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Autore: Mick_ioamoikiwi    11/11/2015    0 recensioni
Michelle Williams, figlia adottiva di una ricca famiglia di Las Vegas e Greg Sanders, agente della scientifica di Las Vegas.
Un amore nato in un bar della Strip che li condurrà ad indagare sull'omicidio di una giovane donna sconosciuta. Ma qualcosa non va, perchè quella ragazza Michelle la conosce fin troppo bene.
"Viva Las Vegas, che muta il giorno in notte e la notte in giorno. Se la vedrai anche solo una volta, non sarai più lo stesso."
- Elvis Presley -
[Questa è la prima fanfiction che avevo scritto su CSI, intitolata sempre VIVA LAS VEGAS. L'ho semplicemente rimessa a punto.]
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Greg Sanders, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'viva las vegas.'
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Capitolo 1.

Mi sono perduta così tanto da quando sei andato via
Perché non io prima di te?
Perché il fato mi ha ingannata?
Tutto è diventato così sbagliato
Perché mi hai lasciata in silenzio?


- Within Temptation -

 
 
Las Vegas, ventisei anni dopo. 14 maggio.


Guardai l’orologio. Erano da poco passate le 15 e già sentivo terribilmente caldo ma dopotutto eravamo quasi in piena estate a Las Vegas; ero arrabbiata. Abigaille mi aveva fatto incazzare come sempre, avrebbe dovuto sposarsi una settimana prima del suo arrivo a casa mia. Ricordo ogni momento di quel giorno come se fosse ieri.

Mi piombò in casa senza preavviso, dicendo che aveva tradito Frankie e che non voleva più sposarlo. Nella sua vita non aveva mai combinato niente di buono e quella era la cosa peggiore che potesse fare. Nostro padre la cacciò da casa: non aveva più nulla a parte me. Fu così che arrivò a casa mia. La rimproverai, amaramente e lei invece di provare a capire ciò che sentivo mi urlava addosso frasi senza alcun senso, “vai a sfottere altra gente, visto che tanto non sai amare nessuno, la tua è tutta invidia!”. La mia era tutta invidia, certo. In fondo era lei la cocca di papà, lei era la sua bambina: io ero stata adottata perché mia madre era stata dichiarata sterile, ma in seguito al mio arrivo in famiglia era arrivata lei. Da quel momento la mia esistenza non contò più nella famiglia Williams.

Stavo camminando sulla strip, dovevo riordinare le idee e cercare di calmarmi. Ogni volta che uscivo a fare due passi facevo lo stesso identico percorso perché c’era solo un posto che riusciva a rilassarmi del tutto: il dipartimento di polizia scientifica della contea di Clark. Era stato il mio sogno da quando ero bambina, da quando avevo visto per la prima volta la polizia a casa mia.

A pochi minuti dal dipartimento c’era il bar del padre di un mio ex, era da tanto, anzi troppo tempo che non lo andavo a trovare e così decisi di farci un salto. Lui non era cambiato per niente, aveva sempre i suoi baffoni bianchi che gli coprivano tutto il labbro superiore. Appena mi vide notai il suo sorriso gioviale di chi ha appena incontrato una persona cara. Mi abbracciò.
“Michelle, ne è davvero passato di tempo!”
“Ciao Robert!” Mi prese le mani.
“Darling, come stai? Non ti ho più vista.” Abbassai lo sguardo, alzando l’angolo sinistri della bocca.
“Sai, ultimamente me ne sono stata alla larga dal solito giro, non credo di aver ancora superato la morte di Andy... ” neanche Bob l’aveva superata, lui era suo padre.
“Cara, lo sai che per me sei ancora una bambina e sai che ti considero ancora come una figlia. Sei giovane, hai ancora tutta la vita davanti, Andy non vorrebbe vederti così. Lui ti voleva vedere felice, quindi apri il tuo cuore alle opportunità che ti si presentano. Conosco davvero tanti bravi ragazzi che potrebbero renderti felice, se vuoi posso-“
Feci una smorfia, Robert capì subito cosa intendessi dire. Mi faceva male pensare a suo figlio, era stato un brutto colpo sia per lui sia per me.
“Sei qui solo per una visita di cortesia o vuoi qualcosa da bere?” tentò di risollevare gli animi.
“Oggi ho la giornata libera, credo di potermi fermare tranquillamente a farmi una bevuta.”
Robert mi servì una bottiglia di birra locale che gli rivendeva un suo vecchio amico. Guardai a lungo la condensa colare sul bancone, ripensavo alla morte di Andy.
“Sai, mi sento ancora in colpa per quel dannato giorno, se fossi stata con lui forse avrei potuto salvarlo...”
“Michelle, i medici me l’han detto subito... il proiettile l’ha preso in pieno petto. Non avresti potuto fare niente.”
“Non sarebbe morto da solo almeno... ti giuro che non me lo perdonerò mai.”
“Ora non pensarci, Darling. Ci starai solo male. Ti lascio un po’ da sola a riordinare le idee, il tavolo da gioco mi chiama e anche quei vecchi simpaticoni in pensione. Se hai bisogno, sono a quel tavolo là, non esitare a chiamarmi!”.
Lo guardai sorridendo. “Certamente.”
I ricordi di quel maledetto giorno erano ancora nitidi nella mia testa: la telefonata di Bobby, l’obitorio e Andy disteso su quel tavolo freddo e gelido.
 
Buttai giù il primo sorso, in fondo Robert aveva ragione, piangersi addosso non lo avrebbe di sicuro riportato in vita. Ripensai a quello che mi aveva appena detto, ‘essere di nuovo felice con qualcun altro’, ogni uomo che avevo incontrato nella mia vita si era rivelato un deficiente, Andy invece no. Lui mi amava sul serio. Trattenevo le lacrime a ogni suo sorriso che riaffiorava nei ricordi.

Sentii il suono del campanellino attaccato alla porta del locale seguito da quello della serratura che scattava. Guardai istintivamente verso Robert, il quale si alzò in piedi sorridendo, quell’uomo non faceva altro che sorridere.
Vidi che gli si avvicinò un ragazzo di circa trent’anni: lo vedevo solo di spalle, aveva i capelli biondicci e leggermente mossi, l’andatura incerta di chi è appena entrato nella polizia. Un novellino. Sgranai gli occhi quando la mia attenzione ricadde sulla scritta posta sul retro del gilet blu d’ordinanza: CSI. Un agente della scientifica.
Ero rimasta ferma a guardarlo mentre mi mordevo il labbro. Robert allargò le braccia quando lo vide, lo sentii dire “Santo Dio, Greg!”. Si chiamava Greg, probabilmente un diminutivo di Gregory. Aveva il cognome stampato sul taschino sinistro della giacca: Sanders. Greg Sanders, ripetevo quel nome nella mia testa come una filastrocca.
“Quanto sei cresciuto ragazzo mio!”, Robert lo conosceva da un pezzo, era ovvio.
“Eh già, adesso mi hanno spedito a fare il ratto da strada!”
“Mi ricordo ancora il primo giorno che sei venuto qua col camice a prendere un caffè per Grissom. Ne è passato di tempo.”
“Davvero, mi servi da bere? Oggi fa un caldo tremendo!”
“Per questo motivo mi sono fatto regalare questo magnifico aggeggio”. Indicò il condizionatore posto sopra il bancone.
“Hai fatto bene Bobby, è un ottimo investimento!”
Robert prese una bottiglia di gazzosa dal frigo, Greg non poteva bere perché era ancora in servizio. Non lo avevo perso d’occhio fino a che non era venuto a sedersi al bancone. Buttai giù un altro sorso, Robert e Greg stavano parlando di qualcosa ma non ci prestavo attenzione perché pensavo a come potevo risolvere la questione Abigaille. Fu la voce di Robert a ridestarmi. “Michelle stai bene?”
“Eh? Oh, scusatemi ero persa nei miei pensieri, non vi preoccupate!” agitai la mano destra in gesto di diniego, cercavo di nascondermi, ma senza risultati: Greg mi stava già guardando.
Gli sorrisi ampiamente per smorzare l’imbarazzo e giusto per osservare il suo viso. Si era tolto il giubbotto d’ordinanza da CSI e aveva smesso l’aria da poliziotto incazzato con un sorriso. Robert mi guardava compiaciuto, sapevo già cosa stava pensando. Greg sembrava un ragazzo a posto, e Bob mi voleva vedere con lui.
“Ragazzi miei, volete qualcos’altro da bere?”
“Io sono a posto così. Magari la signorina invece vuole altro, sembra che qualcosa la tormenti!”
Sentii le guance infiammarsi. “In realtà sono a posto così, grazie lo stesso!”
Robert prese le redini della situazione. “Greg ti posso presentare questa splendida ragazza?”
Gli gettai un’occhiataccia ma lui fece finta di non vederla. “Michelle Williams, enchantè.”
Greg mi guardò sorridendo. “Greg Sanders, enchantè mademoiselle. Ci siamo già visti per caso?”. Ci pensai su, come poteva conoscermi? Poi mi venne in mente l’articolo sul Daily Journal e sorrisi.
“Credo proprio di no, ma può darsi che tu mi abbia visto sul Daily Journal della scorsa settimana. Dovrei essere finita in qualche foto insieme a... insieme a mia sorella.”
Greg ci pensò su e arrivò alla mia stessa conclusione. “Sei la sorella di Abigaille Williams?! Sul serio?” Annuii con un sorriso ironico. “Eh già, ma non tutti sanno che io sono stata adottata, non siamo sorelle.”
“Vuoi scherzare? Certo che lo so, la tua famiglia è una delle più famose nella storia di Las Vegas, ci ho fatto un sacco di riferimenti nel mio libro, tuo nonno ha fatto molto per questa città!” Sentii un nodo alla gola, quella famiglia in fondo non mi apparteneva ed io non contavo niente per loro. Con quale diritto Greg parlava di me?
“Sì, intanto io non sono che un puntino in quella famiglia, non conto niente per loro. Ora se non ti spiace, devo andare, è stato un piacere.” Posai i soldi del conto sul bancone, salutai Robert e liquidai Greg, non mi conosceva e mai mi avrebbe conosciuta. Appena mi alzai sentii qualcosa afferrarmi la mano, Greg voleva dirmi qualcosa.
“Ehi non intendevo offenderti! Perdonami!”
“Scusami oggi non è giornata, non dovevo trattarti così, tu non puoi leggermi nel pensiero!” Sorrisi nuovamente, mentre Greg mi guardava sovrappensiero. Sentivo il cuore battermi all’impazzata dentro il petto, mi succedeva solo quando guardavo Andy, forse era un segno?
“Posso, posso chiederti di vederci di nuovo?” La domanda mi aveva spiazzata.
“Vederci? Intendi... per un caffè?”
“Certamente! Ti posso chiamare io?”
Arrossii. Guardai Robert in cerca d’aiuto e lo vidi annuire. “D’accordo!” Gli lasciai il mio biglietto da visita. “Adesso devo andare, aspetto la tua chiamata allora! Ciao Greg!”. Uscii a gran passo dal bar, era quasi ora di cena e dovevo tornare a casa, almeno per provare a ragionare con Abigaille.
   
 
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