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Autore: frabulous    17/11/2015    1 recensioni
Sarebbe una cazzata dire che non lo aspettassi. Tutti si aspettano qualcosa. Anche quando si è già stati delusi, feriti, abbandonati. Anche quando cerchi di ripeterti che è inutile aspettarsi niente da nessuno, che tutto prima o poi finisce, che tutti prima o poi se ne andranno e tu resterai da sola. Anche quando ti convinci che affidarsi solo a sé stessi sia la cosa migliore. Cazzate. Il cuore ancora ci spera. Perché, per quanto possa far male, non possiamo farne a meno. Siamo nati per amare e per provare a farci amare. Ed è proprio quel provare che ci frega.
~tratto dalla storia~
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Welcome to my life
 
Capitolo 2: When you say nothing at all



Quella villa riusciva a sembrare più grande ogni volta che ci si entrava. Si trovava in campagna, ma lo stile non era rustico, anzi era tutto molto raffinato e di inevitabile gusto classico, quello che più amavo. Il mobilio elegante e antico un po' stonava con le luci soffuse e vivaci che si alternavano e gli apparecchi super-tecnologici dai quali si propagava un'assordante musica da discoteca.
All'entrata del viale che portava alla casa c'erano ben due cancelli, in mezzo ai quali si stagliavano paesaggi mozzafiato tipicamente romantici e meravigliose composizioni floreali che sembravano naturali, ma che dovevano essere in realtà frutto di chissà quale minuzioso lavoro di giardinaggio. Non mi stupii di vedere due buttafuori davanti alla porta d'ingresso, perché dovevano avere la stessa funzione delle telecamere di sorveglianza situate rispettivamente sui cancelli d'entrata: evitare imbucati ed indesiderati. La cosa sorprendente fu trovare quello spazio così ampio  interamente riempito da gente. All'interno la musica era quasi assordante ed era difficile immaginare come le persone potessero anche solo provare a ballare, appiccicati come erano gli uni agli altri. Questo certamente non mi scoraggiò: quella sera la parola d'ordine era "divertimento" ed io avrei provato il tutto per tutto pur di riuscire a staccare la spina per qualche ora.
 
- Giù, allora che fai ti muovi? - mi voltai verso mia sorella prima di entrare e cominciare a scatenarmi, ma a quanto pareva lei aveva già deciso di avviarsi verso la piscina. Scrollai le spalle ed entrai, provando a cercare Lucrezia per salutarla. Mi feci largo tra quella calca di gente, rendendomi conto che si faticava a respirare nonostante il condizionatore a palla. Venni spintonata a destra e a sinistra e parecchie volte fui sull'orlo di fare una rovinosa caduta, ma alla fine la vidi.
Lucrezia Duca era sulla grande scalinata a chiocciola che portava al piano superiore in tutto il suo splendore: fasciata in un tubino rosso che l'avvolgeva in un disegno che ricordava vagamente l'andamento di un fiocco*, i capelli mossi ricadevano perfetti sulla sua schiena, mentre con aria annoiata se ne stava appoggiata alla ringhiera a fissare le sue decollete Louboutin nere lucide mentre sembrava quasi non curarsi di alcuni ragazzi che le parlavano intorno e del bicchiere di champagne che stringeva in mano. La sua bellezza mi fece sentire così inappropriata, che tornai a fissare il mio outifit con lo stesso sguardo che aveva usato mia sorella prima che uscissimo di casa, ma poi mi resi conto che, cavolo, lei era Lucrezia Duca e da me, Ginevra Daltesi, non ci si poteva aspettare di meglio.  Mi diressi verso di lei e cercai il suo sguardo.
Appena mi vide si illuminò: - Ginny! Ce l'hai fatta ad arrivare! Sei bellissima, come sempre - e mi rivolse un sorriso, uno di quesi sorrisi così grandi e sinceri, mettendo in mostra la sua dentatura perfetta e bianca, che manderebbe chiunque in estasi.
- Lucri, la festa è bellissima e tu sei a dir poco meravigliosa! ...Moschino? - sapevo quanto adorasse quando qualcuno riconosceva la marca di qualcosa che indossava, perché poi cominciava a parlarne con tanta enfasi che ti ritrovavi a pensare che passasse più tempo sulle riviste lei che una modella.
- Sì! Ti ricordi l'avevo visto su quella rivista che ti ho mostrato la settimana scorsa e me ne sono innamorata! - disse rimirandosi il vestito e attirando su di se non pochi sguardi. Annuii sorridendo impercettibilmente. Quella ragazza mi metteva sempre di buon umore.
- Uh, aspetta! Tu ancora non hai ricevuto il bracciale - disse tutto d'un tratto. Me la guardai con un'espressione a punto interrogativo, ma lei non sembrava intenzionata a svelare il mistero. Semplicemente, posò il bicchiere di champagne che prima aveva in mano sul piatto di un cameriere che sfrecciava vicino a noi e mi prese per il polso, trascinandomi al piano superiore.
- Lù, ma di che parli? - riuscii a chiedere infine quando arrivammo in una stanza che riconoscevo essere una sala giochi, mentre lei rovistava in un cestino con tanti braccialetti colorati. Ne vedevo di più forme e colori. Lei semplicemente mi avvicinò il cesto in vimini e mi disse di chiudere gli occhi.
- Ma che...? - mi uscì mentre allungavo la mano verso il cesto ad occhi chiusi e frugavo tra le varie forme. Quando li riaprii mi ritrovai tra le mani un braccialetto verde con delle piccole farfalline. M'illuminai quando lo vedi: il verde era il mio colore preferito.
- Grazie mille Lucri! - feci per abbracciarla, credendo che il braccialetto fosse un regalo in ricordo della serata. Quella però mise le mani avanti come a fermarmi e quello che disse un po' mi spiazzò.
- Credo che tu abbia frainteso, Ginny. Questo braccialetto non è un semplice regalo. Vedi, ogni braccialetto che sta lì dentro è in coppia. Ce ne sono di diverse forme e colori e di ognuno ce ne sono due, uno nel cesto per le ragazze e un altro in quello per i ragazzi. - il mio sguardo sempre piú confuso doveva essere un caldo invito a continuare e lei mi guardò sempre più divertita e ansiosa di riprendere – A mezzanotte il dj metterà un lento ed estrarrà dieci coppie di braccialetti che dovranno ballare! - concluse tutta felice mostrandomi poi il suo bracciale: cuori rossi, prevedibile.
 

La musica era perfetta: ogni nota ti spingeva a dare sempre di più e a lasciarti completamente andare per godere a pieno di quelle magnifiche sensazioni. Io avevo sempre adorato ballare. Non sono una che ama mettersi in mostra, quindi spesso sono timida e non riesco ad aprirmi con persone a me sconosciute. Essere al centro dell'attenzione, poi, è l'ultima cosa che desidererei in tutta la mia vita. Probabilmente la mia non-popolarità a scuola in questo aiuta: non essere al centro dei gossip dell'intero istituto non è niente male, soprattutto quando frequenti un liceo in cui persino i professori creano pettegolezzi su tutto e tutti.
Con la musica però è tutt'altra storia. Non riesco a fare a meno di muovermi, come se quella melodia mi chiamasse. Non so se il fatto che io abbia ballato in una delle migliori scuole di danza d'Italia a livello agonistico per quasi otto anni abbia contribuito al mio innato amore per il ballo. Già, otto lunghi anni della mia vita passati tra punte, spaccate, grandissime vesciche ai piedi e sbarre. Avrete capito che la mia scelta era caduta sulla danza classica. Noiosa, banale, eccessivamente femminile. Non sapete quanto vi sbagliate. I balletti classici sono tutt'altro che noiosi, anzi, ci sono tanti di quei virtuosismi che c'è solo da incantarsi a guardarli. Banale per una bambina di sette anni cominciare a fare danza classica come tutte le sue amichette? Probabile, se non fosse che nel mio caso ero entrata in una palestra per cominciare ginnastica artistica, ma per via dei miei scarsissimi - per non dire insignificanti - muscoli, gli istruttori mi avevano caldamente consigliato di cambiare attività e magari darmi a qualcosa di più aggraziato. Fatto sta che all'Accademia Nazionale di Danza si pretendeva non solo lo studio perfezionistico della danza classica, ma anche di contemporaneo, moderno, nonché neoclassico. Tutti termini tecnici che non vi diranno nulla, ma tanto per farvi capire quante in realtà le discipline in cui mi ero specializzata fossero, troppe per far dimenticare al mio corpo come seguire la musica ogni volta che se ne presentava l'occasione.
 
Dopo un'ora -o forse due- di pista, decisi che una pausa non mi avrebbe fatto male. Ero già stata nella villa Duca, ma quel buio forzato e la confusione che mi ronzava in testa non mi permettevano di ricordare quale delle innumerevoli porte al primo piano fosse quella giusta per il bagno. Ne aprii un paio senza successo per ritrovarmi davanti a un'entrata diversa dalle altre: maniglia dorata, legno lavorato finemente e altezza decisamente esagerata rispetto alle porticine che la circondavano. Era accostata e dentro si distingueva un ambiente ampio e luminoso. Decisamente non era il bagno.
- Quando lo capirai che tu sei sangue del mio stesso sangue! - una voce dall'altra parte della porta mi fermò poco prima che continuassi la ricerca del tanto agognato bagno. - Passi il tuo tempo con quei tuoi stupidi amichetti che stanno in giro a fare i drogati! Tu dovresti pensare al tuo futuro, all'azienda! Invece i tuoi voti fanno schifo e non ti curi minimamente! Io mi vergogno di portarti in giro o di presentarti ai tuoi futuri colleghi! - tuttò ciò che riuscivo a vedere da quella piccola fessura erano un paio di jeans molto scuri e una camicia nera sul cui braccio destro spiccava inconfondibile un braccialetto verde con le farfalle. Quel ragazzo doveva essere salvato, chiunque fosse non meritava di sentirsi dire quelle parole dal padre. Nessuno dovrebbe sentirsele dire.
In un impeto di generosità, aprii di scatto la porta senza degnare di uno sguardo i presenti nella sala, con gli occhi fissi sul pavimento, afferrai la mano col bracciale uguale al mio: - Amore, vieni! Stanno facendo l'estrazione! - fu lì che feci l'errore di alzare lo sguardo. E li vidi. Gli occhi più profondi che avessi mai avuto la sfortuna di incontrare, quegli occhi. Di fronte alla rivelazione che il ragazzo dal bracciale verde fosse Adriano - sí, quell'Adriano - azzardai il mio sorriso più smieloso sperando con tutto il cuore che il padre non si accorgesse di quanto fosse finto, mentre un Adriano particolarmente sorpreso - azzarderei dire felicemente?- e un signor Duca sempre più infuriato fissavano insistentemente la mia presa sulla mano del ragazzo. Cercai di ignorare il rossore che si stava facendo spazio sul mio viso già accaldato e trascinai - letteralmente - Adriano fuori da quello studio con la promessa che non ci sarei entrata mai più in tutta la mia vita. Quando ebbi la certezza di essere lontana da quella porta, lasciai andare di scatto la mano del ragazzo che aveva continuato a fissarmi con un'espressione tra l'inebetito e il provocatorio per tutto il tragitto, che da breve in quel momento sembrava un percorso olimpionico per maratone.
- Che hai da guardare, Duca? - dissi scocciata lasciando la presa. O meglio, tentando di farlo, perché lui immediatamente mi riprese la mano.
- Perché lo hai fatto, Daltieri? - domandò allora lui cercando un contatto con i miei occhi, che ovviamente gli negai.
- Perché nessuno dovrebbe sentirsi dire quelle cose dal proprio padre o litigare con i propri genitori. Nemmeno uno come te. - questa volta strattonai la sua mano perché lasciasse andare la mia.
- Come me, come? - chiese ancora facendomi bloccare sul posto, gli davo le spalle. Non risposi, mi girai e lo guardai con uno sguardo che doveva dirgli tutto. Che ero stata una scema a cedere così facilmente a lui, che non lo perdonavo per aver baciato mia sorella e che sapevo. Io sapevo che lui l'aveva baciata e che entrambi avevano ben pensato di non dirmi nulla. Che doveva semplicemente dimenticare tutto quello che era successo e tornare a non rivolgerci la parola, che a me andava benissimo così. Poi mi voltai, capendo dalla sua espressione interrogativa che lui invece non aveva capito proprio niente e mi incamminai verso il bagno a passo più svelto di quanto non fosse l'urgenza che ne avevo.
 

Quel minuscolo stanzino che era il bagno degli ospiti, minimisticamente arredato, altro non era che la settima, nonché ultima, porta. E mi ci era voluto un imbarazzantissimo incontro ravvicinato con Adriano e il signor Duca in persona per trovarlo! Tornai nella grande sala adibita a discoteca per trovarla molto più luminosa e sicuramente meno gremita di gente rispetto a poco prima. Quando vidi Lucrezia sull'immensa scalinata, illuminata da una luce particolarmente accesa e notai il totale cambiamento dell'atmosfera in un ambiente improvvisamente buio e scintillante da classico film americano nella notte del Prom con tanto di annunciato mutamento di musica da parte del dj, capii che il fatidico momento era arrivato. Avrebbero estratto le dieci coppie per i lenti. Tipico delle feste di Lucrezia: doveva esserci sempre l'effetto sorpresa. Era evidente che voleva impegnarsi a trovare un ragazzo. Sapevo che lei sarebbe stata estratta e come minimo avrebbe barato solo per farsi estrarre insieme a qualche bel fusto, nella speranza che sarebbe poi nata la scintilla. E, parliamoci chiaro, a chi non poteva scattare la scintilla dopo aver ballato un lento con la bellissima ed elegantissima Lucrezia Duca in un Moschino rosso? Le luci cominciarono ad affievolirsi sempre di più, fino a lasciare posto solo a quella che puntava Lucrezia, che ora aveva vicino un cesto pieno di bigliettini. Le chiacchiere e gli schiamazzi di poco prima si trasformarono in bisbigli appena udibili e la folla era tutta ammassata alle pareti, lasciando l'enorme centro-sala vuoto per quella che sarebbe diventata la pista da ballo.
- Ti pare che chiameranno proprio farfalle verdi - borbottai alzando gli occhi, addossata a quella massa informe di persone. Se solo avessi prestato più attenzione, mi sarei accorta che quel qualcuno a cui ero addossata aveva potuto sentire perfettamente il mio commento e la cosa non andava certamente a mio favore.
- Salve a tutti! - esordì la voce di Lucrezia - Grazie per essere venuti stasera a festeggiare questa grandiosa estate - alzò il bicchiere dal contenuto alcolico che teneva in mano, presto imitata da tutti gli invitati - Prima di iniziare con l'estrazione vorrei proporre un brindisi a tutti quei poveri sfortunati che, come me, tra pochi giorni inizieranno l'anno scolastico! - ricordate il silenzio mormorato di poco prima? Cancellatelo! Urli e schiamazzi si levarono insieme a tanti sospiri sconsolati fortemente enfatizzati - Ehm, ehm... dunque, come ben saprete è mia tradizione aggiungere un po' di pepe alla serata, per cui questa sera procederò con l'estrazione TOTALMENTE CASUALE di dieci coppie sulla base dei bracciali che sono stati assegnati ad ognuno di voi - ricordo che quasi scoppiai a ridere quando pronunciò "totalmente casuale" in un modo che di casuale non aveva assolutamente nulla. - Domande? Allora procedo. - ovviamente non aspettò che qualcuno potesse anche solo azzardare una domanda - Pregherei coloro a cui corrisponde il bracciale in simbolo e colore di avanzare direttamente verso la pista, grazie. - e cominciò a frugare nella cesta.
- Smile arancione. - un ragazzo e una ragazza si avvicinarono alla pista a braccetto senza alcuna esitazione: dovevano essere fidanzati visti i loro sorrisi sfacciati. Totalmente casuale, eh?
- Fantasmino nero - davvero avevano scelto come simbolo un fantasma? Un fantasmino?
- Corona azzurra, ... fiocco bianco, ... fiore viola, ... farfalla verde, ripeto... farfalla verde! - fui risvegliata dal mio stato catatonico da una mano che si era posata saldamente sul mio fianco sinistro, abbracciandomi e conducendomi verso la pista da ballo. La pista da ballo? Una mano? Sbarrai gli occhi fissando insistentemente prima la pista con sei coppie che si facevano sempre più vicine, poi la mano. Quella mano. Alzai lo sguardo verso la mia destra solo per incontrare il ghigno compiaciuto di Adriano Duca in persona.
- Che stai facendo, Duca? - domandai retoricamente accelerando il passo e scansando la mano che si era appropriata del mio fianco.
- Mi sembravi piuttosto assorta, Daltieri. Quindi da bravo gentiluomo ho preso in mano la situazione. -
- Forse intendi dire che non hai perso tempo per approfittarne e toccarmi. – dissi mentre altre tre coppie venivano chiamate in pista. Ultima estrazione? Ma ovviamente cuore rosso!
- Comunque non c'è bisogno che tu balli con me. Ci saranno come minimo dieci ragazze qui intorno che vorrebbero essere al mio posto e io glielo cedo molto volentieri. - feci per tornare tra la folla intorno alla pista, ma Adriano mi fermò prendendomi per un polso: - Avrei potuto ballare con chiunque, ma CASUALMENTE la sorte ha voluto che chiamassero questo bracciale - affermò portandomi verso il centro della sala, dove stava partendo la musica. Quindi era stato lui a far chiamare farfalla verde? Doveva essere una cosa di famiglia truccare le estrazioni! Arricciai il naso in un espressione di sfida e, quando lui posò le sue mani sui miei fianchi aspettando che io posassi le mie intorno al suo collo, rimasi ferma immobile.
- Che succede, Daltieri? Ansia da prestazione? Eppure mi era giunta voce che sapessi ballare piuttosto bene - cercava di stuzzicarmi, il maledetto. Prese le mie mani proprio sulle prime note della canzone e le intrecciò dietro al suo collo. Quel dj ci sapeva dannatamente fare. Riconobbi subito la melodia di When you say nothing at all.
Ronan Keating stava per iniziare a cantare, quando cercai di cambiare argomento, spostando l'attenzione su di lui. - Che cosa era successo prima, con tuo padre? – lo sentii irrigidirsi e spostare lo sguardo verso il basso, doveva essere difficile parlarne.
- Potresti semplicemente... stare zitta? - quasi lo sussurrò, mentre si avvicinava con la fronte alla mia e faceva un piccolo accenno alla console del dj. Lo capivo, sapevo quanto fosse difficile avere a che fare con i propri genitori e tutti i problemi che comportavano. Strinsi la presa sul suo collo e mi abbandonai completamente alla musica.
 
 

It's amazing how you can speak right to my heart
Without saying a word you can light up the dark
Try as I may I can never explain
What I hear when you don't say a thing

 
Vederlo lì, davanti a me, così indifeso e completamente privo di barriere, mi faceva uno strano effetto. Sapevo cosa stava vivendo in quel momento. Conoscevo perfettamente tutte le sensazioni che comportava sentirsi dire cose del genere dai propri genitori. Stare lì quasi a sostenerlo mi creava uno strano effetto. Non lo sapevo spiegare, era come se potessi comunicargli quanto mi dispiacesse, quanto lo capissi. Lo vedevo, nei suoi occhi riflessi nei miei, che anche lui lo percepiva. Sembrava attaccarsi a me, come se potessi davvero dirgli come uscire da quella situazione. A saperlo, lo avrei fatto anche io. Avrei risolto tutto il casino che si era creato nella mia vita.
 
 
All day long I can hear people talking out lout
But when you hold me near, you drown out the crowd
Try as they may, they could never define
What's being said between your heart and mine
 

Con la coda dell'occhio, notai vicino a noi Lucrezia che ballava con un ragazzo. Era alto credo quanto Adriano, ma dai tratti tipicamente ariani. Era biondo e la carnagione appena abbronzata metteva in risalto dei grandi occhi azzurri. Non riuscii ad osservarli meglio, anche se lei sembrava particolarmente presa, perché in quel momento l'unica cosa che attirava il mio sguardo erano gli occhi di Adriano. Occhi così profondamente scuri che sembravano cercare a loro volta i miei, quasi invitandomi a non interrompere quel contatto. E tutto in quel momento sembrava così magico, che mi dimenticai di essere Ginevra Daltesi e che lui fosse Adriano Duca e che non ci fosse coppia più sbagliata.
 
 
You say it best,
When you say nothing at all.

 
Credo che in quel momento amai la musica ancora di più. L'atmosfera che si era creata era così perfetta che sembrava quasi irreale. Adriano Duca era un ballerino niente male e quando teneva la bocca chiusa riusciva persino ad essere adorabile. Sembrava mi capisse sul serio. Sembrava che io riuscissi a capire lui. Sembrava che fossimo più simili di quanto non eravamo in realtà. Sembrava che in quel ballo mi stesse dicendo tutte le parole che avrei voluto sentirmi dire per rassicurarmi, per farmi sentire al sicuro. Era così che mi sentivo. Per quattro minuti, tra le sue braccia, mi sono sentita al sicuro. Protetta dal mondo e da me stessa, ovattata dall'ambiente esterno, come se potessi vederlo e sentirlo a malapena, mentre nelle mie orecchie rimbombava dolce la voce di Ronan Keating ed io ero circondata dal profumo di Adriano.
 
 
The smile on your face let's me know that you need me
There's a truth in your eyes saying you'll never leave me
The touch of your hand says you'll catch me whenever I fall

 
Distolsi il mio sguardo dal suo solo per guardarlo. Quella sera ancora non l'avevo osservato come avrebbe meritato. Era veramente bellissimo. Indossava dei jeans che gli aderivano nella zona quadricipiti e mettevano in mostra il suo avvenente lato b - ho detto avvenente? Sul serio? Intendevo dire scadente, sí, scadentissimo. Sopra portava una camicia nera con i primi tre bottoni sbottonati e le maniche risvoltate fino a metà avambraccio, che lasciavano spazio al bracciale identico al mio e ad un orologio rolex molto ampio. Con la punta delle dita sfiorai i suoi capelli. L'estate li aveva schiariti, ma erano comunque abbastanza scuri e morbidi, terribilmente morbidi. Li lasciava sempre spettinati, ma erano corti abbastanza da non renderlo ridicolo, anzi. Quel movimento impercettibile fece alzare un'ondata di profumo di dopobarba che mi stordì completamente e lo portò ad alzare lievemente un angolo della bocca rilassando i lineamenti del viso. Era terribilmente sicuro di sé, punto a mio sfavore. Mi ripresi e distolsi lo sguardo, portandolo sui due ragazzi dal braccialetto smile arancione, che si stavano ficcando la lingua in bocca senza tanti complimenti. Adriano mi strinse di più a sé. I nostri corpi erano talmente vicini che si sfioravano e i nostri occhi erano nuovamente incollati. Finché io, da brava stupida, non spostai i miei su qualcosa che non avrei mai dovuto guardare: le sue labbra. Ovviamente, a lui non sfuggì questo passaggio e cominciò a passarci la lingua sopra così lentamente da mettere chiaramente in mostra il rossore e la pienezza di quelle labbra peccaminose. Arrossii vistosamente quando vidi il suo viso farsi sempre più vicino. Finalmente spostai lo sguardo sui suoi occhi. Occhi che ora erano terribilmente scuri, quasi neri, e sembravano brillare nella luce soffusa dell'atmosfera.
Prima che potessi accorgermene, distratta da un "grazie" sussurrato così piano da essere appena percettibile, le nostre labbra si erano già sfiorate.









Notes:
Eccomi tornata! Leggero, leggerissimo ritardo, ma soddisfatta del risultato! Questo capitolo è l'inizio di tutto, miei cari lettori :))))) dal prossimo sarà svelato cosa lega Adriano e Ginevra e capirete molte molte cose riguardo la famiglia di GG. Per quanto riguarda il nostro Adriano, invece, dovrete attendere ancora un po'. Volevo ringraziare tantissimo BeaC per aver messo la storia tra le preferite, NeverAloneF per averla inserita tra le ricordate e le 7 persone che l'hanno classificata tra le seguite! Tanti baci a tutti voi :***
Ho cambiato l'introduzione uhm uhm perché questa mi sembra molto meglio e quella precedente comunque era solo provvisoria :) Mi piacerebbe che lasciaste qualche recensione su questo e il capitolo precedente, tanto per avere un feedback e capire se questa storia è piaciuta oppure no :)
Lascio qui sotto un'immagine del vestito di Lucrezia, che d'ora in avanti -come avrete capito- sarà la mia musa ispiratrice in fatto d'abbigliamento ;) Alla prossima!
Baci baci, Fran.
                                  *

 
   
 
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