Crossover
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Autore: Darik    18/08/2003    2 recensioni
Un altro horror, cross over di Evangelion con gli X-Men e il film "La cosa"
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MUTATIONS

Autore: Darik

AEREOPORTO DI NEO-TOKYO 2

In mezzo alla sala piena di persone appena sbarcate, oppure che correvano in fretta verso la passerella che le avrebbe condotte verso il loro aereo in partenza, c’era un uomo, non molto alto, sarà stato un metro e sessanta circa, che indossava una camicia jeans leggermente trasandata, pantaloni un po’ vecchiotti, stivali e un cappello da cowboy. Era fermo al bancone di uno dei tanti bar che si trovano nelle sale d’attesa come quella e sorseggiava una birra in lattina. Aveva i capelli neri e molto folti, la barba incolta, un espressione non malvagia ma rude, da uomo vissuto. Era un occidentale, si direbbe americano dall’abbigliamento. Ma soprattutto, la sua figura emanava un’aura di selvaggia forza, apparentemente placata dentro di lui, ma pronta ad esplodere al momento giusto. Doveva essere per questo che nessuno voleva mettersi vicino a lui, avvertivano tale forza istintivamente e spaventati si allontanavano. Ma l’uomo sembrava non curarsene, come se fosse abituato. Nonostante la bassa statura, chi lo avesse osservato attentamente avrebbe intuito che possedeva un fisico molto robusto, da guerriero. Posò la lattina, parlò, una voce controllata, tipica di quegli uomini che dopo averne passate di cotte e di crude nella vita, non ne possono più. Commentò con tono leggermente sarcastico: “Bah, i giapponesi non sanno proprio farla la birra” e diede qualche yen al barista per poi andarsene con una borsa a tracolla che aveva posato vicino alle gambe.

Uscì dall’aeroporto e si guardò in giro: niente taxi disponibili. “Fa niente, l’ultima cosa che voglio è chiudermi dentro una macchina. Potrei raggiungere la stazione dei treni camminando, ma per i treni vale lo stesso discorso del taxi. Comunque non posso andare a piedi fino alla mia destinazione, arriverò tardi” pensò. Gli serviva un mezzo di trasporto, si avvicinò ad un passante e gli chiese se ci fosse un noleggio di motociclette da quelle parti. Nonostante fosse un occidentale, parlava un giapponese perfetto. Il passante gli rispose che ce n’era uno qualche chilometro più avanti e mentre l’uomo si dirigeva verso quel posto, gli sembrò di scorgere, attraverso le grandi finestre della sala d’attesa, una certa agitazione dentro l’aeroporto.

NELLO STESSO AEREOPORTO, IN UN’ALTRA ZONA.

“Fermo dove sei ladro!” gridò la guardia aeroportuale ad un ragazzo sui quattordici anni con i capelli.

Lo aveva beccato mentre stava rubando i portafogli di alcuni passeggeri in procinto di partire, aveva provato a bloccarlo ma il ragazzino lo aveva steso con un calcio allo stomaco.

Ora stava scappando, inseguito dalle altre guardie giunte in quel momento. Salì fino al secondo piano dell’edificio, le guardie lo inseguivano, ma lui ad un certo punto saltò giù, atterrando su cumulo di bagagli e valigie e ritornando cosi al piano terra.

Il giovane indossava un pantalone nero e una maglietta blu, entrambi vecchi e strausati. Solo le scarpe da ginnastica sembravano nuove, probabilmente però erano rubate.

Riprese a correre, tra gli sguardi stupiti dei passeggeri e si diresse verso una delle uscite secondarie dell’aeroporto, lontano dalla folla.

Sembrava che ce l’avesse fatta, ma una decina di agenti gli sbarrò la strada e lo circondarono.

“Alla fine ti ho beccato Tang-Po” disse un uomo che sopraggiunse in quel momento. Dai gradi, sembrava un capitano.

L’uomo continuò: “Finalmente la finirai di rubacchiare qua e là nell’aeroporto. Non so come tu faccia ogni volta a superare i controlli, ma ora non ti salva nessuno”.

“Giusto” ribatte spavaldo Tang-Po “ma non perché è come dici tu. Io mi salvo da solo”.

“Prendete quel ragazzino arrogante” ordinò il capitano.

I primi due si avventarono contro Tang-Po davanti, ma lui sgusciò sotto le loro gambe, si mise con la schiena sotto e diede loro due calci nei gioielli di famiglia. I due uomini si piegarono per il dolore e lui li mandò a terra con altri due calci nel sedere.

Tang-Po si rimise in piedi, ma quando vide un altro che gli andava contro, si inginocchiò e lo colpì con un pugno al ginocchio prima e poi allo stomaco.

Caduto quello adesso fu lui a lanciarsi contro gli altri e li mise tutti al tappeto con una serie strabiliante di calci ora al viso ora allo stomaco, dati con entrambe le gambe. La velocità, l’agilità e la precisione del ragazzo erano incredibili, li stendeva tutti uno dopo l’altro. Alla fine rimase solo il capitano, che anche se all’inizio sembrava cosi sicuro di se, anziché andare all’attacco come i suoi uomini scappò. Che figura! Un uomo grande e grosso che scappa davanti ad un ragazzo di 14 anni. Mentre scappava gridò: “Me la pagherai Tang-Po”, ma il suo minacciare mentre fuggiva non faceva altro che rendere la sua figura ancora più patetica.

“Stronzo inutile” commentò Tang-Po, che prima rubò i portafogli agli agenti che aveva steso e poi scappò prima che ne arrivassero altri.

Intanto l’uomo proveniente dall’America era andato al noleggio di motociclette e ne aveva presa una. Una moto da corsa di discreta fattura, di colore nero, con i suoi anni ma ancora in grado di camminare. E poi l’uomo aveva occhio per certe cose e quindi avrebbe capito se volevano rifilargli un bidone o se poteva fidarsi. Qui eravamo nella seconda possibilità. Pagò in contanti con dollari americani e se ne andò con la moto. Nel luogo della sua destinazione c’era una succursale di quel noleggio, la poteva restituire li.

Salì sulla moto e cominciò ad avviarsi verso l’autostrada, ma poco prima che potesse arrivarci, tre giovani gli si pararono davanti bloccandolo. L’uomo sulla moto rimase impassibile.

“Ehi straniero” cominciò quello in mezzo “abbiamo visto che tu hai un bel po’ di dollari americani con te. Perché non ne dai un po’ anche a noi?”

“Si” proseguì quello a destra “sarebbe pure meglio se ce li dessi tutti”.

Teppisti che lo avevano visto mentre pagava al noleggio e pensavano di aver trovato un pesce grosso da ripulire.

Ma l’uomo sulla moto rispose impassibile: “Tornatevene a casa che è meglio ragazzini”.

“Chi hai chiamato ragazzini?” sbraitò quello a sinistra.

Quello in mezzo riprese: “Scendi da quella moto straniero”.

L’uomo non rispondeva e rimaneva a guardarlo impassibile.

“Scendi da quella cazzo di moto” urlò.

Ancora nessuna reazione.

“L’hai voluto tu. Se non mi facevi arrabbiare avremmo preso solo i tuoi soldi, ma ora ti pesteremo per bene e ci prenderemo anche abiti e moto” e fece un cenno agli altri due che si avvicinarono allo straniero per sbatterlo giù dalla moto. Ma non appena lo presero per le braccia, una ciascuno, lui reagì, li afferrò per il collo, li sollevò da terra come se pesassero niente e tenendoli in alto fece cozzare le loro teste l’una contro l’altra. La sua espressione rimaneva imperturbabile, mentre i due teppisti cadevano a terra svenuti.

Il capo provò a reagire: “Ti ammazzo stronzo!” e gli diede un violento pugno sulla mascella.

Ma successe una cosa strana: la mascella dell’uomo quando fu colpita fece un rumore come di metallo. E inoltre la mano del teppista si frantumò contro essa, rompendosi almeno tutte le dita.

Il ragazzo cadde in ginocchio a terra piangendo come un bambino e tenendosi la mano fratturata, mentre l’uomo, che non batteva mai ciglio, gli lanciò un centone dicendo: “Va a farti curare”, accese la moto e si avviò verso l’autostrada.

Ma ci rimase poco, perché appena possibile si infilò in una strada secondaria di campagna. Evidentemente l’uomo voleva sentirsi sulla pelle l’aria naturale, non i gas di scarico delle macchine.

Mentre procedeva a forte velocità, il cappello fissato con un laccio sotto il mento, rifletteva su ciò che era successo prima: “Non dovevo reagire cosi, erano solo dei ragazzi. Ma questa maledetta bestia che è in me doveva assolutamente sfogarsi in qualche modo. Se fuori apparivo cosi calmo, dentro invece stavo lottando con essa per impedire che prendesse il sopravvento. Per fortuna ho vinto anche stavolta, ma la prossima? Devo cercare di non pensarci adesso. Sono venuto in Giappone, che è come una seconda patria per me, perché devo andare al funerale del mio amico Miyamoto. L’ultimo amico che mi era rimasto in questo paese, e non potevo mancare. Per questo e altri motivi.

Aveva detto che si era stabilito nella città di Neo-Tokyo 3. Dovrei arrivare tra quattro ore circa”.

Mentre l’uomo viaggiava su una strada secondaria, sull’autostrada, tra gli innumerevoli mezzi che vi circolavano, c’era un camion che trasportava fiori per una serra. Per questo aveva un sistema di ventilazione dentro il rimorchio, per mantenere un ambiente ricco di ossigeno per le piante. Ma era anche il motivo per cui Tang-Po vi era salito di nascosto. Il ragazzo stava nascosto dietro una cassa piena di orchidee e mangiava un panino comprato con i soldi presi all’aeroporto. Mentre mangiava pensava: “Che situazione di merda! Ci sono momenti in cui mi chiedo se ho fatto bene a lasciare la Tailandia. Ma li facevo una vita anche peggiore di questa, con quel bastardo che mi picchiava dalla mattina alla sera. Ho dovuto andarmene da Neo-Tokyo 2 perché li ormai la mia faccia è troppo conosciuta. Spero di riuscire ad arraffare abbastanza nella mia nuova destinazione, Neo-Tokyo 3”. Tang-Po in quel momento era molto arrabbiato, ma non con gli altri, era arrabbiato con se stesso, per la sua incapacità di inserirsi nella società e di trovarsi degli amici. Eppure lui era fuggito dalla Tailandia proprio per questo, per rifarsi una vita. E invece in Giappone era costretto a riprendere la stessa esistenza di furti e aggressioni che faceva prima. E lui incolpava se stesso per ciò.

NEO-TOKYO 3

All’interno del Quartier Generale della Nerv, la vita scorreva tranquillamente. O meglio, scorreva a ritmi vertiginosi, un esercito di operatori ed operatrici era impegnato in mille e più operazioni. Ma per gente come loro, in parte abituata e in parte addestrata per questo, era semplice routine un tipo di vita come quella, che avrebbe fatto crollare subito chiunque altro. Ma nonostante questo, spesso le cose da fare sono talmente tante che si ha bisogno di nuovi arrivi, di nuovo sangue che irrobustisca l’enorme organismo della Nerv. E proprio quel giorno erano giunti alla base un nuovo gruppo di operatori, cinque maschi e sei femmine, tutti destinati alla sezione tecnologica presieduta da Ritsuko Akagi.

Tra i nuovi operatori c’è Meiko Oshi, 23 anni, uscita fresca fresca dalla scuola militare, mentre tutti gli altri avevano già prestato servizio in altre installazioni militari, pur avendo la sua stessa età. Era una bella ragazza con i capelli a caschetto di colore castano chiaro e aveva un aria simpatica ma anche ingenua.

La nuova squadra fu alloggiata in una sala d’attesa, poi man mano un altoparlante li avrebbe chiamati indicando loro la destinazione di ciascuno.

Meiko era tutta emozionata, parlò con un’altra delle operatrici nuove: “Che bello, ti rendi conto? Stiamo lavorando per la Nerv, l’agenzia militare più importante del mondo. Per noi dovrà essere un vero onore!”

Ma l’altra operatrice non condivideva il suo entusiasmo: “Non capisco perché ti ecciti tanto Meiko. In fondo è un lavoro come un altro. Se tu fossi una dei piloti di Eva, allora si che si può parlare di vero onore. Ma per il resto… La tua attività resterà nell’ombra come quella di tutti noi”.

Poi dovette andarsene perché fu chiamata attraverso l’altoparlante.

Meiko rimase ben presto sola a riflettere: “Mah, secondo me quella li è troppo pessimista. Insomma, un po’ di allegria. Il nostro lavoro potrà pure restare nell’ombra, ma è comunque importante”.

Però Meiko rimase un po’ male per quelle parole pronunciate dalla collega, lei nella vita voleva riuscire, non restare dietro le quinte.

Poi fu chiamata anche lei dall’altoparlante, per ultima. La sua destinazione era la sezione 24 del reparto tecnologico.

SEZIONE 24 DEL REPARTO TECNOLOGICO

Nella sezione 24 c’erano Ritsuko e Maya che si stavano preparando ad analizzare un campione molto particolare. Il loro laboratorio era costituito da due camere, separate da una parete con al centro un enorme vetrata. In una camera c’erano le due donne, con tutte le strumentazioni elettroniche. Nell’altra invece c’erano due cilindri di metallo, lunghi circa due metri ciascuno e posti l’uno sopra l’altro. Il primo fissato al pavimento, il secondo al soffitto. Ma i due cilindri non erano attaccati tra loro, c’era uno spazio di quaranta centimetri nel mezzo. E in mezzo a quello spazio fluttuava uno strano oggetto di colore marrone, della grandezza di una mela e di forma rettangolare. Ma in contorni erano indefiniti. Fluttuava nel vuoto senza alcun filo che lo collegasse ai due cilindri.

“Sempai” esordì Maya “il campo magnetico sta funzionando alla perfezione. Il soggetto in esame non si avvicina a nessuno dei due cilindri”.

“Bene. Non dobbiamo mai dimenticarci che quel frammento è vivo e se entrasse in contatto con qualcosa, organico o inorganico che sia, potrebbe contagiarlo. Quando lo abbiamo trovato si provvide subito a conservarlo nella Bakelite e ora che lo abbiamo tolto da li, le cellule sono ancora vive ma in una sorta di stasi. Una specie di morte superficiale. Ma è meglio essere prudenti. Questo esperimento è molto importante. Potrebbe infatti permetterci di studiare finalmente un campione vivo di Angelo. E’ stata una vera fortuna che quel frammento proveniente dalle unità di simulazione invase dall’11· Angelo abbia permesso ad una parte del medesimo Angelo di sopravvivere alla sua distruzione” rispose Ritsuko.

“Infatti sempai. Se non sbaglio si tratta di uno dei frammenti del braccio che lei stessa fece esplodere quella volta”.

“Non c’era scelta. Altrimenti l’organismo di simulazione invaso avrebbe sfondato la vetrata della sala controllo dove ci trovavamo”.

“Però, come ha fatto quella parte dell’Angelo a sopravvivere? C’erano altri frammenti contaminati che galleggiavano nella vasca contenente gli organismi di simulazione, eppure in quei casi le nanomacchine costituenti l’Angelo sono regolarmente morte senza lasciare traccia”.

“Suppongo che le nanomacchine insediatesi in quel frammento, poiché erano separate dal corpo principale, abbiano subito una mutazione a parte, che gli ha permesso di resistere al programma di acceleramento evolutivo e di autodistruzione che usammo tramite i Magi”.

“Ma come può essere successo?”

“E’ questo uno degli scopi dell’esperimento di oggi, studiare la struttura cellulare del frammento di Angelo ancora vivo e cercare di capire il meccanismo delle capacità rigenerative e dell’adattabilità ad ogni situazione degli Angeli. Se ci riuscissimo potremmo applicare tale tecnologia agli Eva”.

“Se cosi fosse gli Eva farebbero un salto di qualità enorme sempai. Potrebbero rigenerare subito qualunque danno, cosa finora avvenuta solo nei casi di Berserk dell’unità 01, e anche adattarsi automaticamente a qualunque campo di battaglia, rendendo inutili gli equipaggiamenti speciali. Perché dovremmo usare un aereo per far volare gli Eva quando potrebbero benissimo farsi spuntare dietro la schiena delle ali?” concluse ironica Maya.

“Hai ragione” rispose la dottoressa sorridendo “solo che per iniziare l’esperimento abbiamo bisogno di un’altra operatrice. Avevano detto che me ne avrebbero mandato una nuova, appena uscita dalla scuola militare. Ma doveva essere qui già cinque minuti fa. Che fine ha fatto?”

“Vuole che vada a cercarla sempai?”

Prima che Ritsuko potesse risponderle la porta del laboratorio si aprì ed entrò Meiko con passo svelto e respiro affannoso.

“M-mi scuso per il ritardo dottoressa Akagi” rispose la ragazza cercando di riprendere fiato “ma mi ero persa. Prima sono scesa tre piani più sotto, poi…”

Ritsuko la osservava, sembrava che volesse rimproverarla, invece sorrise e disse: “Non fa niente. Va al tuo posto. Ma non succeda mai più”.

Siccome era appena arrivata alla base, la si poteva perdonare per questa volta.

“S-si, la ringrazio infinitamente dottoressa Akagi” rispose la giovane operatrice.

Meiko andò a sedersi vicino a Maya, le due si presentarono.

“Bene, diamo il via all’esperimento” disse Ritsuko.

Maya e Meiko si sedettero dietro Ritsuko e cominciarono a digitare alcuni comandi sulle consolle, per Meiko non era troppo difficile perché si era allenata parecchio su strumentazioni simili alla scuola militare.

Nella stanza contenente il campione da studiare cominciarono a muoversi dei bracci meccanici, che uscivano da pannelli posti sulle pareti e portavano alle estremità degli strumenti di analisi elettronica.

Si avvicinarono al frammento e iniziarono a studiarlo con microscopi elettronici, raggi x e infrarossi, emettendo un quasi impercettibile ronzio.

Ritsuko, che osservava il frammento attraverso la vetrata, chiese: “Gli strumenti rivelano qualcosa?”

“Ancora nulla sempai. Sembra che ci sia una specie di onda di disturbo che ostacola la corretta analisi dei dati”.

Ritsuko: “Mmm, potrebbe essere un residuo di A.T. Field. Provate ad avvicinare i bracci ancora di più al frammento, ma mi raccomando tenetevi ad una distanza minima di tre cm da esso”

“Subito” risposero le due operatrici, che fecero avvicinare ulteriormente i bracci meccanici al campione in esame.

Ma i risultati continuavano ad essere disturbati da quella specie di onda.

Mentre Maya lo riferiva a Ritsuko, Meiko pensò: “Vediamo, forse potrei risolvere la situazione aumentando l’intensità dei raggi x e degli infrarossi. Infatti in questi casi o ti avvicini di più oppure aumenti la potenza. Sono sicura che questo sia il metodo giusto. E poi se risolvo il problema, sicuramente inizierò col piede migliore la mia attività alla Nerv. Gli faccio vedere io a quella se rimango nell’ombra. Tsk!”

Quindi Meiko, cosi sicura di se, aumentò l’intensità dei raggi di analisi senza dire nulla a Ritsuko e Maya. Quella era la mossa giusta, non c’era bisogno di avvertirle. Era una cosa cosi semplice che sicuramente entro breve glielo avrebbe detto la stessa dottoressa di fare cosi.

Ma quando Ritsuko notò che il ronzio degli strumenti d’analisi era aumentato, capì subito cosa era successo e si voltò allarmata verso le operatrici: “Cosa avete fatto?! Chi di voi ha aumentato la potenza!?” gridò.

Maya rimase sorpresa e fissò con aria interrogativa la sua sempai. Non era certo stata lei.

Poi gli sguardi di entrambe si fissarono in un istante su Meiko, che balbettò spaventata dall’inaspettata reazione della dottoressa Akagi: ”M-ma.., ecco s-sono stata io… ma p-perché…?”

“Sciagurata!” urlò Ritsuko “abbassa subito la potenza. Voi dovete fare solo quello che dico io. Un eccessiva esposizione a fonti di energia troppo elevate potrebbe risvegliare le cellule dell’Angelo!”

“Sempai!” gridò spaventata Maya appena la dottoressa finì di parlare.

Tutte e tre fissarono il frammento oltre la vetrata: aveva cominciato a ribollire, tremava all’impazzata e all’improvviso tanti piccoli e lunghissimi tentacoli scaturirono da esso e si attaccarono ai bracci meccanici cominciando ad assimilarli. E inoltre il frammento intaccò anche i cilindri del campo magnetico, e cominciò ad aumentare la propria massa.

“Le cellule dell’Angelo stanno alterando quelle del frammento e ne stanno assimilando altre per crearsi un corpo nuovo. Suonate l’allarme di contaminazione presto!” ordinò Ritsuko.

Doveva farlo Meiko, che fissava però immobile e spaventatissima quella cosa abnorme che cresceva sempre di più, fino ad inglobare l’intera camera d’analisi. “Ma.. d-doveva essere m-morto.. g-giusto? C-cosi mi avevano detto…” mormorò.

“Stupida! C’è differenza tra morte superficiale e morte vera e propria! Suona l’allarme!” le gridò Maya, e infine fu lei stessa a premere il pulsante. La sirena dell’allarme risuonò in tutta la base.

Tutti rimasero colti di sorpresa e scattarono ai propri posti.

Al ponte di comando accadde la stessa cosa, Gendo, che stava parlando con Fuyutsuki sulla torre mobile, ordinò: “Localizzare il punto esatto d’origine dell’emergenza!”.

“Subito signore” rispose Shigeru controllando con i suoi strumenti.

“Localizzato signore! Allarme di contaminazione nel reparto tecnologico, sezione 24!”

Mentre riferiva questo al comandante Shigeru si ricordò sgomento che proprio li Maya stava eseguendo un esperimento. Sarebbe voluto correre subito li ma non poteva muoversi.

“Inviare immediatamente delle squadre per sigillare e decontaminare il luogo” ordinò impassibile Gendo.

Intanto la cosa abnorme, una orripilante massa pulsante di colore marrone aveva riempito la camera d’analisi e stava per rompere la vetrata, che cominciava a incrinarsi sempre di più.

“Evacuate la stanza!” gridò Ritsuko, e con le due operatrici corse verso la porta.

Ma proprio in quel momento quell’orrendo essere scoperchiò in alcuni punti il pavimento, entrò in contatto con dei fili elettrici, creò un cortocircuito e di seguito una violenta esplosione che distrusse l’intero laboratorio proprio mentre le tre donne varcavano la soglia della porta che dava sul corridoio.

La deflagrazione le fece letteralmente volare contro la parete davanti a loro del corridoio. Ritsuko e Maya sbatterono violentemente contro tale parete e caddero a terra svenute. Anche Meiko era a terra svenuta, ma non perché era andata a sbattere contro il muro. Sulla schiena la sua uniforme presentava numerose lacerazioni, era stata colpita da alcune schegge. Ma solo lei, perché era rimasta dietro la dottoressa e Maya.

Immediatamente accorsero gli altri tecnici, alcuni dotati di tute protettive (perché quello era un allarme di contaminazione) cercarono di addentrarsi dentro il laboratorio per spegnere le fiamme e sigillare la zona, mentre altri caricarono subito Ritsuko, Maya e Meiko su delle barelle e le condussero in infermeria nel reparto contaminati.

NEO-TOKYO 3

L’uomo arrivato dall’America giunse infine a destinazione, una bella casa di campagna costruita sopra uno dei monti immersi nel verde che circondavano la città. Mentre la osservava da lontano, Neo-Tokyo 3 non gli era piaciuta affatto, troppo moderna, gli odori naturali erano stati sostituiti del tutto da quelli delle cose artificiali. “Quanto sono stupidi gli uomini” pensò “credono di poter fare meglio della natura, quando è stata proprio la tanto vituperata natura a creare il mondo e a donare loro l’intelligenza”.

L’uomo parcheggiò la moto nel vialetto davanti alla casa, scese dal mezzo e si avviò verso la porta, preceduta da una rampa di scale.

Ma prima che arrivasse alla porta, questa si aprì, e gli andò incontro un bambino di otto anni circa con i capelli neri.

“Zio Logan!” disse felicissimo il bambino abbracciandolo.

Anche l’uomo lo abbracciò e per la prima volta da quando era arrivato, sorrise: “Hyou, accidenti quanto sei cresciuto. L’ultima volta eri alto cosi”.

“Si, ma voglio diventare alto come te zio Logan”.

“Ah no, questo non te lo permetto. Non voglio che gli altri in futuro ti prendano in giro chiamandoti tappetto come fanno con me” rispose l’uomo sarcastico.

“Logan” lo chiamò una voce femminile dalla porta.

Logan alzò lo sguardo e vide una donna molto bella, vestita a lutto. Avrà avuto una trentina di anni circa, con i capelli neri a caschetto.

“Yuki. Ne è passato di tempo”.

“Oh, ciao mamma” la salutò il piccolo Hyou.

“Hyou, per favore, va in camera tua” disse Yuki.

“Va bene. Ciao zio Logan”.

Il piccolo rientrò in casa.

Logan salì gli ultimi gradini fino a ritrovarsi davanti a Yuki.

“Sono venuto appena lo saputo” disse Logan togliendosi il capello.

“Ti ringrazio molto Logan. Tu eri il suo unico vero amico e ogni volta mi parlava di te in termini entusiastici. Ma con me non c‘era bisogno che lo facesse. Tu hai salvato sia me che mio figlio Hyou in passato. E non potrò mai ringraziarti abbastanza”.

“Io e tuo padre eravamo amici dalla notte dei tempi, avrò salvato la sua vita chissà quante volte quando lavoravamo nei servizi segreti. E lo farei ancora, per lui o la sua famiglia. Lo meritava, le persone in gamba ed oneste come lui sono ormai rare oggi”.

“Diceva lo stesso di te” ribatte sorridendo mestamente Yuki.

“Ma perché non mi ha parlato prima della sua malattia? Perché mi hai fatto chiamare solo quando è morto?”

“Lo voleva lui Logan. Non prendertela, ma si vergognava a farsi vedere da te ridotto in quello stato, un semi-vegetale immobilizzato su un letto con a fianco una bombola per l’ossigeno, lui che era sempre cosi attivo”.

“Una preoccupazione inutile. Grand’uomo era e grand’uomo rimaneva per me, qualunque fosse la sua situazione”.

“Lo so, ma non ha voluto sentire ragioni”.

“Hyou sembra averla presa bene”.

“Perché ormai era da parecchio tempo che ci preparavamo psicologicamente alla morte di mio padre. Anche lui”.

“Yuki” disse Logan guardandola negli occhi “ci sono momenti in cui bisogna dimostrarsi forti, è vero, ma ci sono anche momenti in cui non ci si deve vergognare di piangere, perché non è segno di debolezza, ma di sensibilità”.

Yuki rimase in silenzio per parecchio tempo, con lo sguardo basso, poi con uno scatto improvviso abbracciò Logan e iniziò a piangere.

“Ecco, cosi, sfogati” disse Logan.

“Logan, ti prego, abbracciami come facevi quando ero piccola e ti chiamavo zio” disse tra i singhiozzi.

I due si abbracciarono e dopo un po’ entrarono in casa, dove Yuki smise subito di piangere e tornò ad essere la donna controllata di prima.

Logan invece si dette una ripulita prima di partecipare al funerale.

SEMPRE A NEO-TOKYO 3

Il camion che trasportava i fiori entrò in un deposito, si fermò e rapidamente gli operai aprirono il rimorchio per prendere le casse. Ma non appena gli sportelli furono spalancati, un ragazzo veloce come una saetta saltò giù dal rimorchio e corse via.

Era avvenuto tutto in pochi attimi, gli operai non poterono fare niente, qualcuno provò a inseguirlo, ma quel ragazzo, chiunque fosse, aveva già raggiunto i marciapiedi e si era mescolato tra i passanti.

Perciò gli operai si limitarono a controllare che non avesse danneggiato o rubato niente. Fecero anche una denuncia, ma sapevano che sarebbe stato inutile. Di quel ragazzo erano riusciti a malapena a vedere gli abiti, non il volto. Sarebbe stato come andare a caccia di un fantasma.

Tang-Po era cosi giunto a destinazione.

Ma ora, mentre riprendeva fiato vicino ad un albero, cosa avrebbe fatto?

Ricominciare a rubare?

Ma lui non voleva farlo, era stato costretto dalle circostanze. Perciò decise che il tornare a rubare sarebbe stata l’ultima risorsa. Prima avrebbe cercato di trovarsi un lavoro. Ma non si presentava come una cosa facile, perché Tang-Po aveva un aspetto molto trasandato, la cosi detta “gente per bene” iniziava ad evitarlo subito, mentre passava tra di loro.

E anche quando si fermava in qualche negozio a chiedere se cercavano dipendenti, subito il proprietario gli diceva di no. Ma si vedeva lontano un miglio che il motivo era un altro. Assumere uno come Tang-Po, con il suo aspetto da teppista, non era conveniente per l’immagine del negozio.

Tang-Po mugugnò: “vaffanculo” e lasciò il marciapiede per addentrarsi dentro un vicoletto.

Inutile, era tutto inutile. Quella era la dimostrazione che la gente non lo avrebbe mai accettato, che tutti si fermavano sempre e solo alle apparenze. Tang-Po era un diverso per loro.

“La stessa cosa che è successa a Neo-Tokyo 2. Sono stato un ‘idiota a credere che qui sarebbe stato diverso. Ma è ovvio, la grande Neo-Tokyo 3, la futura capitale del Giappone, non può ospitare un ragazzino come me. Sono solo una macchia da cancellare. Stronzi, tutti stronzi!” gridò il ragazzo parlando da solo e prendendo a calci un bidone dell’immondizia.

QUARTIER GENERALE DELLA NERV/REPARTO OSPEDALIERO

Ritsuko e Maya giacevano addormentate in due letti uno a fianco all’altro. Siccome erano state coinvolte in un allarme da contaminazione, il loro ricovero era avvenuto in una sezione a parte dell’ospedale interno, e i loro letti erano circondati da speciali protezioni in plastica, che impedivano l’eventuale passaggio di microbi, o altro, dai visitatori a loro e viceversa. Potevano superare tali protezioni solo i medici specializzati, tutti muniti di tuta protettiva, e per questo ne Misato ne Shigeru poterono andare a far visita a Ritsuko o a Maya.

Ma le protezioni sarebbero state tolte al massimo entro un giorno, perché anche se l’incidente era avvenuto solo da tre ore, erano state sottoposte già a una ventina di controlli che non avevano rilevato alcuna presenza estranea nel loro corpo. Le due donne anzi si sarebbero già riprese, ma per farle riposare avevano somministrato loro un sedativo.

Chi destava preoccupazione era Meiko Oshi, ricoverata in un’altra stanza dello stesso ospedale. Le schegge che l’avevano colpita alla schiena erano state estratte, solo qualche frammento di vetro, le ferite non erano molto profonde, avrebbe già dovuto riprendersi, invece niente. Era questo che preoccupava i medici: la giovane operatrice, anche lei con il letto circondato da protezioni di plastica, era stata curata, le ferite chiuse, stava bene (perché anche con lei i test di controllo davano esito negativo) eppure non si svegliava. I medici decisero di tenerla sotto controllo 24 ore su 24, mentre Ritsuko e Maya già a partire da domani, tolte le protezioni in plastica, avrebbero potuto ricevere visite e volendo essere anche dimesse.

Nel ponte di comando, Gendo discuteva con il capo dei tecnici che avevano sigillato il laboratorio dell’incidente. Fuyutsuki ascoltava in silenzio.

“Avete scoperto le cause dell’esplosione?” chiese il comandante.

“Ancora no signore. Purtroppo quella esplosione è stata davvero devastante, ha spazzato via tutto, compreso le cause dell’incidente. Quelle tre si sono salvate solo perché erano uscite in tempo dalla stanza, se no ora sarebbero solo tre cadaveri carbonizzati. Ma non abbiamo riscontrato tracce di radiazioni o altro” rispose il capo tecnico.

“E il sistema di videocamere interno?”

“No signore. L’esplosione ha distrutto completamente anche quello. Per sapere cosa è successo temo che dovremo chiederlo alle persone direttamente coinvolte”.

“Va bene, può andare” lo congedò Gendo.

“Signorsì” rispose l’uomo mettendosi sull’attenti e avviandosi verso l’uscita dal ponte.

Lo richiamò Gendo: “Un ultima cosa”.

“Dica”.

“Non avete trovato nessun resto di natura organica?”

“No signore. Nulla del genere”.

“D’accordo, vada”.

Quando l’uomo se ne fu andato, Fuyutsuki parlò: “Sappiamo bene tutti e due che tipo di esperimento si stava svolgendo in quel laboratorio. Ed è quasi sicuro che ad esso sia collegato anche il motivo dell’incidente”.

“Infatti, ma a quanto pare non sono rimaste tracce del campione di Angelo che la dottoressa Akagi si apprestava ad esaminare. Peccato, era un ottima occasione. Comunque voglio che quelle tre vengano sottoposte ad un interrogatorio completo quando si svegliano. Qui stiamo parlando di un possibile Angelo a piede libero dentro la base, anche se è una possibilità molto remota, perchè dubito che basti un’esplosione, anche se violenta, a distruggerlo. Non desidero avere sorprese. Dobbiamo sapere con esattezza cosa è successo li dentro”.

Intanto, in un altro punto della base, i tre piloti degli Eva, Shinji, Asuka e Rei, erano in attesa nello spogliatoio.

Asuka in piedi, gli altri due seduti.

“Uffa” sbottò Asuka “prima ci convocano qui per fare dei test importantissimi, almeno secondo loro, e ora Misato ci dice che siccome la dottoressa Akagi ha avuto un incidente, il test è annullato. Insomma, siamo venuti qui per niente”.

“Beh, se quell’incidente è successo, non puoi certo darne la colpa alla dottoressa Akagi” le rispose Shinji.

“Lo so. Ma trovo comunque uno spreco di tempo essere venuti qui. E poi, in cosa sarebbe consistito questo incidente? ”

“Non si ancora niente di preciso. Ma la signorina Misato ha detto che si è trattava di una specie di esperimento molto importante per conoscere meglio la natura degli Angeli”.

“Ma cosa c’è da conoscere? Sono i nemici no? Bene, quando attaccano noi li distruggiamo. Fine. Perché complicarci la vita cosi?”

“Non lo so proprio” concluse Shinji stringendosi nelle spalle.

“Quali sono le condizioni delle persone coinvolte nell’incidente?” chiese Rei.

“La signorina Misato non ne sapeva molto, ma pare che stiano bene e che probabilmente verranno dimesse domani” le rispose Shinji.

Asuka: “Visto? La nostra presenza qui è del tutto inutile, possiamo anche andarcene”.

Shinji: “Ma dovremmo aspettare la signorina Misato…”

“Beh, dille che io ho cominciato ad avviarmi” disse Asuka uscendo dallo spogliatoio.

“E adesso noi che facciamo Ayanami?” chiese il ragazzo.

“Io credo che andrò a fare due passi” rispose Ayanami dopo qualche attimo di silenzio.

“Come? Tu… vuoi andare a fare due passi?”

Non c’era niente di strano in quell’idea, se non fosse che Ayanami di solito per passare il tempo non faceva niente, stava immobile in attesa che il tempo scorresse.

“Come mai hai avuto questa idea?” proseguì Shinji.

“Non lo so” rispose Rei “semplicemente mi era venuta voglia di fare una camminata. Credi che non posso farlo?”

“Non saprei… io penso che dovremmo attendere l’autorizzazione della signorina Misato prima”.

“Non preoccuparti Ikari, non me ne andrò a casa come Asuka. Rimango qui intorno e torno subito”.

“Come vuoi, ma io rimango qui”.

“Va bene” rispose la ragazza uscendo dallo spogliatoio anche lei e lasciando Shinji solo con i suoi pensieri.

“Che situazione” pensava il ragazzo “sono rimasto solo, e tutto perché sono troppo abituato a fare quello che mi dicono. Infatti adesso non dovremmo muoverci di qui finché non viene la signorina Misato a dirci cosa fare. E io non ho il coraggio di disubbidire. Ma Asuka se ne andata perché lo riteneva inutile stare qui ad aspettare, e persino Ayanami deve aver pensato la stessa cosa. A nessuna delle due ho saputo dire qualcosa, non ad Asuka perché non ho la forza per confrontarmi con lei anche solo verbalmente, mentre Ayanami, di solito molto più ubbidiente di me, ha preso una decisione autonoma, una cosa purtroppo poco frequente per lei, e io non ho voluto ostacolarla. E ora eccomi qui, da solo. E la mia ubbidienza che mi ha fatto restare solo, vorrei anche io andarmene con la stessa decisione di Asuka o con la semplicità di Ayanami. Ma non ci riesco. Ho sentito qualcuno una volta offendere Ayanami dicendo che sembrava solo una bambola. Niente di più falso. E in casi come questi, credo di essere io la bambola” concluse mestamente.

REPARTO OSPEDALIERO

Meiko giaceva ancora immobile nel letto, guardata a vista da due infermieri con la tuta protettiva.

“Guarda come se la dorme quella. E noi le dobbiamo fare la guardia” disse uno dei due infermieri.

“Non prendertela. Andiamo a farci un caffè?” propose l’altro.

“Ma si, ci assentiamo per cinque minuti, cosa potrebbe succedere? E poi le hanno già fatto un sacco di controlli e non ha niente. Andiamo”.

I due quindi uscirono dalla stanza.

Meiko continuava a restare immobile, nella stanza c’era un silenzio assoluto.

D’un tratto si sentì uno strano rumore.

Sembrava un rumore come di ossa e di muscoli in movimento, ma era difficilissimo stabilire di cosa si trattasse.

All’improvviso Meiko aprì gli occhi, non aveva nessuno sguardo vuoto, anzi, dai suoi occhi traspariva una notevole determinazione.

Si alzò di scatto mettendosi seduta sul letto, e immediatamente dopo il suo camice da ospedale si squarciò sulla schiena, rivelando almeno una trentina di piccoli tentacoli di colore marrone, molto lunghi, che si agitavano come tanti serpenti. I tentacoli si attaccarono alle protezioni in plastica poste attorno al letto e le assimilarono in pochi secondi.

Proprio in quel momento tornarono i due infermieri, che non appena la videro, rimasero immobilizzati dalla paura. Meiko li fissava con lo stesso sguardo determinato di prima.

Pronunciò una sola parola: “Voi!”

Capendo che si riferiva a loro due, gli infermieri provarono a scappare, ma due tentacoli si allungarono e li afferrarono per il collo, cominciando a stringere. E strinsero cosi forte che finirono con il decapitarli stritolando i loro colli. Dallo squarcio aperto nelle tute, un lago di sangue si riversò sul pavimento.

Poi dalle punte dei tentacoli si formarono delle protuberanze che in un attimo diventarono gigantesche bocche con denti acuminati e che inghiottirono in un colpo solo i due cadaveri. I corpi dei due infermieri, all’interno del tentacolo, cominciarono a spostarsi verso Meiko, come fa il cibo quando dalla bocca viaggia verso lo stomaco attraverso l’esofago.

E man mano che proseguivano, i due corpi diminuivano di massa, come se durante il tragitto venissero assimilati, fino a sparire del tutto. I tentacoli rientrarono nella schiena.

Meiko scese dal letto e si avviò verso l’uscita della stanza.

Uscita dalla stanza, cominciò a guardarsi intorno. Un infermiere, senza tuta, la vide, si avvicinò e le chiese: “Le serve qualcosa?”

“Si” rispose Meiko.

Prima che l’infermiere potesse chiederle che cosa, il mostro alzò una mano su di lui, che all’improvviso divenne una enorme bocca che inghiottì l’uomo per intero e lo assimilò.

Un infermiera giunse in quel momento e vide la scena, mettendosi a urlare ad una decina di metri dal mostro.

Meiko la fissò, disse: “Cos’hai da urlare?” e protese il braccio verso di lei.

Il braccio in un istante si allungò sempre di più, fino a diventare gigantesco.

Colpì l’infermiera al ventre, trapassandola da parte a parte e sbucando fuori dalla schiena. Poi cominciò a tirarla a se, durante il tragitto quel braccio divenne un tentacolo che mangiò in un colpo solo la donna e infine tornò normale.

Intanto però altri infermieri e infermiere, richiamate dall’urlo, arrivarono in quel momento e videro tutto. Molti di loro gridarono per lo spavento, ma finalmente uno di essi, vinta la paura, premette il pulsante dell’allarme situato su una parete.

Le sirene dell’allarme cominciarono a risuonare nella base, tutti gli operatori sul ponte di comando scattarono ai loro posti.

“Cosa sta succedendo?” chiese il maggiore Misato Katsuragi arrivando in quel momento sul ponte, mentre Gendo e Fuyutsuki usavano la torre mobile.

“Non lo sappiamo. Si tratta di un’emergenza di natura ignota all’interno della base. Punto esatto: il reparto ospedaliero” la informò Makoto.

“Il reparto ospedaliero? Che si tratti…” disse Fuyutsuki.

Gendo: “Credo proprio di si. Sapevo che quell’Angelo non poteva essere distrutto da una semplice esplosione, ma non pensavo avesse infettato qualcuna di quelle persone. I test erano negativi”.

“A quanto pare la tua eccessiva fiducia nelle capacità intellettive dell’uomo ti ha fatto sottovalutare la natura imprevedibile degli Angeli”.

Gendo non rispose a Fuyutsuki, e ordinò: “Passare immediatamente allo stato di emergenza di primo grado. Sigillare il Central e il Terminal Dogma. Se il nemico ha dimensioni umane, dubito che gli Eva potranno servire. Utilizzare squadre armate. Annientare il bersaglio una volta identificatolo”.

“Signorsì” rispose Misato, la quale, sentendo parlare di persone infettate dall’Angelo, sperò che non si trattasse di Ritsuko o di Maya.

Per quest’ultima lo sperava anche Shigeru.

DUE MINUTI PRIMA

Rei aveva fatto una passeggiata rimanendo però nei dintorni dello spogliatoio. Comunque aveva deciso di tornare,

e durante il cammino incontrò Asuka che stava andando anche lei verso lo spogliatoio.

Rei: “Asuka, ma non eri andata via?”

Asuka rispose: “Si, ma poi non volevo che Misato se la prendesse con Shinji perché mi aveva lasciato andare a casa senza aspettare il suo permesso”.

Prima che Rei potesse rispondere, le sirene dell’allarme cominciarono a suonare.

“Che succede?” si chiese Rei.

“Forse è l’attacco di un Angelo” rispose Asuka.

“Non credo. Se cosi fosse oltre all’allarme avrebbero convocato noi piloti alle gabbie”.

“Comunque torniamo da Shinji” e iniziarono a correre verso lo spogliatoio.

In quel momento anche Shinji fu colto di sorpresa dall’allarme, decise di uscire per andare alla ricerca di Asuka e Rei.

Non appena uscì dalla stanza le vide arrivare di corsa e gli andò incontro.

“Ayanami, Asuka meno male” disse il ragazzo.

“Shinji” chiese Asuka “sai per caso cosa sta succedendo?”

Prima che Shinji potesse risponderle qualcosa, accadde all’improvviso che le paratie, le quali scattavano sempre nei casi di allarmi interni al Geo-Front, si chiusero in un istante in tutto il corridoio e quando c’erano appena quindici metri di distanza tra i ragazzi, ben tre paratie si frapposero tra loro.

“Oh no! Asuka! Ayanami!” gridò il ragazzo sbattendo con il pugno contro la paratia. Anche lui però era rimasto bloccato li, perché in successione altre paratie erano scese lungo il corridoio dopo di lui, bloccandolo in quel punto.

Pure Asuka sbatteva i pugni contro la paratia.

“Maledizione! E ora che facciamo?” gridò.

“Non possiamo fare altro che aspettare la cessazione dello stato di allarme. Ma il fatto che siano scattati i sistemi difensivi della base, significa che si tratta di una emergenza interna”.

REPARTO OSPEDALIERO

Le paratie venivano sfondate una dopo l’altra, Meiko le abbatteva senza problemi piegandole con le mani come se fossero di carta stagnola. Il camice da ospedale che indossava era completamente lacerato nelle zone della schiena e delle braccia. L’essere continuava ad andare in cerca di esseri umani da assimilare per aumentare la sua forza. Volendo poteva assorbire anche la materia inorganica, ma non la trovava di suo gusto. I materiali non viventi che erano stati assorbiti in precedenza erano stati necessari per acquistare forza subito dopo la trasformazione. Ma ora che la creatura poteva scegliere, preferiva la materia vivente degli uomini.

Cominciava a scendere di livello, dirigendosi verso il Terminal Dogma. Nonostante la trasformazione, nell’Angelo era rimasta la coscienza della sua missione.

Sul ponte di comando la seguivano localizzando le paratie che venivano sfondate.

“Si trova nei corridoi” disse Makoto.

“In tal caso, attivate le telecamere. Voglio vedere chiaramente il nemico” ordinò il comandante Ikari.

Le telecamere si accesero sullo schermo principale e tutti rimasero stupiti quando videro che il nemico era una ragazza in apparenza normale che però piegava l’acciaio a mani nude come se niente fosse.

“L’obbiettivo si sta avvicinando al Terminal Dogma passando per il settore C-7” informò Shigeru.

“Quando arriveranno sul posto le squadre armate?” chiese Fuyutsuki.

“Tra sei minuti”.

Misato: “Un momento… il settore C-7 hai detto?”

Shigeru: “Si maggiore”.

“Oh mio Dio. E’ vicino agli spogliatoi! Ed è li che ho lasciato i ragazzi! Saranno rimasti bloccati dalle paratie!”

“Comunicate ai piloti il perché dell’emergenza, poi aprite le paratie in quel punto per permettergli di fuggire verso i rifugi” ordinò Gendo.

“Signorsì. Localizzate l’esatta posizione dei piloti” ordinò il maggiore a Makoto.

Una volta localizzati i piloti, Misato chiamò ciascuno usando il cellulare e li informò della minaccia.

Disse ai ragazzi di recarsi subito verso i rifugi una volta aperte le paratie.

Cosi, nel corridoio dov’erano rimasti bloccati i piloti le paratie si rialzarono.

“Asuka, Ayanami. Meno male” disse Shinji.

“Meno male un corno! Misato ha informato anche noi. Qui sta scoppiando il finimondo e noi non siamo ancora al sicuro” ribatte Asuka.

“Dobbiamo recarci subito ai rifugi. Da questa parte” disse Rei e cominciarono a correre.

Intanto Meiko, continuava a muoversi per i corridoi verso il Terminal Dogma. Sfondando senza problemi tutte le paratie. Tuttavia si rese conto che era alquanto scoperta, conosceva l’intricata serie di sensori interni della Nerv. Doveva rimediare. Poi alzò lo sguardo ad osservare i condotti di aerazione che si trovavano sul soffitto del corridoio. Si vedevano solo delle grate.

Allora il mostro si avvicinò ad un pannello sulla parete del corridoio, lo sradicò rivelando dietro di esso una serie di fili elettrici molto spessi. Senza esitare li afferrò con la mano e iniziò ad assorbirli facendo sprizzare scintille. Meiko aveva un’espressione di chiara sofferenza, ma non mollava. Anche dal ponte di comando la osservavano e non capivano cosa volesse fare. Gendo però notò l’espressione di sofferenza del mostro.

Alla fine Meiko ottenne ciò che voleva.

“Rilevato un calo improvviso di tensione nel sistema di alimentazione principale” gridò Shigeru.

“Lo si può ostacolare?” chiese Misato.

“Purtroppo no. L’energia…”

Prima che l’operatore finisse di parlare, l’energia elettrica se ne andò in tutta la base, facendo calare ogni cosa nell’oscurità più assoluta.

Ma durò solo una decina di secondi, poi scattò il sistema ausiliario. Le luci si riaccesero.

“Per fortuna. Allora era a questo che mirava l’Angelo. Chissà cosa voleva fare?” si chiese Makoto.

“Qualunque cosa fosse, non ha funzionato. Forse voleva approfittare del blackout per far perdere le sue tracce, ma il buio è durato troppo poco” disse Misato “L’obbiettivo?”

“Ha ripreso a muoversi ricominciando a sfondare le paratie” avvertì Shigeru.

Infatti sullo schermo si vedeva Meiko che ricominciava a sfondare le paratie.

“Quando arriveranno sul posto le squadre armate?” chiese un po’ spazientito Fuyutsuki.

“Raggiungeranno l’obbiettivo in questo momento”.

Meiko vide d’un tratto le paratie davanti a lei alzarsi da sole. Una decina di metri più in là, un grosso gruppo di soldati si preparava ad attaccarla. Indossavano tute blindate ed erano armati fino ai denti.

Ma Meiko non se ne preoccupò, anzi sorrise e continuò ad andare avanti.

“Fuoco!” ordinò il capo dei soldati.

Una valanga di proiettili si riversò su Meiko, la colpivano direttamente (per qualche strana ragione questo angelo sembrava non avere più l’AT-Field dopo la fusione con Meiko), ma il mostro non si fermava, le vesti si laceravano, il suo sangue sprizzava dappertutto, ma non si fermava.

Anzi, le ferite si richiudevano subito e il sangue finito sulle pareti cominciò a muoversi dirigendosi verso i soldati come se fosse dotato di vita propria.

Ad un certo punto le gocce di sangue saltarono dal muro e finirono addosso a quattro uomini.

Si infiltrarono attraverso la tuta protettiva e cominciarono ad assorbire i corpi umani. Era una cosa orribile, quelle gocce di sangue, dove passavano le parti del corpo sparivano letteralmente, perché tutte le cellule venivano assimilate.

Quei poveretti si agitavano a terra urlando a squarciagola, e in pochi secondi di loro restava solo una tuta vuota, dalla quale le gocce di sangue uscivano per riunirsi al corpo principale.

Gli altri soldati indietreggiavano impauriti, ad un certo punto uno di loro cacciò fuori un bazooka, mirò e fece fuoco contro Meiko.

Ma il corpo del mostro aprì in un attimo sul suo torace un grosso buco, e il proiettile vi passò attraverso, esplodendo dietro di essa.

Ma Meiko sembrava infastidita da tale gesto, trasformò il suo braccio destro in un enorme e lunghissima lama e con un colpo solo tagliò in due parti verticalmente una decina di soldati che stavano davanti a lei, per poi assorbirne i resti quando ci passava affianco.

Sul ponti di comando tutti avevano assistito a quell’orrore. E da qualche parte si sentivano conati di vomito.

“Mio Dio! Come possiamo fermarla?” mormorò Misato.

“Forse ho un idea” disse Gendo.

“Quale?” gli chiese Fuyutsuki.

“Prima ho notato l’espressione di sofferenza dell’Angelo quando aveva toccato i fili elettrici. La causa del suo dolore sembrava il fatto che stesse bruciando. E quel colpo di bazooka, perché evitarlo quando ogni parte del nemico sembra dotata di vita propria e possiede tali capacità rigeneranti? Credo che la risposta sia questa: il nemico teme il fuoco. L’elettricità gli infliggeva dolore perché rischiava di andare a fuoco, e quel proiettile, se lo colpiva, avrebbe causato un esplosione e quindi ci sarebbe stato il fuoco”.

“Cosi semplice?”

“Credo di si. Questo spiegherebbe anche perché non sono rimasti resti dell’Angelo nel laboratorio. Il fuoco dell’esplosione li ha completamente distrutti. Tanto vale provare”.

“Va bene” disse Fuyutsuki, che poi si rivolse a Misato: “Utilizzate i lanciafiamme contro il bersaglio”.

“Uh… signorsì” rispose una dubbiosa Misato.

Erano rimasti solo pochi soldati, gli altri erano stati tutti uccisi da Meiko e assimilati.

Uno di loro ricevette l’ordine tramite un auricolare: “Presto, prendete un lanciafiamme!” gridò.

“Cosa?” rispose un altro soldato “e cosa può fare un lanciafiamme contro quella… quella cosa!”

“Questi sono gli ordini. Vai a prenderlo”.

Il soldato corse in un piccolo magazzino delle armi (ogni piano ne aveva uno) per prendere il lanciafiamme.

Intanto tutti i soldati rimanenti erano stati uccisi da Meiko, quando il soldato tornò era rimasto solo.

Il terrore si impadronì di lui, avrebbe voluto scappare, ma era un soldato che doveva fare il suo compito.

E poi notò una cosa: Meiko, quando lo vide arrivare armato in quel modo, aveva smesso di avanzare e sembrava titubante.

Il soldato subito colse l’occasione, impugnò il lanciafiamme e sparò.

Una violenta fiammata investì Meiko, e cominciò subito a bruciare.

La creatura lanciò un grido orribile, inumano, da far accapponare la pelle.

Il suo corpo cercò di mutare, muoversi, cominciò ad assumere forme strane, a volte sembrava un ragno, oppure una piovra, o ancora… qualcosa di indefinibile.

Sia il soldato che il personale sul ponte di comando osservavano come ipnotizzati quella scena.

Sembrò durare un infinità, ma alla fine la creatura si accasciò al suolo continuando a bruciare immobile, e un disgustoso odore di carne bruciata si diffuse nel corridoio.

Era calato un silenzio impressionante sul ponte di comando, interrotto da Shigeru, che annunciò: “Obbiettivo annientato”.

Misato tirò un sospirò di sollievo, poi chiese: “E i piloti?”

“Sono al rifugio interno 52 maggiore, non si preoccupi” la informò Makoto.

“Bene. Cessare stato d’allarme. Ma voglio che sigilliate tutti i luoghi in cui è passato il nemico. Una sorta di quarantena, che dovrà riguardare inoltre tutte le persone presenti in quei punti. Quelle ancora vive. Comandante?” disse Misato volgendosi verso Gendo.

“Procedete” rispose impassibile Gendo.

L’allarme cessò nella base, le paratie si alzarono, tecnici dotati di tute protettive e armati di lanciafiamme andavano rapidamente da un punto all’altro dei luoghi in cui era passata Meiko piazzando pareti in plastica trasparente per isolare il tutto.

Furono posti in quarantena anche il soldato che aveva ucciso la creatura e tutti i pazienti del reparto ospedaliero che si trovavano vicino alla stanza in cui era ricoverata Meiko.

Quando i tecnici arrivarono al punto in cui Meiko aveva assimilato i cavi elettrici, uno di loro, mentre attaccava la parete di plastica al soffitto, notò una cosa strana: gli sembrò che la grata del condotto di aerazione che passava in quel punto avesse una piccola imperfezione laterale, era leggermente piegata.

Ma la piegatura era veramente minuscola, perciò non se ne curò.

Intanto, cessato l’allarme, la gente aveva cominciato ad uscire dai rifugi, compresi i piloti di Eva, che in quel momento erano rimasti soli.

“Mi sembra di impazzire” esordì Asuka “prima ci fanno venire qui per dei test che vengono annullati, poi scatta un allarme indefinito che ci fa finire prigionieri tra delle pareti blindate. E per ultimo, ci fanno correre verso un rifugio, passano dieci, quindici minuti ed è tutto finito. Insomma, si può sapere cosa vogliono da noi?”

“L’hanno fatto per la nostra sicurezza” rispose Shinji “comunque la signorina Misato ha detto che cessato l’allarme dovevamo raggiungerla sul ponte di comando e poi andare a casa”.

“Ah, era ora! Questa si che è una bella notizia! Dai, andiamo”.

“Aspettate, non sentite qualcosa?” disse Rei.

“Che cosa?” dissero insieme Shinji e Asuka.

“Sembra un rumore che proviene dall’alto, nel corridoio la davanti” spiegò Ayanami.

“Effettivamente, mi sembra di sentire uno strano rumore, come di zampe” notò Asuka.

“Sarà meglio che ce ne andiamo” propose Shinji.

“Ma dai! Per qualche rumorino che proviene dall’alto? Sei proprio stupido. Forza, andiamo a vedere. Tanto sono sicura che non è niente, sarà forse un topo”.

“Un topo? Qui alla Nerv?” chiese Shinji, al quale sembrava improbabile che in un luogo avveniristico come il Geo-Front potessero esserci topi.

“Certo. Guarda che i topi te li puoi ritrovare anche sui transatlantici extralusso. Dai andiamo” rispose il Second Children .

Shinji, trascinato da Asuka, si avviò verso il corridoio da cui provenire il rumore, mentre Ayanami li seguì quasi automaticamente.

Si inoltrarono fino ad un punto dove il corridoio proseguiva facendo una curva.

Intanto il rumore era sparito.

“Torniamo indietro, non mi piace questo silenzio” disse Shinji.

“E non essere cosi fifone. A questo punto mi sono davvero incuriosita. Io vado avanti”. Asuka proseguì e sparì dietro la curva.

Anche Rei cominciò ad avviarsi verso la curva del corridoio.

“Ayanami, aspetta” le disse Shinji che voleva fermarla, ma la ragazza gli fece un cenno con la mano come a dire “non toccarmi” , e sparì dietro la curva.

“Ayanami…” mormorò Shinji.

Il ragazzo era rimasto di nuovo solo, stavolta però aveva paura. Quel corridoio, cosi uguale a tutti gli altri corridoi della base in cui era passato tante volte, cominciò a sembrargli una trappola.

Si aspettava che da un momento all’altro una cosa orribile spuntasse da dietro la curva.

Ma cercò di considerarle come semplici fantasie infantili, magari provocate dal nervosismo dovuto all’allarme da poco cessato.

Da quella curva non sarebbe spuntato alcun mostro, ma solo le sue amiche Asuka ed Ayanami.

Tuttavia, nonostante cercasse di rassicurarsi, l’inquietudine non spariva.

Perché Asuka e Ayanami non tornavano?

Erano via da pochissimo, un minuto e qualcosa, ma Shinji non ce la faceva più ad aspettare e si avviò anche lui verso la curva, cominciando a chiamarle: “Asuka! Ayanami! Tornate qui!”

Aveva paura, non poteva negarlo, per chissà quale motivo aveva paura. Sicuramente ingiustificata, e sicuramente Asuka lo avrebbe preso in giro, ma non si curò di questo.

Le ragazze non rispondevano, la tensione di Shinji aumentava, accelerò il passo, ma proprio quando svoltò alla curva, qualcosa gli si parò davanti.

“Aahhh” gridò Shinji facendo un balzo all’indietro.

Si sentiva il cuore in gola, alzò lo sguardo per vedere contro cosa era sbattuto: il mostro che prima si immaginava sarebbe spuntato fuori dalla curva?

No, erano solo Asuka e Rei.

Il ragazzo si rilassò, mettendosi una mano sul petto: “Meno male che siete tornate. Stavo cominciando a preoccuparmi. Avete trovato qualcosa?”

“No, non c’era niente. Sarà stato davvero un topo” gli rispose Asuka.

“Allora possiamo andarcene? La signorina Misato ci starà aspettando”.

“Andiamo” disse Rei.

I tre ragazzi cominciarono a dirigersi verso il ponte di comando, Shinji rimase indietro e si voltò un attimo a guardare il corridoio dietro di loro.

Possibile che fosse davvero un topo?

Si, sicuramente lo era. Questo pensò Shinji per tranquillizzarsi.

Raggiunse le sue due amiche che erano andate avanti.

“Cosa stavi facendo?” gli chiese Rei.

“Niente, avevo a che fare con mie stupide paure” rispose Shinji.

Ricominciarono a camminare, Shinji era dietro le ragazze, quando notò una cosa e disse a Rei: “Ayanami, scusa, ma credo che dovresti avere più cura dei tuoi vestiti”.

“Perché?”

“La tua divisa scolastica sulla schiena è molto stropicciata”.

NEO-TOKYO 3

Il funerale era durato circa tre ore. Logan si era vestito a lutto e aveva detto addio al suo amico facendo una splendida orazione funebre (e stupendo molti dei presenti per il suo giapponese perfetto nonostante fosse un occidentale). Durante tutta la cerimonia Yuki aveva tenuto un comportamento molto controllato, e anche il piccolo Hyou, nonostante fossero venuti al piccolo gli occhi lucidi ogni tanto.

Ora la cerimonia era finita, Logan si era congedato da Yuki e da Hyou. Avrebbe voluto restare ancora con loro, ma aveva affari urgentissimi da svolgere in America, perciò sarebbe ripartito con il primo aereo disponibile. Yuki non si offese per la rapidità della visita di Logan, perché sapeva qual’era l’attività speciale di Logan in America.

Quando si salutarono Yuki disse: “Vai già via? Ti capisco, la salvezza del mondo ha la priorità”. E la donna non stava scherzando.

Ora Logan stava passeggiando per Neo-Tokyo 3, ma continuava a non piacerli molto. Troppo artificiosa, più di tutte le altre città.

Comunque il prossimo aereo per gli USA sarebbe partito solo tra dieci ore, quindi il tempo lo doveva trascorrere in qualche modo.

La gente lo evitava, come all’aeroporto, istintivamente spaventata dalla forza selvaggia racchiusa in Logan. Ma lui c’era abituato.

All’improvviso però, qualcuno, anziché evitarlo, gli andò addosso e lo urtò leggermente, per poi proseguire.

Logan avanzò di qualche metro, poi si fermò e si toccò la tasca destra: gli avevano rubato il portafoglio.

Poteva essere stato solo quel qualcuno che l’aveva urtato leggermente prima. E doveva essere molto abile, perché Logan si era accorto tardi che la sua tasca era vuota. Dopo solo una ventina di secondi, ma sempre in ritardo se ne era accorto.

Si voltò, il suo sguardo si concentrò nella direzione in cui era andato il ladro.

Il ladro era Tang-Po, che dopo aver preso il portafoglio a Logan, con un guizzo fulmineo era scattato in avanti e si era nascosto in un vicolo.

Controllò il contenuto del portafoglio, era pieno di yen e dollari americani.

“Per la miseria! Volendo potrei dormire in un grand’hotel a 5 stelle!” disse soddisfatto.

Ma alla soddisfazione esteriore non corrispondeva un analoga soddisfazione interiore. Perché Tang-Po era stato costretto a ricominciare con i furti. Quando invece lui avrebbe voluto smettere La vita a Neo-Tokyo 3 sembrava destinata a non essere diversa da quella a Neo-Tokyo 2.

“Che schifo di vita! Ma che potevo fare? Ci ho provato a trovarmi un lavoro, giuro che ci ho provato. Ma tutti mi hanno cacciato basandosi solo sul mio aspetto, non ho trovato nessuno disposto a concedermi un po’ di fiducia, a darmi una possibilità. Non so cosa mi ha trattenuto dallo sfasciare il negozio a qualcuno di quei bastardi” pensava.

D’un tratto avvertì una presenza alle sue spalle, si girò di scatto e si ritrovò Logan davanti.

Il ragazzo era stupito: “Ma coma cazzo ha fatto? Nessuno è mai riuscito ad avvicinarsi tanto a me senza che me ne accorgessi. E avevo fatto perdere le mie tracce!” pensò.

Logan disse leggermente sarcastico: “Ragazzino, credo che tu abbia qualcosa di mio”.

Tang-Po provò a dargli un calcio, ma Logan lo bloccò senza problemi prendendolo con una mano. La sua stretta era forte.

Il tailandese comunque non si scoraggiò, gli diede un altro calcio velocissimo allo stomaco, in un punto particolare, e Logan si piegò leggermente su se stesso mollando la presa.

“Niente male ragazzo. Sei davvero veloce e conosci molto bene i punti vitali del corpo umano”.

Tang-Po scappò, non per paura ma perché aveva valutato la forza dell’avversario, il quale possedeva un fisico possente, era veloce e anche robusto, perché quel calcio allo stomaco avrebbe dovuto metterlo al tappeto, non farlo piegare su se stesso soltanto. Ed era anche riuscito ad arrivargli sin dietro le spalle senza che se accorgesse. Insomma, questo straniero era troppo forte per lui, e Tang-Po capiva quando poteva vincere e quando no.

Corse più veloce che poteva, infilandosi in tutta una serie di vicoli, mescolandosi con la gente.

Dopo dieci minuti di corsa sfrenata, si fermò in un altro vicolo per riprendere fiato.

“Accidenti, che corsa!” disse.

Ma non appena si sedette, udì un rumore di passi provenire dall’estremità del vicolo. Logan lo aveva raggiunto senza problemi. Il ragazzo non riusciva a crederci. Come poteva averlo trovato? Eppure tra le sue qualità da ladro c’era proprio quella di essere bravissimo a seminare gli altri.

“Figlio di puttana!” commentò sbalordito Tang-Po.

“Senti ragazzino, non ho voglia di giocare” disse Logan avanzando con calma verso di lui.

Tang-Po ricominciò a correre, ma stavolta cercò di giocare d’astuzia: dopo aver percorso una seconda serie di vicoli, ne trovò uno pieno di stradine laterali che tornavano indietro. Queste stradine però erano ingombre di spazzatura. Allora Tang-Po si infilò in una di esse saltando sopra i bidoni, le casse e altra robaccia, facendo molta attenzione a non rovesciarne nessuna. Sperava cosi di far credere che aveva continuato a proseguire dritto al suo inseguitore, il quale non avrebbe sospettato che lui si era infilato in una stradina laterale perché queste erano cosi piene di immondizia che era impossibile passarci attraverso senza prima spostare tutti i bidoni. Cosa che lui, grazie alla su agilità, non aveva fatto.

Rimase in attesa nascosto dietro un bidone, poi vide Logan mentre correva e continuava ad andare dritto. Perfetto, c’era cascato. Tang-Po ricominciò a correre tornando indietro e allontanandosi sempre di più da quella zona.

A un certo punto decise anche di salire sul tetto di un palazzo tramite una scala anti-incendio.

Una volta salito Tang-Po andò sotto una tettoia e crollò a terra mettendosi con le gambe incrociate: “Basta, non ne posso più di correre. Ma proprio un segugio con la S maiuscola dovevo trovare? Se mi becca anche adesso vuol dire che non è umano e io posso solo arrendermi” si lamentò.

Dopo qualche minuto però sentì una voce dall’alto: “Senti, se vuoi farmi fare un giro turistico per questo schifo di città, lascia perdere, non mi interessa”.

Allibito Tang-Po alzò lo sguardo e vide Logan che lo fissava da sopra la tettoia, anche lui seduto con le gambe incrociate.

“Oh no!” esclamò un po’ rassegnato e un po’ scocciato il ragazzo, che si mise la testa tra le braccia. Era troppo stanco per ricominciare a correre.

Logan saltò giù dalla tettoia e si piazzò davanti a lui: “Non male il trucchetto di prima. Chiunque altro ci sarebbe cascato”.

“Riprenditi il tuo maledetto portafogli e mandami pure alla polizia!” esclamò Tang-Po lanciandogli contro il portafogli. Non si preoccupava di essere arrestato perché non era la prima volta e sarebbe riuscito a scappare come sempre.

Logan controllò se c’era tutto nel portafogli, poi disse: “Non ho alcuna intenzione di portarti alla polizia”.

“Allora vuoi darmi tu una lezione?”

“Neppure. Voglio parlarti”.

“E perché?”

“Perché tu possiedi un talento notevole ragazzino, e sarebbe un peccato sprecarlo cosi, conducendo una vita di furti”.

“Non ho bisogno di prediche”.

“Senti ragazzino” Logan si piegò per guardare Tang-Po in faccia “io non posso certo costringerti e le prediche non piacciono neanche a me. Ma io ne ho incontrati parecchi come te in passato sai? Persone piene di talento, che a causa di una scelta sbagliata, o di amicizie sbagliate, hanno sprecato la loro vita. E una cosa che non sopporto affatto, specialmente quando vedo che in tale situazione si trova un ragazzo della tua età. Non sono bravo a fare certi discorsi, perciò sarò breve: io voglio aiutarti. Voglio concederti una possibilità”.

Tang-Po non riusciva a crederci: possibile che gli fosse capitato un tale colpo di fortuna? Poco fa si lamentava perché non era riuscito a trovare qualcuno disposto a dargli un po’ di fiducia, e ora quel qualcuno l’ha trovato in una persona che aveva derubato.

Certo, non è tutto oro quello che luccica, ne aveva viste di persone che dietro le loro buone intenzioni si erano rivelate marce fino al midollo, però se non provava non poteva sapere se fosse cosi. E se si fosse rivelata una trappola, ne sarebbe uscito come in passato.

“Va bene, ci sto”.

“Mi fa piacere. Come ti chiami?”

“Tang-Po, vengo dalla Tailandia”.

“Io sono Logan, canadese”.

“Ora andiamo a mangiare qualcosa, avrai fame dopo tutta quella corsa” concluse Logan.

IN UN'ALTRA ZONA DELLA CITTA’

Shinji e Asuka erano in macchina con Misato e stavano rincasando dopo aver accompagnato Ayanami al suo appartamento.

Misato: “Spero che non vi siate spaventati per l’emergenza interna che c’è stata oggi alla base”.

“Beh, io un po’ mi sono spaventato” rispose Shinji.

“E tu Asuka?” chiese il maggiore rivolto alla ragazza.

“No, per niente” rispose inflessibile Asuka.

“Asuka, ma c’è qualcosa che non va?” volle sapere Shinji.

“Perché me lo chiedi?”

“Perché da quando abbiamo lasciato la base non fai altro che guardare fuori dal finestrino e non hai detto niente. Mi hai persino permesso di mettermi sul sedile d’avanti, che solitamente è il tuo posto prenotato”.

“Sono soltanto stanca. Tutto qui” rispose Asuka.

“Beh, visto che ormai si è fatto tardi per pranzare a casa, che ne dite se vi porto in una tavola calda? Shinji?” propose sorridendo Misato.

“Per me va bene. E per te Asuka?”

“Anche per me”.

E cosi si diressero verso una tavola calda.

Si fermarono alla prima che trovarono, entrarono e quando si sedettero venne da loro la cameriera per prendere le ordinazioni.

Misato ordinò un triplo hamburger e come contorno una tripla porzione di patatine fritte, il tutto accompagnato da quattro lattine di birra.

Shinji, imbarazzato per l’ingordigia del maggiore, ordinò un solo hamburger con Coca Cola.

Asuka invece sembrava non avere voglia di mangiare, ordinò solo una porzione di patatine.

E anche quando gliele portarono, mangiò distrattamente, come se avesse altro per la mente.

Shinji e Misato la osservavano preoccupati: ad Asuka non era mai mancato l’appetito prima d’ora.

Misato chiese: “Asuka, ma ti senti bene?”

“Si, non ho molta fame adesso. Non preoccupatevi per me, mangiate pure”.

Shinji e Misato ripresero a mangiare, ma la preoccupazione non era sparita.

In quel momento entrarono nel locale un uomo e un ragazzo. Erano Logan e Tang-Po.

Si sedettero vicino all’uscita, e quando la cameriera venne da loro, subito squadrò leggermente Tang-Po, Logan se ne accorse e disse: “Il ragazzo sta con me. Prenda la sua ordinazione, per favore”.

Quando la cameriera se ne andò, Logan chiese al ragazzo: “Te la sei presa per il modo in cui ti ha guardato vero?”

“Si. Odio le persone perché sono cosi superficiali, giudicano sempre in base alle apparenze e non cercano di mai di sapere se all’esterno corrisponde anche l’interno”.

“Ti capisco perfettamente sai?”

“E come potresti? Con tutti i soldi che hai, mi sembri un riccone in cerca di divertimenti”.

“E invece ti sbagli. Io non sono quello che sembro”.

Logan abbassò la voce e si avvicinò a Tang-Po, sussurrandoli: “Sono un mutante”.

“Cosa?” Tang-Po era rimasto sbalordito da questa notizia. In passato aveva sentito parlare dai giornali di questi mutanti, uomini e donne nati con un particolare gene X che conferiva loro grandi poteri sia fisici che mentali. E spesso sentiva parlare di loro come se fossero una minaccia per il mondo intero. Ma non aveva mai dato molto credito a queste notizie. E ora si ritrovava un mutante proprio davanti a se.

“E cosi tu saresti un…”

Logan gli fece cenno di abbassare la voce, cosa che Tang-Po fece: “… mutante?”

“Esatto. Non è prudente però parlare ad alta voce di mutanti in mezzo alla gente. I mutanti sono preda di molti pregiudizi. E’ vero che tra di loro ci sono dei criminali, ma non lo sono tutti. Eppure per i crimini di pochi vengono colpevolizzati tutti. Ma tutto questo nasce appunto dal fatto che la gente si ferma alle apparenze, teme sempre ciò che è diverso da essa, e non cerca mai di appurare se quello che teme è davvero una minaccia. La maggior parte dei mutanti non ha intenzioni ostili verso l’umanità, vorrebbero solo vivere in pace. Ma le cosiddette persone normali danno addosso anche agli innocenti per il solo fatto che sono mutanti. Ne ho incontrati parecchi di fanatici del genere in passato, spinti da motivi personali, oppure politici o ancora religiosi”.

Tang-Po ascoltava in silenzio.

“Perciò io ti posso capire ragazzo, credimi. So benissimo cosa significa essere giudicati in base alle apparenze soltanto”.

Intanto Misato, Shinji e Asuka avevano smesso di mangiare.

Mentre Misato pagava alla cassa, Shinji e Asuka si avviarono all’uscita.

La discussione tra Logan e Tang-Po proseguiva.

“E cosi Logan tu saresti tra i mutanti che cercano di realizzare una coesistenza pacifica con gli umani?”

“Esatto Tang-Po. Un sogno che in verità diventa ogni giorno più difficile da realizzare, ma non è impossibile. E io, con i miei amici, lotto per realizzarlo”.

“E chi sono questi tuoi amici?”

“Ci facciamo chiamare X-Men. Uno dei gruppi di supereroi residenti in America. Ma non ci limitiamo a combattere solo li. Quante volte abbiamo dovuto lottare per la salvezza del mondo intero. Ma non pensare che questo ci abbia reso ricchi e felici. Perché la gente ci teme comunque in quanto mutanti. Dobbiamo sempre agire nell’ombra e non raramente siamo stati noi ad essere considerati la causa della minaccia che avevamo sventato” spiegò Logan

“Mi sembra un po’ assurdo. Proteggere un mondo che vi teme e odia”.

“Forse lo è. Ma come disse un mio vecchio amico, per un sogno vale la pena di lottare. E anche se non ci riusciremo noi, potrebbero benissimo riuscirci in futuro coloro che continueranno la nostra lotta”.

“Mi sembri un po’ troppo ottimista”

“Forse, ma c’è bisogno di avere qualcosa in cui credere. E tu invece cosa mi racconti della tua vita?”

“Niente. Mia madre mi ha venduto all’età di quattro anni per un po’ di cibo. Era una puttana, non so chi sia mio padre, e francamente non me ne frega nulla. Mi diede ad uno dei boss della malavita locale, uno stronzo che mi insegnò a rubare e mi picchiava come se fossi una bestia ogni volta che sbagliavo. E lui che mi ha insegnato le arti marziali. Alla fine non ce la feci più, gli ho rotto le braccia e le gambe e sono andato a Neo-Tokyo 2. Ma anche li niente, solo furti, finchè non sono venuto qui e ho incontrato te”.

Tang-Po aveva parlato di fretta e aveva troncato subito il discorso. Nonostante il suo apparente menefreghismo era un discorso che non voleva assolutamente affrontare. Prima di indurirsi ne aveva versate parecchie di lacrime per la sua condizione.

“Senti, ma quali sono i tuoi poteri? Mi sa che sono quelli che ti hanno permesso di trovarmi prima” domandò il ragazzo cercando di cambiare discorso.

Logan se ne era accorto e lo accontentò, anche se sapeva che un giorno Tang-Po avrebbe dovuto affrontare il suo passato.

“Esatto. Possiedo un fattore rigenerante che mi permette di guarire rapidamente da ogni ferita o malattia e anche degli ipersensi”.

“Ipersensi?”

“Si, i miei sensi sono molto più sviluppati di quelli degli altri, in particolare l’olfatto, che mi permette di riconoscere le persone dall’odore”.

“E ti permette anche di seguire le tracce come i segugi” continuò Tang-Po.

“Precisamente. E cosi che riuscivo a trovarti quando mi seminavi”.

Tang-Po sorrise, ricordandosi quando prima su quel tetto aveva commentato sarcastico: “ Se mi becca anche adesso vuol dire che non è umano e io posso solo arrendermi”. Chi avrebbe mai immaginato che ci avesse azzeccato in pieno?

“Ma possiedo altre capacità” continuò Logan “ posso…”

All’improvviso si bloccò, alzò di scatto la testa come se percepisse qualcosa, cominciò ad annusare l’aria.

“Che succede?” chiese Tang-Po irrigidendosi per l’improvvisa reazione di Logan.

Logan non rispose e continuò ad annusare l’aria.

Intanto Misato, Shinji e Asuka erano appena usciti dal locale.

QUARTIER GENERALE DELLA NERV

In un laboratorio del reparto tecnologico la dottoressa Ritsuko Akagi era impegnata nell’autopsia dei resti di Meiko Oshi. Ritsuko avrebbero dovuto dimetterla solo il giorno dopo, ma quando si svegliò, le dissero cosa era successo e lei volle subito occuparsi della vicenda. I medici erano recalcitranti, ma le bastò chiamare il comandante Ikari e venne subito dimessa. Ora controllava i resti della creatura con la collaborazione di alcuni infermieri, ed era presente anche un gruppo di soldati armati di lanciafiamme.

Lei ne avrebbe fatto a meno, ma era una precauzione considerata fondamentale.

Quelli del gruppo di Ritsuko indossavano anche loro una tuta protettiva, che era stata dotata però di particolari sensori interni che avrebbero rilevato subito la violazione della tuta da parte di organismi estranei. Se ciò fosse avvenuto, considerando anche la velocità con cui il mostro assimilava le persone, i soldati avevano ricevuto l’ordine di bruciare le persone che si apprestavano a fare l’autopsia.

La dottoressa, quando lo seppe, commentò ironica: “Tipico del comandante”. La cosa non la stupì perché era già successa in passato, durante l’operazione di cattura dell’8· Angelo. Anche allora Gendo, nel caso qualcosa fosse andato storto, aveva ordinato di fare tabula rasa, anche se ci andavano di mezzo i membri della Nerv.

Prima dell’operazione Ritsuko volle visionare i filmati girati durante l’emergenza.

La carcassa abbrustolita della creatura giaceva distesa sopra un grosso tavolo in metallo, le carni erano diventate quasi del tutto nere. Il cadavere conservava ancora una forma grosso modo umana, tuttavia gli erano spuntate due braccia dal torace, e tutta una serie di tentacoli dietro la schiena. I tentacoli dovettero essere amputati per posare come si deve il corpo sul tavolo. La gamba destra era piegata a forma di U. Ma quello che faceva più impressione era la testa: infatti sembrava sul punto di dividersi in due parti verticalmente, come se nel mezzo non fosse più solida, e la parte destra della testa era più in alto di circa dieci centimetri rispetto a quella sinistra. Inoltre sul volto era rimasta impressa l’ultima espressione del mostro, una inumana espressione di indicibile sofferenza che fece distogliere lo sguardo a tutti gli infermieri.

Ritsuko iniziò l’autopsia aprendo con un grosso bisturi il petto del cadavere e cominciando ad analizzare l’interno: “Qui sembra non esserci niente di anormale. Ecco un regolare gruppo di organi interni, polmoni, cuore, fegato. Anche il numero è esatto. Se non fosse per le anomalie esteriori, questo sembrerebbe un normale cadavere. No, se vogliamo scoprire qualcosa dobbiamo per forza analizzarlo a livello cellulare” disse Ritsuko.

“Dobbiamo prelevare un campione dottoressa?” chiese un infermiere.

“Si. Lo prenderemo dai tessuti interni, quelli esterni sono troppo danneggiati. Ci servono cellule da studiare vive. Attenzione però. Scegliete la parte di un organo che sia bruciata nei contorni, in questo modo potremo prelevarlo senza correre il rischio che le cellule vive assimilino nuova materia”.

Subito uno degli infermieri tagliò con un bisturi un piccolo pezzo di un rene quasi del tutto bruciato. Quella parte sembrava l’unica tra tutti gli organi interni che non fosse stata carbonizzata, poi lo prese per i bordi con una pinzetta e andò con Ritsuko in una stanza affianco dotata di microscopi elettronici.

Quando il contenuto della siringa fu iniettato sul vetrino, Ritsuko accese uno dei grossi monitor per controllare quelle cellule.

“Guarda guarda, molto interessante. Per piacere” rivolta ad un infermiere “prenda nota di quello che dico”.

Ritsuko cominciò a esaminare nel dettaglio con i sensori e insieme a dettare quello che scopriva all’infermiere.

Poco dopo, sul ponte di comando, Ritsuko illustrava, alla presenza di Gendo e Fuyutsuki, quello che aveva scoperto.

“Dopo quello che sono riuscita ad osservare, direi che quella che abbiamo di fronte è una mutazione dell’11· Angelo. Per tanto non considererei più tale essere un angelo, ma una creatura del tutto diversa. D’altronde essa non si limita più a prendere il controllo degli altri organismi soltanto. Anche se le cause precise delle mutazione sono ancora ignote, ho stabilito che tale creatura ha la capacità di assimilare qualunque cellule e insieme di imitarle esternamente. In teoria dovrebbe essere in grado di assorbire e/o imitare qualunque organismo si trovi sulla Terra, mentre nei confronti della materia inorganica può solo assimilare. Le sue capacità rigenerative sono formidabili, sembra che riesca a riprodursi anche da una sola cellula, che è in grado di infettare un intero organismo”.

“Quindi se qualcuno viene infettato non è detto che diventi per forza un mostro, almeno come aspetto” notò Fuyutsuki.

“No infatti. Egli può alterare a suo piacimento la propria forma, diventare una creatura orribile oppure mantenere un forma umana”.

“Come scatta il meccanismo dell’infezione?” chiese Gendo.

“Tramite il contatto diretto, pelle a pelle. Oppure venendo in contatto anche con una sola goccia di sangue infetta. Ho notato che la velocità di infezione, e di trasformazione, di un corpo varia a seconda delle quantità di cellule infette inserite in esso. Una singola cellula come ho già detto può si infettare un intero corpo, ma direi che impiegherebbe per fare ciò almeno una giornata intera”.

“Ma l’operatrice Meiko Oshi è mutata ad appena tre o quattro ore dall’esplosione alla sezione 24. E inoltre come avrà fatto a restare infettata al contrario di voi dottoressa e dell’operatrice Ibuki?” ribatte il vice-comandante.

“ Quando ho saputo cosa era successo, ho voluto controllare la cartella clinica della Oshi. Vi era riportato che l’operatrice in questione aveva subito delle ferite alla schiena provocate da schegge di vetro. Evidentemente sulle schegge di vetro che l’avevano colpita, vi erano alcuni frammenti dell’Angelo che stavamo studiando, e che in un attimo si sono fusi con la ragazza. Tali frammenti hanno cominciato ad infettare uno dopo l’altra tutte le cellule di Meiko, ma non le distruggevano, le assimilavano e si sostituivano ad esse imitandole. Per questo i controlli non avevano rilevato niente. Cercavano corpi estranei, ma le cellule dell’Angelo nel giro di pochi secondi non erano più corpi estranei, ma parti integranti del corpo di Meiko. E l’imitazione era perfetta. Come per la singola cellula, lo stesso valeva per il corpo: in apparenza normale, ma dentro non aveva più niente di umano.

Quindi posso ipotizzare che l’essere è rimasto incosciente in attesa che le cellule infettanti raggiungessero anche il cervello per completare la trasformazione. Dopo è andato alla ricerca di nutrimento per potenziarsi. La trasformazione della Oshi è avvenuta in poche ore perché sui frammenti che l’avevano colpita dovevano essere presenti delle parti della creatura che pur non essendo molto grandi come dimensioni, ospitavano in se miliardi di cellule. Ma se già le cellule infettanti fossero solo qualche migliaia, per trasformarsi ci vorrebbero all’incirca sette od otto ore” rispose la dottoressa.

“I soggetti colpiti mantengono l’intelligenza?” volle sapere il comandante.

“Direi di si. Le cellule infettanti riproducono non solo l’aspetto esteriore delle cellule umane, ma anche le loro caratteristiche fisiche. Perciò è altamente probabile che le cellule cerebrali abbiano ancora l’intelligenza e penso anche i ricordi del soggetto colpito”.

“Lei ha detto che la trasformazione non è istantanea. Quale potrebbe essere l’atteggiamento del soggetto colpito durante il processo di mutazione?” chiese Fuyutsuki.

“Non posso essere molto precisa a causa delle informazioni non del tutto complete. Ma se la trasformazione iniziasse dal cervello, credo che la coscienza dell’individuo verrebbe subito sostituita da quella della creatura. Per quanto riguarda il corpo, direi che possiederebbe subito eccezionali capacità rigenerative e di modifiche strutturali alla forma del corpo, ma non potenti come quelle di un soggetto interamente trasformato”.

“Il processo è reversibile?” domandò Gendo.

“Non credo lo sia. Almeno, non con i mezzi e le conoscenze a nostra disposizione”.

“Un’ultima domanda dottoressa. Quella creatura, pur derivando da un Angelo, sembrava non possedere l’AT-Field. Come può essere?”

“Presumo che in fase di mutazione, le cellule dell’Angelo abbiano capito che l’AT-Field era una sorta di possibile ostacolo alla loro capacità di assorbire gli altri corpi. Quindi lo hanno eliminato dal loro DNA. Certo, è solo una teoria, ma per il momento non ne ho altre”.

APPARTAMENTO DI MISATO KATSURAGI

Dopo una giornata stancante come quella, quando ormai il giorno si avviava al tramonto, in casa loro Shinji, Misato e Asuka si stavano concedendo un po’ di riposo.

Ma Shinji era rimasto impensierito dal comportamento strano di Asuka di poco fa. E lo era anche Misato, che nonostante fosse sdraiata nel futon non riusciva a riposare. Entrambi avevano uno strano presentimento.

Quando erano rientrati Misato e Asuka si erano cambiate, ciascuna nella propria camera, mentre Shinji indossava ancora la divisa scolastica. Misato si era messa in top e short, come suo solito, Asuka invece indossò pantaloncini corti di colore giallo e una maglietta blu

Shinji ad un certo punto si alzò e andò dalla ragazza in camera sua, bussò: “Asuka, stai dormendo?”

“No. Cosa vuoi?” le chiese la ragazza senza uscire dalla stanza.

“Volevo sapere se stavi bene. Durante il tragitto dalla tavola calda fino a casa non hai detto una parola”.

“Te l’ho già detto, sono solo stanca. Ora lasciami in pace stupido!”

Shinji tornò in camera sua, dove trovò Misato che lo aspettava seduta sul suo letto.

“Signorina Misato, voleva parlarmi?”

“Si. Senti, ho notato anche io lo strano comportamento di Asuka. Non so quale sia il motivo, ma se Asuka avesse qualche problema, di qualunque cosa si tratti, è probabile che avrà bisogno del nostro aiuto. Sei disposto ad aiutarla?”

“Naturalmente”.

“Bene. Siccome adesso siamo molto stanchi perché abbiamo avuto una giornata pesante, cerchiamo di dormirci su. Poi parleremo con lei a quattrocchi”.

“Mi sta bene” concluse Shinji.

Misato andò in camera sua e Shinji si distese sul letto. Cercò di addormentarsi.

APPARTAMENTO DI REI

Rei stava in piedi davanti allo specchio, fissava immobile il suo volto riflesso.

Nell’appartamento non c’era nessuno, tutto era silenzio assoluto.

D’un tratto la ragazza, apparentemente senza motivo, diede un violento pugno contro lo specchio frantumandolo e cosi facendo molti frammenti di vetro si conficcarono nella sua mano, nel dorso e nelle dita. Cominciò a uscire molto sangue.

Ma la ragazza non si lamentò per il dolore, anzi, tolse la mano dallo specchio frantumato e cominciò a guardarsela con calma.

Il sangue gocciolava intensamente sul pavimento, fino a creare una macchia abbastanza grossa di colore rosso.

D’un tratto il sangue smise di gocciolare mentre Rei diceva: “No! Vattene! Vattene!”

APPARTAMENTO DI MISATO KATSURAGI

Shinji, nonostante i suoi sforzi, non riusciva ad addormentarsi.

A un certo punto udì dei passi nel corridoio, seguito dal rumore di una porta che veniva aperta silenziosamente.

Il ragazzo non se ne curò, credette che qualcuno, o Asuka o Misato, fosse andato un momento in bagno.

Ritentò di addormentarsi, ma era tutto inutile, il sonno non voleva arrivare. Allora pensò di distrarsi leggendo un libro. Sopra la sua scrivania aveva messo un ripiano apposta per una fila di libri da leggere come passatempo.

Ne prese uno, un libro sulla musica gregoriana e sedendosi davanti alla scrivania cominciò a leggere con la lampada accesa.

In tutta la casa regnava un silenzio assoluto, interrotto solo per un istante dallo sfogliare le pagine di Shinji.

E fu proprio grazie a questo silenzio che Shinji sentì uno strano rumore provenire fuori dalla sua camera. Un rumore simile a quello di un liquido che scorre.

Acqua di rubinetto forse?

Ma la direzione del rumore non sembrava quella del bagno, ne della cucina e poi il rumore che sentiva, molto leggero, sembrava prodotto da un liquido molto più denso dell’acqua.

Incuriosito uscì dalla sua camera e si affacciò sul corridoio: non c’era nessuno.

La porta della camera di Asuka però era aperta, andò a vedere ed era vuota. Il letto appariva intatto e anche la sedia sembrava non essere stata spostata da sotto la scrivania. Possibile che Asuka avesse passato tutto quel tempo in piedi?

Ritornato in corridoio, cercò la fonte del rumore. Sentì che proveniva dalla stanza di Misato e la porta era socchiusa.

Non volendo disturbare, si mise a guardare attraverso lo spiraglio apertosi tra la porta e la parete, anziché entrare subito.

Ma quello che vide gli fece gelare il sangue.

Misato era sdraiata sul suo letto, dormiva tranquillamente, ma Asuka stava sopra di lei e le stava facendo colare addosso un disgustoso liquido di colore rosso, troppo denso perché fosse sangue. E questo liquido stava penetrando dentro la testa di Misato, non solo attraverso la bocca, ma anche dalle orecchie, dal naso e dalla pelle stessa.

E Asuka sembrava stesse mutando, sulla sua schiena si agitava qualcosa, la maglietta blu che la ragazza indossava cominciò a sporcarsi di sangue dall’interno e dopo qualche secondo si lacerò, rivelando sulla schiena la presenza di strane ferite, simili a lunghi graffi, che si muovevano pulsando ad un ritmo sempre più veloce e per questo avevano strappato l’abito.

Shinji si mise inorridito una mano davanti alla bocca, le gambe cominciarono a tremargli all’impazzata. Emise un gemito soffocato, molto leggero, sufficiente però perché Asuka lo sentisse e si voltasse.

Shinji indietreggiò spaventato, il volto della ragazza era sempre lo stesso, ma quello strano liquido le stava colando dalla bocca come bava. Asuka lo fissava con occhi incuriositi.

Shinji cercò di scappare e chiuse la porta. Non voleva andarsene cosi, non poteva certo abbandonare la signorina Misato in quel modo, e voleva anche sapere che cosa era successo alla sua amica Asuka. Voleva insomma aiutarle tutte e due.

Ma l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio sull’altruismo in quella circostanza.

Uscì dal corridoio e si diresse verso la porta. In quel momento sentì uno schianto dietro di se, come se una porta fosse stata distrutta.

Capì subito che Asuka, sempre che quella cosa fosse veramente Asuka, lo stava inseguendo, perciò corse più velocemente, arrivò davanti alla porta d’ingresso ma inciampò nel gradino precedente la porta cadendo a terra.

Prima che potesse rialzarsi, Asuka lo aveva raggiunto.

Si voltò e vide che la ragazza lo sovrastava, vista davanti sembrava normale, ma si sentivano rumori orribili di carne che cambiava sulla sua schiena.

Shinji cercò di rialzarsi, ma il terrore lo bloccava.

Asuka iniziò ad avvicinarsi in modo poco rassicurante.

Shinji parlò con le lacrime agli occhi: “N-no Asuka… ti prego.. n-non farlo.. torna in t-te”.

Asuka dopo qualche secondo parlò: “Shinji… io non… non volevo… ma questa cosa è …. è dentro di me e mi fa fare cose orribili… non … volevo… aiutami … mi dispiace”.

Shinji sentendo questo capì che si trattava veramente di Asuka e che era in un certo senso anche lei una vittima, vittima di questa “cosa”, ma nonostante ciò oltre che vittima Asuka era pure carnefice, anche se contro la sua volontà.

Il ragazzo cercò di scappare rialzandosi, la porta era a meno di un metro, ma dalla schiena di Asuka spuntò fuori una specie di braccio gigantesco dall’aspetto orrendo e con tre articolazioni, che lo bloccò prendendolo per le gambe.

“Mi… dispiace…” disse ancora Asuka, mentre si piazzava sopra Shinji e dalla sua bocca ricominciava a sgorgare quel disgustoso liquido rosso e denso.

“Noooooo!” gridò Shinji cercando di riparasi il volto con le braccia. Sapeva che era inutile, quel liquido passava anche attraverso la pelle, ma che altro poteva fare?

All’improvviso la porta dietro Shinji fu come squarciata dall’esterno.

Era forse giunta un’altra mostruosa creatura a dare man forte ad Asuka?

No, era Logan, che aveva cacciato dal dorso delle mani degli artigli scintillanti e affilatissimi, tre per mano, e con un rapidissimo colpo dato dal braccio destro tagliò il terzo braccio di Asuka, mentre con un altrettanto rapidissimo movimento del sinistro fece uscire Shinji dall’appartamento.

Asuka indietreggiò ringhiando, mentre il terzo braccio spariva dietro la schiena e il pezzo tagliato da Logan si muoveva come un piccolo verme verso Asuka, entrò in contatto con una gamba e fu riassorbito dal suo corpo.

L’espressione di Asuka divenne quella di una belva assassina, evidentemente se la vera personalità della ragazza riusciva ancora a riemergere davanti a Shinji, questo non valeva per un perfetto estraneo.

Shinji si mise a lato della porta, avrebbe dovuto fuggire lontano, ma non riusciva a staccarsi da quel luogo a causa della paura.

Dentro intanto Asuka trasformò le sue mani fino a renderle artigliate, Logan disse: “Facciamo a chi le ha più taglienti? Per me va bene”.

La ragazza si lanciò contro Logan, cercò di colpirlo al petto, ma Logan si abbassò, la infilzò nel basso ventre con tutti gli artigli e la spinse giù dal corridoio fuori dall’appartamento.

Asuka fece un volo di almeno trenta metri e si schiantò al suolo.

“Asuka!” gridò disperato Shinji affacciandosi dal parapetto. Anche se era diventata un mostro, era pur sempre una sua amica.

Tang-Po stava aspettando Logan nel parcheggio sotto il palazzo condominiale.

All’improvviso sentì un rumore simile a qualcosa che cade, seguito da quello tipico di un corpo solido che tocca terra.

Tang-Po fu colto di sorpresa, andò subito a vedere cosa fosse: era una ragazza con i capelli rossi, molto carina, che era precipitata da uno dei piani del palazzo. Aveva gli occhi chiusi, sembrava morta e già sotto di lei si era formata una grossa macchia di sangue. Il primo istinto di Tang-Po fu quello di soccorrerla, quando ad un tratto la ragazza aprì gli occhi e cercò di colpire Tang-Po, il quale però, grazie ad un ottima prontezza di riflessi, si allontanò da li con un balzo all’indietro e si rifugiò dietro una macchina. Non riusciva a cederci: come poteva essere ancora viva dopo quel volo?

E non era finita, perché la ragazza si rialzò senza problemi e persino il sangue finito per terra, come se fosse vivo, rientrò nel suo corpo attraverso la pelle.

La ragazza si guardò in giro, poi scappò velocissima nel bosco vicino al palazzo.

Tang-Po poteva inseguirla, ma dubitava fortemente di avere qualche possibilità di vittoria in caso di scontro.

“Mi sembra di essere finito in un film dell’orrore” commentò.

Logan guardava Asuka allontanarsi. Poteva inseguirla, ma non lo fece. Era meglio capire prima cosa stesse succedendo. Inizialmente aveva pensato che fosse una mutante che aveva perso il controllo dei propri poteri, può capitare. Ma presto si era accorto che non era cosi. Quella ragazza emetteva un odore in parte umano e in parte no. Lui lo aveva notato subito, sin dentro quella tavola calda e insospettito aveva seguito le tracce con il suo olfatto speciale. Una volta arrivato al palazzo con Tang-Po, mentre si chiedeva come entrare, aveva sentito le grida di Shinji ed era intervenuto. E inoltre, ora che si era avvicinato moltissimo alla ragazza, aveva notato come la parte umana del suo odore fosse diminuita e di molto anche. Quella ragazza non era nata cosi, si stava trasformando per un motivo esterno.

Ma questo poteva aspettare, ora doveva pensare a Shinji. Il ragazzo non sembrava essere stato contaminato, il suo odore era normale. Restava immobile attaccato al parapetto mentre osservava il punto in cui era caduta Asuka.

“Stai bene ragazzino?” chiese Logan facendo rientrare i suoi artigli nell’avambraccio, ma Shinji non rispondeva.

Logan capì che il ragazzo era rimasto troppo scosso da quello che aveva visto, ma doveva farlo reagire.

Lo prese per le spalle e lo girò verso di lui.

Shinji abbassò lo sguardo verso le mani di Logan, e all’improvviso il terrore ricomparve nei suoi occhi, cominciò ad agitarsi, voleva scappare, si dimenava per sfuggire alla presa di Logan.

“Mi lasci… mi lasci.. la prego!” gridava.

“Ehi calmati, sono un amico. Che ti prende?” Logan non capiva il comportamento di Shinji.

“L-le sue mani… le sue mani…”

Logan non capì. Aveva forse paura degli artigli?

Poi però vide che cosa spaventava il ragazzo: sulle mani di Logan si agitavano una specie di vermicelli, frammenti del corpo di Asuka che erano rimasti sugli artigli quando l’aveva colpita e che ora cercavano di penetrare dentro di lui.

Logan mollò la presa, Shinji cadde a terra immobilizzato dalla paura.

I frammenti penetrarono dentro la pelle di Logan, che sembrava destinato a fare la stessa fine di tutti gli altri infettati.

Sembrava. Ma non fu cosi.

Perché non appena i frammenti entrarono, sulla mani di Logan si formarono delle piccole bolle che si sgonfiarono subito emettendo un sottile fumo e anche un leggerissimo grido.

L’uomo non ci mise molto a capire cosa fosse successo.

“Ancora una volta devo ringraziati, fattore rigenerante” disse a se stesso.

Ma Shinji non capiva e continuava a fissarlo spaventato.

“Non preoccuparti ragazzino. Adesso è troppo lunga da spiegare, ma io non sono una persona diciamo… normale, e quella robaccia su di me non ha effetto. Puoi fidarti” e gli porse la mano.

Shinji, inizialmente titubante, alla finse si decise, prese la sua mano e Logan lo aiutò a rialzarsi.

“Bravo. Come ti chiami?”

“S-Shinji Ikari”.

“Io mi chiamo Logan”.

“Ehi Logan” lo chiamò dal basso Tang-Po “mi sto annoiando a morte. Scendi si o no? E cosa diavolo sta succedendo?”

“Ora veniamo. Forza Shinji, ti porterò in un luogo sicuro”.

“Un momento…” disse Shinji.

“Cosa c’è?

“La signorina Misato!”

Shinji e Logan entrarono nell’appartamento, e andarono nella stanza di Misato.

Incredibile a dirsi ma la donna dormiva ancora beatamente, nonostante quello che era successo.

Shinji spiegò a Logan cosa aveva visto, l’uomo si piegò sulla donna e cominciò ad annusarla.

“Come temevo. Anche lei si sta trasformando. Il suo odore, come quello della tua amica Asuka, è diventato in parte umano e in parte no, anche se in quantità minore. Bisogna eliminarla purtroppo” e fece uscire gli artigli della mano destra vicino alla gola di Misato.

“No!” gridò Shinji cercando di bloccare il braccio di Logan “no signore, la prego, non lo faccia. Oggi sono stato un vigliacco della peggior specie, anziché cercare di aiutare Asuka e la signorina Misato non ho fatto altro che piangere e gridare. Devo rimediare. Non le posso permettere di fare del male alla signorina Misato”.

“Shinji, ti capisco. Ma se non la neutralizziamo adesso che è ancora incosciente, si trasformerà in un mostro come la tua amica Asuka”.

“Non è detto. Io conosco una persona che può aiutarla”.

“Chi?”

“La dottoressa Ritsuko Akagi, una delle migliori scienziate del mondo”.

“Ma…”

“La prego” lo supplicò Shinji.

Logan non seppe dirgli di no, prese Misato tra le braccia e la portò giù al parcheggio. Shinji li avrebbe condotti fino alla base della Nerv.

Quando Tang-Po vide Misato in braccio a Logan emise un fischio dicendo: “Uao, che bambola! Ma cosa le è successo?”

“Le spiegazioni a dopo. Ora dobbiamo andare in un posto” gli rispose Logan.

Shinji: “Possiamo usare la macchina della signorina Misato, è quella Alphine Renault, ma non so dove sono le chiavi”.

“Non c’è tempo per cercarle” disse Logan, che poggiò Misato per terra e con un pugno sfondò il finestrino dal lato del guidatore. Le ferite sulla mano provocate dai frammenti di vetro guarirono subito.

Quando salirono, Logan al posto di guida con a fianco Tang-Po, mentre Shinji e Misato erano dietro, l’uomo disse: “Ora vediamo di avviare il motore” e cominciò ad armeggiare intorno al cruscotto.

“Aspetta” si inserì Tang-Po “a ciascuno il suo” e cominciò a manovrare alcuni fili sotto il cruscotto avviando il motore.

“Bravo. Solo dieci secondi. Io ne impiego 12” commentò ironico Logan.

Partirono a tutta velocità, Shinji indicava la strada, Logan guidava con grande abilità, e ogni tanto fiutava l’aria, allo scopo di controllare l’odore di Misato, ancora incosciente, per vedere a che punto era la trasformazione. Bisognava far presto.

Intanto Asuka, a piedi nudi, si aggirava per i boschi intorno a Neo-Tokyo 3, il suo aspetto era tornato normale.

Si fermò in una piccola piana con pochi cespugli. Sembrava stesse aspettando qualcuno.

E infatti qualcuno arrivò: si trattava di Rei.

Anche Rei appariva normale, le due ragazze si fissarono a lungo senza dire una parola, poi si voltarono con la testa nella stessa direzione.

“Ci sta chiamando” disse Asuka,.

“Si” confermò Rei.

Ed entrambe si avviarono verso una delle entrate nella base della Nerv mimetizzate nella vegetazione.

Quando vi arrivarono davanti Asuka la sfondò senza problemi ed entrarono.

Un attimo prima che potesse suonare l’allarme, Rei afferrò il filo del sensore di sicurezza della porta, inserito nella parete e lo strappò.

Le due ragazze camminarono avanti per una decina di metri, nel corridoio che si prolungava davanti a loro. Il luogo sembrava deserto

Però ad un certo tratto si intravide una figura umana che le aspettava in piedi.

Era una donna nuda, era…

Meiko Oshi!

Quando vide arrivare Asuka e Rei, impassibili, Meiko sorrise in modo poco rassicurante.

“Cosa è successo a Misato e Asuka?!” esclamò sbalordita Ritsuko.

La dottoressa stava completando i test sul cadavere di Meiko Oshi, quando le avevano detto che Shinji Ikari l’aspettava nel suo ufficio.

La dottoressa andò nel ufficio e vi trovò oltre a Shinji, Misato, priva di conoscenza, e due sconosciuti, un uomo occidentale e un ragazzino vestito da teppista. Il primo dei due reggeva Misato tra le braccia.

Logan e Tang-Po non sarebbero dovuti entrare nella base della Nerv, ma per loro due non fu troppo difficile infiltrarsi, grazie anche alla complicità di Shinji. Il ragazzo raccontò alla dottoressa quello che era successo, che ascoltò il tutto allibita.

Poi ordinò di prendere Misato e di trasportarla subito in una zona speciale del reparto ospedaliero.

“Accidenti” esordì la dottoressa “altro che tutto finito come credevamo prima. Mi sa che siamo ancora agli inizi. Ma temo che non potremo fare niente per Misato. Dagli studi che ho effettuato sul corpo della prima persona infettata, Meiko Oshi, sembra che tra le nostre conoscenze attuali non ci sia alcun modo di fermare e invertire il processo di trasformazione”.

“No, non è possibile. Questo vuol dire che non si potrà aiutare neanche Asuka” disse Shinji iniziando a disperarsi.

“Ecco vedi…” provò a consolarlo Ritsuko.

“Un momento, forse non è tutto perduto” si inserì Logan.

“Senta, Mr. Logan, io conosco il mio mestiere e purtroppo le posso assicurare che non c’è modo di invertire il processo”.

“Questo perché non avete a disposizione uno come me”.

“Sarebbe a dire?”

“Io sono un mutante, e tra i miei poteri c’è un fattore rigenerante che a quanto pare è in grado di distruggere le cellule di questo organismo estraneo. Prima ha provato a infettarmi, ma ha fallito. Può chiedere a Shinji”.

Shinji confermò quello che aveva detto Logan.

“Affascinante. Sa Mr. Logan, ho sentito parecchio parlare di voi mutanti, ma non ho mai cercato di interessarmi perché temevo che il comandante supremo della Nerv, Gendo Ikari, iniziasse ad andare in giro a catturare mutanti che io poi avrei dovuto trattare come animali da laboratorio.” Disse Ritsuko poco convinta comunque del fatto che Logan fosse un mutante nonostante la testimonianza di Shinji.

“Ammiro i suoi scrupoli dottoressa, ma ho la netta impressione che lei non mi creda veramente. Mi permetta di darle una piccola dimostrazione del fatto che non sono un tipo qualunque”.

Detto questo Logan estrasse gli artigli dalla mano sinistra facendo sobbalzare Ritsuko e si tagliò superficialmente e leggermente l’avambraccio destro.

La ferita si rimarginò in pochi secondi.

Logan: “Le basta questo?”

Ritsuko sorpresa rispose: “Dunque… direi di si. Ma quegli artigli cosa sono?”

“Sono fatti di adamantio, il metallo più resistente della Terra e tagliano qualunque cosa. Anche il mio scheletro ne è ricoperto, ma non mi chieda il perché”.

“Va bene. Grazie a questo sviluppo inaspettato, allora forse non è tutto perduto. Ma ho bisogno di esaminare un campione del suo sangue”.

“Faccia pure”.

Ritsuko fece un prelievo all’uomo, andò nel suo laboratorio e mescolò un po’ del sangue di Logan con le cellule prese dal corpo di Meiko, osservando il tutto con un microscopio elettronico.

La dottoressa restò sbalordita da quello che vide: le cellule di Logan, quando entrarono in contatto con quelle mutate, anziché lasciarsi assorbire e imitare passivamente come quelle degli altri, passarono all’attacco. In pochi secondi distrussero le cellule mutate, le quali prima di morire cominciarono a ribollire ed emisero un leggero fumo come se bruciassero. Infine si dissolsero.

“E’ fantastico! Stando cosi le cose sono sicura di riuscire a sintetizzare un antidoto a partire dal sangue di Mr. Logan!” esclamò Ritsuko tornando nell’ufficio.

“Benissimo! Ma quanto tempo ci impiegherà signorina Ritsuko?” volle sapere Shinji.

“Oh, grazie alla apparecchiature della Nerv, mezz’ora al massimo”.

“Sono contento per voi. Però dottoressa gradirei che quando arriverà il momento, non dica al comandante di questo posto, Gendo Ikari, che l’antidoto l’avete ottenuto da me” disse Logan.

“Perché scusi?”

“Perché durante il tragitto qui ho fatto alcune domande a Shinji su di lui, e questo, unito alla sua battuta di prima, mi ha fatto capire che Gendo Ikari è un bastardo di prima categoria. E se sapesse una cosa simile, potrebbe davvero cominciare a dare la caccia ai mutanti per usarli come cavie. Inoltre, è meglio che non sappia neanche della presenza mia e di questo ragazzo “indicò Tang-Po ”qui. Ne ho conosciuti anche troppi di stronzetti in divisa che pensano di poter risolvere tutto da soli e non vogliono civili tra i piedi”.

Ritsuko ci rifletté sopra. Logan aveva ragione, finora Gendo non si era mai interessato ai mutanti perché li reputava inutili. Cosa se ne facevano dei mutanti quando avevano a disposizione degli Angeli? Però se avesse avuto una dimostrazione come questa, che i mutanti potevano essere utili alla Nerv, era capace di provare a sfruttarli. Senza tanti scrupoli.

“Lei ha ragione Mr. Logan. Non gli dirò niente. Però dovrò comunque giustificare l’esistenza dell’antidoto”.

“Gli dica che l’ha inventato lei. Un nuovo trofeo da esporre per la sua intelligenza”.

“Ok. Ora vado a preparare l’antidoto. Adesso serve soprattutto per Misato. Poi penseremo a come trovare Asuka”.

Ritsuko uscì e corse verso il laboratorio.

“Signor Logan, non so come ringraziarla” disse Shinji.

“E di cosa ragazzo? Sono ben lieto di dare una mano. Come quella che voglio dare a questo ragazzo, Tang-Po”.

“Già. A quanto pare questo vecchio mi vuole dare una chance portandomi in America” confermò il tailandese.

Logan lasciò Shinji e Tang-Po a parlare, ma Shinji non riusciva a parlare come si deve con lui perché Tang-Po usava termini spicci e anche volgari per trattare argomenti che di solito richiedono una maggiore delicatezza. Almeno per Shinji.

Logan invece si mise ad osservare il corridoio dalla vetrata con le tapperelle alzate dell’ufficio di Ritsuko e rifletteva.

Prima, quando aveva affrontato la mutata Asuka, lo aveva sentito, aveva sentito di nuovo la bestia che era in lui ruggire. Il fatto che quella ragazza fosse diventata una creatura inumana non faceva per niente indietreggiare la bestia, anzi la stuzzicava. Ma lui cercava di non perdere mai il controllo, quando era più giovane gli piaceva scatenarsi, ma ora aveva capito che anche se a volte poteva essere effettivamente necessario cedere alla bestia, comunque non era giusto.

E durante il combattimento di prima, lui aveva scaraventato Asuka giù dal balcone non per ucciderla, perché sapendo che per la maggior parte era mutata, sarebbe sopravvissuta all’impatto. Al contrario, voleva salvarla. Perché in parte era ancora umana, ma se avesse ceduto alla bestia dentro di lui, l’avrebbe fatta letteralmente a pezzi con gli artigli. E in quel momento la bestia si agitava troppo, Logan doveva mettere maggiore distanza tra se e Asuka.

Anche stavolta, aveva tenuto sotto controllo la bestia. Ma per quanto ancora ci sarebbe riuscito?

Ritsuko tornò dal laboratorio dopo una mezz’ora, aveva in mano delle pistole per iniezioni con inserite delle provette piene di un liquido giallo. Ma aveva un espressione preoccupata. Disse: “ Allora, ho preparato l’antidoto. Ora andremo ad iniettarlo a Misato. Però ho una bella e una brutta notizia: quella bella è che l’antidoto non solo funziona, ma può anche essere usato come vaccino per proteggere chi non è stato ancora infettato. Quella brutta è che l’antidoto funziona solo sui soggetti ancora in fase di trasformazione, non su quelli del tutto trasformati. Quindi è indispensabile sapere quando è stata infettata Asuka. E inoltre, ci ho pensato prima, vorrei sapere anche come è stata infettata. Perché quando il mostro si è rivelato la prima volta e l’abbiamo distrutto, Asuka era lontana da lui”.

Logan e Tang-Po non sapevano che dire, Shinji invece ci pensò su e ad un tratto esclamò: “Un momento, forse lo so quando e dove è successo”.

Ritsuko: “Presto parla”.

“Durante l’emergenza di oggi, io, Asuka e Ayanami ci recammo nei rifugi. Quando l’allarme interno cessò e fu possibile uscire dai rifugi, noi stavamo per avviarci verso il ponte di comando, quando sentimmo uno strano rumore, molto leggero e simile a zampe provenire dal soffitto di un corridoio. Ci addentrammo in questo corridoio, io rimasi indietro, mentre Asuka e Ayanami proseguirono. Sparirono per circa un minuto dietro la curva di un corridoio, poi ritornarono. Sembrava non essere successo niente e cosi ce ne andammo. Credo che quello sia stato l’unico momento possibile. Anche perché… oh mio Dio!”

“Che altro successe?” insistette Ritsuko.

“Quando ce ne andammo da quel corridoio, io notai come la parte posteriore dell’abito di Ayanami, nella zona della schiena, fosse tutta stropicciata. E Asuka mi sembra sia mutata a partire da ferite simili a graffi che le avevano fatto proprio sulla schiena. Temo che quella cosa abbia colpito anche Ayanami quindi”.

Ritsuko ci pensò: “Ma questo non spiega comunque come abbia fatto la creatura ad infettarle. L’abbiamo sempre avuta sotto controllo, anche quando creò quel temporaneo black out. Durò pochissimi secondi e non potè certo sfuggirci”.

Squillò il telefono nell’ufficio, Ritsuko rispose: “Pronto?”

“Dottoressa Akagi, il comandante la vuole qui, è un emergenza” Era Makoto Hyuga.

“Cosa è successo?”

“Rei Ayanami sembra sparita nel nulla. Da diverso tempo gli agenti che la sorvegliavano non si facevano più sentire e quando sono andati a scoprire i motivi del silenzio, li hanno trovati morti. Qualcuno gli ha strappato la colonna vertebrale dal corpo, a mani nude letteralmente. E il First Children era sparito. Inoltre il comandante ha saputo del ricovero del maggiore Katsuragi e quindi teme che la creatura di prima non sia stata sconfitta”.

“E infatti ha ragione. Verrò appena posso. Dite al comandante che ho realizzato un antidoto. Ora vado ad iniettarlo al maggiore Katsuragi, poi ne preparerò altre dosi”.

Ritsuko riattaccò e disse a Shinji: “Dunque, se Asuka e ormai credo anche Rei, sono state infettate quando è cessato l’allarme interno, ma solo da una determinata dose di cellule infettanti, e considerando il tempo che è passato finora, ci resta grosso modo un’ora per trovarle e curarle. Ora andiamo da Misato”.

Uscirono tutti dall’ufficio correndo e si diressero verso il reparto ospedaliero dov’era ricoverata Misato.

La donna era sdraiata su un letto, circondata da una barriera in plastica e da tre soldati armati di lanciafiamme. Precauzioni prese non appena si era saputo il motivo del suo ricovero. La donna continuava a dormire.

Quando Ritsuko e gli altri entrarono, uno dei soldati li fermò dicendo: “Un momento dottoressa, loro non possono entrare”.

“Ma sono con me” ribatte Ritsuko.

“Vietato l’accesso al personale non autorizzato”.

“Non perdiamo tempo con le stronzate” disse Tang-Po, che senza farsi molti problemi andò addosso ai soldati, al primo rifilò una sequela di pugni rapidissimi nello stomaco e lo stese con un calcio al mento, il secondo fu messo ko con un calcio rasoterra, perché cadendo sbatté la testa.

“Piccolo bastardo” disse il terzo soldato puntando contro Tang-Po il lanciafiamme. Ma Logan estrasse gli artigli della mano destra e tranciò di netto l’arma. “Non ti sembra di esagerare? Un lanciafiamme contro un ragazzino di quattordici anni” disse Logan che finì il soldato dandogli un colpo al collo con il taglio della mano.

“Non c’era bisogno di ricorrere alla violenza” li rimproverò Ritsuko.

“Dottoressa, per favore, abbiamo perso anche tropo tempo. Inietti quell’antidoto anziché fare prediche” rispose Logan.

Ritsuko si avvicinò a Misato che stava ancora dormendo.

“Possibile che dopo tutto questo tempo e con tutto quello che è successo non si sia ancora svegliata?” domandò Shinji.

“Non credo proprio che dipenda da lei. In realtà è ancora incosciente perché la trasformazione in questo momento sta coinvolgendo le cellule del cervello” spiegò Ritsuko.

“Infatti. Anche la parte umana del suo odore sta diminuendo sempre di più” avvertì Logan.

“E allora interveniamo” concluse Ritsuko, che iniettò l’antidoto nel collo di Misato.

Sulle prime sembrò non succedere niente.

Poi a Misato venne uno spasmo, e poi un altro e un altro ancora, sempre più violenti, cominciò ad agitarsi sul letto con una violenza incredibile. Le lenzuola caddero a terra e se Logan non avesse bloccato la donna tenendola per la cintola anche il letto si sarebbe ribaltato.

Il corpo di Misato si riempì di grosse bolle dappertutto, lanciò un urlo tremendo di dolore e infine di scatto si calmò e crollo sul letto immobile, mentre un sottile fumo le usciva dalla pelle.

Shinji davanti a quello spettacolo si era coperto gli occhi, Tang-Po e Ritsuko, che dopo l’iniezione era indietreggiata per l’improvvisa e inaspettatamente violenta reazione di Misato, avevano osservato il tutto con gli occhi sbarrati per la paura. Solo Logan, che già in passato aveva assistito a orrori simili, non si spaventò.

Misato continuava a restare immobile.

“N-non sarà mica morta?” chiese titubante Shinji.

“N-non lo so” rispose Ritsuko. L’antidoto non doveva essere mortale, ma non ci si aspettava una tale reazione. Se il dolore raggiunge livelli troppo alti, può essere mortale.

Logan scrutò e annusò Misato, e disse: “Non preoccupatevi, è viva. E il suo odore è tornato ad essere del tutto umano. Quindi direi che ha funzionato”.

“Signorina Misato!” gridò Shinji felicissimo abbracciando la donna ancora incosciente ma salva.

Ritsuko: “Finalmente le cose sembrano andare per il verso giusto. Ora però è fondamentale trovare Asuka e Rei. Ma dove le possiamo trovare?”

Come risposta, le luci si spensero all’improvviso in tutta la stanza.

“Che succede adesso?” si chiese Tang-Po.

“Non lo so” rispose Ritsuko andando a controllare nel corridoio. Le luci erano spente anche li. D’un tratto si accesero le luci rosse d’emergenza, che funzionavano grazie ad una mini-batteria interna e che erano state installate dopo un’altra analoga mancanza di energia ne Quartier Generale.

“Si direbbe un black out” commentò Logan.

PONTE DI COMANDO

“Cosa sta succedendo?” chiese Gendo.

“L’alimentazione elettrica è stata tolta a tutta la base. Tutti e tre i sistemi di alimentazione sono fuori uso” informò Shigeru.

“Il nemico ha colpito ancora. Voglio che si organizzino immediatamente delle squadre armate”.

“E’ impossibile signore. Tutti i sistemi di comunicazione interni sono fuori uso. Ci vorranno troppe ore per organizzare gruppi armati in queste condizioni”.

“Maledizione!” ringhiò a bassa voce Gendo.

REPARTO OSPEDALIERO

“Si, ma non può essere un incidente. Il Geo-Front possiede ben tre sistemi di alimentazione ed è impossibile che si guastino tutti e tre contemporaneamente” spiegò Ritsuko.

Shinji: “Ma allora…”

“Si, deve essere successa la stessa cosa dell’altra volta. Siamo di fronte ad un sabotaggio”.

“Se le cose stanno cosi, allora credo che abbiamo scoperto dove si trovano le due ragazze e anche la cosa che le ha infettate. Sicuramente hanno tolto energia a questa base per rendere tutti sordi e ciechi e fare un massacro” disse Logan.

Ritsuko: “Se le cose stanno cosi dobbiamo fermarli. Se riescono ad infettare tutto il personale della Nerv allora è finita. Questa, chiamiamola epidemia, rischia di contagiare l’intera umanità, tenendo anche conto della velocità di infezione”.

“Non possiamo aspettare che si organizzino gli uomini di questa base, se quelli da sistemare sono solo in tre allora andrò io. Dottoressa, mi dia l’antidoto, farò quello che posso per salvare le ragazze” affermò Logan.

“Ehi , un momento, non vorrai andare da solo?” si inserì Tang-Po.

“Si, è troppo pericoloso per voi” rispose Logan.

“E tu credi davvero che io ti permetta di crepare senza prima avermi dato la chance che mi avevi promesso? Scordatelo, io vengo con te. Se hai detto che sono in gamba, allora è arrivato il momento che lo dimostri”.

“E se quella cosa ti infettasse?”

“No problem. La dottoressa ha detto che questo antidoto vale anche come vaccino no? Me l’ho inietto e sono a posto”.

Tang-Po era irremovibile e Logan lo capì subito.

“Va bene, puoi venire, ma non si accettano altri volontari” disse rivolto verso Shinji.

L’uomo aveva intuito dal suo sguardo che anche il ragazzo voleva venire, ma era davvero troppo pericoloso per lui. Tang-Po almeno sapeva difendersi, combatteva bene. Per Shinji non era cosi.

“Non si preoccupi Mr. Logan. Shinji resterà con me a vigilare su Misato” si inserì Ritsuko.

“Dove si trova la centrale energetica di questo posto?” chiese Logan a Ritsuko.

“Si trova sei piani più in basso. Non c’è personale perché è del tutto automatizzata” rispose la dottoressa.

“Muoviamoci” concluse Logan. Lui e Tang-Po, che si era iniettato l’antidoto in un braccio, uscirono dalla stanza. Avevano preso le altre provette con l’antidoto. Il ragazzo si era preso uno dei lanciafiamme dei soldati e se l’era messo sulle spalle. Perché dovevano si salvare Rei e Asuka, ma se fossero arrivati troppo tardi e le loro trasformazioni fossero state completate, allora potevano solo ucciderle.

L’altro lanciafiamme lo prese Ritsuko per precauzione.

Logan e Tang-Po correvano verso il locale della centrale energetica usando le scale.

“Però quella donna ti ha detto solo che era sei piani più sotto. Niente di più” disse il ragazzo.

“Si, ma se quella cosa la trasformato nella sua tana, mi basterà seguire l’odore per localizzarlo” rispose l’uomo.

Quando erano scesi di almeno quattro piani, incapparono in alcune pareti di plastica trasparente che bloccavano i corridoi. Erano le protezioni messe per isolare la zona dopo l’attacco di Meiko.

“Dobbiamo per forza passarci” disse Logan cacciando gli artigli e squarciando come niente le pareti di plastica.

I due si infilarono nel corridoio, percorsi qualche centinaio di metri, Logan si bloccò di scatto e cominciò ad annusare l’aria.

“Che succede?” domandò Tang-Po mettendo mano al lanciafiamme.

Logan continuava ad annusare l’aria, si avvicinò ad una parete e disse: “La dottoressa Akagi non sapeva spiegarsi come avesse fatto quella creatura ad infettare le due ragazze, ma credo che il mostro abbia usato l’astuzia. Questo corridoio è intriso dall’odore di quella cosa. Qui ad un certo punto l’odore della creatura si divide in due direzioni. Una prosegue lungo il corridoio, l’altra invece sale lungo la parete e finisce dentro quel condotto di aerazione qui sopra. Deve aver fatto cosi”.

I due ripresero a correre e in circa dieci minuti arrivarono finalmente alla centrale energetica.

Le porte d’accesso erano automatiche e quindi chiuse per la mancanza di elettricità.

Ma Logan senza problemi le squarciò con i suoi artigli.

Infine entrarono nel locale, illuminato in parte dalle luci di emergenza.

Era davvero immenso, pieno di passerelle metalliche sopraelevate. Si alzava per almeno tre piani.

Anche il pavimento alla base era una passerella composta da griglie di metallo.

Quel luogo era pieno di congegni di controllo ora spenti e in lontananza si intravedevano le punte di dieci giganteschi cilindri color acciaio che dovevano essere i generatori elettrici. Dalle pareti spuntavano enormi tubi in acciaio che salivano verso l’alto, tutti affiancati tra loro, e che convergevano in un unico punto.

“Però, super tecnologia. Quei generatori potrebbero dare energia ad un città grande quanto New York” commentò Logan.

“Infatti. Ora dove andiamo?”

Dopo aver annusato con attenzione l’aria, l’uomo rispose: “Davanti a noi”.

Cominciarono ad avanzare, Logan cacciò gli artigli mentre Tang-Po si preparò col lanciafiamme.

Muovendosi con circospezione, e cercando di fare il minor rumore possibile, arrivarono davanti ai generatori.

Erano davvero enormi, alti almeno quaranta metri e dalla superficie perfettamente liscia.

I cilindri erano circondati da una pedana grigliata, anch’essa di color acciaio.

Logan e Tang-Po ci andarono sopra e si guardarono intorno: tutto era silenzio assoluto, sembrava non esserci niente.

“Ma sei sicuro che siano qui?” disse sottovoce Tang-Po.

“Si, ne sono sicuro, questo luogo è quasi intasato dall’odore repellente di quella cosa, e mi sembra anche di sentire due odori umani, pur se molto leggeri. Il luogo è questo, devono essere qui” rispose sottovoce Logan.

“Sarà pure, ma non si vede un cazzo qui”.

Continuavano a guardarsi intorno, quando Tang-Po sentì un rumore simile a un liquido che gocciola vicino a loro.

“Che cosa è stato?” chiese Logan.

“Sembrava un qualcosa di liquido ” rispose il ragazzo.

Si sentì un altro rumore uguale al precedente.

Si avvicinarono al punto in cui gocciolava, e non c’era niente.

Ma cadde una terza goccia, dall’alto, proprio davanti a loro e finì sul pavimento.

Logan si chinò e lo toccò con una mano.

“ Sarà acqua provocata dall’umidità” provò a spiegare sottovoce il tailandese.

“Non sento umidità qui”.

“Si può sapere allora che diavolo è?” chiese ancora sottovoce Tang-Po alle sue spalle.

Logan si irrigidì e rispose senza voltarsi: “Non è acqua. E’ saliva! E’ non è umana!”

Allora anche Tang-Po si irrigidì, entrambi guardarono in alto. Il soffitto del locale era immerso nell’oscurità totale, le luci d’emergenza illuminavano solo fin dove arrivavano le passerelle.

L’uomo fece un cenno al ragazzo, di sparare una fiammata verso l’alto allo scopo di illuminarlo.

E non appena Tang-Po lo fece, scoprirono di avere la cosa sopra di loro: incastrata tra le tubature, a circa quaranta metri da loro, la creatura sembrava una sorta di orrido serpente colore rosso sangue, dal suo corpo, molto lungo, almeno sedici-diciasette metri, e come annodato tra i tubi, scendeva una sorta di gelatina bianca, sulla sommità del corpo c’erano dei lunghi tentacoli e la testa, orrenda, grande almeno sei volte una testa umana, con una bocca dalla forma allungata e dotata di denti giganteschi e acuminati. Da quella bocca colava una schifosa saliva bianca. Ai fianchi della testa, dietro la bocca, aveva due occhi, piccoli rispetto al resto, ma comunque grandi almeno due volte gli occhi degli esseri umani. La creatura lanciò un ruggito bestiale, il suo torace si aprì dall’interno e tra i vari strati muscolari eruppe una nuova figura, anch’essa mostruosa, però dalla forma umana.

“C-che cos’è quella cosa e che diavolo gli è uscito dal petto? Sembra una donna!” esclamò spaventato Tang-Po. Di solito il ragazzo era molto coraggioso, ma di fronte ad una simile mostruosità chiunque si spaventerebbe a morte.

Anche Logan, si irrigidì moltissimo per la tensione. “Hai ragione, sembra una donna” rispose.

Infatti il secondo corpo aveva le sembianze, per quanto fosse possibile, di Meiko Oshi.

Quando la fiammata si esaurì tornò il buio totale nel locale, ma non il silenzio, perché si udiva il ringhiare del mostro dall’alto stavolta.

“Finché resta li sopra non potremo fargli niente. Il lanciafiamme non ci arriva” disse agitato Tang-Po.

“Lo so, ma forse puoi provare a costringerlo a scendere giù. Saliamo sulle passerelle più elevate e proviamo da li a friggerli il culo” propose Logan.

“Proviamoci” rispose il ragazzo e si avviarono di corsa.

Logan lo seguì e ammirò molto il coraggio del tailandese. Davanti a quella cosa non solo non era svenuto per lo spavento, ma non era neppure scappato di fronte all’idea di doverla affrontare.

Comunque Logan non avrebbe mai permesso ad un ragazzo di 14 anni di rischiare cosi tanto. In prima fila ci sarebbe andato lui.

Salirono fino all’ultima passerella guadagnando almeno venti metri in altezza.

“Vediamo se qui va bene. Vai Tang-Po!” gridò Logan.

“Ok. Beccati questo schifoso!” e fece fuoco.

La fiammata partì violenta e illuminò di nuovo la creatura, riuscendo anche a raggiungere l’estremità della sua coda e bruciandola.

Il mostro urlò per il dolore, cominciò ad agitarsi piegando in alcuni punti le tubature e cercando di colpire i due allungando i suoi tentacoli.

Ma Tang-Po prontamente li distruggeva col lanciafiamme, e quelli che resistevano al fuoco venivano finiti da Logan a colpi di artigli.

Il lanciafiamme continuava a colpire, il mostro si agitava sempre di più, quando Logan percepì qualcosa.

“Aspetta!” disse al ragazzo.

“Come aspetta? Se continuiamo cosi riusciremo sicuramente a far scendere da li quello stronzo!”

“Ti ho detto di aspettare. Continua a lanciare fiammate per illuminare la creatura, ma senza colpirla. Ho appena sentito due odori umani giungere da essa”.

“Due odori umani?”

“Si, anche se molto leggeri. Credo siano quelli delle due ragazze che dobbiamo salvare”.

“E dove sono?”

“Guarda!” gridò Logan indicando la creatura. Ai suoi fianchi stava comparendo qualcosa, sembravano due bozzoli, che si aprirono rivelando al loro interno due forme umane: erano Asuka e Rei, collegate al corpo del mostro grazie ad una specie di cordone ombelicale orrendo come aspetto che copriva tutta la loro pancia. Le ragazze indossavano ancora i loro vestiti, ma erano laceri in molti punti e intrisi di sangue. Le stesse ragazze erano tutte sporche di sangue. Avevano gli occhi chiusi e sembrava che dormissero. All’improvviso li aprirono, si staccarono dal cordone ombelicale e saltarono giù. Nonostante l’altezza di quaranta metri atterrarono senza problemi sulla pedana circolare che circondava i generatori, si misero a quattro zampe. La cosa emise un ruggito terrificante, e le due ragazze alzarono lo sguardo e risposero entrambe ruggendo con una voce sia umana che inumana. Anche se il loro aspetto era ancora umano, non si poteva dire lo stesso della loro personalità.. Le persone infettate conservavano l’intelligenza, ma sapevano davvero scatenarsi quando occorreva. Poi sparirono tra i congegni.

“Dobbiamo salvare quelle due?” chiese Tang-Po.

“Si, anche se mi chiedo chi salverà noi da loro. I loro odori sono ancora in parte umani, ma per la maggior parte sono mutate. Quel mostro le ha fatte scendere perché ci sistemino. E infatti sento che si stanno avvicinando. Quella con i capelli azzurrini dev’essere Ayanami” rispose l’uomo.

Appena Logan finì di parlare, Asuka e Rei spuntarono dal nulla davanti a loro, avevano fatto un enorme balzo verso l’alto e si erano aggrappate al parapetto della passerella.

Ringhiando si lanciarono contro i due, troppo vicini per poterle evitare, e li fecero cadere dalla passerella.

Un salto di almeno venti metri, Tang-Po poteva rischiare grosso, ma Logan lo afferrò con una mano, con l’altra invece prese il parapetto di una passerella sottostante quella da cui erano caduti e con grande sforzo rimise sotto a tutti e due qualcosa di solido.

“La faccenda si fa pericolosa. Faresti meglio ad andartene” propose Logan al ragazzo.

“Ancora? Insomma, non provare a mettermi da parte. Abbiamo iniziato insieme no? E finiremo insieme” sbottò Tang-Po, e prima che Logan potesse rispondergli, il tailandese prese una delle pistole con l’antidoto da una tasca dell’uomo e corse nell’altra direzione gridandogli: “Io penso ad Ayanami. Tu occupati della rossa”.

“Maledizione!” ringhiò Logan. Non poteva certo mettersi ad inseguire il ragazzo per convincerlo ad andarsene, doveva per forza agire.

Udì di nuovo il ringhiare delle ragazze, e prontamente saltò giù dalla passerella e sguainò gli artigli.

Tang-Po si muoveva nella maniera più silenziosa possibile, piegato sulle ginocchia. Nessuna traccia delle due ragazze per il momento.

Il ragazzo si chiedeva se ne valesse davvero la pena di affrontare tutto questo. Logan gli aveva si offerto la possibilità di costruirsi una vita vera, ma non pensava che avrebbe dovuto affrontare dei mostri. E se poi andava con Logan in America, avrebbe di nuovo avuto a che fare con cose simili? Non sembrava molto conveniente.

Nulla lo obbligava a restare li, poteva benissimo andarsene. Però cominciò a ricordare le parole che l’uomo gli aveva detto alla tavola calda: “per un sogno, vale la pena di lottare”. Tang-Po un sogno ce l’aveva, quello di farsi appunto una vita degna di questo nome, basta vivere solo di furti e aggressioni. E quindi doveva combattere per realizzare il suo sogno. E lo avrebbe fatto, non si sarebbe mai tirato indietro. Nessuno ti regala niente, i risultati li devi raggiungere da solo, e lui avrebbe fatto cosi. Costi quel che costi.

Inoltre gli dispiaceva per quelle persone, anche se le conosceva appena. Tang-Po possedeva una coscienza, nonostante la ritenesse una cosa inutile e fastidiosa. In quell’occasione decise di ascoltarla.

“Sperando di non dovermene pentire” pensò.

Si concentrò sul motivo per cui li.

Non c’era ancora nessuna traccia delle ragazze.

Poi sentì un rumorino davanti a se. Puntò il lanciafiamme in quella direzione, c’era uno stretto corridoio tra due grossi computer davanti a lui. E il rumore sembrava provenire da li.

Si avvicinò cautamente, entrò all’inizio del corridoio e guardò dappertutto.

Niente.

“Mi sarò sbagliato” disse e si voltò.

Ma non appena lo fece, Rei spuntò letteralmente fuori da una parete, con la quale doveva essersi mimetizzata, e si lanciò ruggendo contro Tang-Po sbattendolo a terra.

Rei si agitava, lo strattonava con una forza incredibile, lo sollevò da terra con un braccio solo e lo scaraventò contro una parete. Il ragazzo vi andò a sbattere con la schiena. E se non fosse stato per il lanciafiamme che attutì il colpo, Tang-Po si sarebbe ritrovato con la spina dorsale rotta.

Si rialzò con la schiena dolorante, Rei gli si avvicinò ringhiando e sbavando, con uno sguardo pieno di furia omicida.

Sembrava non essere davvero rimasto niente della ragazza calma e controllata di sempre.

Tang-Po si tolse il lanciafiamme, quella ragazza doveva provare a salvarla, non ucciderla. E inoltre l’arma gli rallentava i movimenti.

Rei si lanciò contro di lui mettendo le mani in avanti, che divennero affilatissime. Tang-Po le saltò sopra la schiena per superarla, ma nella schiena della ragazza si aprì una sorta di buco, che si richiuse sui piedi del tailandese.

Cosi Tang-Po cadde a terra, mentre il buco sulla schiena di Rei mollò la presa e si richiuse.

La ragazza si voltò e gli saltò addosso, Tang-Po estrasse la pistola per le iniezioni che teneva in tasca ma Rei con un gesto rapidissimo gliela fece volare dalla mano. La pistola cadde a circa tre metri da lui.

“Cazzo!” gridò Tang-Po.

Anche Logan si muoveva tra gli stretti corridoi, ma con maggiore abilità di Tang-Po.

Riusciva ad impedire che persino la suola dei suoi stivali facesse rumore.

L’uomo era molto teso, la bestia che era in lui si agitava, voleva scatenarsi, e sentiva che stavolta non ce l’avrebbe fatta a trattenerla. Perché più la situazione era pericolosa, più la bestia si esaltava. Ma doveva farlo, doveva cercare di resistere per il bene di quella ragazza.

Annusò l’aria e si fermò: grazie al suo olfatto speciale era impossibile che lo cogliessero di sorpresa.

Alzò lo sguardo sulla passerella sopra di lui: Asuka , in piedi sopra il parapetto, lo fissava. Sguardo feroce, saliva che colava dalla bocca, muscoli tesi e pronti all’attacco.

Logan provò a parlarle: “Aspetta un momento, io posso aiuta…”

Asuka gli saltò addosso ringhiando e lo mandò a terra, era molto forte, troppo forte per una ragazza di appena quattordici anni, ma Logan non era da meno, piegò le gambe, le poggiò sul petto di Asuka e la spinse via. Asuka atterrò in piedi senza problemi, si mise a quattro zampe, afferrò il pavimento davanti a lei e con le mani e lo sradicò con una facilità incredibile.

Logan si era messo in piedi, ma perse l’equilibrio e cadde nel buco che si era creato sul pavimento.

Cadde malamente sul fondo, era ad almeno cinque metri al di sotto della passerella base.

Asuka si affacciò e fece spuntare dalla schiena tanti tentacoli con punte acuminate alle estremità, che si fiondarono contro Logan trapassandolo da parte a parte alle gambe, alle braccia, al petto.

Il dolore era terribile, tanto più che questi tentacoli, quando penetrarono nel corpo dell’uomo, emisero delle ramificazioni che scavavano tra i muscoli di Logan.

Logan chiuse gli occhi, voleva resistere, ma non ce la faceva più.

Resistere però non tanto al dolore, ma alla bestia che stava ormai per uscire dalla tana.

Alla fine cedette, sgranò gli occhi, pieni di rabbia omicida, i suoi muscoli si tesero al massimo, gridò: “ORA BASTA!”, ruggì e con uno sforzo sovrumano si liberò dei tentacoli piegando braccia e gambe e strappandoli con gli artigli. Si tolse i moncherini dei tentacoli che ancora si agitavano conficcati nel suo corpo, e saltò sulle pareti aiutandosi con gli artigli che infilava nel muro.

Si scagliò contro Asuka, la velocità di Logan era aumentata di moltissimo, l’adrenalina aumentava la sua forza, e cominciò a farla a pezzi, un artigliata e le tagliò le braccia all’altezza dei gomiti.

Con un ‘altra le tagliò i tentacoli sulla schiena, poi la prese per il collo e la sbatté contro una parete.

Grazie alla sua rapidità non dava ad Asuka il tempo di reagire.

Stava per colpirla alla testa, quando Asuka emise un verso di dolore umano, con una voce femminile.

Bastò questo per far rinsavire Logan, quel verso di dolore gli ricordò che lui stava affrontando un essere con dentro una parte umana e che lui doveva aiutare la parte umana.

Lasciò la presa al collo, ritrasse gli artigli e si allontanò.

Asuka crollò a terra immobile. Stava cercando di riprendere fiato, cosa che non sarebbe mai avvenuta se la trasformazione fosse stata completata al 100%. Ma ormai mancava poco.

Logan doveva calmarsi, la bestia per il momento si era ritirata ma non era certo sazia, avrebbe voluto continuare a colpire e a colpire, finché di Asuka non sarebbe rimasto un solo pezzo ancora intero.

Si piegò su se stesso e cercò di controllare la sua respirazione, di calmarla, di rilassarsi.

Mentre si rilassava, il corpo di Asuka tornava ad essere integro, le parti staccate si muovevano da sole e si ricongiungevano.

A quel punto la cosa dentro Asuka riebbe il sopravvento, il dolore infertole da Logan solo per un attimo aveva fatto riaffiorare la parte umana.

La ragazza riprese a ringhiare e si lanciò sbavando contro Logan che restava immobile.

Cacciò dalla schiena una coda simile a quella di un scorpione, voleva infilzarlo.

Logan però alzò lo sguardo, impassibile, disse: “Ti sei divertita abbastanza!”.

La prese per il collo con una mano e con l’altra gli iniettò l’antidoto nel collo cacciando la pistola apposita da una tasca.

Contemporaneamente Tang-Po affrontava Rei.

La ragazza lo aveva messo al tappeto, gli si lanciò addosso, si mise sopra di lui.

“Ehi bella, queste cose mi piacciono ma di solito è il maschio che sta sopra” disse ironicamente e tentando di liberarsi.

Ma Rei lo teneva per le braccia ed era fortissima. All’improvviso cominciò a colarle qualcosa dalla bocca, un liquido molto denso e simile a sangue.

“Merda! Non c’è proprio fine allo schifo oggi” si lamentò Tang-Po mentre quella roba gli finiva sulla faccia e sentiva che penetrava in lui.

Rei voleva infettarlo.

Ma l’aspettava una sorpresa: Tang-Po infatti si era iniettato l’antidoto come un vaccino e subito le cellule infettanti cominciarono a bruciare dentro di lui, procurandogli un grande dolore, il suo corpo si riempì di bolle, ma la reazione non era violenta come quella di Misato perché nel ragazzo le cellule infettanti erano ancora poche.

Rei rimase per un attimo sorpresa da ciò, Tang-Po ne approfittò subito, il dolore oltre a farlo soffrire gli dava anche una sorta di carica, si liberò della stretta di Rei, le diede una testata molto violenta togliendosela di dosso, e corse a riprendere la pistola con l’antidoto.

Rei si rialzò subito, sembrava davvero furiosa, ringhiava e sbavava moltissimo, il suo torace si aprì rivelando una sorta di orribile bocca dalla forma ovale e con i denti messi in verticale.

Tang-Po la fissò disgustato, esclamò: “Ingoia questo!” e mentre la ragazza si lanciava contro di lui con la chiara intenzione di divorarlo, le ficcò in quella seconda bocca la pistola con l’antidoto lanciando in aria la pistola e mentre ricadeva colpendola con un calcio.

Rei “inghiottì” la pistola, si fermò, e non appena la digerì immediatamente l’antidoto cominciò a fare effetto.

Le due ragazze cominciarono a urlare per il dolore, si agitavano colpendo a casaccio tutto quello che incontravano e distruggendolo, pareti, passerelle, congegni, tutto.

Poi si accartocciarono a terra e il loro corpo cominciò a pulsare e a gonfiarsi, non bolle come per Misato e Tang-Po, il corpo di Asuka e Rei si gonfiò interamente e letteralmente, sembravano sul punto di esplodere mentre la loro pelle diventava rosso sangue. Si gonfiarono tanto che persino i lineamenti diventarono impossibili da distinguere. Ma anche se non avevano più la bocca continuavano ad urlare, urla impressionanti per intensità e dolore.

Alla fine il corpo delle ragazze si gonfiò al punto che Logan e Tang-Po capirono cosa stava per succedere e andarono a nascondersi dietro dei congegni.

Asuka e Rei esplosero, i frammenti dei loro corpi si sparsero dappertutto ma bruciarono all’istante.

Si alzò una nuvola di fumo.

Logan e Tang-Po uscirono dai loro nascondigli: avevano ucciso le ragazze che dovevano salvare? Forse era ormai troppo tardi per invertire la loro mutazione.

Si inoltrarono nella coltre di fumo, finché tutti e due sentirono dei lamenti. Andarono a vedere e cosi l’uomo e il ragazzo si ritrovarono davanti, stese per terra, Asuka e Rei, completamente nude, incoscienti, ma vive!

Logan si chinò su Asuka, la annusò. Il suo odore era tornato del tutto normale.

“Bene, direi che la prima parte dell’operazione è riuscita” commentò Logan.

“Logan, dove sei?” lo chiamò da lontano Tang-Po.

“Sono qui, aspetto che vengo da te” rispose l’uomo caricandosi Asuka sulle spalle.

I due si rincontrarono, anche Tang-Po si era caricato Rei sulle spalle.

“Sembra che le abbiamo salvate” disse il ragazzo.

“Già. Ora occupiamoci di chi le ha ridotte cosi. Ma.. un momento”.

“Cosa c’è?”

“Non sento più il suo odore”.

“Come sarebbe a dire?”

“Tang-Po presto, recupera il lanciafiamme, sali sulla passerella in alto di prima e illumina il punto in cui si trovava quella cosa”.

“Subito” rispose il ragazzo poggiando a terra Rei e correndo prima a prendere l’arma e poi a salire sulla passerella.

Quando illuminò di nuovo il soffitto, la creatura era sparita.

“Ma dove cazzo può essere andata?” si allarmò il tailandese.

“Maledizione, ho capito! Aveva mandato contro di noi le due ragazze non tanto perché ci eliminassero, ma perché ci distraessero mentre lei fuggiva”.

“E adesso che facciamo?”

Logan ci rifletté un attimo, poi disse: “Scendi da li e dammi il lanciafiamme”.

Quando lo ebbe, l’uomo continuò: “Ascolta bene adesso: prendi Asuka e Ayanami e vai subito via da qui, torna al reparto ospedaliero. Io andrò a inseguire quella cosa”.

“Ma..”

“Niente ma. Stavolta non tollero obbiezioni. Ora va. O credi di poterti arrampicare fin lassù?”

Tang-Po guardò in alto: i tubi erano troppo lisci per potersi arrampicare su di essi. Ma Logan lo poteva fare grazie ai suoi artigli.

“E va bene. Torno di sopra”.

“Bravo. Muoviti adesso, quelle poverette ne hanno subito anche troppe”.

Quando Tang-Po se ne andò con Asuka e Rei, Logan salì sulle passerelle e ad un certo punto cominciò ad arrampicarsi sui tubi usando gli artigli per aggrapparsi. Era faticoso, caricare sulle mani tutto il peso del corpo, ma l’uomo era abituato a fatiche peggiori.

Raggiunse il punto in cui si trovava la creatura, li l’odore era fortissimo e davvero nauseante. Logan resistette e continuò ad arrampicarsi . I tubi ad un certo punto cominciavano a salire in un’apertura a forma di imbuto.

Logan si inoltrò dentro di essa seguendo le tracce lasciate dalla creatura.

Finalmente il percorso cambiò e da verticale divenne orizzontale. Logan era dentro un gigantesco condotto che racchiudeva tutti i tubi, raccolti in un fascio largo almeno cinque metri e posto al centro.

Continuò ad avanzare, stavolta strisciando anziché arrampicandosi e arrivò ad un bivio. Non fu un problema sapere dov’era andata la cosa, il suo olfatto lo aiutava.

Tuttavia Logan continuamente annusava l’aria per impedire che il mostro facesse lo stesso giochetto di prima, li depistasse duplicandosi. Ma finora niente.

La traccia conduceva a destra e li andò Logan.

Finalmente la sentì, davanti a lui in lontananza e grazie soprattutto al suo superudito, quella cosa abominevole che strisciava diretta chissà dove.

Dopo circa dieci minuti, il condotto terminò sbucando in un altro enorme locale, anche se meno complicato di quello delle centrale energetica come struttura.

Il pavimento e il soffitto di quel nuovo locale era pieno di ventole gigantesche, dieci in alto e dieci in basso. In quel momento erano ferme per la mancanza di energia.

“L’impianto di ventilazione” capì Logan.

Poi la vide, vide la cosa che si muoveva strisciando tra le ventole.

“Ho capito cosa vuoi fare. Vuoi moltiplicarti e poi utilizzare i condotti di aerazione per raggiungere tutti i punti di questa base e infettare altre persone. Ma non te lo permetterò, cocca”.

Logan saltò giù dal condotto, e atterrò sul pavimento cercando di non fare troppo rumore, ma l’essere se ne accorse lo stesso.

Ringhiando la cosa si mise ritta sulla coda e si scagliò contro Logan con la bocca spalancata. Poteva divorarlo in un colpo solo.

E infatti piombò sull’uomo troppo velocemente perché questi potesse reagire e lo inghiottì in un attimo. Prima di essere inghiottito l’uomo si tolse il lanciafiamme.

Fatto questo il mostro riprese a strisciare verso le ventole.

All’improvviso la cosa si fermò e cominciò ad agitarsi, muovendo la sua mastodontica coda sfondò le pareti di alcune ventole. Sembrava che soffrisse. Infine, la causa del dolore del mostro emerse dalla sua testa, spappolandola a colpi di artigli.

Logan era riuscito ad uscire dal mostro: “Difficile assimilare qualcuno che grazie ad un fattore rigenerante riproduce le sue cellule in continuazione eh? Non potevi neanche masticarmi grazie al mio scheletro di adamantio”.

L’uomo saltò giù dal corpo del mostro, la cui testa stava già cominciando a rigenerarsi.

Logan però non sembrava preoccupato, recuperò il lanciafiamme che aveva lasciato cadere per terra, cacciando un artiglio lo bucò e lo lanciò contro il mostro.

E subito con l’altra mano cacciò un accendino da una tasca.

“Hai da accendere?” chiese sorridendo e lanciò anche l’accendino sul lanciafiamme mentre era ancora in volo contro il mostro.

Quando l’accendino entrò in contatto con il lanciafiamme generò una enorme fiammata che avvolse in pieno la cosa, cominciando a bruciarla.

Intanto Tang-Po aveva riportato Asuka e Rei nel reparto ospedaliero.

Era faticoso correre per quelle scale tutte in salita con due ragazze nude sulle spalle (e si può anche immaginare la tempesta ormonale che si scatenò dentro il ragazzo a causa di ciò). Comunque riuscì finalmente a raggiungere la sua destinazione e quando entrò mise le due ragazze su un letto li vicino e poi si appoggiò ad una parete per riprendere fiato.

Shinji fu felicissimo nel rivedere le sue amiche sane e salve, mentre Ritsuko corse a prendere dei camici da ospedale per coprirle. Misato era ancora sul letto, si era ripresa, aveva gli occhi aperti ma era troppo debole per parlare.

Il ragazzo raccontò a Shinji e alla dottoressa lo scontro avvenuto dentro la centrale energetica e cosa era successo alle due ragazze. Ritsuko ipotizzò che probabilmente l’antidoto aveva letteralmente ricreato il corpo delle due partendo dalle cellule ancora sane, e cosi facendo aveva distrutto dall’interno il corpo mutato.

Passata l’euforia, Shinji chiese: “Un momento. Che fine ha fatto quella cosa?”

“Logan le è andato dietro per distruggerla” rispose Tang-Po.

“Da solo?” domandò Ritsuko.

“Si. Non so che fine abbia fatto però”.

“Ma se quell’essere era davvero cosi mostruoso, dubito che ce l’abbia fatto da solo. Non potevi andare con lui?”

“Avrei voluto farlo. Ma quella schifezza come ho detto stava attaccata sul soffitto, Logan ha potuto seguirla perché aveva i suoi artigli per arrampicarsi in alto”.

“Speriamo non gli sia successo niente”.

Come risposta giunse un rumore molto forte dal condotto di aerazione della stanza. Sembrava come se qualcuno ci strisciasse dentro. Shinji, ricordandosi che anche quando Rei e Asuka furono infettate si erano sentiti strani rumori provenire dai condotti di aerazione, spaventato si mise davanti a Misato, Asuka e Rei per proteggerle, come Ritsuko, mentre Tang-Po assunse una posizione difensiva.

Ma quando la griglia del condotto si sfondò, dentro la stanza saltò Logan, con i vestiti mezzo bruciati.

Tutti si tranquillizzarono.

“Mr. Logan” chiese Ritsuko “ma cosa le è successo?”

“Ho solo dato fuoco a quella bestiaccia. Certo non era previsto che le fiamme se la prendessero anche con me, comunque l’ho distrutta. Ora muoviamoci Tang-Po. Prima che venga ripristinata la corrente è meglio se ce ne andiamo da qui. Dobbiamo evitare il più possibile ogni problema. Credo che faremo in tempo a correre in un hotel per darci una lavata e a prendere l’aereo per l’America”.

Mentre i due stavano per uscire dalla stanza, Ritsuko li richiamò: “Aspettate un attimo, so che non avete molto tempo ma volevo dirvi… grazie. A tutti e due”.

“Ah si figuri dottoressa, è stato un piacere. Spero comunque che la prossima volta che tornerò in Giappone troverò una birra migliore”.

Logan e Tang-Po partirono per l’America quella sera stessa, naturalmente ne Shinji ne Ritsuko dissero a Gendo chi erano coloro che li avevano aiutati e sempre quella sera l’energia venne ripristinata nella base.

Misato, Asuka e Rei si ripresero abbastanza in fretta, anche se dovettero restare in ospedale per almeno due settimane, mentre venivano sottoposte a continui accertamenti per rilevare possibili tracce della cosa nei loro corpi.

Gendo fece anche rovistare da cima a fondo tutto il Geo-Front e fece iniettare l’antidoto a tutto il personale per non avere sorprese. Ma non risultò niente.

EPILOGO

Intanto, in un magazzino del Central Dogma, erano stati stipati vari materiali da ricerca per i laboratori della Nerv. Questo locale si trovava in una zona isolata della base, e l’interno era coperto da uno strato di polvere molto spesso. Perché tutti gli oggetti conservati qui dentro erano stati raccolti dalla Nerv nel corso degli anni, ma siccome non erano prioritari nella lotta contro gli Angeli, erano stati messi da parte per un periodo di tempo indeterminato.

Tra questi materiali c’era anche un grosso sacco nero messo sopra un tavolo di metallo.

C’era una targhetta sopra il tavolo, e diceva: “Livello di pericolosità minimo. Identificativo: Meiko Oshi”.

Si trattava del corpo carbonizzato della prima Meiko.

D’un tratto si sentì un leggero rumore indefinito e dalla durata di uno/due secondi provenire dalla stanza.

Era stato solo un cigolio?

Oppure….

FINE

  
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