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Autore: Rhaenyra17    11/11/2015    2 recensioni
Dal testo:
"E difatti, poco dopo, sentì Connor varcare la soglia ed i suoi occhi addosso.
Si alzò controvoglia, le lacrime che ancora gli scorrevano lungo il viso e, tristemente, gli diede la notizia.
«Il test è risultato positivo»."
[QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "INSIDE OUT FLASH CONTEST" DI IDKRUGENS INDETTO SUL FORUM DI EFP.]
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Connor Walsh, Oliver Hampton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname forum/sito: Giacopinzia17
Fandom: How To Get Away With Murder
Pillola: Blu
Lunghezza: 2518 parole
Numero di storie/eventuale ricordo base: 1 storia, One shot, Ricordo base 6
Coppia/protagonista: Connor/Oliver
Rating: giallo
Genere: Sentimentale, comico, slice of life
Avvertimenti: Nessuno
Introduzione: Oliver Hampton scopre di essere sieropositivo. La cosa lo fa star molto male non solo per se stesso, ma per l'immensa paura che ha di perdere Connor. Tra dubbi, paure e lacrime, vediamo come se la gestiscono le nostre cinque emozioni che pilotano Oliver.
Note dell'autore: Questa è la mia prima storia nella sezione HTGAWM, la mia prima Coliver e prima storia che scrivo dopo un anno e mezzo di stop. È stato molto difficile mettere nero su bianco la storia, specie in così poco tempo, e specie quando non riesci proprio a farlo. Di fatti non mi è venuta esattamente come desideravo e come si era sviluppata nella mia testa, ma è, spero, un buon modo per ricominciare a scrivere e liberarmi di questo maledetto blocco dello scrittore.
Buona lettura!


Don't be Afraid

«Io per prima cosa ti costruisco tutte le vie di fuga.
Non voglio pensare che rimani perché non te ne potevi andare».


Oliver si infilò immediatamente nel letto una volta a casa.
La sera calava più velocemente del previsto e il momento del confronto con Connor era sempre più vicino.
E lui era sempre più spaventato.
Strinse forte tra le dita il proprio cuscino per tutto il tempo, incapace di frenare le lacrime, con un po' d'affanno per il troppo pianto.

E difatti, poco dopo, sentì Connor varcare la soglia ed i suoi occhi addosso.
Si alzò controvoglia, le lacrime che ancora gli scorrevano lungo il viso e, tristemente, gli diede la notizia.
«Il test è risultato positivo».



«Dobbiamo fare qualcosa, sta ripensando a quello», esordì Gioia, cercando di partorire qualche geniale idea.

«Cosa pretendi che pensi e come vuoi che stia dopo quello che ha scoperto?», controbatté in maniera sprezzante Disgusto.
«Forse ha solo bisogno di piangere...», suggerì sottovoce Tristezza, avvicinandosi alla base di comando e prendendo controllo.
La lasciarono fare per un po', però dopo poco Paura iniziò a disperarsi, andando avanti e indietro per la base e, sbraitando, spostò con poco garbo Tristezza.
«Vi rendete conto di cosa succederebbe se Connor decidesse di lasciarlo?!», gridò, «Oliver non sopporterebbe una cosa del genere!»
«Suvvia, Paura, non essere così pessimista! Sono certa che Connor non gli farebbe mai una cosa del genere».
«E perché no?», chiese Paura, prendendo il comando e agitando Oliver.
«Perché lo ama», disse semplicemente Gioia, «non lo hai capito?»
Paura la guardò. «Come puoi esserne così certa? Hai visto la faccia che ha fatto! Era altrettanto spaventato? E se se ne andasse? Se abbandonasse Oliver? Ora che più ha bisogno di lui?»

«Ma non pensarci nemmeno!», lo riprese Gioia, cercando di spodestarlo.
Paura si mise le mani sul viso, sempre più inquieto e fu allora che Gioia ne approfittò.
Evocò uno dei ricordi belli che Oliver aveva con Connor per cercare di confortarlo un po' e inondare il suo animo con un po' di ottimismo, affinché non si abbattesse totalmente e smettesse di piangerla.
«Su, dolce Oliver, non devi piangere, non vorrai farti vedere con quegli occhioni dal tuo Connor!», Gioia sorrise e attese con pazienza che Oliver si asciugasse le lacrime.


Non riusciva proprio a smettere di piangere. Si sentiva letteralmente devastato ed aveva, di nuovo, una tremenda paura di perdere Connor. E questa volta sarebbe stata colpa sua.
Tutta colpa sua.
Le lacrime sgorgavano prepotenti dai suoi occhi gonfi e stanchi per l'infinito pianto.
E non sapeva se piangeva più perché era risultato sieropositivo o perché, nella sua testa, c'erano già milioni di cortometraggi che gli mostravano i più svariati modi in cui Connor l'avrebbe abbandonato. Gliel'avrebbe detto? Sarebbe semplicemente sparito dalla circolazione? L'avrebbe ferito di nuovo per allontanarlo? Forse era l'occasione giusta per liberarsi di lui?
Il flusso di pensieri continuava a scorrere imperterrito, senza sosta e senza dargli assolutamente tregua.
Oliver si sentiva sfinito, ma chiuse piano gli occhi e, con un'estrema lentezza, inizio ad inspirare ed espirare...
Inspirò ancora ed espirò ancora e ripeté le due azioni per varie volte, finché non smise di piangere e riuscì ad asciugarsi anche gli ultimi residui di lacrime sul volto.
Si alzò dal letto, mettendosi le mani tra i capelli e mordendosi il labbro inferiore, poi sospirò e, una volta alzatosi, si diresse verso il bagno.
Si sciacquò più volte la faccia, liberandosi anche di quel senso di appiccicaticcio dovuto alle lacrime già versate.
Si fece una lunga doccia, si massaggiò il collo e cercò di rilassarsi in ogni modo possibile. Gli capitò di ripensare alla prima volta in cui lo aveva visto, ad ogni singola emozione provata quella sera, allo stupore per essere riuscito ad attrarre un uomo affascinante come Connor.
Non si era mai sentito alla sua altezza, eppure quel ragazzo aveva la capacità di non farlo abbattere più di tanto. Lo faceva sentire bene. E sentiva decisamente di amarlo.
Fu proprio in quell'istante, realizzando per l'ennesima volta che provava un amore inspiegabile per Connor Walsh, che uscì dal bagno con un asciugamano legato alla vita.
E Connor, proprio in quel momento, varcò la soglia di casa sua. Di nuovo.
Gli si avvicinò e mordendosi il labbro inferiore in maniera così sensuale, pur non facendolo di proposito, lo strinse forte tra le sue braccia.
E solo in quegli attimi che voleva, desiderava con tutto se stesso che non finissero mai, si sentì finalmente a casa.

«Visto, Paura?», esclamò soddisfatta Gioia, «non c'era proprio nulla da temere!»

Paura guardò la scena imbambolato e sorpreso, assieme alle altre emozioni che circondarono Gioia.
«Lo sapevo! Lo sapevo che non l'avrebbe abbandonato!», festeggiò Gioia, facendo giravolte per tutta la stanza e tornando poi a guardare la scena. «Ne ero certa!»

«Ci mancherebbe altro!», sbuffò Rabbia, digrignando i denti e con le braccia conserte. «Avete già dimenticato tutti quello che ha fatto Connor ad Oliver? Se lo abbandonasse anche adesso...»
Liberò le braccia e si arrabbiò, facendo per avvicinarsi al pannello di comando, ma Gioia glielo impedì.
«Suvvia, Rabbia, è acqua passata! Connor ora è lì e lo stringe tra le sue braccia! Non l'ha abbandonato e non ha di certo intenzione di farlo, sta' tranquillo!», lo rassicurò Gioia.


Dopo un po' di tempo, Connor sciolse quell'abbraccio e guardò negli occhi Oliver.

«Non ti lascio», affermò, «non potrei mai lasciarti solo».

Lo sguardo di Oliver si illuminò di botto, ma l'emozione durò poco, dato che tornò immediatamente la preoccupazione.
«C-Connor...», provò a dire, ma le labbra dell'altro furono più veloci e si poggiarono sulle sue.
Oliver si sentì stringere con forza e baciare con altrettanta foga, ma si staccò quasi subito, senza godersi nemmeno un minuto di quello.
«Per quanto ti desideri più di qualunque altra cosa, il sesso sarà off limits», decise, facendo un respiro profondo e cercando di calmare gli ormai bollenti spiriti.

«Ma...», provò a ribattere Connor, «io ti voglio!».
Provò a fargli cambiare idea, ma Oliver non desistette di nessuna maniera.

«Ascolta, Connor», iniziò, «io non voglio che tu ti senta obbligato a rimanere al mio fianco».

Connor storse un po' il naso e prima che potesse proferire parola, Oliver esordì con: «Lo capirei se non lo volessi. Oh Dio, non dico che non ci rimarrei male, probabilmente sarebbe una delle cose più dolorose della mia vita», ammise, «ciononostante non voglio vincolarti a me perché ti amo ed è ciò che voglio io».

«Ma io voglio stare con te, Oliver», ribatté prontamente Connor, scuotendo il capo. «Non voglio assolutamente che ci distacchiamo di nuovo».

Oliver sospirò.

«Okay», disse infine.



Un mese dopo ritornarono più che volentieri alla loro routine. A tutte le loro abitudini che non volevano assolutamente perdere. Oliver non era più costretto a trattenersi ogni qualvolta Connor, svergognato com'era, si denudava dinanzi a lui nella speranza che facessero sesso. Poteva lasciarsi andare liberamente e di questo non poteva che esserne tremendamente felice.


«Tutto è bene quel che finisce bene, miei cari ragazzi!», esclamò ancora una volta Gioia, consapevole di aver avuto ancora una volta ragione. «Dovete crederci di più! Non potete abbattervi così facilmente!»
«Ah, ma devono proprio farlo davanti a noi?!», borbottò Disgusto, sapendo cosa sarebbe successo di lì a poco. «È sempre più disgustoso vedere certe cose... un po' di contegno!»

Gioia rise a crepapelle.
«È mai possibile che ogni volta che i nostri Coliver stanno per fare sesso tu sia solo disgustata?», le sorrise ancora, «Suvvia, si amano! Si desiderano! Cosa c'è di disgustoso in tutto questo?»
Disgusto scosse la testa e si voltò, facendo per andarsene. «Chiamatemi quando avranno finito!»
Addirittura Tristezza accennò ad un lieve sorriso, avvicinandosi a Gioia, che ricambiò il sorriso e la strinse.
«Non cambierà mai», affermò Tristezza, dapprima guardando Disgusto, poi guardando negli occhi Gioia, in attesa di una sua pronta risposta che non tardò ad arrivare.

«Beh, è un bene, no?», ricambiò lo sguardo con molta dolcezza. «Dalle esperienze si impara e io e te l'abbiamo fatto in prima persona, sulla nostra pelle».
«Già», sussurrò Tristezza.
«E abbiamo già capito che c'è bisogno di tutti quanti noi, esattamente così come siamo e che non bisogna cambiare niente».
«C'è il momento giusto per ogni emozione, alla fine, giusto?», Tristezza abbassò gli occhi e sospirò. «Inizio a sentirmi triste..»
Gioia rise. «Giusto, Tristezza, giusto».


Alla fine di tutto, Oliver ritornò a sorridere e i suoi occhi smisero di essere gonfi come qualche settimana prima.
Oltre ogni aspettativa, distruggendo ogni suo minimo timore, ottenne una consapevolezza: nonostante avesse dato libera scelta a Connor di andarsene, lui aveva deciso di non fuggire.
Non era scappato, non l'aveva lasciato.
E questo la diceva lunga sul suo conto, ormai.
Forse era cambiato davvero. O almeno lo stava facendo.
Forse aveva deciso di trasferirsi da lui e di fare di tutto proprio per rassicurarlo, perché consapevole di ciò che era, di come era, di come pensava.
Forse aveva fatto tutto quello per lui perché l'amava esattamente come Oliver amava Connor.
E amore più grande di quello, ne era certo, non l'aveva mai provato e mai, dopo di Connor, l'avrebbe sperimentato.
Al dopo, però, nemmeno ci pensava. In quel dopo, nel suo futuro, ci vedeva e voleva vedere soltanto lui.
Connor Walsh.



San Valentino


Oliver aveva trascorso gran parte del pomeriggio a prepararsi. Non sapeva cosa indossare per quella sera, Connor non gli aveva detto che intenzioni avesse e lui si era ritrovato come una stupida ragazzina che trovava l'abito giusto da indossare per il suo primo appuntamento.
Sbuffò più e più volte, scombinò e sistemò l'armadio, ma alla fine optò semplicemente per un jeans scuro, una camicia, cravatta, una bella giacca nera sopra e scarpe nere eleganti.
Praticamente si vestì come suo solito. E alla fine di tutto si trovò di nuovo a sospirare, rendendosene conto.

Guardò l'orologio e notò che si erano fatte le 19.30. E continuò a guardarlo e si fece sempre più tardi.

19.45.

20.00.

Ma Connor doveva essere lì alle 19.30.
Provò a telefonarlo e non ricevette alcuna risposta. Quindi semplicemente attese.
Anche se non era proprio tutto così... semplice.


«Oh, no, Oliver, ti prego, non inizia-», Gioia non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase che Paura prese il comando.
«E se adesso lo stesse tradendo di nuovo?!», insinuò Paura, «E se la storia stesse per ripetersi? Proprio la sera di San Valentino, ma ci rendiamo conto?!»
Rimasero un attimo in silenzio.
«E se gli fosse successo qualcosa? Oh Gesù, quale sarebbe l'opzione peggiore?»
«Ma Paura, tu sai già cosa fare in queste occasioni». Gioia ne approfittò per intervenire. «Devi semplicemente scrivere tutte le cose negative che potrebbero essergli accadute su dei fogli, ricordi?»
Paura, ricevuta l'illuminazione, sorrise lievemente a Gioia: «Hai ragione! Corro subito a farlo!» e sparì nella sua stanza.

«Fiuu, scampato pericolo», disse convinta Gioia, ma Tristezza fissava lo schermo ed era pronta a fare qualcosa.
«Tristezza!», urlò, fermandole le mani e tenendole tra le sue, per impedirle di fare qualsiasi cosa avesse in mente. «No, non ora, ti prego! Abbiamo bisogno che Oliver sia contento! Ottimista! Che non inizi a deprimersi e abbattersi proprio la sera di San Valentino!»
Un rumore attirò la loro attenzione e quella di Oliver.
Era Connor.


Si erano fatte le 20.15 e fu solo a quell'ora che Connor ebbe la decenza di tornare a casa.
Oliver era seduto sul divano, lo sguardo fisso sulla porta, braccia conserte, pugni stretti e gambe accavallate. Era irrequieto e appena lo vide entrare, gli lanciò un'occhiataccia truce.
«P-posso... Posso spiegare, Oliver», affermò Connor col fiatone.
E come poteva Oliver non notarlo?

«Scusa, per quale arcano motivo avresti il fiatone? Anzi, per quale ragione saresti corso qua, eh?», lo accusò Oliver, celando tutto il resto della frase, ma lasciandola tranquillamente intendere con il linguaggio del suo corpo.

«Io... io ho fatto un po' tardi», esordì Connor, pronunciando la frase in maniera impacciata.

«Sì, credimi, questo l'avevo notato», rispose sprezzante Oliver. «Gli orologi in casa funzionano ancora e la vista per poter vedere che ora è non è ancora venuta a mancare».
Connor deglutì e, dopo aver preso aria, la gettò tutta fuori e gli disse: «Ti prego, non essere arrabbiato con me e fammi spiegare...»


«Spiegare cosa, eh?! Che cosa vorresti spiegare, fammi sentire?! Anzi no, nemmeno ti faccio parlare!», gridò Rabbia, spostando di malomodo Tristezza e Gioia dai comandi e prendendo la situazione in mano.
«Rabbia, per favo-», Gioia venne zittita e guardò a bocca aperta Rabbia, poi cercò di pensare più in fretta possibile – e a sperare che ci fosse una ragione a dir poco magnifica per questo ritardo.

«Chi ti credi di essere, tu, per farmi aspettare quasi un'ora?! E vuoi venire qui adesso, in ritardo e pretendi anche di voler spiegare! Vuoi dirgli soltanto altre stronzate?!», digrignò i denti e del fuoco uscì dalla sua testa. «Ti faccio vedere io!»


Oliver proprio non riusciva a tenere la calma. La posizione era diventata scomoda, il divano stesso non era più confortevole, così si alzò di scatto e si avvicinò pericolosamente a Connor, intimandogli di illuminarlo.
«Io...»
«Dai, dillo, la Keating vi ha dato troppo lavoro extra e bla bla bla?!», sbottò irritato.
«No, no che non è questo, Oliver...»
Più arrabbiato di prima, Oliver gli urlò contro: «Ti sei scopato un altro proprio il giorno di San Valentino e non sai come dirmelo?! Eh? E pensare che eri cambiato!»

«Ma guardalo tu! Lo tratta come se niente fosse! E non si scompone proprio! Ti faccio vedere io davvero adesso, Connor Walsh, come osi!», gridò a sua volta Rabbia.


«Oliver!», questa volta fu Connor stesso ad alzare la voce per sovrastare la sua. «Semplicemente stavo preparando una sorpresa per te!»

Tutto ciò che seguì quell'affermazione fu il silenzio. Un silenzio tombale e quasi spaventoso, accompagnato dagli sguardi mezzi sorpresi, intontiti e ancora un po' arrabbiati di Oliver.

«Sorpresa?», sbuffò Rabbia. «Nah, non credergli, Oliver! Ti sta mentendo e no, Connor, non ci rammolliremo così!»
«Suvvia, Rabbia, smettila!», esclamò spazientita Gioia, spostandolo dai comandi e impedendo a chiunque di fare qualcosa. «Vediamo che succede».


Connor sospirò.
«Sì, la Keating ci ha fatto lavorare molto oggi. C'era un nuovo caso molto particolare e delicato e ci ha impegnati per la maggior parte della giornata. Per cui non ho trovato molto tempo per finire di preparare quella sorpresa e ho dovuto farlo non appena mi sono liberato», spiegò più pacatamente e chinò un po' il capo, grattandosi dietro la nuca.
«Speravo potesse andare bene almeno per una volta, ma...», rimase in silenzio, «ti chiedo semplicemente scusa per il ritardo».
Oliver rimase imbambolato a guardarlo per qualche secondo e l'espressione corrucciata che aveva assunto sparì in pochi secondi. Si morse forte il labbro inferiore e poi disse semplicemente: «Scopami».
Connor lo guardò confuso: «E la sorpresa?»
«Scopami e poi mi dai questa sorpresa, semplice».
L'altro gli sorrise e mimò un grazie, per poi accontentarlo subito.


«Ma è mai possibile che questi due non trovino altri modi per sfogare la frustrazione e fare pace?!», si lamentò ancora Disgusto. «Non se ne può più».
Di nuovo fu causata un'ilarità generale.
«E tutto è bene quel che finisce bene... anche questa volta».
«Bene per loro, Gioia, non di certo per me», ripeté Disgusto, andandosene via come di consueto.

  
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