 
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