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Autore: _grey    26/10/2015    1 recensioni
Momenti di pausa durante le riprese dell'ottava stagione.
Momenti di pausa che durano da quattro lunghi e bellissimi anni.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jensen Ackles, Misha Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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* I personaggi non mi appartengono in quanto realmente esistenti. Con questa shot non intendo offenderli né ci guadagno qualcosa, quanto ciò descritto non rappresenta la realtà né la vuole rappresentare ed è tutto frutto della mia mente malata.



 


-Dovremmo smetterla Misha.
-E perché mai? E' così divertente.
Jensen Ackles e Misha Collins, due degli attori di punta della serie Supernatural, stavano amabilmente discutendo seduti a uno dei tavolini della caffetteria improvvisata sul set.
Solo all'apparenza sembravano parlare di lavoro, le loro voci troppo basse per essere udite dai colleghi adiacenti rivelavano particolari che avrebbero dovuto tenere nascosti.
Dio solo sapeva cosa sarebbe potuto succedere se Danneel o Victoria avessero scoperto il legame che li univa da ormai qualche anno a questa parte. Divorzi, litigate per l'affidamento dei figli, boicottaggi nello star set e la prima pagina di tutte le riviste scandalistiche non sarebbero stati che la punta dell'iceberg.
Un iceberg che non solo avrebbe potuto far affondare il Titanic, ma che l'avrebbe addirittura ribaltato spedendolo dalla parte opposta del Globo. In Indocina per esempio, o magari dalle parti della Nuova Zelanda.
Era cominciato tutto per scherzo, qualche battuta qua e là tirata più per divertimento che per serio interesse, poi dalle allusioni si era passati ai fatti sempre sotto forma di gioco e infine si erano ritrovati con le bocche attaccate e le magliette per terra senza che nemmeno se ne fossero resi conto.

-Perché...- lo apostrofò Jensen -L'altra sera ho trovato Danneel al computer che leggeva una di quelle storielle che circolano su di noi.
Misha non riuscì a trattenere una risata che si andò a perdere contro il cartone del bordo del bicchiere con dentro il caffè.
Scosse la testa impercettibilmente e fece correre lo sguardo su tutti i presenti nell'enorme stanzone prima di posarli direttamente in quelli di Jensen, trafiggendolo con quelle iridi color del mare.

-Tecnicamente credo che si chiamino fan fiction. Fan-fiction, cioè storie dei fan. Non credo tu abbia motivo di preoccupartene.
Misha si sporse in direzione del suo collega, posando il mento sulla sua spalla e guardandolo sottecchi con un sorriso malizioso dipinto sul volto.
Dio, quanto odiava quell'espressione. La odiava e la amava insieme, era un fuoco bollente e un ghiacciaio gelido. Lo animava e lo distruggeva.
Da quanto tempo andava avanti la loro storia, sempre che di storia si potesse parlare?
Erano quasi quattro anni.
Era iniziato tutto con quella scena della quinta stagione in cui Dean si era deciso a dire sì a Michele per combattere l'Apocalisse e Castiel lo sbatacchiava al muro di un vicolo prendendolo a pugni in faccia. La battuta di Misha iniziava con: "Per questo mi sono ribellato?" e lui era stato talmente bravo e credibile che Jensen per poco non fu tentato di fargli i complimenti mentre giravano.
Dio, poi il suo corpo addossato al proprio e i suoi occhi che brillavano mentre interpretava l'angelo caduto che diceva a quell'insensibile di un cacciatore che per lui aveva rinunciato a tutto.
Sembrava così dannatamente reale e così tremendamente doloroso.
Jensen aveva richiesto una pausa dopo quel ciac e si era andato a rinchiudere nella roulotte per schiarirsi i pensieri e togliersi di dosso la sensazione che qualcosa in lui non andasse.
Non poteva essere vero ciò che aveva visto, non era possibile che Misha, per quanto fosse un bravo attore, si fosse immedesimato nella parte a tal punto da dimenticare di alterare la voce o da rendere quella scena maledettamente sentita.
E dentro di sé era scattato un qualcosa di indecifrabile che gli stava divorando la carne mandandogli in fumo la mente e i pensieri.
Non si ricordava nemmeno più le battute che avrebbe dovuto dire dopo quei venti minuti di pausa.
Era stato in quel momento di confusione che era arrivato Misha chiedendogli, dai gradini della roulotte, cosa non andasse.
Il modo in cui poi era entrato e si era richiuso la porta alle spalle, appoggiandocisi contro con la schiena, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Jensen si era avvicinato al suo collega con fare impetuoso, smontando dalla sedia sulla quale era salito a cavalcioni e posando la bottiglia di birra sul ripiano in marmo del cucinotto.
Gli si era parato davanti, puntando l'indice contro il suo naso e parlando ad appena pochi centimetri da quella bocca che guardava forse per la prima volta.
"Che cazzo era quella cosa che ho visto là fuori?", gli aveva chiesto ottenendo per risposta nient'altro che un'espressione per niente stupita.
Allora ci aveva riprovato, alzando il tono della voce e avvicinandosi ancora di più per quanto gli fosse possibile.
"Ti ho chiesto: che cazzo era quella roba che ho visto là fuori?"
Misha non aveva risposto, ma da come aveva abbassato lo sguardo verso la punta delle sue scarpe per poi rialzarlo e puntarlo in quello di Jensen, sembrava la conferma ai suoi sospetti.
Maledetto.
In quell'istante a Jensen era passato di tutto per la mente: rabbia, frustrazione, delusione, risentimento, passione.
Passione.
Cazzo.
Si era voltato dandogli le spalle e poi era successo tutto così in fretta, Misha che gli posava una mano sulla spalla costringendolo a guardarlo, i suoi occhi celesti che si scontravano col verde acquamarina dei propri, la bocca dischiusa, le palpebre abbassate.
Due minuti dopo erano l'uno avvinghiato all'altro in un bacio che sapeva di disperazione e rancore, pronti a esplorarsi con le mani e con il corpo.
Avevano il fiato corto e i battiti del cuore accelerati quando McG li era andati a cercare per comunicargli che le riprese sarebbero ricominciate da lì a poco.
"Ma certo.", aveva detto Misha per niente sconvolto da quanto appena accaduto.
E come poteva, d'altronde?
Proprio lui che chissà da quanto tempo stava fantasticando sul momento che avevano condiviso fino all'attimo prima di quell'invasione dall'esterno.
E poi, semplicemente, quegli incontri si erano ripetuti e succeduti senza che nessuno dei due li programmasse o li pianificasse.
Si vedevano, stavano insieme, si salutavano.
Forse sarebbe dovuta essere solo un'avventura, ma, che diavolo, dopo quattro anni era diventata certamente qualcosa di più.
Jensen ancora faticava a crederci.
-Hey, mi hai sentito? Non sono che storielline fantasiose. Alcune decisamente molto fantasiose.
Misha aveva preso a mangiare uno dei pasticcini che erano stati portati.. Quando?
Sicuramente mentre Jensen era perso nelle sue reminiscenze.
Era strano in verità stare seduto alla caffetteria con lui, di solito davanti ai colleghi ridevano e scherzavano, ma stavano sempre ben attenti a stare ad almeno una decina di passi di distanza l'uno dall'altro.
A Misha non importava e ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma Jensen era sempre sul chi va là, pronto a guardarsi intorno con lo sguardo indagatore di chi ha qualcosa da nascondere e, di sicuro, quella tensione creata dalla lontananza forzata non faceva che accrescere il desiderio che avevano l'uno dell'altro.
Vivevano la loro storia clandestina come due quindicenni che si nascondono dai genitori, con la sola differenza che loro due erano star internazionali con tanto di mogli e prole al seguito.
Misha adorava la sua Victoria, la compagna del liceo e unica donna che avesse mai avuto e amava con tutto se stesso i piccoli West e Maison, ma Jensen... Beh, Jensen era tutta un'altra questione.
Con lui poteva essere libero, felice, sincero e non era disposto a rinunciare nemmeno ad una di queste tre sensazioni.
-Ne ho letta una dove Castiel tentava di fare una torta e Dean, al suo rientro, gliela spalmava tutta addosso e poi...
Lasciò cadere il discorso non appena il volto di Jensen si aprì in un'espressione di stupore e meraviglia.
I suoi occhi sembravano chiedergli se veramente avesse letto quella roba e perché e, per tutta risposta, Misha scrollò le spalle e sorrise divertito di rimando a quella bocca carnosa incorniciata da quella splendida peluria.
-Che c'è? Passo il tempo mentre tu sei impegnato a morire e resuscitare sul set.
Naturale.
Come tua moglie che ti chiama e ti dice che ha fatto una coperta all'uncinetto mentre tu sei stato fuori al lavoro per l'ultimo mese.
Jensen scosse la testa incredulo, soffocando una risata spontanea e naturale che solo Mish era in grado di cavargli fuori dalla bocca anche nei momenti più bui.
Si avvicinò con la sedia al tavolo e, posando il gomito sulla superficie levigata, si portò due dita alle tempie senza smettere di pensare alle ultime parole dell'uomo che gli aveva cambiato la vita e all'intero decorso di quella conversazione.
Ne stavano veramente parlando?
Parlavano davvero delle miriadi di storie che vedevano come protagonisti i loro due personaggi?
Fu in quel momento che, distratto da tutto ciò che lo circondava, sentì Misha avvicinarsi al suo orecchio e sussurrargli in tono flebile e melodioso quattro parole che lo misero ko come un montante ben assestato sulla mandibola.
-Potremmo metterle in pratica.
Jensen alzò lo sguardo, riservando a Mish un'occhiata sottecchi e il suo sorriso più impertinente e spudorato.

-Nella mia roulotte. Tra dieci minuti.

 

*


Oh sì, quelle storielle che circolavano su Dean e Castiel erano decisamente fantasiose, pensò Jensen mentre si rivestiva infilandosi i pantaloni sopra i boxer a cuori che gli aveva regalato lo stesso Misha.
Scosse impercettibilmente la testa e abbozzò una risata che si perse contro il suo stesso mento.
Sentiva lo sguardo di Misha dietro di lui, ancora sdraiato nudo sul letto, posarsi sulle sue spalle e sui muscoli della schiena che guizzavano ritmicamente ad ogni movimento che faceva. Prima di rimettersi la tipica maglietta nera attillata alla Dean Winchester, si voltò di novanta gradi e si sedette sul bordo del letto; una mano sulla caviglia del suo amante e lo sguardo perso sui lineamenti dolci e perfetti del suo volto.
-Sai, non guardo neppure Danneel come guardo te.
Misha si umettò quelle labbra così dannatamente polpose e sensuali, abbassando i grandi fanali blu sulla mano di Jensen che continuava ad accarezzarlo.
Dio, era tutto così bello quando erano insieme.
C'era quella chimica e quell'attrazione irresistibile che sentiva irradiarsi anche adesso in tutto il busto, uno strano e piacevole formicolio che partiva dalla base dell'addome e arrivava fino alla bocca dello stomaco, dove si dipanava tessendo trame e autostrade di sensazioni ed emozioni elettriche e potenti.
Era naturale, era giusto.
Dannatamente giusto, per rendere bene l'idea.
Jensen prese a risalire con la mano l'intero perimetro della gamba di Misha, facendo scorrere le dita grandi ed esperte lungo il polpaccio, il retro del ginocchio e l'interno coscia. Quando la lunghezza del braccio non bastò più a soddisfare la sua sete di contatto, Jensen gattonò sopra il corpo di Misha che se la rideva divertito, il labbro inferiore catturato tra gli incisivi.
Posò umidi baci distratti sul suo torace glabro, buttando un'occhiata al grosso orologio da polso che indicava le 14.43. Altri diciassette minuti e avrebbero dovuto tornare a girare dopo la pausa pranzo con piccola deviazione sul tema.
Un altro pomeriggio di riprese, di nuovo la trasformazione in cacciatore di creature sovrannaturali, di nuovo i drammi dei due fratelli adesso alle prese con la caduta degli angeli dal Paradiso.
E il suo angelo preferito non era sul set, né era tantomeno una mera invenzione del suo cervello o di quello degli autori.
Il suo angelo preferito era nel suo letto e gli stava cingendo la vita con le braccia nel vano tentativo di ribaltare le loro posizioni.
Ridevano entrambi di gusto ed era in assoluto il suono più bello del mondo.
  
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