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Autore: Jane_sfairytales    29/10/2015    1 recensioni
Anno 2923 della Terza Era.
Una nave candida solca le acque alla volta dell'Occidente: sono elfi diretti alle Terre Immortali, come loro diritto. Eppure sembra che il mare non voglia farli passare: poco prima del salto, viene al mondo una bambina e lei non può proseguire. Il Vala Ulmo appare, redarguendo gli elfi sul fatto che il viaggio verso Aman debba essere compiuto per consapevole scelta, ed una bambina appena nata, questa consapevolezza non la ha: egli la prenderà con sé.
Questa è la storia di un amore filiale, e di come amare significhi anche e soprattutto lasciar andare, per quanto ciò possa far male.
[ Questa è la prima storia di una serie che vorrebbe abbracciare tutte le vicende narrate da Tolkien in Lo Hobbit e LOTR, nonché qualcosa sul "dopo". Il presente racconto è introduttivo per il nuovo personaggio da me creato. Probabilmente lascerà aperti degli interrogativi, soprattutto sul mio rispettare o meno il canon: per quanto in mio potere l'ho fatto, ma essendo solo un PROLOGO ad una storia più grande, non posso svelare tutto subito. Ad ogni modo, il personaggio principale è di mia totale invenzione, quindi credo le si possano concedere alcune libertà. Spero sia comunque gradevole. ]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ulmo
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino della fanciulla nata sul mare al tramonto.'
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Questa è una storia d’amore, di un amore che genera vita, e infatti è da qui che si parte, dall’alba di una vita, anche se i suoi occhi han visto prima il tramonto.
 
Le onde rollavano incostanti scontrandosi tra loro, incapaci di trovare il ritmo giusto per quella fervida danza e la sottile nave le cavalcava oscillando scomposta e vulnerabile tra creste e cupi avvallamenti d’acqua. Il vento soffiava impetuoso lì, ai confini del mondo mortale. Ma il rombo del mare non era il suono più caratteristico di quell’imbrunire: mentre il sole declinava stanco sull’ovest, una nuova luce usciva dall’oscurità per riempire di un’altra stella il firmamento di questo mondo: una donna partoriva la sua bambina. La nave esplose in grida di giubilo: per la loro razza più che per le altre, i bambini erano preziosi in quanto estremamente rari. La sollevarono al cielo ringraziando i Valar ed Eru, felici ed orgogliosi come non mai, e la volsero verso Aman, poiché ormai il grande salto era prossimo.
Fu allora che la piccola spalancò gli occhi per la prima volta, e pianse ritraendosi: la luce l’aveva ferita, e l’immensità di ciò che il suo animo puro aveva compreso, l’aveva sconvolta. Prese a dimenarsi e dibattersi finché non volse le spalle alla terra immortale e tentò di scappare dalle braccia di coloro che tentavano di trattenerla: lo sguardo ad est e la schiena ad occidente. Tutto questo era troppo per lei e ribadiva fermamente la sua mortalità, lottava per essa. Vidi il dolore nello sguardo e nei cuori dei suoi cari, nonché la nave fermarsi sul ciglio: temevano che il suo piccolo cuore non avrebbe retto al salto.
Fu allora che mi avvicinai, emergendo quale figura di schiuma ed onde dall’abisso, oscurandoli con la mia sagoma imponente, e con voce di mille fiumi mi rivolsi a loro:
- La bambina non appartiene ad Aman, è nata in questo mondo e le deve esser concessa libera scelta di giungere alla terra immortale, oppure restare nella Terra di Mezzo. – gli astanti mi osservarono con immenso dolore, poiché confermavo ciò che sapevano essere il vero.
- Ma non possiamo tornare indietro e neanche lasciarla qui: lei deve stare con la sua famiglia, lei ha bisogno della sua famiglia, è appena venuta la mondo! –
- In quello mortale, non in quello immortale. –
- Valar ti prego, è la mia bambina… - mi implorò la madre piangendo e stringendola al seno, ma la piccola continuò a dimenarsi così mi chinai su di lei. Il rombare del mio corpo di onde la attrasse e si voltò ad osservarmi. Sorrise. Strabuzzava gli occhi al muoversi di spuma e correnti dal colore cangiante e allungò le microscopiche manine come per afferrarmi: le sue iridi erano lo specchio esatto di ciò che osservavano. E così compresi: quella bambina era l’ultima speranza di un mondo in decadenza, un dono di Iluvatar per i suoi Secondogeniti e coloro che ancora abitavano le lande mortali: la piccola non doveva morire, ma aveva un compito da svolgere nella Terra di Mezzo prima di poter approdare ad Aman, e lei sembrava saperlo. Afferrai una sua minuscola manina e la feci accomodare sulla mia immensa e fluente, bagnata; lei sorrise e ci si rotolò sopra sguazzando. Mi fece ridere, e la mia risata fu il rombo di mille cascate: i viaggiatori tremarono ma lei, dopo un istante di iniziale stupore, riprese a giocare per farmi ridere ancora, finché non prese ad imitarmi, e il suono della sua risata oscurò ogni altro suono mai esistito al mondo, poiché era così bello da far fermare anche i cuori più neri. La osservai attentamente per un po’ senza parlare, così tutti rimasero in attesa del mio verdetto.
- La prenderò con me. – decisi infine – Mi prenderò cura di lei e la tratterò come se fosse una mia creatura: la preserverò dal male e dai pericoli, ma le permetterò di vivere la vita che vorrà, cosicché un giorno sarà pronta a scegliere consapevolmente la strada per l’Ovest. – La madre crollò al suolo distrutta e piangente e mi implorò di restituirle la bambina, di lasciarla andare.
- Vorrei, ma non posso, essa è un dono di Eru alla Terra di Mezzo, non spetta a voi decidere la sua volontà. – questo li zittì, ma non estinse il loro dolore.
- E non potremo accudirla? – negai. – Né vederla mai più? –
- Non fino al giorno in cui deciderà ella stessa di tornare ad Aman. –
- Ma potrebbero volerci secoli… noi ne abbiamo impiegati tanti… -
- Mille anni non sono che un mero batter di ciglia nella vita di un immortale. –
- Ma dolgono lo stesso, anzi proprio perché immortale, il dolore sarà più grande, poiché potrebbe essere senza fine. –
- Lo impedirò. Dovrete fidarvi di me: un giorno vostra figlia tornerà da voi, ma prima dovrà compiere il proprio destino. Io la proteggerò e la guiderò: quale rassicurazione più grande potete desiderare se non che ci sarà un Vala a vegliare su di lei? –
- Nessuna… a parte portarla con noi ad Aman, ma questo a quanto vediamo non ci è concesso, nonostante essa sia sangue del nostro sangue. –
- Ma è prima di tutto creatura di Eru. –
- Permettici di salutarla… - la strinsero forte tutti, non solo i genitori, e la benedirono, infine me la porsero con riluttanza.
- Il suo nome è Lin. – sussurrò suo padre, poi, essendo un popolo fiero, essi ripresero il loro cammino e compirono il salto senza più voltarsi. Io ripresi ad osservare la piccola che nel frattempo si era immersa nelle mie membra e nuotava felice tra i flutti.
- Lin è un nome giusto, - la richiamai afferrandola per un tallone facendola riemergere. – ma io ti chiamerò Linriel Lómë, perché adesso appartieni al mare ed io ho visto la tua luce. – questo le dovette piacere, perché mi sorrise e se ne uscì con un’altra risatina argentina.
 
Questa è la storia di un amore filiale, e di come amare significhi anche e soprattutto lasciar andare, per quanto ciò possa far male.


Spazio d'autrice.
Salve a tutti,
questa è la mia prima FF in questo fandom, benché lo adori e sono anni che mi ruotano strane idee per la testa. Sostanzialmente adesso avevo molto tempo per scrivere e l'ho fatto. Spero che il personaggio che ho creato, e che conoscere nel corso di questa breve storia, riesca ad appassionarvi abbastanza da volerlo seguire anche nelle sue future e turbolente avventure, che si intrecceranno strettamente con quelle narrate in libri/film e i loro personaggi. 
Per il resto, vi auguro una buona lettura.
Con affetto, 
Jane.

P.S. a breve spero di creare un banner, o almeno di procurarmi qualche foto carina: questo capitolo è davvero una drepressione!
  
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