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Autore: theuncommonreader    30/10/2015    3 recensioni
Sequel di "Roma, una sera che piove".
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È estate, a Roma, e Gilda è innamorata.
E non le importa, se il sudore le appiccica al collo i ricci scuri mal trattenuti dalla bandana; non le interessa se si stanno formando aloni, sotto le ascelle, per gli ettolitri di liquido corporeo che, tra sol leone e nervosismo, sta trasudando sulla sua innocente maglietta dei Muse (nera. Perché smagrisce).
Non si cura particolarmente del fatto che li aspetta una fila di almeno mezz’ora prima di poter entrare nei Musei Vaticani, e sticavoli se a lei delle belle arti importa quanto dell’astrofisica. Gilda può definirsi felice. Può definirsi al settimo cielo. Può definirsi un’idiota che cerca con tutte le sue forze di non puntare occhi a cuore sul fratello del suo migliore amico, quell’inutile essere pel di carota che ha aspettato tanto – troppo! – per presentarle il manzo di famiglia.
Insomma. Che migliore amico è?!

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Scritta per l'evento "Drabble Days 16-17 ottobre 2015" indetto dal gruppo FB "We are out for prompt".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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da decidere, seguito di mario e cliente WE ARE OUT FOR PROMPT-  DRABBLE DAYS 16-17 OTTOBRE 2015


Titolo: cosmic justice

Personaggi: Originali.  

Prompt © Alex Lucci & Giada Fraccaroli: Sequel della storia dell'altra volta; A conosce B, il fratello del suo migliore amico, e per lui/lei è subito colpo di fulmine. 

OoOoOoOoOoO

È estate, a Roma, e Gilda è innamorata.

E non le importa, se il sudore le appiccica al collo i ricci scuri mal trattenuti dalla bandana; non le interessa se si stanno formando aloni, sotto le ascelle, per gli ettolitri di liquido corporeo che, tra sol leone e nervosismo, sta trasudando sulla sua innocente maglietta dei Muse (nera. Perché smagrisce).

Non si cura particolarmente del fatto che li aspetta una fila di almeno mezz’ora prima di poter entrare nei Musei Vaticani, e sticavoli se a lei delle belle arti importa quanto dell’astrofisica. Gilda può definirsi felice. Può definirsi al settimo cielo. Può definirsi un’idiota che cerca con tutte le sue forze di non puntare occhi a cuore sul fratello del suo migliore amico, quell’inutile essere pel di carota che ha aspettato tanto – troppo! – per presentarle il manzo di famiglia.

Insomma. Che migliore amico è?!

Ma non gliene vuole, a Filippo, non davvero, perché se in qualche modo il suo patrimonio genetico ha qualcosa a che fare con quello di Mario (altamente probabile, data la stretta parentela), allora, va perdonato. Del resto, ha già la sfortuna di non somigliare per nulla al fratello tassista – tassinaro, dicono a Roma, si corregge sollecita – e già viene punito da quel vagone di sfiga.

È alto, Mario, per cominciare. Alto, coi capelli scuri e la faccia abbronzata, e la voce da fumatore che le gratta le orecchie come dita la pancia di un gatto. Gilda vorrebbe quasi fare le fusa, ma magari risulterebbe un po’ strana; così, si limita a pendere dalle sue labbra, a sbattere le palpebre sugli occhioni splendenti di amore, a lasciarsi cullare dalla voce che ha preso un lieve accento romano, nonostante sia umbro, lui, della sua stessa città.

Eh, ma non poteva conoscerlo prima? Il destino ha cospirato contro di lei: non si sono incontrati neppure per uno degli anni di scuola dell’obbligo, e Filippo, lei, fino all'anno scorso, non se lo è neppure filato di striscio.

Ah, ma va bene. Adesso lo ha conosciuto, e ci passerà assieme tutta la mattina. Oh, giorno di gaudio.

Segue le sue mosse con l’attenzione di un rapace a caccia, e si rende conto che Filippo, accanto a lei, le sta parlando di qualcosa – non vede che è in mistica contemplazione di una divinità?! – ma, semplicemente, lo ignora per seguire i movimenti delle mani abbronzate di Mario, che estraggono una sigaretta dal pacchetto e la accendono. Malboro, prende nota Gilda. Sia mai che possa servire.

L’odore del fumo si diffonde nell’aria, e, quando lei tossisce – principalmente perché si è dimenticata di respirare – Mario le sorride con quel suo sorriso e si scusa, sposta l’angolazione della cicca per preservarla dalla sottile voluta grigiastra.

Chissenefrega della levataccia, chissenefrega che stasera lei e Filippo sono di turno al bar. Gliene fa quattro, cinque, dieci – mah. Ora non esageriamo – di turni al posto suo, a Filippo, se in cambio le regalerà la biografia dettagliata della vita del fratello.

Gilda è felice che nessuno possa leggere nell’impenetrabilità della sua mente, perché se così fosse, quella ridda di pensieri che l’attraversano come una tempesta solare sarebbe piuttosto imbarazzante da spiegare; e non se lo sa giustificare neanche lei, cosa ci sia di così affascinante in Mario, se non tutto, che la attiri a lui come la classica falena.

Niente, è sicura.  

È sicura di essere innamorata perché, mentre Mario racconta qualche aneddoto esilarante sulla bomboletta di Oust che tiene nel taxi per eliminare l’odore di piedi, arriva lei. 

Quella.

Una dea, perché gli dei stanno solo con le dee. Bassina. Capelli quasi bianchi. Faccia da modella androgina impiastricciata di troppa matita nera. Uno zaino grigio che fa a pugni col camicione dai colori sgargianti che si è messa addosso (morirà di caldo anche lei, e la cosa consola il suo cuore spezzato).

Spezzato, sì, perché Mario la prende per mano, a quella, le carezza il pollice, e lei, Rossella, fa vedere un sorriso tutto dentini bianchi – un sorriso simpatico. Simpatico! Perché deve anche essere simpatica! – e niente, è chiaro che stanno insieme.

Gilda si gira verso Filippo, che annuisce con aria saggia. Rossella saluta anche lei, ed ha una voce bassissima, strana. Troppo bassa per essere quella di una femmina, troppo alta per quella di un maschio. Per quanto ne sa, potrebbe essere parte Veela. [1] Magari, quando si arrabbia diventa brutta (Gilda lo spera).

Che dolore. Come si fa a competere con una così?

Rossella allunga una mano, piccola, dalle dita corte, e passa in giro i biglietti che, dice, ha comprato in prevendita per tutti. No, non c’è bisogno di ridarle i soldi.

A Gilda, viene da piangere.

« Vieni, Gilda? » le domanda Rossella, ancora quel sorriso entusiasta a illuminarla tutta come una lampadina di Natale, da dietro la pelle del viso. « Figata la maglietta! » esclama poi, e c’è genuina ammirazione negli occhi cerchiati.

Gilda, che non si sente tanto amichevole, borbotta che l’ha presa all’ultimo live all’Olimpico. Rossella si scioglie di invidia sotto il sole d'agosto, e Gilda pensa, mentre cavalcano la fila contromano, che c’è giustizia nel mondo.

OoOoOoOoOoO

NOTE

[1]: Si riferisce, ovviamente, alle creature magiche citate in Harry Potter di J.K. Rowling, che somigliano a donne bellissime e che, da arrabbiate, prendono l'aspetto di Arpie.
   
 
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