1. Quella piacevole finta pace
180
Giorni.
Erano passati estremamente in fretta paragonati ai 9 anni
di silenzio che si erano frapposti tra me e Logan. 180 giorni di
chiamate interrotte, mail sempre troppo corte, e giorni di
incredibili silenzi che mi tenevano sempre con il fiato sospeso. Ma
avendo pur sempre una reputazioni da portare avanti, ovviamente non
avevo fatto trasparire le mie emozioni con nessuno, buttandomi a
capofitto nelle indagini più svariate.
Dopo la pessima figura di Lamb, che fece il giro del web grazie alle nostre registrazioni durante il caso di Logan, lo sceriffo aveva finalmente ricevuto un velato ordine di dimettersi, grazie al quale i cittadini di Neptune furono richiamati al voto, per le elezioni del nuovo sceriffo. A 9 anni di distanza da quelle che furono truccate, e che rimandarono mio padre a occuparsi della Mars Investigation, le elezioni di quell'anno portarono finalmente Kheit Mars nuovamente dietro la scrivania che lo spettava, e dava a me il pieno controllo di tutti i casi che passavano dall'ufficio. Insomma un sacco di occasioni per occupare il mio tempo.
Nonostante il lavoro però, e il mio più totale autocontrollo che mi ero imposta sull'argomento “Logan” in quelle settimane, fu difficile trattenere il più sincero dei sorrisi quando finalmente potei rivedere l'affascinante figura del mio uomo sbucare dal Gate d'uscita.
-
Mi scusi Signorina, stava aspettando qualcuno.?? - chiese con quel
suo fare malizioso avvicinandosi il ragazzo.
- Mha... diciamo che
aspettavo il mio uomo. Magari l'ha visto in aereo: alto, biondo,
occhi azzurri. Questa descrizione le dice qualcosa.?? -inizia a
scherzare io avvicinandomi alle sue labbra. Logan fece cenno di no
con la testa, e con ancora quel suo ghigno stampato in faccia, si
fiondò a baciarmi come qualsiasi ragazza dovrebbe esser baciata dopo
180 giorni di lontananza.
- Sai, non so il tuo ragazzo, ma io ho una bella villetta, sulla spiaggia, vista mare dalla camera da letto, che sarebbe molto comoda dove continuare questa sessione di baci – Propose divertito staccandosi dalle mie labbra. Sorrisi come una 15enne, e dopo avergli preso la mano, ci dirigemmo fuori dall'aeroporto.
-
Ti prego Mars, dimmi che sei venuta con la mia bambina – domandò
con ansia Logan, guardandosi intorno nel parcheggio alla ricerca
della sua amata Mercedes Cabriot.
- Sapevo che amavi più lei
di...- iniziai a protestare con tono finto offeso, quando degli spari
tuonarono da dentro la Hall principale dell'aeroporto.
Il
ragazzo mi buttò in automatico a terra per proteggermi, ma senza un
reale pericolo, dato che il fuoco era già cessato. Il panico
ovviamente pervase nel luogo: urla, bambini che piangevano, gente che
correva senza meta. Dopo pochi attimi di stordimento, non potei che
alzarmi di scatto, e guidata dal mio solito poco buon senso, mi
precipitai sulla scena della sparatoria. Logan mi corse dietro
sbraitando di non fare la solita eroina, quando tutti e due, una
volta varcate le porte dell'aeroporto non potemmo che rimanere
esterrefatti dal caos che si presentava davanti agli occhi.
La
polizia correva in tutte le direzioni possibili, divisi in gruppi di
2 o 3 uomini alla volta, ma dandosi coordinate del tutto differenti.
C'era chi gridava “giù per la rampa di scale”, chi “ragazzi
l'ho visto sulla destra” o chi ancora segnalava di averlo visto
oltrepassare correndo il check in. Ma quello che mi colpì di più
furono gli occhi di una bambina in mezzo alla folla, proprio di
fianco a una colonna. Non parlava, non piangeva, ma continuava a
girovagare con lo sguardo come se fosse in cerca di aiuto. Mi
concedetti nel caos di fissarla per qualche istante più del resto
che mi circondava. Era come se l'avessi già vista, come se quel viso
non mi fosse nuovo. Avrà avuto su per giù una decina d'anni.
Continuai a fissarla, fin quando non mi accorsi che la sua
maglietta e le sue mani erano ricoperte di sangue. Quando finalmente
notai quel particolare, strattonai Logan e le corsi incontro. A
fianco a lei giaceva oramai il cadavere di una donna, immersa in una
pozza di sangue. Due spari secchi, proprio come quelli che avevano
rieccheggiato in tutto l'aeroporto. Uno diretto al cuore, uno alla
testa. In poche parole nessun atto di terrorismo nella cara e vecchia
Neptune, solo un omicidio in grande stile, eseguito da un
professionista.