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Autore: Katniss2507    02/11/2015    0 recensioni
- Non torna al distretto 12 – la mia è una constatazione, più che una vera e propria domanda. La cosa non mi stupisce come dovrebbe, forse un po’ me lo aspettavo. Quel luogo deve suscitarle troppi ricordi, belli e meno belli.
- C’è più bisogno di me altrove, giovanotto, sono sicura che lo capisci-
No, non lo capisco. Non batto ciglio, perché sono l’ultima persona al mondo a voler sparare a zero sugli altri. Comprendo il suo dolore, ma non posso evitare di correre con la mente a Katniss, sola con il suo dolore e con un quarantenne triste e sempre ubriaco. Sento un moto di disappunto salire dentro di me, ma non faccio nulla per contraddirla.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mrs. Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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>Cieloooo, non scrivo qualcosa da tempo immemore.
Torno con una nuova storia su Hunger Games, complice l'uscita dell'ultimo film il prossimo 19 Novembre. Che dire, ho un sempre immaginato un momento del genere fra Peeta e la madre di Katniss...chissà che non ci abbia pensato anche la Collins xD
Non oserei mai paragonarmi!
Buona lettura!
Fra





Piove. Da giorni.
Se non vedessi  davanti a me il profilo opaco delle strade poco trafficate e del Palazzo Presidenziale, giurerei di trovarmi ancora al distretto 13. Tutto è grigio qui. Grigie le ombre, grigie le persone; è tutto così poco capitolino. Ma questa pioggia mi fa venire in mente anche qualcos’altro: una ragazzina raggomitolata sotto un albero, bagnata fradicia ed affamata. È uno dei pochi ricordi che Snow mi ha lasciato, una delle poche immagini che mi tiene aggrappato alla realtà durante i momenti in cui nella mia testa c’è solo il buio.
La Rivolta è finalmente giunta al termine. La città è caduta. Snow è caduto.
Allora perché non riesco ancora a ritrovare la mia pace?
Mi trovo a Capitol City da più di un mese, ormai, ed il Dr. Aurelius viene a farmi visita ogni giorno. Dice che, nonostante la mia faccia abbia visto giorni migliori,faccio progressi, che i flashback diminuiranno sino a risultare episodi sporadici e che finirò con l’abituarmi al nuovo me stesso. Non ho ancora il suo benestare per lasciare la Capitale, ma sostiene che, una volta ritrovato un briciolo dell’equilibrio di un tempo, tornare a casa mi farebbe bene, che un ambiente familiare sarebbe l’ideale per imparare a gestire i miei istinti da squilibrato con manie di persecuzione.
Dice tante cose, ma, se proprio devo essere sincero, non me ne importa un accidente.
Lui non capisce.
Io non ce l’ho più una casa, né una famiglia. Finirei solo col far star male gli altri.
Haymitch…Katniss… l’ultima cosa di cui hanno bisogno è avere un mezzo matto fra i piedi. Uno che non riesce nemmeno a capire se i suoi ricordi, le sue emozioni, siano veri o falsi. A questo punto, non so nemmeno se importi ancora anche a me sapere chi sono e cosa voglio davvero.
Sento la porta aprirsi alle mie spalle. Aurelius è un uomo puntuale e meticoloso, a lui non si sfugge. È solo una questione di minuti: snocciolerà un paio di convenevoli veloci e subito dopo inizierà ad incalzarmi con la solita solfa.

‘’migliori a vista d’occhio…’’

 ‘’ormai hai riacquistato un’ ottima capacità di controllo…’’

‘’ a breve potrai tornare nel tuo distretto…’’

Non mi volto nemmeno. Continuo a fissare la pioggia che avvolge Capitol City in un alone grigiastro. Tutto è così freddo, così asettico. Fa male agli occhi tanto quanto lo sfavillante luccichio di luci che mi ha accolto quando ho partecipato ai miei primi Hunger Games. Forse di più.
Almeno, allora, ero ancora me stesso.
- Ciao, giovanotto –
La prima sensazione che provo è disorientamento, non tanto per le semplici parole che mi vengono rivolte, quanto perché a pronunciarle è la voce di una donna. Una voce conosciuta, dolce, ma priva di qualsiasi emozione.
 Mi giro di scatto con lo stomaco contratto da uno spasmo nervoso, e ricambio lo sguardo di un paio di occhi che un tempo devono esser stati bellissimi. Sono azzuri…e terribilmente tristi.
- Signora Everdeen…-
È magra e, sebbene ci provi, non riesce a dissimulare del tutto il tremito nervoso delle mani. I tratti scarni del viso rendono i suoi occhi ancora più grandi. La guerra l’ha devastata, nel corpo e nell’anima; la morte di Prim deve averle portato via anche quel minimo di sanità mentale che le era rimasta.
La invito a sedersi con un cenno, cercando di mascherare la mia sorpresa. Mi rivolge un piccolo sorriso e, per un momento solo, mi sembra di avere ancora davanti la bella donna  dei miei ricordi di bambino. Ma il momento passa in fretta, e l’attimo dopo è di nuovo di pietra.
Passiamo alcuni minuti in silenzio. Mi sento a disagio, anche più del solito, ed è tutto dire. Non ho mai saputo bene come interagire con la signora Everdeen, nemmeno quando veniva alla panetteria per comprare qualcosa. Forse perché sapere che mio padre ne era innamorato mi imbarazzava. Oppure perché non potevo fare a meno di chiedermi come sarebbe stata la mia vita con una madre come lei.

- Il Dr. Aurelius mi ha detto che stai meglio –
- Perché è venuta qui?-

Freddo, diretto, sospettoso. È questo che sono diventato. La vedo sobbalzare appena, e mi do mentalmente dell’idiota.

- le chiedo scusa…-
- non importa…-

- Sono solo sorpreso- dico, cercando di usare un tono di voce più morbido e naturale – non sono abituato a ricevere molte visite, a parte il Dr. Aurelius-
Lei annuisce, e getta uno sguardo veloce alla stanza, al panorama alle mie spalle, infine alle ustioni che fanno bella mostra sul mio viso. Sono perfettamente cosciente di aver la parte alta della fronte bruciata, così come le mani, e parte delle braccia. Ma a lei queste ustioni devono suscitare  ricordi di tutt’altro genere: i paracadute che esplodono, Katniss tra le fiamme, la morte di Prim.
- Non ti ruberò molto tempo - dice, incrociando le mani sul grembo – un overcraft diretto al distretto  4 mi sta aspettando -
-  Non torna al distretto 12 – la mia è una constatazione, più che una vera e propria domanda. La cosa non mi stupisce come dovrebbe, forse un po’ me lo aspettavo. Quel luogo deve suscitarle troppi ricordi, belli e meno belli.
- C’è più bisogno di me altrove, giovanotto, sono sicura che lo capisci-
No, non lo capisco. Non batto ciglio, perché sono l’ultima persona al mondo a voler sparare a zero sugli altri. Comprendo il suo dolore, ma non posso  evitare di correre con la mente a Katniss, sola con il suo dolore e con un quarantenne triste e sempre ubriaco. Sento un moto di disappunto salire dentro di me, ma non faccio nulla per contraddirla.
- Immagino che questa non sia una semplice visita di cortesia, a questo punto-
- Sei sempre stato un ragazzo sveglio , proprio come tuo padre- dice gentile, sorprendendomi non poco – gli volevo bene , Peeta.  Eravamo amici da ragazzi, e mi è stato molto vicino sia dopo la morte di mio marito che durante i vostri Hunger Games. Era generoso ed onesto, proprio come te. Vi sarò per sempre debitrice-
Non ha mai parlato di lui in mia presenza, e lo fa con una delicatezza che quasi mi commuove.
- Non c’è nessun debito  –  replico piano –  non con me, almeno  –
- Hai salvato mia figlia, così tante volte che quasi mi vergogno a guardarti- mi risponde, amareggiata – sono stata una pessima madre, non l’ho protetta nel modo giusto -
- Non poteva fare nulla- mi avvicino a lei, prendendole una mano tra le mie, in un impacciato gesto di conforto –  nessuno poteva proteggerci  –
- Ti prego  –  mi implora all’improvviso, stringendo convulsamente le mie dita –  non lasciarla morire. Ha perso tutto ed io non posso fare niente per lei. Non ci riesco  –
Non riesce a trattenere le lacrime, e mi trapassa con quei suoi occhi spenti. La stretta delle sue mani mi fa male, ma non faccio nulla per svincolarmi, né accenno a lasciare la presa. Mi sta chiedendo di tornare al distretto 12, è chiaro. Solo a pensarci sento una stretta al cuore. Come posso salvare Katniss se a stento riesco a tenere insieme i miei di pezzi? Chi mi garantisce che non finirò solo col farle del male?
- Non sono più quello di un tempo, la farei stare solo peggio-
La signora Everdeen scuote la testa come una bambina testarda, e ancora mi accarezza il viso, mi implora di tornare a casa. Mi sembra di non valere nulla.
- Ti chiedo solo quest’ultimo favore ,Peeta. Lei ha bisogno di te. Ha bisogno di tornare a vivere e di amare ancora. So che la ami, so che non la abbandonerai –
 Bussano alla porta, e la signora Everdeen mi lascia andare di scatto, cercando frettolosamente di ricomporsi ed asciugarsi gli occhi con le dita. La faccia del dottor Aurelius fa capolino con cautela; il suo sguardo perplesso si sposta dalla signora Everdeen a me.
- Tutto bene?- dice, guardingo – signora, la stanno aspettando-
- Arrivo!- gli risponde la madre di Katniss cercando di schiarirsi la voce alterata dal pianto – ci lasci un altro minuto-
Il dottore annuisce, ed esce dalla stanza senza ulteriori indugi, invitandola solo a non attardarsi troppo.
La signora Everdeen si alza, lisciando delle invisibili pieghe sul suo vestito grigio, così simile alle divise che portavano gli abitanti del distretto 13. Aspetta qualche altre minuto, in modo tale che il suo viso perda il colorito rossastro del pianto. Le porgo un fazzoletto, che accetta con gratitudine. Mi augura una pronta guarigione e, dopo avermi dato un bacio sulla fronte, mi volta le spalle, socchiudendo leggermente la porta. Prima di uscire, mi lancia un ultimo sguardo da sopra la spalla.

- Resterai con lei?- mi sussurra piano.

Forse anche Katniss ha gli occhi vuoti come i suoi.

- Sempre!- 
  
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