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Autore: berlinene    22/02/2009    3 recensioni
In risposta alla sfida lanciata da Pucchyko_Girl ecco qua ventisei drabble perfette, una per ogni lettera dell'alfabeto. Si tratta ancora di una "costolina" del Diario... A metà fra il riassunto delle puntate sparse e lo spot pubblicitario, troverete qui vari accenni a episodi del Diario che già trovate pubblicati (a volte vere e proprie citazioni) ma anche ad altri che si trovano nel mio hard disk o anche solo nella mia testa. Nonchè alcune riflessioni più generali. Il tutto condito con la solita spruzzatina autobiografica...
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Diario di Irene Price genera storie'
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Lo so, lo so ho rotto le scatole con questo Diario... Solo che volevo rispondere alla sfida di Pucchy (i ruzzini con le parole sono una tentazione cui non so resistere) e non avendo una long o una coppia preferita mi sono rifatta alla mia personale epopea.

La novità principale è l'uso dei nomi originali, per cui anche Irene Price ha ora il suo bravo nome Giapponese... ta-daaan! Ecco a voi Yasu Wakabayashi! Sì lo so Yasu non è un gran che come nome ma, se ho ben capito, vuol dire "pace" proprio come Irene (almeno spero).

Ripeto, lo scopo era più l'esercizio di stile col vincolo delle iniziali e delle 100 parole che il creare qualcosa di esteticamente bello... Ah, le cento parole le contava Word, non io...




L'AbbecceDiario



AbbecceDiario
Amicizia

Croce e delizia di Yasu. “Per me sei un’amica” è la frase che più spesso si è sentita rivolgere dai ragazzi. Ma se, per lo più, la riteneva un bel complimento, talvolta era la risposta che non si vuole sentire. Per esempio quando fu Mamoru a pronunciarla.
Finché qualcuno non ha capito che l’Amore è solo un piccolo passo ulteriore.
Come sempre Ken la buttò lì come una cosa qualunque, che non capisci mai se gli vengono così o se c’è dietro un piano ben congegnato: “È così che dev’essere la mia ragazza. Deve essere prima il mio migliore amico”.

Bacio

Si sa il romanticismo comunemente inteso non è di questo mondo, ma tutto è relativo e a Yasu sembrò la cosa più splendidamente romantica del mondo quando Ken, dopo una folle corsa in motorino scavalcò il muro di cinta, atterrò in giardino davanti alla porta privata di Genzo, e, con gli abiti della festa sgualciti, la lunga chioma scompigliata e gli occhi tristi, la baciò con trasporto chiedendole scusa. Sbattuti sul palo come dopo un Tiger shot afferrato in pieno.
Lo stomaco faceva male allo stesso modo ma vuoi mettere la soddisfazione.
Oddio certo però anche parare un Tiger shot

Cappellino

Quello di suo fratello, ovvio. Una specie di incubo. Dal giorno stesso in cui il papà glielo regalò. A dire il vero ne avevano regalato uno anche a lei ma era rosa e con un fiocco e misteriosamente si rovinò nel giro di due giorni. No, no, a lei piaceva proprio quello rosso di suo fratello.
A memoria d’uomo due sono stati i momenti in cui Genzo le ha permesso di tenerlo: una volta in cui lo sostituì in una partita non ufficiale e quando si sposò.
Ma entrambe le volte se lo riprese gelosamente. Con un sospiro di sollievo.

Due

… esclamò il dottore alla vista della prima ecografia. Certo i signori Wakabayashi non se l’aspettavano. Per papà, quando fu decretato che il maschio c’era, tutto il resto diventò un dettaglio. Non per mamma però: fissata com’era sulla linea, pensare di portare in grembo e sfornare due bebè in contemporanea non fu il massimo. Ma quando nacquero sani e forti, nonostante il parto prematuro, tutto il resto divenne davvero un dettaglio.
Due, è quello che i gemelli Wakabayashi si sono sempre sentiti, perché nascere insieme e crescere soli ti segna, anche se a volte neppure loro si rendono conto quanto.

Effetto

Come quello che i più bravi attaccanti –Tsubasa, Misugi, Santana, Schneider- riescono a imprimere alla palla. Un tiro a effetto è un tiro con un cuore, imprevedibile e inafferrabile, come i sentimenti. Forse è per questo che Genzo li para alla prima, perché la sua capacità di controllare i sentimenti è a tratti inquietante. Forse è per questo che Ken, per controllarli, deve prima subirli. Perché in lui la disciplina è una strada faticosamente intrapresa e fortissimamente voluta.
I tumulti interiori spesso lo tradiscono ma sono anche la sua grande forza, quella che ci fa stupire e battere il cuore.

Ferita

Per quelle del corpo Yasu è attrezzata: in tanti anni sui campi di calcio ha fasciato – tamponato – fermato – massaggiato – medicato più abrasioni – storte – strappi - contusioni – distorsioni di quante le piaccia ricordare. Ha avuto una buona scuola e tanta pratica e va sul sicuro.
Sono le ferite dell’anima quelle che la fanno sentire inutile e spesso per un calciatore un infortunio che lo tiene lontano dal gioco è entrambe le cose. In quei casi non c’è modo di alleviare il dolore, c’è solo l’empatia che ti fa soffrire con loro, illudendoti di portare sulle spalle un po’ del loro fardello.

Gol

La più grande gioia per un calciatore. Lo scopo per cui si gioca. Siete sicuri? Allora non avete mai pensato da portiere. Il gol è il nemico, il fallimento, la cosa da evitare a ogni costo. Perché se la palla non si insacca alle tue spalle… certo, non è detto che si vinca ma di sicuro non si perde.
Quello zero tondo sul tabellone, a fianco del nome dell’altra squadra è la gioia di ogni portiere: se c’è quello, il suo sguardo non sfiora neanche l’altro numero. Che bisogno ce n’è? Tanto tutti nello stadio lo gridano a gran voce…

Hyuga

Ovvero la Tentazione. Yasu manco lo ricorda quante volte si è persa in quegli occhi scuri e freddi, ad ammirare le sopracciglia folte, scure e ben disegnate, la carnagione olivastra, il naso dritto e insolente, le labbra sottili sempre piegate in quell’espressione un po’ da incazzato fisso… Il tutto su un corpo mozzafiato: spalle larghe, bicipiti sempre in bella mostra, così come i pettorali, il ventre piatto e fianchi stretti suggeriti dalle magliette aderenti, le gambe dritte e muscolose e un culetto…
Eppure si è arresa all’idea che non sarà mai suo e probabilmente è un bene.
Eppure quella volta…

Istinto della crocerossina

Definizione creata da Genzo per descrivere l’irrefrenabile desiderio da parte di sua sorella di intervenire ogni qual volta qualcuno si fa male. Fulgidi esempi in tal senso sono la veglia al capezzale di Hyuga prima della finale Nankatsu -Meiwa e quella settimana di convalescenza dello stesso Hyuga a Villa Wakabayashi.
Ma se ai tempi della Nazionale un po’ tutti, grazie alle dritte di Genzo, hanno imparato a sfruttare a proprio favore l’inclinazione della giovane Wakabayashi, il maestro incontrastato di tale arte resta Ken Wakashimazu, tanto capace di dissimulare il dolore in campo quanto di simularlo quando Yasu è nei paraggi.

J-League

Per qualcuno un traguardo, per qualcuno un limite, per qualcuno un trampolino, per qualcuno una fuga. In principio fu Genzo, poi Tsubasa e Kojiro: a loro la J-League andava stretta e, con una stretta al cuore, lasciarono il loro Paese all’unico scopo di renderlo grande. O meglio: di diventare dei grandi loro per rendere poi grande il loro Paese. Della serie nessuno è profeta in patria. Così pensarono quelli della Generazione D’Oro che a lungo se ne tennero lontani per dedicarsi alla Nazionale.
Poi quasi tutti vi sono approdati. E forse il Giappone così è già un po’ più grande.

Karate

Ovvero Ken, la sua origine, la sua essenza per quanto lui voglia negarla, soprattutto per ripicca verso il padre. È l’aria che ha respirato da bambino, il latte che ha succhiato da sua madre, si potrebbe dire. La disciplina, l’agilità, l’orgoglio, il carattere battagliero, l’attitudine alla difesa che nasconde un enorme potenziale d’attacco: tutto viene da lì. Persino il suo corpo ne è il diretto risultato: muscoli possenti ma allungati e flessibili.
Tutte cose che non si applicano solo al calcio. Volete mettere la disciplina, l’agilità, l’orgoglio, il carattere battagliero, il potenziale d’attacco e i muscoli cesellati applicati al sesso?

Letto

Quello della stanzetta di Ken nel dormitorio della Toho, teatro della Prima Volta di Yasu e Ken.
Ma anche quello di Yasu che, che, nel Day After di uno dei famigerati Festini Epatotossici a Villa Wakabayashi, fece da scenario a un siparietto assai poco edificante. Chissà cosa si sarà immaginato Takeshi nell’aprire la porta e trovarsi davanti, beatamente addormentati e semisvestiti, il capitano e il portiere della sua squadra ai lati della legittima proprietaria del letto…
Anche perché dato il livello di lucidità pari a zero di tutti i personaggi coinvolti, a tutt’oggi la ricostruzione dei fatti rimane estremamente sommaria.

Manager

“Quanto odio questa parola!” strillò isterica Yasu rientrando a casa.
Genzo fece tanto d’occhi.
“Quell’oca ammaestrata di Sanae!” sbraitò. “È venuta a dirmi che ora anche lei è una manager della Nankatsu! Mi vuoi fregare il posto, accomodati, ma almeno abbi il buon gusto di farti chiamare per quello che sei! La casalinga della squadra… sempre a lavare divise e a lustrare palloni!”
“E tu come ti definisci?”
“Sono l’assistente dell’allenatore, io”.
“Tutti vanno dicendo che sei la massaggiatrice della squadra. Meno cool ma più conturbante di manager…”
È seccante che afferri al volo ogni oggetto che gli scagli contro.

Nazionale

Quando il signor Mikami e il signor Katagiri proposero a Yasu di entrare nello staff della Nazionale Juniores, lei rimase interdetta. Forse perché una cosa così bella doveva nascondere una fregatura o forse, semplicemente, si sentiva inadeguata. Tanto che per prendere l’ovvia decisione di accettare dovette metterci del suo persino il mister Kira…
Certo non sono mancati i momenti difficili, ma per lo più è stata un’avventura fantastica, e una specie di rivincita: “La natura ci ha impedito di giocare”, le disse Jun con un sorriso facendole spazio per sedersi, “ma noi l’abbiamo fregata perché su questa panchina ci siamo!”

Opportunità

Genzo usò questa parola per annunciare che andava a giocare in Germania. “È un’opportunità unica, non posso rinunciare”.
Genzo abbracciò Yasu, che continuò a piangergli sul petto, prendendolo a pugni e gridando “ti odio”, finché lui non le prese le mani e, scuotendola, la staccò da sé per guardarla in viso.
“Smettila.” disse con voce ferma “Non puoi, non devi prenderla così. Pensi sia facile per me? Ma è il mio sogno… pensavo fosse anche il tuo. Pensavo che questa cosa ti avrebbe resa triste, sì, ma che saresti stata anche felice per me e… orgogliosa”.
Cavolo se lo era.

P…

P
ortiere è quello che Yasu si è sempre sentita: “Una volta Ken mi disse che ti ama anche perché pensi da Portiere, non come le altre ragazze.” Le confidò suo fratello durante la famosa semifinale contro la Francia.
Parare le viene piuttosto bene, sarà una questione genetica. Che emozione quella volta che in una Partita non ufficiale sostituì suo fratello e fermò un tiro di Kojiro!
Galeotto fu il Palo, quello contro cui Ken la spinse per baciarla. D’altra parte lo dice anche suo fratello, no, che un Portiere ha come amico non solo il Pallone ma anche il Palo!

Quattro... spasimanti

Che situazione! In tanti anni circondata dai ragazzi Yasu non aveva mai avuto, per fortuna o purtroppo, problemi di questo genere. Forse perché fino ad allora c’era stato Ken. Probabilmente perché non era ‘sta gran figa.
E quando disse ai sette, che, al pari di lei, Gamo aveva estromesso dalla squadra, di venire a Villa Wakabayashi qualche giorno per decidere sul da farsi, il pensiero che accettassero per stare con lei manco la sfiorò. Che imbarazzo trovarsene tre, uno dopo l’altro, sulla soglia di camera e declinare educatamente i loro inviti solo per finire, inesorabilmente, fra le braccia del quarto…

Rispetto

Dovevo riordinare le idee. Avevo pronta una bella ramanzina per il classico belloccio stronzo che sparendo per due mesi mi aveva mancato di rispetto e mi ritrovavo vicino un ragazzo splendido, che aveva rischiato la vita per salvare un cagnolino e mi aveva tenuto allo scuro di tutto per non farmi preoccupare e non costringermi a stargli vicino…
“Lo amo” ho pensato… non c’erano altre parole per descrivere quello che provavo ma non potevo dirle.
- Hai rischiato di perdermi così, lo sai?
- Sono uno stupido.
- Un coglione.
- Pazzo…
- Come tutti gli eroi.
- ...di te.

SGGK

Un soprannome sborone per un pallone gonfiato di fratello. Per un adorabile pallone gonfiato di fratello. Yasu non l’ha mai chiamato SGGK: di solito, per quanto adori il fratello e nel suo cuore lo consideri da sempre e incondizionatamente il miglior portiere del mondo, preferisce prenderlo in giro che lodarlo. Farlo incazzare e mettere il muso è la cosa più facile ma anche più divertente del mondo… Ma niente è più bello che fare la pace, come quando, da piccoli, Yasu s’infilava nel letto di Genzo e si addormentavano abbracciati, doloranti per le lotte ingaggiate e le sculacciate della tata.

Taglia&cuci

Il taglia&cuci sia inteso in senso figurato come inclinazione al gallinaceo pettegolezzo, sia letteralmente come darci di ago e filo, erano per Yasu attività prettamente femminili da associarsi alle casal… ehm… alle altre manager.
Scacciata da Gamo dallo staff della Nazionale, Yasu non aveva visto altra possibilità per rimanere vicina ai ragazzi che unirsi alla tifoseria creata da Sanae. Quello fu il primo passo. Ma inaspettatamente fu proprio Sanae a fare quello decisivo quando, coadiuvata da Yayoi, Yoshiko e Kumi, passò la notte in bianco per aggiustare la divisa dello staff della Nazionale di Yasu per il suo improvviso reintegro.

UK

“I miei genitori sono in Inghilterra” avevano imparato fin da piccoli a rispondere i gemelli Wakabayashi, sebbene non avessero ben chiaro cosa fosse l’Inghilterra. Poi impararono che era un’isola come quelle del Giappone ma situata in Europa, un paese buffo dove tutti parlavano la strana lingua della loro tata che si imparava anche a scuola.
Il viaggio in Europa fu la prima volta, da che ricordassero, in cui passarono così tanto tempo coi genitori. Insegnavano loro tante cose affascinanti su quelle terre lontane ma per Yasu rimasero due estranei, poco più che un nome in calce a un cospicuo assegno.

Villa Wakabayashi

Un castello, uno status symbol , ciò che li rendeva diversi.
Eppure aveva i suoi lati positivi, e non solo come sede dei famigerati Festini Epatotossici…
Come dimenticare gli allenamenti con Ken, quando ancora tutto doveva iniziare e Yasu non aveva capito una mazza?
Quando uno si prende una palla medica in faccia per te…”
Ero senza parole. Certo la cosa aveva una sua logica, avrebbe spiegato certe reazioni di Ken… ma… uno così… piacergli io?
“Non ne ho idea” ammisi.
“Andiamo, perché è nata questa storia dell’allenamento?”
“Ken voleva allenarsi con te e Mikami…”
“Ma smettila. Piuttosto con te”.

Waka…

Dopo gli spartani alloggi del Toho e tante anonime stanze d’albergo fu strano tornare a Villa Wakabayashi. Il salone, la sua vecchia stanza, quella di Genzo.
Stranissimo fu poi vedere la nuova stanza. La loro. Dei signori Wakashimazu.
“Dovremmo modificare la scritta sul campanello” azzardò Ken.
“Sostituire “Genzo e Yasu Wakabayashi” con “Ken e Yasu Wakashimazu”?”
“Basterebbe aggiungere “Ken Wakashimazu”...”
Osservando la targa col nome della Villa, Yasu arricciò il naso: “Dovremmo cambiare anche questa”.
Ken balbettò che non importava, infondo…
“Che dici, Villa Waka è un buon compromesso?”
Infondo la vita di Yasu stava tutta in quelle quattro lettere...

XX

Un cromosoma, anzi, un pezzettino di cromosoma. Se gemelli dovevano essere – si tormentava spesso Yasu- perché non due bei maschietti omozigoti? Tipo i Takibana. Anzi, sicuramente più carini… Figuratevi due SGGK!
Un cromosoma, anzi, un pezzettino di cromosoma e Yuzo Morisaki non avrebbe avuto ragione d’esistere. La gente neanche avrebbe capito quale dei due Wakabayashi giocasse. Finché non guardava il numero, ovvio… Peccato solo che ci sia posto per un solo portiere in campo… e probabilmente non sarebbe stato facile convincere nessuno dei due a stare in panca.
Eppoi… chi glielo spiegava a Ken che era soltanto il numero tre?

Yokohama Flügels

Potevi dirmelo prima. Avrei cercato di fermarti, certo, ma ne avremmo discusso, magari avremmo avuto una lite furibonda, come mai ce ne sono state fra noi, come ne avevo avute solo con Sanae e mio fratello, ma da quando lui era partito e io avevo lasciato la Nankatsu, non ce ne erano più state.
Avrei voluto che me lo dicessi in faccia e non dover mendicare qualche stralcio di urla da fuori la porta del signor Mikami.
Invece hai lasciato me come hai lasciato i tuoi compagni, senza una parola, lasciando dietro solo rancore. E un grande bisogno di te.

Zazzera

Se c’è una cosa che Yasu ha sempre invidiato a Ken sono i suoi bellissimi capelli: lunghi, folti, color dell’ebano. I primi tempi credeva fossero un dono di natura e quando Kojiro parlava di “cure maniacali” era convinta che volesse solo scherzare sull’amico.
Ma Kojiro Hyuga non scherza.
Quando, dopo alcuni mesi che vivevano tutti insieme al Toho, Takeshi, commentando l’ennesima alchimia di prodotti per capelli cui Ken lavorava nel segreto della toilette, disse che se non sfondava nel calcio poteva sempre fare il parrucchiere, a Kojiro e Yasu non rimase che annuire, con l’aria di chi la sa lunga.




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Questo "esercizio di stile" è dedicato in primis alla mia figlioccia di fandom Pucchy, ringraziandola per tenere in esercizio il cervello arteriosclerotico della sua fandomammola.

Oltre che al Taka, ovviamente, un credit va a kitsune999 perchè la storia del Ken-parrucchiere di cui alla lettera Z l'ho ripresa da lei... *firulì firulà*.

Non siate troppo offensivi nei commenti, sono d'animo sensibile ç_ç....


   
 
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