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Autore: SilviAngel    04/11/2015    3 recensioni
Un giorno, per caso, il giovane si ritrovò da solo nello studio privato del dottor Deaton e fu, sempre per caso, che gli capitò tra le mani – irrilevante il fatto che avesse scorso uno per uno i libri presenti nello scatolone opportunamente nascosto dietro una porzione di finta parete – un testo strano che descriveva, quasi fosse un banalissimo ricettario di cucina, come preparare strani intrugli di erbe per gli usi più disparati.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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So che la natura qui attribuita a Parrish non è quella che è stata poi rivelata nel telefilm, ma quella parte della storia risale a prima della grande rivelazione.
Spero che piaccia, buona lettura.

 
Magic Halloween
 
Cap. 1
 
Stiles non sopportava più il grigiore che si era impossessato delle loro vite. Pareva che oramai tutti – umani, lupi e qualunque altra forma di vita presente a Beacon Hills – vivessero solo in attesa dell’ennesimo incubo o nemico e lui, semplicemente, non ce la faceva più.
Un giorno, per caso, il giovane si ritrovò da solo nello studio privato del dottor Deaton e fu, sempre per caso, che gli capitò tra le mani – irrilevante il fatto che avesse scorso uno per uno i libri presenti nello scatolone opportunamente nascosto dietro una porzione di finta parete – un testo strano che descriveva, quasi fosse un banalissimo ricettario di cucina, come preparare strani intrugli di erbe per gli usi più disparati.
Alcune istruzioni avevano come finalità quella di fungere da barriere – e Stiles ne conosceva già almeno un paio – seguiva poi la sezione riguardante composti con natura più aggressiva e il tutto si chiudeva con il capitolo intitolato “Scherzi e burle”
Un piccolo ghigno colorò le labbra del ragazzo che, in un lampo, ebbe tra le mani carta e penna pronto a trascrivere, innocentemente, quanto utile a realizzare una miscela che andava sotto il nome di “Revelatio naturae” e che veniva descritta come un portentoso strumento per comprendere la natura più intima di una persona.
Poco sotto l’elenco degli ingredienti – che con somma gioia di Stiles parevano essere abbastanza facili da reperire, anche grazie alla dispensa speciale di Deaton che il ragazzo aveva, casualmente, trovato poco prima spostando e rovistando in altri scatoloni ammassati nel sottoscala dell’ambulatorio, la cui chiave, sempre casualmente, gli era capitata tra le mani aprendo i cassetti della scrivania del veterinario, soprattutto l’ultimo in basso chiuso da un infimo lucchetto di quart’ordine – vi era un simbolo strano, pareva a tutto dire un ghigno e, prima di chiudere il libro, Stiles lesse e rilesse più volte la puntuale descrizione della preparazione.
Alla fine era tutto molto semplice, dosate le giuste quantità delle varie sostanze si consigliava di sciogliere il miscuglio di erbe tritate finemente in un liquido o di amalgamarlo a un cibo.
Terminata l’accurata trascrizione della pagina, Stiles ebbe a malapena il tempo di rimettere tutto a posto, prima che Scott e l’emissario rientrassero da una delicata visita a domicilio.
 
Stiles rimuginò a lungo sui dettagli del suo piano. Voleva regalare a tutti i suoi amici una serata speciale lontana dai problemi e da vivere in leggerezza, convinto che, senza il velo delle maschere che ciascuno indossava oramai da troppo tempo, avrebbero respirato una meritata boccata d’aria fresca.
Valutate le opportunità che gli si presentavano, alla fine optò per agire la sera di Halloween.
Lydia aveva già da alcune settimane iniziato ad organizzare una festicciola, ben al di sotto dei suoi soliti standard, nella casa sul lago della nonna, sperando di ripulirla una volta per tutte dai brutti ricordi e dalle orride sensazioni che le aveva trasmesso.
Nel primo pomeriggio del trentuno ottobre, il figlio dello sceriffo si armò di buona volontà e si mise ai fornelli. Ciascuno degli invitati si era incaricato di preparare un piatto – ad eccezione di Scott e Derek che, per la sopravvivenza degli invitati, si sarebbero occupati solo ed esclusivamente delle bibite – e a Stiles era toccato il dolce.
Impastò con forza e attenzione tutti gli ingredienti per la pastafrolla e all’ultimo aggiunse il colorante alimentare così da dare all’impasto un favoloso color arancione.
Stese la pasta in uno strato non troppo sottile e poi, con l’aiuto di una formina iniziò a ricavare tante zucche della grandezza all’incirca di un palmo. Poi, su metà delle forme disegno rapido, con abili intagli, occhi e smorfie di vario genere.
Mentre la terza teglia di biscotti si raffreddava sulla gratella, il figlio dello sceriffo mescolò in una capiente terrina burro, zucchero, formaggio cremoso e, per ultime, numerose gocce di color nero, così da mimetizzare la presenza delle erbe e polveri – aggiunte pochi attimi prima – che avrebbero dato realmente inizio alla festa.
Fortunatamente il padre rientrò quando i dolci erano oramai stati ultimati – il nero della crema risaltava magnificamente dal volto intagliato delle zucche – e raccolti con cura in una grossa scatola e la cucina sapientemente pulita.
“Figliolo, sei ancora qui? Pensavo dovessi passare a prendere Scott”
“Dannazione, è vero” imprecò a denti stretti il liceale, adocchiando preoccupato l’orologio appeso al muro dell’ingresso e, facendo gli scalini a due a due per raggiungere la propria camera, recuperò il borsone precedentemente preparato – dato che avrebbero passato la notte al lago – e dopo aver agguantato il contenitore dei dolci, saluto il genitore e uscì di corsa da casa.
 
Lungo la strada che ancora lo divideva dall’abitazione dell’amico, Stiles ripassò mentalmente le ultime righe della ricetta. L’incanto avrebbe avuto effetto poco dopo l’ingestione delle erbe e sarebbe durato non più che una manciata di ore e quindi per il ritorno a casa qualunque conseguenza sarebbe stata un mero ricordo.
Sorridendo tra sé e sé, salutò l’alfa che lo attendeva nel vialetto.
Arrivarono nel parcheggio della scuola appena in tempo per poter rassicurare i genitori di Liam - sarebbero stati attenti e coscienziosi e avrebbero riportato il loro bambino a casa sano e salvo – e poi partirono davvero per raggiungere il luogo della festa.
 
Il sole oramai stava calando al di là degli alberi quando giunsero nello spiazzo antistante la grande baita e, sul selciato, trovarono ad attenderli le ragazze – la padrona di casa, Kira e Malia – e un certo lupo scorbutico che con una sola mezza occhiata fu in grado di far attorcigliare lo stomaco di Stiles.
Il figlio dello sceriffo sperava davvero che la sua idea avrebbe portato un sospiro di sollievo e spensieratezza a tutti, soprattutto a Derek. Era dal ritorno dal Messico, dopo l’ennesima fuga di Kate e il ritorno di Braeden alla vita solitaria, che il mannaro si era isolato, se possibile, ancora più di quanto non facesse prima.
Stiles aveva compreso che qualcosa davvero non andava quando si era reso conto che il moro non si prendeva più neppure la briga di contraddirlo, urlargli contro o tenere simili comportamenti che il liceale aveva sempre considerato sua personalissima prerogativa.
Non aiutava di certo il fatto che Stiles non riuscisse a togliersi di mente Derek neppure per un attimo, neppure la notte. All’inizio aveva imputato tutto al suo costante preoccuparsi per ogni membro del branco, ma poi a lungo andare aveva capito.
Voleva che Derek stesse bene, voleva che sorridesse, se poi proprio si concedeva di sognare, voleva che sorridesse a lui. Solo e soltanto a lui.
Neppure la vicinanza di Malia era servita a distrarlo – e beh, la ragazza era ben provvista di armi in grado di farlo – e a nulla erano valse le moine e le carinerie con cui ella lo aveva avvolto giorno dopo giorno.
La giovane Hale aveva iniziato a sentirlo distante, sempre più lontano e, pur continuando a volergli molto bene, aveva capito che non poteva essere lei a ridonargli lo smalto che aveva smarrito e così, la storia era finita, senza tragedie o lacrime, semplicemente era finita.
 
“Finalmente” esordì Lydia
“Su, non esagerare, non sono così in ritardo” tentò di mediare la volpe sorridendo prima di fiondarsi tra le braccia di Scott.
“Lasciamo stare, entriamo e ringraziamo il cielo che mia madre ieri ha deciso di mandare una signora del paese a dare una sistemata e ad accendere i caminetti” e, seguendo la padrona di casa, la compagnia varcò la soglia venendo così avvolta da un languido e accogliente tepore “Allora, la cucina è di là. Posate la cena sulla tavola e seguitemi, vi mostro le camere”
Eseguito l’ordine, tutti si incamminarono su per le scale, mentre Lydia riprendeva a parlare “Allora ci sono quattro camere. Qui” e aperta una porta riprese “staranno Kira e Scott, in quella accanto Malia e Derek, tanto siete cugini, non penso vi importi”
I due chiamati in causa si limitarono ad alzare le spalle. Tutti erano a conoscenza del fatto che, di certo, tale soluzione generasse solo una sana e profonda indifferenza da parte di entrambi.
Ferma nel bel mezzo del corridoio, la banshee concluse il tour con poche altre parole indicando semplicemente le ultime due porte “Liam, Stiles questa sarà la vostra camera e questa qui la mia. Ora possiamo tornare di sotto”
 
Lydia non gli voleva bene.
Non gli voleva per niente bene, pensò Stiles scendendo le scale. Lei sapeva – ovvio che lo sapesse – e avrebbe potuto organizzare le camere in modo diverso, dannazione.
Avrebbe potuto dividere la stanza con Malia così da dare la singola al piccolo lupetto con gli scatti d’ira e far così finire insieme Stiles e Derek, ma non lo aveva fatto.
Scuotendo il capo tristemente, Stiles non si rese conto che il nuovo beta gli si era affiancato “Non ti devi preoccupare. Il mio autocontrollo è migliorato parecchio e siamo lontani dalla luna piena. Senza dimenticare poi che non ti farei mai del male dato che è anche grazie a te che ho imparato a mantenere la calma”
Il figlio dello sceriffo si sforzò di sorridere perchè, forse, a conti fatti sarebbe sopravvissuto alla nottata e, sospirando, si diresse verso la cucina, per tentare di mettere ordine nel caos che era certo gli amici avessero creato.
 
Prima di tutto divise le pietanza che necessitavano del frigorifero, da quelle che invece potevano rimanere sulla penisola e dalle teglie che invece vennero prontamente poste accanto al forno, in attesa che esso raggiungesse la temperatura giusta.
In un angolo, quasi come se volesse per il momento nasconderli, Stiles posizionò i suoi biscotti magici. Conosceva Scott e sapeva che se li avesse trovati, li avrebbe divorati in pochi minuti, gettando al vento il suo piano.
Kira tentò di entrare in cucina, chiedendo se gli occorresse una mano, ma alle sue spalle fece immediatamente capolino il fidanzato che, sorridendo, la rapì per condurla nuovamente accanto a sé sul divano del soggiorno.
La volpe fu solo la prima ad avventurarsi nel regno di Stiles, infatti pochi minuti dopo, la tenda formata da fili di mille piccole conchiglie tintinnò di nuovo “Ti serve una mano?”
La voce di Derek giunse inaspettata e il liceale si voltò meravigliato.
Quanto era bello, si trovò a pensare Stiles, mentre osservava il lupo sulla soglia, ancora in attesa di una risposta.
Il moro indossava un morbido maglioncino blu che gli fasciava le spalle e il petto, per poi scivolare leggero lungo il torso e l’umano si vide affondare il viso in quel soffice tessuto, inspirando forte l’odore del beta.
“Cosa?” si riscosse, quando i neuroni bussarono alla sua immaginazione facendogli notare che era stata posta una domanda “No, grazie. È quasi tutto pronto”
“Oh, ok” mormorò Derek, abbassando le spalle.
Le antenne di Stiles vibrarono sorprese. Il licantropo appariva scontento delle sue parole, ma immediatamente il cuoco si rese conto dell’assurdità di tale supposizione e riprese “Però, se ti va, potresti iniziare ad apparecchiare la tavola”
“Ok” e, afferrate le vettovaglie, Derek si dedicò silenzioso al suo compito.
Stiles iniziò a sistemare in un largo piatto gli stuzzichini della più rinomata gastronomia della città – e che costituivano il contributo di Lydia alla cena – canticchiando a labbra serrate, cercando di disegnare nella propria mente quale aspetto avrebbe assunto Derek a seguito dell’incanto e, incapace di immaginarlo in qualcosa che non fosse coccoloso e bellissimo, alla fine si arrese alla consapevolezza di essere cotto a puntino.
“A tavola. Si comincia” gridò sollevando il vassoio e lasciandosi i fornelli e i pensieri alle spalle.
 
La cena fu una carrellata di cibo più che discreto, risate e chiacchiere, fino a quando, alzandosi in piedi, Stiles attirò l’attenzione di tutti su di sé “Allora è il momento del dolce” e voltandosi riprese “Un attimo di attesa”
Il figlio dello sceriffo recuperò dal loro nascondiglio i biscotti magici e con un sospiro di trepidante attesa – e forse di sottile paura – tornò dai suoi amici stringendo tra le mani un grande vassoio dove erano stati ben posizionati i singoli dolcetti.
“Stiles, sono una meraviglia” si complimentò con lui Kira non appena il recipiente ebbe toccato la tovaglia.
“Beh, grazie, ma è tutta scena” rispose il ragazzo imbarazzato grattandosi nervoso la nuca “sono semplici biscotti con la crema”
Quasi in contemporanea tutti i presenti allungarono le mani verso il centro della tavola, aggiudicandosi il proprio dolce e addentandolo subito dopo.
Stiles sorrise affondando i denti nella frolla, ringraziando il cielo che il gusto fosse paragonabile all’aspetto.
Vari mugolii di apprezzamento inorgoglirono il liceale che leccandosi la punta delle dita portò via ogni traccia di farcitura, appoggiandosi beato allo schienale della sedia e attendendo l’inevitabile.
 
Il primo ad accorgersi che qualcosa non andava fu Liam che prese a grattarsi poco elegantemente la testa con entrambe le mani, scattando in piedi come se la seggiola fosse divenuta incandescente “Ma cosa diavolo?” iniziò a dire, prima di spostare una mano dai capelli a una zona ben più intima. Non solo la testa prudeva in un modo assurdo, ora la stessa sensazione di irritazione sembrava aver colpito anche la parte bassa della schiena, proprio dove vi era l’osso sacro.
Sguardi scioccati, divertiti e a tratti disgustati avvolsero per alcuni attimi il giovane lupo, fino a quando tutti gli invitati alla festa non si ritrovarono a lottare con lo stesso bisogno incontrollato di grattarsi e, cedendo all’istinto, imitarono Liam.
Una strana luce bianca costellata da numerosi crepitii avvolse i presenti nascondendo ciascuno alla vista degli altri e, per questo motivo, quando tutto si placò e la nebbiolina si sparì, ciò che videro li lasciò senza parole.
Erano ancora umani, sì, ma avevano assunto alcuni tratti peculiari della natura più segreta e profonda che tanto strenuamente nascondevano al resto del mondo.
 
Lunghi attimi di silenzio riempirono la sala e, mentre l’orologio rintoccava la mezzanotte, Lydia gridò.
Con somma gioia, tutti riconobbero le urla umane della ragazza e, guardandola, attesero spiegazioni.
“Cosa diavolo è successo? Perché mai i miei capelli sono diventati così?” strillò con rabbia stringendo grandi ciocche bianche tra le dita.
Stiles ancora in silenzio, così come lo erano i suoi amici, si prese il tempo necessario per godersi gli effetti del suo scherzo.
Come prevedibile, Scott, Derek e Liam avevano i tratti marcati dei lupi, ma nulla a che vedere con i connotati spaventosi a cui era comunque da tempo abituato. Buffe orecchie a punta erano spuntate sulle loro teste, i denti erano un poco più lunghi del normale e anche le unghie erano cresciute ma non presentavano estremità acuminate e taglienti. Non c’era la benché minima traccia di aggressività o di volti deformati, parevano – a dirla tutta – demoni di qualche anime giapponese.
Il figlio dello sceriffo trattenne a stento una risata e, allungando il collo per sbirciare la schiena del suo migliore amico che gli era accanto, sgranò gli occhi. Una lunga e fluente coda sbucava dai suoi calzoni ondeggiando pigramente da un lato e dall’altro.
Spostando lo sguardo si scontrò con la figura di Kira e con le sue fattezze simili a quelle del fidanzato, ma inequivocabilmente più eleganti e sottili. Anche in questo caso – lungi dal voler sbirciare il sedere alla ragazza del suo migliore amico – abbassò gli occhi alla ricerca di strane appendici, attività che fu del tutto inutile dato che le numerose e voluminose nove code erano più che evidenti.
Malia aveva invece acquisito tratti analoghi a quelli degli altri mannari presenti, anche se la coda era meno folta e le orecchie, a prima vista, erano più lunghe e sottili.
 
Finalmente il ragazzo riportò la sua attenzione su Lydia, studiando finalmente le trasformazioni che ella aveva subito. I capelli, come già notato, si erano allungati fino a superare le cosce e il loro colore era di un biondo quasi completamente bianco. I suoi occhi erano circondati da una zona di diffuso e marcato rossore come se avesse passato molto tempo a piangere. Null’altro di anomalo vi era nel suo aspetto.
 
Tutti ripresero a parlare quasi in contemporanea sovrapponendosi l’uno all’altro e, di fatto, impedendosi reciprocamente di comprendere quanto detto dagli altri.
“Ragazzi, certo che siete buffi, anche se molto carini?” commentò Stiles in un attimo di ritrovata quiete.
“Noi siamo buffi? Ma ti sei visto?” obiettò Derek puntandogli contro un dito.
“Cosa?” borbottò Stiles volgendo il capo a lato. Sbirciando dietro di sé ebbe la conferma che il pizzicore avvertito prima non era stato privo di conseguenze, come aveva erroneamente ipotizzato.
Nove code rossicce si muovevano senza sosta alle sue spalle e, seguendole, non poté che avere la prova inconfutabile che fossero attaccate al suo sedere.
Con somma sorpresa di Stiles, anche il suo corpo era mutato.
Questa eventualità, ammise a se stesso, non lo aveva neppure minimamente sfiorato durante la programmazione dettagliata del suo piano, in fondo lui era l’umano. L’unico e  solo umano ancora presente nel branco, perché mai avrebbe quindi dovuto temere qualcosa?
Spaventato dal risultare ridicolo, sollevò rapido le mani, schiacciandosele sul capo. Le dita affondarono nel pelo soffice di due grandi orecchie che si muovevano senza sosta, agitate e nervose come il loro padrone.
Evidentemente aveva fatto male i suoi calcoli, il rito doveva aver attecchito su quel brandello di presenza soprannaturale rimastogli addosso dopo la possessione da parte del nogitsune o almeno questa era l’unica spiegazione possibile.
“Dannazione! Io sono umano, sono fottutamente umano, non avrebbe dovuto succedere. Non avrebbe dovuto” ripeté sovrappensiero Stiles prima di essere interrotto e prima che una mano calasse con forza sulla sua spalla stringendo con forza.
“Cosa non avrebbe dovuto accadere?” ringhiò Derek incapace però di risultare minimamente pericoloso “Cosa hai combinato questa volta?” continuò il beta, dando oramai per assodato il coinvolgimento del figlio dello sceriffo in quella stramba faccenda.
“Cosa ho combinato? Io? Nulla, davvero, nulla. Certo, potrei aver accidentalmente pensato che ci avrebbe fatto bene un po’ di divertimento e, sempre accidentalmente, potrei aver trovato un metodo per far cadere le nostre maschere”
“Stiles!” gridarono in coro tutti i presenti.
“Amico” iniziò Scott dopo aver sottratto il compagno di scuola dalle grinfie di Derek “Cosa.Diavolo.Hai.Combinato?”
“Domani mattina saremo di nuovo normali” si giustificò Stiles mentre le sue code si muovevano mogie a destra e a sinistra e le orecchie piano piano si abbassavano. “Ho trovato in un libro di Deaton questo incantesimo che aiuta solo ad essere più istintivi e sinceri, a rivelare la propria vera natura, nulla di più”
“Non che non mi senta strana” intervenne Kira “ma devo ammettere che non mi dispiace vedermi così. Assomiglio davvero a quelle immagini giapponesi che avevo trovato una volta su Google”
“Brava!” gongolò Stiles “Questo è lo spirito giusto”
“E dimmi genio, cosa faremo quando tra pochi minuti arriverà Jordan?” lo contraddisse Lydia.
“Jordan?” ripeté curioso il figlio dello sceriffo, ammiccando in direzione dell’amica.
“Sì. L’ho invitato, problemi?”
“Certo che no. Anzi, c’è ancora qualche biscotto, forse così scopriremo che creatura è?” segnò un altro punto l’umano.
Mentre parlavano Kira era sgattaiolata indisturbata verso il grande specchio dell’ingresso e sorridendo al proprio riflesso stava studiando il suo aspetto, quando vide comparire Scott alle sue spalle.
“Sei bellissima anche con nove code” le sussurrò baciandole il collo e stringendole la vita con le braccia.
“Anche tu non sei niente male” e voltandosi nel suo abbracciò lo baciò lentamente, sprimacciandogli le orecchie.
 
Intanto al centro della sala, gli animi si erano un poco placati, anche se Lydia e Derek non erano ancora così propensi a perdonare l’ennesimo piano strampalato di Stiles. Per questo motivo nessuno si accorse di come Liam, silenzioso fino all’eccesso, si fosse, passo dopo passo, avvicinato alla figlia di Peter, cercando un argomento di conversazione.
“Abituata a queste stramberie?” sorrise il ragazzo alla volta di Malia.
“Mai abbastanza. E tu?”
“Penso che non sia possibile abituarsi davvero. Ti va di bere qualcosa?” e, ignari dell’occhio vigile di Scott, i due sparirono in cucina, alla ricerca di una bibita fresca.
 
Mentre Derek e la banshee cercavano ancora di comprendere i dettagli di quanto accaduto, il campanello trillò.
“Non posso andare ad aprire in questo stato. Non voglio che gli prenda un colpo non appena mi vede” esordì la padrona di casa.
“Tranquilla, vado io” propose Stiles, incamminandosi verso l’ingresso.
Aperto l’uscio, il ragazzo si godette lo sguardo disorientato del vicesceriffo e la sua bocca spalancata e muta.
“Parrish, benvenuto. Non spaventarti, è tutto ok” e invitatolo a entrare, lo condusse dove gli altri erano radunati.
“Abbiamo deciso” e agli sguardi torvi di Derek e Lydia, corresse il tiro “beh, ho deciso di movimentare la serata. Come vedi l’altra parte di noi ha preso un po’ il sopravvento. Ti va di provare? Così vedremo se ti spunteranno zanne, squame o quant’altro”
 
I presenti erano tutti consapevoli che quella fosse un’occasione d’oro per avere una risposta una volta per tutte ed evitare ore e ore di infruttuose ricerche.
Stiles si avvicinò al tavolo, recuperando il piatto dove al centro erano rimasti alcuni dolci “Forza, serviti pure e non ci pensare” sorrise sornione il castano.
Non del tutto sicuro di ciò che stava per fare, ma curioso come non mai di scoprire finalmente cosa ci fosse di non umano in lui, dopo aver preso un profondo respiro, strinse le dita attorno al dolce e se lo portò alla bocca.
 
Tutti attesero in silenzio.
Lentamente la lattiginosa nebbiolina che prima aveva avvolto i ragazzi nascose alla loro vista il vicesceriffo e prima ancora che si diradasse del tutto la videro volgere delicatamente al rosso.
Quando Parrish tornò visibile, i presenti rimasero a bocca aperta e muti.
Il giovane uomo aveva i lati del viso e la fronte – lì dove avrebbero dovuto vedersi solo i suoi capelli – ricoperti di lucenti piume e penne che giocavano con le tonalità dell’arancio e del rosso e nella stessa situazione erano le dita e il dorso delle mani.
Avendo anch’egli sentito un iniziale formicolio alla base della schiena, cercò di occhieggiare oltre le proprie spalle, scoprendo una lunga ed elegante livrea colorata.
Volgendo uno sguardo terrorizzato alle persone che lo circondavano, quasi gridò “Cosa mi avete fatto?”
“Tecnicamente” e prima di continuare Kira si schiarì la voce “è stato Stiles”
“Grazie” commentò sarcastico il chiamato in causa, prima che intervenisse l’alfa.
“Questo è uno scherzo che Stiles ha pensato ci avrebbe permesso di alleggerire la tensione degli ultimi tempi. Nulla di pericoloso”
“E siamo anche parecchio carini” cercò di addolcire la pillola la kitsune “Inoltre abbiamo fatto più passi avanti nel capire cosa sei in questi ultimi secondi che in mesi di ricerche”
“Vi credo sulla parola, ma quindi cosa sono?”
“Sei una fenice” il tono calmo di Derek si fece strada nella conversazione.
“Una fenice? Sono un uccello?”
“Un volatile dalla vita praticamente eterna e dotato anche di altri poteri, stando a Harry Potter” puntualizzò il figlio dello sceriffo, avvicinandosi per poterlo vedere più da vicino “Favoloso, hai anche le iridi da uccello” concluse con stupore osservando gli occhi giallo dorati – con la pupilla esageratamente grande – di Jordan.
“Una fenice” ripeté con voce pacata il giovane muovendo le mani e accarezzando le penne che le ricoprivano.
“Ora possiamo focalizzare le ricerche e scoprire qualcosa in più su di te” sorrise fiduciosa Lydia avvicinandosi a sua volta e monopolizzando in un attimo l’attenzione del ragazzo.
Piano piano la serata riprese la sua strana e assurda normalità, con Kira e Scott accoccolati sul divano, Malia e Liam che, riemersi dalla cucina, erano ancora intenti a chiacchierare per conto loro e la padrone di casa e Parrish che, seduti comodamente davanti al camino, congetturavano di poteri e possibilità.
 
Stiles, subito dopo il parapiglia che la trasformazione di Jordan aveva causato, si era spostato davanti allo specchio osservando con espressione mesta il suo aspetto. D’un tratto comparve nel riflesso Derek che, a mezza voce, chiese cosa mai avesse per essere così taciturno, fattore che – ci tenne a precisare – non era per niente da lui.
“Sono ridicolo”
“Non sei ridicolo”
“Sai che lo sono, guarda” e nel rispondere aveva stretto tra le dita l’estremità di una delle code portandola quasi di fronte al viso.
“Sei uguale a Kira, quindi”
“Lei è una ragazza, anche in questa situazione è carina a prescindere” ammise tristemente il figlio dello sceriffo.
“Beh, anche tu sei” e, dopo una piccola pausa e un colpo di tosse, Derek concluse dicendo “anche tu sei carino”
“Davvero?” volle sincerarsi il ragazzo voltando completamente la schiena allo specchio e affrontando speranzoso il moro.
“Nel tuo modo di essere strambo e assurdo, sì, sei carino”
Le guance di Stiles si sollevarono grazie al sorriso che lento ma sicuro si allargava sul suo viso “Grazie” mormorò, sprimacciando la punta della coda che ancora aveva tra le dita “anche tu lo sei”
“Ti va una birra?”
“Stai offrendo alcool a un minorenne che, per di più, è figlio dello sceriffo?” sorrise sornione Stiles continuando a lisciarsi la pelliccia.
“Se così fosse, accetteresti da bere da parte del un lupo cattivo?”
“Non sei un lupo cattivo. Certo ci hai provato, ti ci sei anche impegnato parecchio, ma niente da fare, non ci casco. Comunque fai strada, non ho la benché minima idea di dove tu possa aver nascosto la merce di contrabbando” e, dondolando morbidamente le code da un lato e dall’altro, lo seguì in cucina.
Dopo un lungo sorso e stringendo la bottiglia in una presa spasmodica, il liceale domandò a mezza voce se fosse arrabbiato per il tiro che aveva rifilato a tutti.
“Appena ho visto la coda e l’aspetto di Scott, supponendo che il mio fosse simile, ammetto di aver pensato di dare realtà alla mia vecchia minaccia: aprirti la gola con i denti, ma considerando che probabilmente quelli che ho ora sono simili a quelli da latte, non ne varrebbe la pena”
“Hai fatto una battuta! Oh mio Dio, Derek, tu hai appena fatto una battuta. Queste erbe che ho usato devono avere strani effetti collaterali”
“Inoltre ho pensato che questo possa essere, per me, la massima forma animale che mi sarà mai possibile raggiungere. Non penso potrei mai avere le capacità di mia madre” confessò il mannaro.
Stiles lo ascoltava e lo osservava come se si trovasse di fronte a un essere completamente sconosciuto e, quando alle ultime parole da questo pronunciate, si aggiunsero le orecchie che lentamente si piegavano abbassandosi sul capo, semplicemente non ce la fece più a trattenersi.
Accorciando la distanza, affondò le dita nei suoi capelli neri, muovendo la mano avanti e indietro, accarezzando poi una delle morbide appendici “Non dire così, con tutto quello che hai fatto per noi, penso che tua madre sarebbe molto fiera di te”
Il capo del moro a quelle parole si sollevò di scatto permettendo ai loro occhi di incontrarsi “Lo dici solo per dire”
“Non è vero” lo contraddisse il liceale “hai sempre cercato di aiutare Scott, hai sacrificato la tua natura di alfa per salvare Cora. Hai cercato addirittura di aiutare me quando era l’ultima cosa sensata da fare”
“Sarebbe fiera di me, nonostante Kate e Jennifer?”
“Ehi, hai pessimi gusti in fatto di donne, ma non possiamo di certo fartene una colpa”
“E che mi dici di Erika e Boyd?” lo pungolò ancora come per costringerlo ad addivenire all’unica verità e che cioè Derek fosse un pessimo lupo.
“Sono state due tragedie. Erika e Boyd se ne sono andati e lei per prima ne ha pagato le conseguenze. Per quanto riguarda lui, ricordati che io c’ero. So come sono andate le cose” sentenziò Stiles e, con un tono serio e che non ammetteva repliche, senza allontanare ancora gli occhi dai suoi, continuò “e poi, se davvero vogliamo parlare di chi sta messo peggio tra i due, vuoi che ti riassuma cosa ho fatto io?”
Derek non obiettò e il discorso si interruppe proprio un attimo prima che un timido Liam facesse il suo ingresso in cucina quasi spintonato da una ben più sicura Malia.
“Stiles, mi chiedevo se per te sarebbe un problema, ma se non ti va non fa niente, cioè”
Il figlio dello sceriffo e Derek si guardarono incuriositi.
“Lascia parlare me” si intromise la coyote “cugino andrai a dormire al posto di Liam. Fine della conversazione” e artigliando con le dita il polso del ragazzo, se lo trascinò, dietro sparendo al di là della sottile tenda che separava la cucina dal resto della casa.
   
 
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