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Autore: MerasaviaAnderson    28/10/2015    0 recensioni
•{Minilong di 3 capitoli ~ What if? ~ Incentrata su Peeta Mellark ~ Tematiche abbastanza delicate}
"Sono passati sette anni e mezzo dalla Rivolta dei Distretti.
Katniss Everdeen è morta, molto probabilmente uccisa dalla persona che più amava.
Il giovane Ragazzo del Pane non se ne dà pace, chiuso tra quattro mura bianche che troppo gli ricordano le torture subite.
Il vecchio mentore cerca ancora rifugio nell’alcool, di nascosto dal mondo in cui deve apparire troppo serio e sobrio.
Un bambino dai capelli scuri e gli occhi blu che mai si ricorderà di sua madre.
La ricerca di una terribile verità, nascosta nel sangue della Ghiandaia Imitatrice che ancora macchia il pavimento di casa Everdeen-Mellark.
Riuscirà Peeta Mellark ad uscire dal baratro per l’ennesima volta?"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Dear Madness
Capitolo II:
IL PROCESSO

 
 
Il mentore era andato via da un pezzo, essendo obbligato a lasciare solo il ragazzo affidato alle sue cure. Né Peeta, né Haymitch avrebbero mai voluto che quel giorno arrivasse, perché prove schiaccianti erano puntate contro il ragazzo, che non aveva scusanti per giustificare l’omicidio di Katniss Everdeen, probabilmente commesso da lui durante uno dei suoi attacchi di follia.
Peeta era troppo debole e instabile per poter testimoniare, ma anche se fosse stato in condizioni di farlo ovviamente non avrebbe potuto raccontare nulla di certo: solo il corpo insanguinato di Katniss tra le sue braccia mentre la portava a casa di Haymitch e Jake che piangeva nella loro camera da letto.
Non lo vedeva da allora, Jake. Non sapeva quanto tempo fosse passato dall’omicidio, non sapeva esattamente da quanto non vedeva suo figlio. Sapeva solo che era troppo tempo, che lui era un assassino e che la sua amata Katniss era morta, quasi sicuramente per mano sua.
“Non far cazzate, ragazzo”.
Era la frase con cui il vecchio mentore l’aveva congedato prima di andare al processo, con indosso un vecchio vestito elegante che su di lui sembrava abbastanza buffo.
Nel giro di tre giorni Haymitch aveva beccato il ragazzo con una corda al collo per ben due volte, intento a raggiungere l’Amata e fuggire dalle poche certezze che avrebbe potuto ricevere. L’uomo l’aveva fermato appena in tempo, quasi con le lacrime agli occhi mentre lo tratteneva con le braccia per farlo sedare dagli infermieri.
Non poteva perderli tutti e due.
Ed entrambe le sere in cui Peeta aveva tentato il suicidio aveva ricominciato a trovare rifugio in una bottiglia di alcool, nonostante sapesse che doveva restare lucido e apparire il più sobrio possibile davanti alle autorità.
Quando Haymitch Abernathy uscì da quella camera d’ospedale, sapeva che quello che poteva fare il suo ragazzo era ben poco, non sapeva quasi nulla delle indagini che erano state svolte al Distretto 12 e non vi era nessuna prova che potesse affermare l’innocenza di Peeta. Neanche lui, infondo, ci credeva.
Avevano avvertito di tutto solo Ellen Everdeen, che anche quella volta si era tirata indietro … Era un bene, pensava Haymitch, non avrebbe certo agevolato la situazione di Peeta.
Da quando i problemi mentali del ragazzo erano iniziati e Katniss aveva scelto di stargli accanto, la donna aveva iniziato ad odiarlo con tutta l’anima, timorosa che avrebbe posto fine alla vita di sua figlia.
Ellen Everdeen aveva ragione.
Peeta lo pensava sempre, da quel giorno maledetto, in cui aveva desiderato solo poter raggiungere Katniss e domandarle scusa per ogni cosa che aveva fatto, per ogni peccato che la sua anima oscura aveva commesso inconsapevolmente.
Se fino a qualche ora prima pensava che il suo unico desiderio era rivedere Jake, adesso pensava che la soluzione migliore per il bambino sarebbe stata quella di non vederlo mai più, di vederlo crescere di nascosto, senza raccontare mai al piccolo di in che razza di mostro fosse stato trasformato suo padre.
Dovevano parlargli solo di Katniss, di quanto bella fosse quando si intrecciava i capelli o di quanto apparisse divertente alla mattina, quando posava il suo sguardo truce e buffo su ogni cosa che le capitasse davanti.
Voleva che Jake sapesse solo della dolcezza della sua risata, della sua bravura nel canto, di quanto fosse forte durante i suoi incubi, del suo sconfinato coraggio e forza d’animo.
Mai il suo bambino avrebbe dovuto sapere dell’uomo dagli occhi azzurri e dai riccioli dal color del sole, mai avrebbe dovuto sapere delle torture, degli Aghi Inseguitori, degli attacchi di follia … e neanche dello sconfinato amore con cui ogni giorno lo guardava mentre giocavano insieme nel grande letto.
Per Jake, Peeta Mellark non sarebbe mai dovuto esistere.
E molteplici lacrime calde scesero sulle sue guance pallide mentre affondava la testa sul guanciale scomodo, deciso ad abbandonarsi al suo destino, qualunque sarebbe stato … Rassegnato al fatto di non essere altro che una pedina, di aver la vita in pugno ad un gruppo di persone che avrebbero deciso della sua sorte.
Il freddo nelle sue ossa si irradiò prepotente e gli sembrò che ogni muscolo si fosse paralizzato, sperava anche che anche il suo cuore lo fosse: che si fosse bloccato, che l’avesse portato via di lì, in un mondo migliore.
Ma questo non accadde, e se ne accorse quando il giovane infermiere dal viso freddo entrò nella camera per inserirgli la flebo per la giornaliera dose di psicofarmaci che avrebbero dovuto curare la sua “malattia”.
Non sono malato, sono solo pazzo.
Sono solo un assassino.

Forse quell’infermiere si stupì, quando vide che il ragazzo non oppose alcuna resistenza, neanche sussultò, come generalmente faceva ogni volta che l’ago entrava nella vena della sua mano.
Troppi brutti ricordi che stavano scivolando via.
E l’infermiere andò via, chiudendo bene la stanza che poteva essere aperta solo dall’esterno, come una prigione, la cella di un carcere.
E forse per la prima volta dopo la fine della Guerra, Peeta sentì crescere dentro di lui il mostruoso bisogno della sua famiglia: non di Katniss, non di Haymitch, non di Jake o degli amici che si era fatto al distretto, ma di sua madre, di suo padre e dei suoi fratelli.
Sua madre: che da sempre aveva cercato di addestrarlo alla giungla che avrebbe trovato una volta uscito dal suo mondo, che gli aveva voluto bene in silenzio, lasciandogli un bacio sulla guancia e carezzandogli i capelli quando pensava che dormisse.
Se mi vedessi ora cosa faresti, mamma?
Suo padre: i suoi abbracci caldi come il pane che cucinava, i suoi sorrisi luminosi ogni volta che gli insegnava una nuova decorazione per i biscotti, il suo perenne odore di lievito e mandorle.
Mi abbracceresti ancora, papà?
Haylan e Donovan: i suoi due fratelli, quelli con cui aveva condiviso ogni momento della sua vita, quelli che lo avevano tirato su nei momenti peggiori, quelli con cui giocava nel vialetto di casa durante le giornate estive, che si complimentavano con lui per i suoi disegni e che lo andavano a prendere a scuola da bambino.
Haylan, Donovan, avreste ancora fiducia in me?
E Peeta cadde in un sonno profondo, ripensando a quelle quattro figure che aveva dipinto di nascosto nella speranza di ricordare ogni particolare del loro volto. S’addormentò cullato dai medicinali che scorrevano nelle sue vene e con la dolce voce di Katniss che nella sua testa continuava a cantare La Canzone della Valle.
***
Oramai la sera era calata da un pezzo, Peeta si era risvegliato, ma continuava a restare sdraiato sul letto con un’aria assente, squadrando ogni cosa che era presente nella camera come se la vedesse per la prima volta.
E all’improvviso la porta si aprì bruscamente, facendolo quasi sobbalzare dal suo stato di trance: un Haymitch abbastanza sudato ed affaticato entrava nella camera bianca, trascinandosi un mucchio di fogli scritti e gettando una vecchia borsa contenente altri fascicoli in un angolo della stanza.
Gli occhi grigi dell’uomo erano lucidi, ma avevano un’espressione diversa dal solito, quasi sollevata e una punta d’armonia si poteva notare sul suo viso ingiallito dal troppo alcool.
Ma Peeta non era riuscito a notare quell’espressione, troppo occupato a pensare alla fine che avrebbe fatto, perché se Haymitch era lì voleva dire solo che il suo processo era finito.
Cara follia, dov’è che vanno i pazzi?
L’uomo, dopo essersi allentato l’insopportabile cravatta nera e tolto la giacca pesante gettandola senza alcuna cura sul pavimento, si posizionò davanti a Peeta, non riuscendo quasi a trattenere le emozioni che giravano dentro il suo animo.
«Peeta, ora voglio che tu mi ascolti bene.» disse Haymitch al ragazzo, cercando la sua attenzione «Ti prego, ragazzo, guardami.»
Finalmente Peeta incrociò gli occhi con quelli del suo mentore, scrutandolo con un’aria rassegnata, ormai convinto che la sua fine fosse vicina.
È ciò che mi merito, d’altronde.
«Durante questi nove giorni» dunque erano passati solo nove giorni? «la Paylor ha ordinato di fare ogni tipo di indagine in casa vostra, cercare ogni prova che potesse risultare utile al processo.» continuò Haymitch, quando i suoi occhi ormai si erano fatti colmi di lacrime. Quando mai Haymitch aveva pianto? «Abbiamo autorizzato, io ed Ellen Everdeen, anche un’autopsia sul corpo di Katniss e …» a quel punto le lacrime si fecero evidenti sulle guance dell’uomo, che piangeva la ragazzina di cui per tanti anni si era preso cura come una figlia «Non sappiamo cosa le sia passato per la mente, Peeta, forse-» si fermò per tirar su col naso, mentre lo sguardo di Peeta ancora vagava assente sul volto dell’uomo «Forse solo tu puoi saperlo, ma … So che è difficile da accettare, ragazzo, ma tu non le hai mai torso un solo capello, quel giorno. Katniss si è suicidata.»
Katniss si è suicidata.
«Capisci, ragazzo?» continuò il mentore, stavolta con l’espressione sicura e deciso a non piacere altre lacrime davanti a Peeta «È stata lei a scegliere il suo destino, non c’era nessuna prova concreta contro di te, Peeta. Potrai rivedere Jake.»
Potrò rivedere Jake.
«Il Giudice ha confermato tutto, ragazzo, vedendo le prove sia la Paylor che il Dottor Aurelius sono stati i primi a difenderti da ogni accusa, le prove erano schiaccianti, si è trattato solo di una serie di coincidenze … e forse la nostra Dolcezza aveva approfittato della situazione.» e non appena pronunciò il nomignolo con cui apostrofava Katniss, il mentore calò lo sguardo sulla mano che Peeta gli aveva appena stretto, cercando in lui la forza per comprendere se quelle parole fossero solo un sogno o meno.
«Tu sei innocente, Peeta


 
FINE CAPITOLO II
 


Angolo Autrice:
Eccoci giunti al secondo capitolo.
Non ve lo aspettavate, vero? Ebbene sì, Peeta è innocente.
Nella mia mente contorta Peeta – neanche sotto gli effetti del depistaggio – sarebbe mai capace di uccidere Katniss, specialmente dopo aver messo un paio di cose in chiaro nella sua mente.
Ora, non so se sia stata per la bravura di Josh in Mockingjay part 1 (I titoli in inglese rendono meglio!c;), ma alla fine della scena in cui Peeta strangolava Katniss – poco prima di essere colpito da Boggs – ho notato una strana espressione sul viso di Josh/Peeta, come se all’improvviso si fosse reso conto di ciò che stava facendo, il che ha rafforzato la mia ipotesi sopracitata (oltre che farmi rendere conto sempre di più della bravura di Hutcherson e di quanto sia migliorato e cresciuto in campo recitativo in questi anni. Forse sono un po’  di parte, sì.)
Comunque, come avrete potuto notare Haymitch è un po’ (troppo) OOC, ma che ci volete fa’ … nella mia testa questa scena era strutturata proprio così, perché penso che in pochi sono consapevoli quanto il vecchio mentore tenga a Katniss e Peeta … ed essere in una situazione come quella non penso ce sia stato semplice, specialmente dopo che Peeta ha tentato per ben due volte il suicidio.
Ci tengo a precisare che l’unica ragione per cui Peeta avrebbe potuto provare a vivere era Jake e quando prendeva la consapevolezza che molto probabilmente non l’avrebbe potuto vedere mai più preferiva lasciarsi andare. Fortunatamente è stato salvato entrambe le volte.
Anche qui spero di aver reso l’idea dei pensieri confusi di Peeta e della sua definitiva voglia di non vivere neanche nei ricordi di suo figlio.
Ad ogni modo, aspetto qualche commento per questo capitolo, perché vorrei chiarirmi un po’ le idee su cosa ne pensate voi lettori, avendo io stessa alcune lacune sulla fattibilità della trama … Cioè, mi piacerebbe sapere da voi se è intricante e vi ha appassionato almeno un po’.:)
Anche stavolta mi dileguo o rischio nuovamente di scrivere un Angolo Autrice più lungo del capitolo.:’)
Alla settimana prossima con il terzo, ed ultimo, capitolo!
May the Odds be ever in your favor!
_merasavia.


 
   
 
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