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Autore: Alley    25/10/2015    9 recensioni
“Ti ho quasi ucciso. L’incantesimo ti ha quasi ucciso. Quante altre volte rischierai di morire a causa mia?”
La risposta appare nitida nella sua mente, inoppugnabile come soltanto le certezze sanno essere.
Non è sicuro che Dean sia pronto ad ascoltarla, ma sa di non potergliene fornire una diversa.
“Tutte quelle che servono.”

[pre e post 11x03; spoiler sull'episodio]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Trovano Castiel riverso sul pavimento, nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciato, e il ricordo lo colpisce come un pugno sferrato dritto allo stomaco.

“Aiutatemi.”

Dean rivede la maschera di sangue calata sul suo viso, lo stesso di cui aveva sporche le mani – la sensazione è vivida come se lo avesse ancora tra le dita.

Dean

“Dean?”

Rivive la stretta attorno al polso, la preghiera muta stampata nei suoi occhi.

Ti prego.

“Dean?”

S’accorge che Sam lo sta chiamando soltanto quando avverte il suo tocco contro il braccio.

“Va tutto bene?”

Dean si riscuote e le immagini si dissolvono, tornando ad annidarsi in quell’angolo della memoria da cui non riuscirà mai a scacciarle.


*
 

Dean si china per avvolgere le catene attorno alle caviglie di Castiel; è una precauzione che lui stesso gli ha chiesto di prendere, nel caso in cui non bastasse la sua volontà a contrastare gli effetti dell’incantesimo.

Il primo lucchetto viene chiuso con un click secco. “Avrei preferito non doverlo fare.”

“Era necessario. Non voglio attaccare te o Sam.”

Il tintinnio del metallo tace e anche il respiro di Dean s’è arresta. “Già” dice, il tono amaro e lo sguardo incollato alle catene. “Meglio prendere provvedimenti quando si rischia di diventare un pericolo per gli altri.”


*


Castiel non riesce a smettere di tremare, e sa che i brividi che lo scuotono non hanno nulla a che vedere con il freddo.

È come se il suo corpo non gli appartenesse, in quei momenti, come se si trovasse imprigionato al suo interno. È una sensazione simile a quella provata dopo aver posseduto il suo tramite per la prima volta - gli era apparso un involucro estraneo e limitante - ma mille volte peggiore.

C’è stata un’altra occasione, più recente, in cui si è sentito allo stesso modo (impotente, ingabbiato, ridotto ad una macchina che esegue passivamente gli ordini impartiti), ma Castiel preferisce tenerla segregata nell’angolo più remoto della sua mente ed evitare di rievocarla.

Si sistema contro lo schienale della sedia, inspira e chiude gli occhi nel tentativo di controllarsi, ma è inutile; il tremore non accenna a scemare. Li riapre quando sente qualcosa di caldo adagiarglisi addosso.

Un paio di mani gli strofinano le spalle attraverso la stoffa della coperta. Castiel non sa se il sollievo provenga da quel tocco o dal tepore trasmessogli dal tessuto, ma sa che, da quando è sotto l’influsso dell’incantesimo, è la prima volta che riesce a respirare a pieni polmoni.

“Va meglio?”

Annuisce, e Dean continua ad accarezzarlo fino a quando i brividi non cessano del tutto. La voglia di raggiungere la sua mano e stringerla è così forte che Castiel deve sforzarsi per impedirsi di assecondarla.


*
 
“Non sei tu.”

Dean è l’unico ad aver sempre saputo chi fosse.

“Non sei tu.”

È stato lui a portare alla luce la sua identità, a liberarla quando era intrappolata tra un’obbedienza solo in apparenza cieca e il desiderio di ribellarsi.

“È l’incantesimo.”

Dean è stato lo sprono che le serviva per venir fuori. Dean l’ha reso quello che era.

“Puoi combatterlo.”

Dean ha sempre saputo chi fosse, e gliel’ha ricordato ogni volta che qualcuno ha provato a farglielo dimenticare.

Cas, questo non sei tu. So che puoi sentirmi.

La morsa dell’incantesimo si allenta e le sue mani scivolano via dal collo della ragazza.


*


Il pugno di Castiel impatta contro il suo viso, e Dean pensa che sia semplicemente giusto: un prezzo equo da pagare.

Il destino gli sta offrendo l’opportunità di pareggiare i conti, e non ha intenzione di sprecarla.

Incassa i colpi (uno, due, tre, quattro pugni, il quinto viene arrestato dalla voce di Rowena che risuona in un punto imprecisato del deposito), ma non basta. Castiel sta bene (la sensazione di sollievo è così forte da stordirlo) e il volto gli duole e sanguina per le percosse ricevute, eppure, quel peso continua ad opprimergli il petto.

Comincia a pensare che non ci sia modo per liberarsene.

*
 
Il viso di Dean è gonfio e costellato di lividi, e Castiel pensa che sia semplicemente sbagliato: un prezzo iniquo da pagare.

È ironico, dolorosamente ironico, che tutte le forze esterne da cui è stato soggiogato l’abbiano rivoltato contro la persona che farebbe di tutto pur di proteggere. Forse è la pena da scontare per averlo preferito al Paradiso, il castigo che suo Padre continua ad infliggergli per avergli disobbedito a causa di un umano.

Vorrebbe poter dire che Dio non sarebbe così crudele da comminargli una punizione simile, ma la verità è che, adesso, pensa che ne sarebbe perfettamente capace.

“Dean, posso guarirti.”

Si sporge e allunga un braccio nella sua direzione, due dita tese già pronte a sfiorargli la fronte.

“No. Va bene così, Cas.” Dean si ritrae con un gesto di diniego, e Castiel non ha bisogno d’altro per capire. “Dopotutto, me la sono cercata.”

Il rimorso scolpito nei suoi occhi è la più eloquente delle conferme.


*

“Ti fa sentire meglio?”

Dean continua a tenere l’impacco premuto contro lo zigomo. Il profilo tumefatto resta impassibile davanti alla sua domanda.

“Il ghiaccio fa miracoli quando si tratta di ematomi.”

“Non mi riferivo a quello.”

Non è una conversazione che potranno evitare all’infinito. Forse è quello che Dean vorrebbe, ma Castiel non ha intenzione di permettergli di continuare a punirsi in interno.

“Non importa come mi fa sentire.”

“Importa” ribatte, con tutta la convinzione di cui è capace. Dean continua a fissare la parete di fronte a sé. Vorrebbe così tanto che lo guardasse “Mi importa, Dean. Non--”

“No. Non dirlo” la frustrazione si riversa nei suoi lineamenti, nelle dita che si serrano attorno all'imbottitura “non dire che non è colpa mia. Potevo controllarlo. Potevo controllarlo e non l’ho fatto” la voce gli si piega, sembra sul punto di spezzarsi. Castiel sa che Dean non lo permetterà. Non permette mai alle sue debolezze di venire fuori – questo non gli ha mai impedito di vederle. “Ti ho quasi ucciso. L’incantesimo ti ha quasi ucciso. Quante altre volte rischierai di morire a causa mia?”

La risposta appare nitida nella sua mente, inoppugnabile come soltanto le certezze sanno essere.

Non è sicuro che Dean sia pronto ad ascoltarla, ma sa di non potergliene fornire una diversa.

“Tutte quelle che servono.”

*

Non sa cosa Dean voglia fare.

Quando appare sulla soglia della sua stanza, Castiel si rende conto di non riuscire a capirlo.

Non è abituato a non saperlo decifrare. Ne è sempre stato capace – come e quando abbia imparato non saprebbe dirlo.

Cerca di coglierne le intenzioni dall'espressione, dal modo in cui procede per raggiungerlo: non serve.

“Dean--”

Prima che abbia il tempo di continuare, Dean lo bacia.

Castiel non è in grado di fare qualcosa che non sia restare immobile. Il cuore gli balza in gola e tutti i pensieri si spengono, come fiammelle a cui è stato improvvisamente tolto l’ossigeno.

È esistito per un’era così lunga da non saperla quantificare, un’era in cui ha osservato e sperimentato più cose di quante un uomo possa immaginarne e vissuto più esperienze di quante l’intera umanità ne abbia accumulate, eppure niente, niente l’ha mai fatto sentire così – così in bilico, così malfermo sulle proprie gambe. Così completamente in pace con se stesso.

Dean lo tira più vicino, poi si sposta quel tanto che basta per consentire alle parole di uscire “Mi dispiace” torna a premere la bocca contro la sua, e questa volta Castiel schiude le labbra per accoglierla “Mi dispiace” lo ripete senza smettere di baciarlo, fino all’ultimo briciolo di fiato “Mi dispiace.”

“Lo so.” Castiel gli prende il viso tra le mani e fa scorrere le dita lungo la pelle martoriata, tasta con delicatezza i lividi trattenendo l’impulso di farli sparire “Lascia che--”

“No.” Dean le blocca coprendole con le proprie, le stringe senza allontanarle “Quella volta io non--” inspira forte e distoglie lo sguardo, deglutisce prima di risollevarlo. Castiel legge la richiesta nei suoi occhi prima ancora che la pronunci. “Per favore. Non farlo.”

Se le ferite che si porta addosso possono aiutarlo a rimarginare quelle che ha dentro, allora che restino. In ogni caso, non spetta a lui la decisione. “Va bene.”

Dean annuisce in segno di gratitudine, stacca una mano dalla sua guancia e se la porta alla bocca per stampare un bacio al centro del palmo.

“Non voglio che tu ti senta in colpa.”

Gli cinge la vita con le braccia, posa la testa sulla sua spalla rilasciando un sospiro – lungo, profondo, liberatorio. “Nemmeno io. Sono stanco di sentirmi in colpa.”

È un ottimo punto da cui ripartire.























Non verranno mai scritti abbastanza post 11x03.
*si dilegua lancia Destiel feels e coriandoli*
  
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