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Autore: Gora_DC    11/11/2015    2 recensioni
Kurtbastian!
Dal testo:
Così senza pensarci due volte, decise che per quella sera non c’era altro da fare, che non importava quanto fosse indietro con il lavoro, quanto c’era ancora da stabilire, scegliere o correggere, decise che quella sera sarebbe tornato a casa da lui. Ne sentiva il bisogno più di ogni altra cosa, ne sentiva la necessità più di ogni altro giorno e sapeva che la cosa era reciproca, che si stava spingendo troppo oltre quella situazione, perché quel sms, ricevuto solo qualche minuto prima ne era la conferma.
Aveva bisogno di lui.
“Torna a casa! È importante!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lo so di essere relativamente in ritardo, ma come si dice: “Meglio tardi che mai!”

Questa os doveva essere una specie di regalo di compleanno per una persona speciale e anche se il mio pc mi ha dato buca non permettendomi di portarla a termine per quel giorno, non mi sono arresa e ieri sera, nonostante la stanchezza, sono riuscita a terminarla.
Questa, Pier è per te!
Per te che mi hai ispirato!
Per te che ci sei sempre!
Per te che non smetti mai di farmi ridere!
Grazie!!!
(spero che ti piaccia almeno la metà di quanto è piaciuta a me scriverla)
 
 
SORPRISE!!!
 
 
 
A volte la vita è davvero ingiusta, ti permette di avere un’esistenza agiata, confortevole, ma mai senza la giusta dose di sacrificio.
 
Quella settimana, anzi quel mese Kurt era in un periodo davvero ingiusto. Lavorava a Vogue.com da ormai quella che poteva definirsi “una vita”, Isabel lo aveva distrutto, sfinito mentalmente, lo aveva abbattuto e ricostruito pezzo per pezzo, rendendolo non solo uno stilista di successo, ma anche un vero e proprio braccio destro. Qualsiasi decisione, qualsiasi richiesta, qualsiasi tipo di lavoro passava prima sotto i suoi occhi e poi al resoconto di Isabel. Era diventato il punto fermo dell’azienda, il pilastro portante, senza di lui la barca non galleggiava e a tenere il timone, se Isabel fosse stata assente, era sempre e solo lui. Nessuno contava di più e a Kurt piaceva comandare, piaceva il dover gestire ogni cosa, amava profondamente ciò che faceva e non gli importava quanti sacrifici avesse fatto per arrivare dov’era, perché non faceva più male ripensare alla NYADA, a Broadway, a Rachel che ogni sera calcava un nuovo palco, perché lui amava essere al potere.
 
Il problema era quando il potere ricadeva solo ed esclusivamente sulle sue spalle.
 
Quando Isabel era in sede, a lui spettava il compito di dover valutare cosa effettivamente poteva essere del buon materiale per il sito e mandarlo alla sua superiore per la decisione finale. Poche volte aveva sbagliato, sulle dita di una mano si potevano contare le volte che il suo istinto per la moda avesse fatto cilecca.
 
Ma ora era tutta un'altra storia.
 
Per la prima volta Kurt si ritrovava a dirigere da solo il lavoro di un intero ufficio, di dover prendere le giuste decisioni, di dover controllare ogni singolo bozzetto e qualsiasi intoppo, problema o difficoltà doveva sbrigarsela da solo. Questa volta non sarebbe potuto correre dal suo capo e giustificare che non fosse colpa sua ciò che era successo, del perché una qualsiasi fotografia fosse venuta male o perché un articolo non fosse ancora pronto. Non poteva parlare con nessuno, né tanto meno lamentarsi, perché da quando Isabel, dopo il crollo del suo secondo matrimonio, aveva deciso di prendersi una pausa dalla sua vita e scappare alle Maldive con un ragazzino di vent’anni e darsi alla pazza gioia, a lui era rimasto il controllo della situazione.
 
“Lei a divertirsi su chissà quale spiaggia tropicale e a me tocca sgobbare qui!” Ripeté per l’ennesima volta quella sera Kurt, con le mani tra i capelli e un mucchio di scartoffie sulla sua scrivania.
 
Non ne poteva più.
 
Isabel era partita da tre settimane, mancavano altre due al suo ritorno, ma comunque non in tempo per l’uscita della rivista on line. Kurt ricordava perfettamente il “mi fido di te” che gli aveva detto solo due giorni prima della sua partenza, quando aveva annunciato all’intero staff che a comandare ci sarebbe stato Kurt.
Non la odiava per essersene andata, ma per avergli fatto credere in tutti quegli anni di esserne capace.
 
Stava uscendo fuori di testa, ogni santo giorno ne usciva una, ogni santa sera a quell’ora chiedeva a se stesso come non si fosse accorto di lavorare per tutto quel tempo con dei simili incompetenti. Tutte le sere quando Kurt si ritrovava con una marea di lavoro in più e la consapevolezza di dover fare nuovamente tardi, di tornare a casa a un orario improponibile, mangiare ancora la cena fredda che suo marito aveva preparato e che aveva riposto in frigo non vedendolo arrivare, e andare a dormire, accanto a lui già addormentato, senza neanche chiedergli come fosse andata la sua di giornata, era una cosa che lo faceva star davvero male.
 
Il suo lavoro era imprevedibile, era già capitato in passato di dover restare in ufficio fino a notte fonda per risolvere dei pasticci combinati da qualche collega distratto o a qualche lampo di genio di Isabel all’ultimo minuto, ma la sera dopo sapeva di poter rientrare a casa ad un orario normale e poter stare insieme all’uomo che amava. Invece adesso era un mese, un intero mese, che a malapena si scontrava con lui la mattina nel bagno della loro camera, che gli rivolgeva un buongiorno e lo salutava con un bacio veloce per poi vederlo scappare in ufficio. Sapeva che si amavano, non aveva dubbi su questo, ma sentirlo così distante, a causa del suo lavoro, vederlo solo pochi minuti al giorno e in quel frangente di tempo rendersi conto di quanto lui fosse freddo, era una cosa che lo feriva profondamente.
 
Iniziava a credere fosse arrabbiato con lui. Di solito, durante l’orario di lavoro, riceveva messaggi, a volte anche alquanto piccanti, da suo marito, messaggi che tuttora erano capaci di farlo arrossire e sorridere, perché nonostante gli anni insieme ancora non gli era ben chiaro come alla fine fosse finito con lui. Eppure lo amava, si amavano e tutto ciò che voleva quella sera era poter tornare a casa da lui in orario, potergli parlare, cenare insieme e magari fare l’amore.
 
Così senza pensarci due volte, decise che per quella sera non c’era altro da fare, che non importava quanto fosse indietro con il lavoro, quanto c’era ancora da stabilire, scegliere o correggere, decise che quella sera sarebbe tornato a casa da lui. Ne sentiva il bisogno più di ogni altra cosa, ne sentiva la necessità più di ogni altro giorno e sapeva che la cosa era reciproca, che si stava spingendo troppo oltre quella situazione, perché quel sms, ricevuto solo qualche minuto prima ne era la conferma.
 
Aveva bisogno di lui.
 
“Torna a casa! È importante!”
 
 
***

Che fosse successo qualcosa di grave???
 
Per tutto il tragitto verso casa Kurt sperò, pregò quel Dio in cui non aveva mai creduto, o qualsiasi altra divinità esistente, che tutto fosse a posto, che suo marito sentisse solo il bisogno di vederlo, che magari volesse condividere con lui un annuncio importante, una causa vinta o un nuovo ricco cliente pronto a sborsare tanti soldi, ma niente che potesse essere qualcosa di brutto.
 
Immaginari macabri si susseguirono nella sua mente, fino a quando parcheggiò la macchina in garage. Aveva il cuore che gli batteva così forte da sentire la gola totalmente chiusa, faceva così tanta fatica a respirare che temeva stesse per sentirsi male.
 
E quando vide che era tutto buio, che non c’era alcun rumore provenire dall’interno del loro appartamento, deglutì, spaventato a morte.
 
Girò la chiave nella toppa e, quando spalancò la porta, un boato.
 
Kurt fu travolto da grida di auguri, da coriandoli colorati e festoni.
 
Tutti, i loro amici più stretti e i familiari, erano lì a gridare in coro: “Tanti auguri!”
 
Era riuscita, a quando sembrava, la festa a sorpresa!
 
Kurt rimase a bocca aperta, guardandosi intorno senza capire realmente cosa ci fosse tanto da festeggiare. Non era stato promosso, al di sopra di lui c’era solo Isabel quindi non poteva più ricevere promozioni a meno che lei non decidesse di fargli prendere il suo posto, ma al momento era totalmente esclusa la cosa, non era il loro anniversario… Allora cosa c’era da festeggiare?
 
E poi il calendario, quello nella sua amata cucina, quello che aveva guardato distrattamente prendendo il suo solito caffè mattutino, prima di scappare a lavoro, con un grande cerchio sulla data del giorno ma troppo preso dagli impegni che lo attendevano in ufficio per darci realmente peso. In quel momento aveva creduto fosse un promemoria di suo marito e invece…
 
Era il suo compleanno!
 
Non fece in tempo a elaborare la cosa che tutti i suoi amici si accalcarono per baciarlo e fargli i propri auguri. Non se la sarebbe mai aspettata una cosa simile, non quando lui era capace di fiutare aria di complotto a chilometri di distanza.  Ma questa volta era diverso, questa volta era così preso dal proprio lavoro che non era riuscito a captare niente e non aveva ancora capito se fosse un bene e un male.
 
Così si ritrovò a salutare tutti: Sam, Mercedes, Santana e Brittany, e ancora, gli amici della Dalton, Nick e Jeff, ancora insieme,  Thad e Wes.
 
Un mostriciattolo, un piccolo batuffolo di ricci, si arrampicò sulla sua gamba, costringendo Kurt a farsi prendere in braccio e stampandogli un grossissimo bacio sulla guancia gli aveva ripetuto “tanti auguli”. A nessuno sfuggì lo sguardo lucido e commosso di quel semplice gesto, ne l’abbraccio di quella bambina e allo stesso modo di come lui l’aveva stretta forte.
 
E poi lui, il suo migliore amico, quello che sicuramente aveva complottato alle sue spalle e che non sarebbe mancato per nulla al mondo: Blaine, che con gli occhi illuminati e un sorriso felice lo strinse forte a sé, senza dargli il tempo di lasciar scendere la bambina.
 
“Buon compleanno campione!” Gli aveva sussurrato all’orecchio ed era tutto così surreale.
 
A volte faticava a credere che le cose non erano andate come se le era aspettate, ma tutto al contrario.
 
Blaine era stato il suo primo amore, quello che sognano tutti i ragazzini, quello che ti fa battere il cuore, che ti fa desiderare di viverlo per il resto dei tuoi giorni, quello per cui lotteresti fino a distruggerti, ma che si è troppo piccoli per difendere. A sedici anni si pensa che ogni storia sia la più importante e Kurt non avrebbe mai dimenticato il periodo meraviglioso che aveva vissuto accanto a Blaine. Ne era stato davvero innamorato. Ma tutto ciò sembrava una vita fa, ora che erano adulti, che la vita li aveva formati, plagiati e fatti diventare quelli che dovevano essere, sembrava che nulla avesse più importanza. E nonostante l’allontanamento dopo il tradimento di Blaine, il volerci riprovare e l’arrivare a capire che non restava più niente di quell’amore così perfetto e, non perché fosse cambiato il loro sentimento ma perché semplicemente erano loro a essere cambiati, avevano deciso di smettere di provarci. E arriva quel momento della vita in cui si deve prendere una decisione e, per quanto avesse fatto male ad entrambi, sapevano che restare amici, il migliore l’uno dell’altro, era la soluzione più giusta, per non arrivare ad odiarsi, per non arrivare a sporcare quel ricordo perfetto del loro amore adolescenziale, cancellando l’altro dalla propria vita.
 
Era finita, erano andati avanti, entrambi buttati a capofitto nel futuro, nelle loro carriere, nel cercare di affrontare quello che il destino gli aveva porto dinanzi, ma sempre insieme, sempre l’uno accanto all’altro, senza rimorsi, senza rimpianti, solo con la consapevolezza di amarsi ancora, solo in maniera diversa, con la convinzione che in qualsiasi momento l’uno ci sarebbe stato per l’altro.
 
E ora a distanza di quasi dodici anni nulla era cambiato tra loro.
 
Si abbracciarono stretti, sicuri, Kurt con le lacrime agli occhi, felice della sorpresa. Stringendo tra le braccia qualcun altro che mai avrebbe pensato di amare così tanto.
 
“Papà così non lespilo!!!”  Un lamento tra di loro li fece allontanare e scoppiare a ridere.
 
Un cucciolo di uomo, una bambina, l’esatta fotocopia del suo migliore amico era una delle cose che Kurt amava di più nella sua vita. Era stato presente ad ogni passo importante, dalla scelta del concepimento alla nascita del bambino.
 
Era successo tutto cinque o sei anni prima quando Blaine aveva conosciuto Mason, un giovane produttore che aveva deciso di mettere tutto il suo futuro nelle mani di Blaine, producendo il suo disco. Da cosa era nata cosa e si erano innamorati . Kurt non fu molto contento all’inizio, ma poi conoscendo Mason aveva imparato ad apprezzarlo e, dopo varie minacce nel caso avesse fatto soffrire il suo migliore amico, aveva iniziato a piacergli. Da lì a qualche anno Blaine e Mason erano andati a vivere insieme con il desiderio di metter su famiglia.
 
All’inizio tutti credevano che Kurt potesse essere impazzito, perché con quell’annuncio uscì totalmente fuori di testa dalla gioia, iniziando a sognare già di poter essere presente nella vita di quella creatura in ogni istante.
 
E fu così.
 
Kurt fu nominato lo zio per eccellenza e la piccola Lucy lo amava letteralmente. Non c’era momento in cui non pensava a lei o che fosse troppo stanco o troppo impegnato per prendersene cura.
 
E a nessuno era sfuggito tutto questo.
 
Salutate due persone fondamentali per lui, Kurt cercò con lo sguardo la più importante.
 
Ed eccolo lì, più bello che mai nel suo smoking nero a guardarlo fiero e soddisfatto della sorpresa riuscita.
 
In fondo Kurt non amava molto le sorprese, ma quando era lui a organizzarle avevano un sapore diverso, avevano il sapore della sfida, della determinazione e dell’amore, quello vero. Perché se c’era una persona che poteva capire appieno quanto fosse difficile per lui fare una cosa simile era proprio Kurt. Sapeva bene quanto fosse arduo dimostrare a tutti quanto, in realtà, cercasse ogni volta di nascondere quel suo lato dietro la corazza dura, mostrarsi per quello che era davvero, un tenero romantico, e che, nonostante le difficoltà, gli altri cercavano di accettare, provando a cancellare quel passato così diverso dal presente, ma allo stesso tempo sempre impresso nei loro ricordi.
 
Sebastian Smythe era cambiato molto, era vero, ma continuava essere sempre Sebastian.
 
E fu in quel momento, mentre lasciava il suo migliore amico con sua figlia, che gli andò incontro.
 
Se a Kurt avessero detto quindici anni prima che sarebbe finito non solo a vivere ma addirittura a sposare Sebastian Smythe sarebbe scoppiato a ridere fino ad avere le lacrime agli occhi, perché era assurdo addirittura arrivare a pensare una cosa simile.
 
Kurt odiava Sebastian, odiava la sua aria da marchetta, odiava il suo ghigno beffardo, la sua aria di sfida e la sua vita promiscua. E soprattutto lo odiava per quello che aveva fatto a Blaine, per averlo cercato, essergli stato amico, per averlo accecato quella notte nel parcheggio e per averlo fatto vivere per anni nel terrore che Blaine potesse scegliere lui e dimenticarsi di quello che avevano.
 
Eppure ora le cose erano totalmente cambiate, non solo perché adesso amava quella persona, totalmente diversa, ma addirittura non ne poteva più fare a meno.
 
Era proprio cambiata la sua vita!
 
Ricordava ancora perfettamente il giorno che si era imbattuto in Sebastian. Erano esattamente tre anni che non lo vedeva, Kurt aveva appena rotto definitivamente con Blaine e una mattina piovosa mentre si dirigeva alla NYADA, all’epoca era ancora uno studente di quella scuola, Sebastian gli era finito addosso, stava correndo verso la fermata dell’autobus più vicina, bagnato come un pulcino dalla testa ai piedi. Nel riconoscere Kurt, lo aveva seguito e si era infilato nella sua macchina, costringendolo ad accompagnarlo a lavoro, quella mattina si era ritrovato dall’altra parte della città per essere stato a letto con uno e aveva finito per far tardi. Chissà perché la cosa non stupì per niente Kurt.
 
Dopo varie imprecazioni per via del suo adorato coprisedile bagnato dal culo di quello sconsiderato e sul fatto che avesse fatto tardi a lezione, Kurt accompagnò Sebastian a lavoro, con la promessa di ringraziarlo con un caffè.
 
Kurt ricordava perfettamente di aver pensato che mai e poi mai sarebbe finito a prendere un caffè con Sebastian. Peccato che dovette ricredersi quando, qualche sera dopo, invitato da Blaine a bere qualcosa, si era ritrovato i due amici a chiacchierare.
 
“Kurt visto chi si è trasferito in città?” Aveva urlato Blaine, mezzo sbronzo, passando un braccio sopra le spalle dell’amico ritrovato.
 
Come poteva anche solo pensare di dimenticarlo? Blaine continuò a ripetere quanto fosse felice del suo arrivo e Sebastian sembrò non staccargli gli occhi di dosso un minuto.
 
E dopo quella sera diventò una vera e propria congiura, iniziò a ritrovarselo ovunque, nel suo bar preferito, nel ristorante che solitamente frequentava, anche a Central Park la domenica mattina, durante il suo solito allenamento settimanale.
 
Iniziò a diventare una presenza frequente nella sua vita, e se all’inizio ritrovarselo al bar tutte le mattine lo infastidiva, poi divenne addirittura piacevole. Chiacchierare con lui, sfogarsi, conoscersi, diventava giorno dopo giorno sempre più semplice.
 
Ma solo quando erano da soli.
 
Perché quando c’era Blaine e capitasse di uscire tutti e tre insieme, Sebastian era un'altra persona. Diventava distante, freddo, addirittura evitava di rivolgergli la parola e quando lo faceva il novanta per cento delle volte erano insulti, fino al lunedì mattina, quando si rivedevano e Sebastian tornava ad essere quel ragazzo interessante e totalmente diverso.
 
All’inizio Kurt pensò molto a questo suo atteggiamento, per quanto volesse dimostrare a sé stesso che non gli importasse, si sentiva ferito. Fino a quando capì che quell’atteggiamento così strano fosse dipeso dal fatto che Sebastian potesse essere innamorato ancora di Blaine. Dopotutto si mostrava gentile e carino con lui, ogni volta lo aiutava a uscire fuori dal locale e lo riaccompagnava a casa quando era troppo sbronzo.
 
Che avesse paura che mostrarsi così confidenziale con Kurt, potesse allontanare Blaine?
 
Kurt se lo chiese così tante volte che alla fine iniziò a crederci davvero, tanto da decidere di chiudere ogni tipo di contatto con Sebastian. Non voleva rovinare quel qualcosa tra loro, nel caso ci stessero pensando e vedere Blaine tra le sue braccia era qualcosa che non era ancora pronto ad affrontare.
 
Così smise di andare al bar, smise di uscire con i suoi amici e si rinchiuse nel muto silenzio di solitudine che era diventata la sua vita.
 
 
“Kurt cosa si prova ad avere trent’anni, eh? Inizio a vedere qualche ruga e qualche capello bianco, dovresti stare attento… Che c’è le maschere non fanno più effetto?” Aveva urlato Puck dall’altra parte della stanza, camminando verso di lui.
 
Kurt tornò alla realtà e si voltò verso Puck. “Ah ah... Divertente…” E attirando l’attenzione di tutti urlò: “ma chi l’ha fatto entrare? Vi prego la prossima volta scegliete meglio la lista degli invitati!”
 
Tutti scoppiarono a ridere, prima che Puck allungasse la mano e tirasse a sé Kurt per un abbraccio fraterno e augurargli buon compleanno.
 
Quante cose erano realmente cambiate!
 
Fu proprio alla festa di compleanno di Puck che Sebastian fece capire a Kurt che Blaine non gli interessava più da tempo, perché ormai nella sua testa c’era qualcun altro. Si ritrovarono a discuterne nel bagno, o meglio Sebastian stufo del comportamento di Kurt lo aveva trascinato per la mano e gli aveva urlato in faccia.
 
“Mi spieghi perché ormai non fai altro che evitarmi?”
 
“Come se te ne fregasse qualcosa!”
 
“Che cavolo significa? Eravamo al bar, tutti e tre a fare i coglioni come al solito e poi sei sparito nel nulla, niente, non ti ho più rivisto.”
 
Kurt non riusciva proprio a dimenticare l’espressione ferita e delusa che lesse negli occhi di Sebastian quella notte, ma davvero non riusciva a capire perché.
 
“Pensavo che fossimo amici! Ma essere amici non comporta farmi insultare ogni volta che siamo con Blaine e fingere che neanche ci conosciamo per paura che lui lo scopra? Non è così che si dimostra l’amicizia… Che poi perché dovrebbe darti fastidio che lui scopra la nostra amicizia se io e lui non stiamo più insieme.”
 
“Tu proprio non vuoi capire!”
 
“Capire cosa?” Aveva urlato Kurt.
 
Sebastian non rispose più, semplicemente agì. Si avvicino a Kurt e spingendolo verso la porta del bagno, premette tutto il suo corpo contro di lui, prima di imprimere le sue labbra su quelle di Kurt.
 
Kurt con gli occhi spalancati, ci mise esattamente un minuto a capire cosa stesse succedendo.
 
In quell’instante gli sembrò di vivere in un universo parallelo dove il mondo girava alla rovescia.
 
Sebastian si comportava così in sua presenza per non far capire a Blaine che i suoi sentimenti erano destinati a qualcuno si, ma non più a lui. Nel corso del tempo aveva iniziato a provare una certa attrazione per Kurt, ma sperava che tutto quello potesse essere solo un’infatuazione, una cottarella, qualcosa che passa. Ma a Sebastian non stava passando. Tornare al bar tutte le mattine solo per parlare con l’unica persona che lo avesse, non solo ascoltato, ma capito, lo aveva fatto sentire per la prima volta meno solo. Sì, Blaine era un ragazzo carino, un amico fidato, ma Kurt lo comprendeva, riusciva ad arrivare a cose che nessuno era mai riuscito. Sebastian si stava innamorando e questo sentimento si era piano piano radicato così tanto in lui che quando Kurt sparì, iniziò a uscire di testa. Kurt sembrava essere diventato un fantasma, non usciva più con loro, non andava più al bar, né passava più per la fermata dove si erano rincontrati la prima volta. Per la prima volta Sebastian si sentì perso. E quella sera quando lo vide entrare con i suoi pantaloni illegalmente stretti, un sorriso sincero e dannatamente bello, lo aveva trascinato in bagno.
 
Sebastian non ci mise molto ad allontanarsi da lui e andare via senza dire una parola.
 
Non parlarono mai di quell’avvenimento per molti mesi.
 
“Fratellino, auguri fatti abbracciare!” Era passato da braccio a braccio, stretto poi da quell’omone grande e grosso che era diventato Finn. Era strano rivederlo dopo così tanto tempo, era strano tornare ad abbracciarlo, ma ancora più strano era rivedere lei, la donna che suo padre aveva scelto per passare il resto dei suoi giorni.
 
Kurt non ci pensò due volte a unire Carole nell’abbraccio. Era tra quelle braccia che avvertiva il senso di famiglia, di casa, di infanzia, perché per quanto adesso la sua casa e la sua famiglia era composta solo e soltanto da Sebastian, non riusciva a non pensare che l’unica persona che avrebbe voluto avere intorno quel giorno non ci sarebbe stata.
 
Ecco perché si era dimenticato del suo compleanno! Non che prima lo reputasse un giorno importante, ma semplicemente se ne ricordava perché era sempre Burt a farlo, suo padre, quell’uomo meraviglioso che lo aveva allevato da solo, che aveva combattuto accanto a lui contro le sue battaglie e che se ne era andato una notte di dicembre senza dire niente, dieci anni prima.
 
Kurt non dimenticò mai cosa provò quella mattina nel ricevere da Carole la triste notizia. Un attacco di cuore. Burt Hummel se ne era andato nel cuore della notte, dopo l’ennesima ramanzina a suo figlio sul perché non lo andasse a trovare e aver dato il bacio della buonanotte a sua moglie.
 
Fu il periodo più buio e brutto della sua vita, Kurt deperì, mollò la scuola, mollò il lavoro e si rinchiuse nel suo piccolo appartamento. Evitò per giorni le telefonate dei suoi amici, evitò per giorni di uscire di casa, passava le giornate a guardare la pioggia scendere fitta dalla sua finestra. Fino a quando qualcuno di così insistente e cocciuto iniziò a bussare nel cuore della notte, bagnato fradicio, chiedendogli di aprire quella maledetta porta.
 
“Sebastian!” Forse quella era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere Kurt e che tanto meno immaginava alla sua porta.
 
Sebastian semplicemente lo tirò a sé e lo abbracciò.
 
Non c’erano state molte parole, niente di troppo strappalacrime o di romantico, niente tra di loro era mai stato particolarmente dolce -anzi Sebastian si beccò qualche insulto subito dopo l’abbraccio per aver bagnato Kurt e il suo pavimento- ma quel momento lì unì come mai Kurt avesse pensato.
 
Da quel giorno, Sebastian iniziò a cambiare. Tornava tutte le sere a trovare Kurt, gli portava del cibo caldo, lo costringeva a mangiare e aspettava che si addormentasse per andare via. La sua presenza iniziò a diventare costante ed entrambi non smisero più di pensare a quel bacio che pochi mesi prima si erano dati in quel bagno.
 
Kurt fino all’ultimo momento si chiese cosa significasse per lui.
 
Nel lasciare Carole e Finn, fu fermato da Rachel, che con il suo grosso pancione non riuscì ad evitare per arrivare da suo marito, l’unico che avrebbe voluto abbracciare in quel momento.
 
“Auguri amico mio, sono felice di essere qui per questo giorno importante!”
 
Stringere Rachel fu un po’ un’impresa, ma per lui fu comunque un piacere averla lì.
 
Rachel aspettava una bambina, era entrata da poco nell’ottavo mese ed era sposata da un anno e mezzo con Jessie. Le cose tra di loro andavano bene, ma la notizia del matrimonio sorprese tutti proprio come cinque anni prima sorprese quella di Kurt e Sebastian.
 
In realtà tutti si stupirono addirittura di come fossero finiti insieme, eppure era successo.
 
Kurt decise di dare una possibilità al ragazzo dopo il periodo di accettazione del lutto, Sebastian si era mostrato davvero un ragazzo diverso da quello che aveva conosciuto al liceo: era cambiato, era maturato e per quanto stronzo, quando si era fatto nuovamente avanti, aveva deciso di dargli una possibilità. E alla fine ci si innamora sempre di chi è in grado di tenerci testa, di chi non cede, di chi ci sfida, di chi è misteriosamente affascinante, di chi è in grado di distruggerci, di chi è il nostro degno avversario, quello con cui siamo pari per gusti e pensieri. Ci innamoriamo perché fatti della stessa pasta, di chi ci somiglia ma non ha tutti i nostri difetti. O li ha, ma li rende perfetti.
 
E per loro non era importante come ci fossero arrivati a quel punto, era importante solo avercela fatta!
 
Il loro matrimonio non fu programmato, ma neanche pensato, successe durante una vacanza in Germania. Erano a cena in un ristorante di classe e Sebastian semplicemente prese per mano per Kurt e gli chiese di sposarlo, in quel momento, in quel posto così bello.
 
E Kurt accettò.
 
Accettò perché era da pazzi, accettò perché non desiderava altro da tutta la vita, poter trascorrere la sua vecchiaia con la persona che amava, accettò perché si sentiva vivo, vivo davvero, solo al fianco di Sebastian.
Sebastian era stata la sua luce nel momento più buio della sua vita e amarlo era diventato soltanto una conseguenza agli avvenimenti, un qualcosa di scritto nel destino.
 
Ed eccolo lì, ancora suo, dopo cinque anni di matrimonio e dieci anni insieme. Un tempo così lungo ma allo stesso tempo così breve. Quante cose avevano ancora da sperimentare, quante cose avevano ancora da fare insieme, quante esperienze ancora da condividere. E per quanto il loro amore non era perfetto, forse tutt’altro, forse non aveva niente di perfetto, anzi spesso era un completo disastro, si amavano. Kurt lo amava proprio come si amano le cose belle e per quanto potesse essere incasinato il loro amore, semplicemente lo amava.
 
Finalmente arrivò da lui, stringerlo tra le braccia era il regalo più bello dopo giorni passati lontani. In quel momento addirittura pensò di mandare via tutti e poter festeggiare da solo con lui, come solo loro erano capaci di fare.
 
Kurt sprofondò la testa nell’incavo del collo di Sebastian, inalandone il profumo così familiare e buono, mentre suo marito lo aveva stretto alla vita e lo aveva tirato a sé per abbracciarlo meglio.
 
“Buon compleanno, dolcezza!” Gli aveva sussurrato all’orecchio, prima di lasciargli un bacio sulla tempia.
 
“È stata davvero una sorpresa, e pensare che io avevo quasi iniziato a credere fossi arrabbiato con me…” sussurrò Kurt, non riuscendo più a staccarsi da lui.
 
“Perché avrei dovuto essere arrabbiato con te?” Chiese stupito Seb.
 
“Pensavo che il fatto che stessi tutto il giorno fuori, non mi vedessi mai e passare più tempo separati che insieme stesse mettendo in crisi il nostro matrimonio…” Confessò Kurt, con lo sguardo basso e la fronte ancora poggiata sulla spalla del suo amato.
 
“Ma non dire sciocchezze! Mi è servito tutto per poterti organizzare questo!” In quel momento Sebastian non se la sentì di dire tutta la verità a Kurt, non riuscì a dirgli che tutto quello stare da solo lo aveva fatto riflettere molto sul loro matrimonio e su quali decisioni avesse in mente di prendere. Non riusciva ancora a capire se non fosse il momento giusto o semplicemente era un codardo.
 
Quando i due piccioncini furono invitati a dividersi, la festa iniziò.
 
Ci furono risate, le imitazioni di Sam, le barzellette di Finn, le scenate di Rachel, qualche canzone, il taglio della torta e ancora tante foto, istanti immortalati per sempre.
 
 
***
 
 
Era più o meno finita la festa, Kurt aveva iniziato a raccogliere, insieme a Carole, i bicchieri di carta sparsi per il salone, aveva appena salutato i ragazzi ed erano rimasti solo loro quattro. La serata era trascorsa velocemente, forse troppo, Kurt era stato davvero dispiaciuto nel salutare alcuni di loro, anche se con la promessa di rivedersi quanto prima.
 
Stava risistemando casa con Carole, quando si rese conto che a parte Finn in bagno, non ci fosse più nemmeno l’ombra di suo marito.
 
“È successo qualcosa?” Chiese Carole, dopo essersi resa conto dello sguardo perso di Kurt.
 
“Dov’è Seb?” Si chiese continuando a guardarsi intorno. Non si era neanche reso conto che fosse sparito.
 
Carole non rispose, semplicemente alzò la testa facendo un cenno alla porta finestra che dava sul balcone. “È lì da un po’. Avete litigato?”
 
“Non che io sappia, mi sembrava tranquillo prima…” Le rispose Kurt, non sapendo cosa esattamente pensare, fissava la porta del balcone come se potesse dargli una qualche risposta. Neanche si accorse delle mani gentili di Carole che gli prese i bicchieri che aveva tra le sue prima di incitarlo a raggiungerlo.
 
Kurt, con il cuore pesante, lasciò la spazzatura tra le mani della matrigna e raggiunse suo marito.
 
Lo trovò appoggiato alla ringhiera a guardare le macchine che sfrecciavano al di sotto, nel pieno della notte. Era così assorto dai suoi pensieri che neanche sembrava averlo sentito arrivare.
 
“Seb c'è qualcosa che non va?”
 
Nel sentire la sua voce, il ragazzo sospirò ma non si voltò prima di rispondere: “Tutto! Non c'è una cosa che va!”
 
“Cosa vuoi dire?” Chiese con voce preoccupata Kurt.
 
Fu allora che suo marito si voltò, lo guardò negli occhi e accennò appena un sorriso.
 
“Voglio dire che ho capito ok? L'ho capito siamo arrivati in quel punto della vita in cui bisogna cambiare, tutto deve cambiare, perché ne senti il bisogno quasi fisico di farlo!”
 
“Cambiare… Cosa?” Kurt non ci stava capendo più niente, iniziò a temere che Sebastian volesse in qualche modo troncare la loro relazione, distruggere il loro matrimonio. Ma che senso aveva organizzare una festa di compleanno con tanta dedizione? Quando lo aveva abbracciato, appena arrivato, sembrava sereno, felice e anche orgoglioso della riuscita della serata. E ora?
 
“Seb ti prego dimmi cosa sta succedendo!” La voce rotta, le lacrime ogni occhi, l'agitazione all'altezza del petto, Kurt iniziò a spaventarsi seriamente.
 
“L'ho capito sai? Ti ho osservato...”
 
 “Seb cosa??? Hai capito cosa? Ti prego parla, non fare come il tuo solito che devo tirarti le parole di bocca per capire qualcosa!”
 
 “Ho visto come guardi Lucy!”
 
 “Oh Dio no! Di nuovo questa storia del sentirsi trascurato!”
 
Era iniziato tutto con la nascita di Lucy, una sorta di rivale sembrava essere arrivata nella vita di Sebastian, cosa che faceva sempre ridere tutti, fino a quando Kurt non si innervosiva e finivano per discutere.
 
Seb non odiava la bambina, anzi l'adorava, ma soltanto quando erano da soli, non mostrava mai agli altri quanto le piacesse. Comunque più volte questa gelosia nei confronti della bambina aveva portato Sebastian e Kurt a litigare, anche pesantemente. Il tutto era cominciato quando Lucy aveva circa sei mesi e Blaine aveva chiesto a Kurt di tenerla qualche giorno con sé per non rischiare che si ammalasse. I due pazzi genitori erano appena rientrati da una vacanza al mare, in cui avevano pensato bene di restare una notte intera sulla spiaggia, facendoli tornare a casa con un febbrone da cavallo e neanche la forza di alzarsi dal letto
 
Kurt fu felicissimo, non tanto per il malessere dei due, quanto il poter tenere la bambina con sé. Per tutta la durata della permanenza della piccola, Seb fu intrattabile.
 
Una sera mentre Kurt cambiava il pannolino alla bambina, suo marito arrivò e lo abbracciò da dietro tanto che al solo tocco si rilassò, ma quando questo gli sussurrò all'orecchio di sentirsi trascurato, Kurt rimase senza parola. “Stai sempre con lei, non hai occhi che per lei” aveva urlato poi quando avevano iniziato a litigare.
 
Inutile dirlo che Sebastian passo la serata a dormire sul divano.
 
All’inizio Kurt pensava che la gelosia fosse per il fatto che la bambina somigliasse in maniera indescrivibile a quella di suo padre e che il fatto che Kurt potesse proiettare i sentimenti rivolti a Blaine verso la bambina lo spaventasse. Solo successivamente capì che il problema reale di Sebastian era proprio quello di non ricevere attenzioni, cosa che faceva ribollire di rabbia Kurt.
 
 
“Seb è solo una bambina ok? È tornata a casa sua, ora siamo di nuovo solo io e te!” Sottolineò Kurt, alzando gli occhi al cielo.
 
“Non hai capito niente…” Sospirò Sebastian voltandosi di nuovo verso la strada.
 
Kurt rimase interdetto dal suo comportamento, cosa diavolo aveva nella testa?
 
“Se non ho capito allora illuminami!” Sbottò alquanto innervosito.
 
“Tu vuoi un figlio…”
 
L’ultima affermazione fece spalancare gli occhi di Kurt, sorpreso da ciò aprì la bocca due o tre volte per voler dire qualcosa ma neanche un suono riuscì ad emettere.
 
Dopotutto era vero. Voleva un figlio, lo voleva da tempo, ma mai, neanche una volta l’aveva chiesto a Sebastian esplicitamente.
 
Dopo il concepimento di Lucy e la nascita della bambina si erano ritrovati frequentemente in compagnia a dover parlare della cosa, capitava spesso che i ragazzi facessero battutine sul mettere su famiglia o vedere Sebastian come padre, ma il ragazzo subito fulminava quel qualcuno con lo sguardo o semplicemente rispondeva che loro stavano benissimo da soli, senza mai permettere a Kurt di dire cosa ne pensasse. A volte questo lo aveva fatto star male, ma poi semplicemente si ripeteva che Sebastian non era tipo da bambini, quindi se non ne voleva non avrebbe mai potuto costringerlo.
 
Ma che senso aveva parlarne ora?
 
Erano sposati da cinque anni, stavano bene, vivevano una vita agiata, entrambi con un lavoro che amavano e che permetteva loro di avere uno stile di vita che li rispecchiava pienamente, un cambiamento così radicale avrebbe scombussolato tutto. E sapeva bene quanto Sebastian potesse essere contro a tutto ciò. Lui amava la libertà, il poter far sesso quando e in ogni angolo della casa, amava il poter partire senza vincoli o preoccupazioni, stare via per giorni, se non addirittura settimane, nel caso il lavoro non fosse troppo, un figlio era tutto ciò che avrebbe interrotto ogni cosa, che avrebbe cambiato, forse persino sconvolto, le loro vite. Era per questo che Kurt non aveva mai espresso tale desiderio. Ma non aveva pensato di essere un libro aperto per suo marito, che glielo leggeva negli occhi ogni volta prendeva in braccio la piccola Lucy, che non ci fosse posto che aveva visitato in cui non aveva portato un pensierino alla bambina o che lo vedeva commosso ogni qual volta accarezzava la pancia di Rachel.
 
Nel non ricevere risposta Sebastian si voltò nuovamente e tornò a guardarlo.
 
“Solo che io non posso…”
 
E queste poche parole ferirono Kurt in una maniera che neanche si aspettava, era come se il suo cuore si fosse sbriciolato.
 
“Kurt io non posso…” Ripeté Sebastian. “Ci ho pensato molto in questi giorni, quando eri a lavoro, e mi immaginavo a casa, mentre tu eri via, con questo bambino o bambina… E semplicemente io non sapevo cosa fare, semplicemente andavo nel panico. È vero ho tenuto Lucy quando è capitato che sia stata da noi, ma con lei sapevo che se le insegnavo a mangiare la Nutella dal barattolo o trovare il modo di saltare da un divano all’altro ci sarebbe stato qualcuno a sgridarla il giorno dopo e dirle che queste cose non si fanno. Che razza di genitore sarei eh?  Sai spiegarmelo?”
 
Fu in quel momento che Kurt lesse negli occhi di Sebastian qualcosa che non aveva mai visto, la disperazione. Seb stava pensando davvero a quel futuro insieme, al creare una famiglia tutta loro, ma semplicemente ne era spaventato.
 
“Che razza di padre sarei se non sono capace di educarlo? Sarei uguale a mio padre, ecco a quale razza apparterrei. A quei genitori menefreghisti che lasciano i propri figli con la tata per andare a scopare con la segretaria, sarei quel tipo di padre che preferirebbe andare ad un convegno di lavoro a chilometri di distanza piuttosto che passare un pomeriggio a giocare a pallone con mio figlio o ad assistere alla sua prima esibizione canora…” La voce di Sebastian si interruppe, strozzata da una lacrima che gli aveva rigato il volto.
 
Kurt si rese conto che non aveva mai capito niente, non era che Sebastian non volesse un figlio, era semplicemente spaventato dal pensiero di diventare come suo padre.
 
“Oh tesoro…” Si era avvicinato Kurt, per tirarlo poi in un abbraccio. “Hai paura ed è normale, anche io ne avrei se stessimo aspettando un bambino.”
 
“Perché dovresti? Con un esempio come il tuo di padre…” Sbottò suo marito.
 
“Seb ascoltami,” disse Kurt prendendolo per le spalle e guardandolo negli occhi, “è vero, magari io sono stato più fortunato di te sotto questo punto di vista, mio padre era un tipo presente, attento, ma non è detto che io potrei essere come lui. Non sono Burt Hummel, sono solo Kurt, e anche io, con un esempio simile, ho paura.” Nel vedere lo sguardo perso di suo marito, continuò. “Non c’è un manuale per essere genitori, il bambino non arriverà con un libretto di istruzioni pronto a dirci come essere un buon padre, è un istinto, qualcosa che il cuore ti dice di fare e non è detto che ogni decisione che prende Blaine nei confronti di Lucy sia giusta o che lo fossero quelle di mio padre. Siamo esseri umani e sbagliamo, l’importante è cercare di dare il massimo. Potresti semplicemente usare quello che ti ha fatto tuo padre come punto di forza per essere un genitore migliore di lui, potresti usare i ricordi che hai di lui per fare con tuo figlio tutto ciò che lui non ha fatto con te. E poi ci sarei io, non saresti solo Seb… Mai.”
 
A quel punto gli portò una mano dietro la nuca e fece scontrare le loro labbra, incastrandosi in un bacio bagnato dalle lacrime del ragazzo.
 
“Desidero solo vederci felici.” Aveva sussurrato Sebastian sulle labbra di Kurt.
 
“Lo saremo.”
 
Il bacio si fece sempre più intenso, Kurt si spinse sempre di più tra le braccia del suo amato.
 
“Che ne dici se iniziassimo a provarci?” Chiese Sebastian ad un certo punto, mentre spingeva l’erezione ormai evidente vicino la gamba di Kurt.
 
“Tesoro tuo padre almeno ti ha spiegato come si fanno i bambini, sì?”
 
Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata prima di prendersi per mano, intenti a tornare in casa.
 
“Si ma adesso manda via tuo fratello e Carole, ho bisogno di festeggiare a modo mio questo compleanno!”
 
Passò del tempo prima che Kurt e Sebastian mettessero su famiglia, ma con sacrifici e tante soddisfazioni arrivarono a crearsi una famiglia degna di questo nome, Sebastian diventò un padre presente e apprensivo, addolcito da Kurt che spesso doveva riprenderlo per evitare che esagerasse.
 
Con il tempo capirono che la vera famiglia non era basata solo su legami di sangue ma era fatta da quelle persone che farebbero di tutto per renderti felice.
 
 

 
  
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