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Autore: Sesshomaru_sama    18/11/2015    0 recensioni
La polizia ha interrogato un testimone e al tempo stesso, vittima del misterioso assassino che continua a girare per le strade di Toronto.
" Stavo tornando a casa, c'era una fitta nebbia e non riuscivo a vedere quasi nulla" dice l'uomo " Ho girato l'angolo, quando ho sentito il rumore di alcuni passi, sembrava che qualcuno si stesse avvicinando, non ci feci caso e continuai a camminare. Quando vidi una piccola macchia rossa davanti a me, sforzai un po' gli occhi per cercare di mettere a fuoco quella figura, dopo un po' capii che era una camicia rossa a quadri neri, ma più mi avvicinavo a quella figura e le macchie rosse aumentavano. Feci un passo, un altro e un altro ancora, fino a quando non mi ritrovai fianco a fianco con quella figura, era in piedi completamente immobile, così gli passai di fianco, sembrava non essersene accorto. Continuai a camminare, sentii di nuovo quei passi, stavolta ho avuto la strana sensazione di essere seguito. Aumentai il passo, ma quella sensazione non cessava, sentivo i passi dietro di me e gli occhi puntati addosso. Decisi di girarmi....penso....che sia stata la scelta peggiore che abbia mai fatto"
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La polizia ha interrogato un testimone e al tempo stesso, vittima del misterioso assassino che continua a girare per le strade di Toronto.

" Stavo tornando a casa, c'era una fitta nebbia e non riuscivo a vedere quasi nulla" dice l'uomo " Ho girato l'angolo, quando ho sentito il rumore di alcuni passi, sembrava che qualcuno si stesse avvicinando, non ci feci caso e continuai a camminare. Quando vidi una piccola macchia rossa davanti a me, sforzai un po' gli occhi per cercare di mettere a fuoco quella figura, dopo un po' capii che era una camicia rossa a quadri neri, ma più mi avvicinavo a quella figura e le macchie rosse aumentavano. Feci un passo, un altro e un altro ancora, fino a quando non mi ritrovai fianco a fianco con quella figura, era in piedi completamente immobile, così gli passai di fianco, sembrava non essersene accorto. Continuai a camminare, sentii di nuovo quei passi, stavolta ho avuto la strana sensazione di essere seguito. Aumentai il passo, ma quella sensazione non cessava, sentivo i passi dietro di me e gli occhi puntati addosso. Decisi di girarmi....penso....che sia stata la scelta peggiore che abbia mai fatto. Davanti a me trovai quella figura, per poco non urlai, aveva la camicia rossa a quadri neri che avevo visto, le macchie rosse non erano altro che macchie di sangue, erano ovunque, sui vestiti, sul viso e sulle mani. Sulla sua guancia destra aveva un taglio che sanguinava, i capelli erano neri e lisci e aveva un ciuffo sugli occhi, sarà stato alto 1,83 m. Sentì il suo sguardo freddo su di me, mi guardava e io per la paura non sono più riuscito a muovermi. Ero completamente paralizzato e in preda al panico.
Fu allora che si avvicinò a me, e mi sussurrò in un'orecchio una frase, che però mi fece salire un brivido lungo la schiena: - Non sei stata una brava persona- disse. Dopo, prese un coltello e me lo conficcò in pancia. Caddi a terra, avevo la vista offuscata, sentivo il sangue caldo che fuoriusciva dal mio corpo, misi una mano sulla ferita per cercare di fermare il sangue, quando notai che il ragazzo si avvicinò nuovamente a me, riprese il suo coltello ricoperto del mio sangue. Lo alzò sulla sua testa, feci una cosa istintiva...alzai le mani e mi coprii il viso. Il ragazzo mi colpì, in quel momento urlai dal dolore, mi girai e notai che le mie mani si trovavano sul marciapiede, completamente staccate dal mio corpo. In quel momento passò di li un'auto, il ragazzo scappò via, inghiottito dalla nebbia. Un uomo scese dall'auto che chiamò subito un ambulanza. Ora non ho più le mani, ma almeno posso dire di essere qua a dire ciò che ho visto e a descrivere quell'essere dagli occhi di ghiaccio che mi ha fatto questo."

                                                                                                                                                                                    Toronto-Canada

Era una normalissima mattinata in Canada, il sole splendeva e gli uccellini cinguettavano, insomma era tutto come al solito.
In un piccolo quartiere a Toronto viveva una famiglia, la loro mattinata era un pò diversa da quella di tutti gli altri, infatti in quella piccola casa abitavano un padre e suo figlio quasi maggiorenne.

Andrew aprì gli occhi, vide che una piccola luce filtrava dalle sue tende. Si stropicciò gli occhi, poi si alzò dal suo letto per poi dirigersi verso la finestra, aprire le tende per far entrare la calda luce del sole  e poi abbandonarsi ai suoi pensieri.
Uscì dalla sua stanza per poi dirigersi in quella del padre e notare con dispiacere che quello era ancora a dormire nel suo letto pieno di bottiglie vuote. Chiuse la porta della stanza di suo padre per poi dirigersi in cucina per preparare il caffè, mentre apettava che il caffè salisse, si abbandonò nuovamente ai suoi pensieri. Dopo qualche minuto i suoi pensieri vennero interrotti dal suono del caffè che finalmente era pronto, lo mise in un bicchiere e ci aggiunse 2 cucchiani di zucchero, proprio come piaceva a suo padre. Portò quel bicchiere fino alla camera di suo padre, aprì la porta ed entrò

- P-papà, ti ho portato il caffè- disse con un tono dolce e gentile
Suo padre si alzò, strappò il bicchiere dalle mani di Andrew e bevve il caffè. Dopo il primo sorso, sputò il caffè e poi gettò il bicchiere in faccia a suo figlio
- Fa schifo- disse tra l'arrabbiato e il seccato
- C-cosa c'è che non va?-
- Manca lo zucchero, a 17 anni non sai preparare nemmeno la brodaglia più semplice del mondo-

Mancava lo zucchero? eppure lui, si ricordava perfettamente di averlo messo...o forse, se lo era solo immaginato.
- Adesso vattene, che tra poco passa l'autobus della tua pidocchiosa scuola-
- Si...papà- Andrew abbassò la testa, uscì dalla stanza e chiuse dietro di se la porta della stanza. Il viso gli bruciava un sacco, andò in bagno e notò che il suo viso era stato ustionato, decise di non fare niente, tanto nessuno lo avrebbe notato. Andò in camera sua a prepararsi per la scuola, indossò una maglia nera e una felpa grigia, dei pantaloni neri e delle scarpe che non sapeva nemmeno di che marca fossero.
Si diede una sistemata veloce ai capelli e ci diede anche un colpo di piastra.
Prese il suo zaino e uscì di casa per dirigersi alla fermata dell'autobus. Come ogni giorno se ne stava seduto ad aspettare che l'autobus per la sua pidocchiosa scuola passasse, quando notò che stavano attraversando la strada due suoi compagni di classe. Si fermarono proprio davanti a lui

- Eccolo qua, lo sc-emo di turno- disse uno dei due ridendo
Andrew non disse niente, se ne stava semplicemete a testa bassa ad ascoltare le solite prese in giro.
- Ehi, che hai da mangiare oggi?- disse l'altro ragazzo afferrando lo zaino di Andrew
- Mollalo!- disse Andrew alzandosi per cercare di riprendersi ciò che gli apparteneva
- Sta calmo- uno dei due ragazzi lo prese e lo tenne fermo per le braccia mentre l'altro frugava nel suo zaino
- Lasciami andare!- Andrew cercò di liberarsi dalla presa del tipo, ma quello lo teneva ben stretto.
Andrew entrò in escandescenza e cominciò ad urlare, le sue urla attirarono l'attenzione di un signore che stava buttando la spazzatura non molto distante dalla fermata dell'autobus che ordinò ai due ragazzi di lasciar stare Andrew.
I due ragazzi lo lasciarono andare.
- Sta calmo eh, non c'è bisogno di urlare in quel modo-
Andrew nel frattempo si era seduto a terra con la faccia in mezzo alle gambe e a dondolarsi
- Non mi toccare, non mi toccare, non mi toccare...-
I due ragazzi se ne andarono mentre guardavano Andrew in modo strano, forse pensavano che fosse pazzo?
Dopo qualche minuto passò l'autobus, Andrew salì, si sedette in fondo all'autobus vicino al finestrino per abbandonarsi ancora una volta ai suoi pensieri.
Arrivato a scuola se ne andò subito in classe per evitare di incontrare " cattive persone".
Finita la scuola tornò a casa, dove ovviamente ci fu suo padre ad aspettarlo buttato sul divano con una bottiglia di alcol in mano.
- Sono tornato papà-
- Non ti ha investito nessuno?...peccato- nel dire quella frase, il padre non si era nemmeno degnato di guardare suo figlio in faccia.
Andrew andò in camera sua, voleva starsene da solo, non capiva del perchè suo padre si comportasse così con lui, magari era proprio per colpa sua che sua madre gli aveva abbandonati e il padre si sfogava sulla " causa" dell'andarsene di sua moglie. Quindi...lo odiava?...No...proprio no.
Si mise a studiare e non notò che era ora di preparare la cena. Scese in cucina e preparò una semplice minestra dato che in quella casa, il cibo non abbondava, si arrangiavano con i pochi soldi che avevano, dato che la maggior parte veniva speso per la casa, le bollette e le bottiglie di alcol del padre.
Arrivata l'ora di cena, il padre si sedette a tavola, mentre Andrew se ne stava in piedi per avere un giudizio. Come al solito il padre sputò la minestra sul pavimento, prese il piatto e lo scaraventò addosso al figlio, si alzò e lo prese dalla maglia.
- Come osi farmi mangiare sto schifo?-
- M-mi dispiace- gli occhi di Andrew si riempirono di lacrime, mentre il padre lo aveva buttato per terra come una bambola. Lo prese dai capelli, gli fece alzare la testa per poi prenderlo a pugni sul viso. Lo fece cadere di nuovo e andò in camera sua, ma Andrew rimase li, fermo, immobile e impotente. Il padre tornò con una cintura, mentre dagli occhi di Andrew continuavano a fuoriuscire delle lacrime e dalla sua bocca delle parole di pietà. Il padre sembrava non ascoltarlo e cominciò a prenderlo a frustate sulla schiena, come un mulo che non aveva svolto bene il suo compito.
La tortura continò per minuti, forse ore, ma che sembravano secoli.
Andrew si alzò con fatica dal pavimento, si diresse in camera sua, si tolse la maglia e sentì qualcosa colargli sulla schiena, andò in bagno per notare che la sua schiena stava sanguinando, si sedette a terra in lacrime, e in quel momento, nella mente di Andrew si accese una specie di lampadina, in 10 anni, pensò seriamente che suo padre lo odiasse, e nel suo viso apparve un espressione...che non aveva mai avuto.
Andò a letto presto, per poi svegliarsi la mattina dopo, con la solita luce che filtrava dalle sue tende, si alzò e aprì le tende per far entrare la luce del sole. Non passò alcun pensiero nella sua testa, era completamente vuota, sul suo viso non era apparsa alcuna emozione, i suoi occhi color ghiaccio erano completamente privi di emozione. Andò in bagno, si sistemò i capelli e si sciacquò il viso, poi tornò in camera sua, si mise una maglia bianca, i soliti pantaloni neri, le solite scarpe, e una camicia rossa a quadri neri. Uscì di casa sbattendo la porta, non voleva avere niente a che fare con qualcuno che l' odiava. Andò alla fermata dell'autobus dove trovò di nuovo quei due ragazzi.
- Ehi, ieri...sembravi quasi impazzito- disse uno dei due dandogli uno spintone
- Non mi toccare- disse Andrew guardandolo dritto negli occhi, ma la sua espressione non era cambiata
- Ooooh, il piccino ha paura di essere toccato?- disse ancora il ragazzo continuando a spingerlo
- TI HO DETTO DI NON TOCCARMI!- gli occhi di Andrew si erano spalancati e nei suoi occhi era apparsa un'espressione, era un espressione di odio intenso. Prese il ragazzo e lo scaraventò a terra per poi cominciare a picchiarlo selvaggiamente, gli diede calci e pugni sia sulla faccia che su tutto il resto del corpo. L'amico di quello gli era saltato addosso e aveva cominciato a picchiarlo, ma la rabbia di Andrew ebbe la meglio, lo afferrò dal collo e lo strinse con tutte le sue forze, il ragazzo cercò di liberarsi il collo, ma la presa di Andrew non cedette, il ragazzo continuò a dimenarsi cercando di liberarsi, fino a quando il suo corpo non smise di muoversi. Andrew tolse le mani dal collo del ragazzo, guardò ciò che aveva fatto...gli scappò una piccola risata, un altra e un altra ancora
- Ora non mi prendete più in giro eh?- se ne andò ridendo di gusto, la sua sanità mentale era completamente andata a causa del dolore e della rabbia che aveva in corpo. L'incubo, era appena cominciato
Quel giorno non andò a scuola, si era semplicemente rifugiato in una collinetta, un posto che lo aiutava a sentirsi meglio. Passò la giornata a guardarsi le mani con cui aveva ucciso quei due ragazzi e a ridere, ridere di gusto, ridere perchè era felice di ciò che aveva fatto, ridere perchè in 10 anni non lo aveva mai fatto.
Tornò a casa quando il sole era ormai calato.
Rientrò in casa e li ad aspettarlo ci fu suo padre, che subito corse a dargli uno schiaffo

- DOVE SEI STATO?- gli urlò il padre contro
Andrew lo guardò con odio profondo, davanti a lui c'era la principale causa della sua sofferenza

- Non ti deve importare, ero fuori perchè mi andava di farlo, non sono il tuo schiavetto- disse Andrew mentre lo guardava con la sua solita faccia senza emozioni

- Cosa? COME TI PERMETTI DI RISPONDERMI IN QUESTO MODO? VAMMI A PREPARARE DA MANGIARE!- lo prese per un orecchio e lo scaraventò in cucina.
Andrew si spostò il ciuffo dagli occhi

- No-

- No?...NO?- gli urlo il padre contro

- No, tanto ciò che ti cucino non ti piace-

- Perchè io ho un fallimento come figlio, che non sa fare niente se non piastrarsi i suoi luridi capelli-
Detto questo, afferrò Andrew per i capelli e lo prese a pugni, poi lo gettò a terra e cominciò a prenderlo a calci. Andrew si sentì...strano, come se stesse nascendo qualcosa dentro di lui, come un mostro che cerca di uscire, un mostro che vive sotto la pelle, dentro di lui, nella sua testa, impossibile da controllare.Andrew allungò un braccio sul bancone della cucina e afferrò un coltello che usò per graffiare il braccio del padre. Questo urlò dal dolore, lasciò andare Andrew e indietreggiò tenendosi la spalla.

- TU...BRUTTO FIGLIO DI...- non riuscì a terminare la frase che subito venne zittito da Andrew, che lo afferrò per la camicia e lo abbattè a terra.

- Tu, TU MI HAI FATTO QUESTO!- urlò Andrew mentre alzò il coltello sopra la sua testa, cercò di colpirgli la testa, ma suo padre afferrò le sue mani, cercando di proteggere la sua vita, avvicinò il coltello al viso di Andrew mentre cercava di contrastare la forza di Andrew. Il coltello si conficcò nella guancia di Andrew provocandogli un taglio profondo sulla guancia destra. Urlò dal dolore, si tolse il coltello dalla guancia dalla quale uscirono diversi schizzi di sangue, prese il coltello lo alzò sopra la sua testa e disse - sei stata una persona cattiva-  e cominciò ad accoltellare suo padre direttamente sul cuore, una coltellata, un altra, e un altra ancora, fino a quando il corpo del padre non rimase completamente immobile. Gli abiti di Andrew erano completamente ricoperti di sangue, le sue mani e anche il suo viso. Rise di gusto nel vedere che finalmente la sua sofferenza aveva cessato di esistere. Si alzò da terra, prese il telefono e chiamò la polizia, dicendo che era stato commesso un omicidio, diede l'indirizzo di casa sua e lasciò un messaggio. Dopo di che usci di casa e se ne andò chi sa dove, ormai l'Andrew dolce e gentile non esisteva più, era morto, proprio come tutte le sue vittime, quel bravo ragazzo era stato ucciso dal dolore, e ora una nuova parte di lui aveva iniziato a vivere in lui, una parte folle, completamente assetata di sangue.

Qualche ora dopo la chimata, i poliziotti si diressero verso l'indirizzo ricevuto, li trovarono la porta aperta, e appena entrarono, trovarono la casa completamente a soqquadro, un uomo era sdraiato a terra morto, e presentava diversi segni di accoltellamento, c'era sangue ovunque.
E sul muro c'era una scritta, la firma dell'assassino scritta col sangue...c'era scritto " You were a bad person"

Fine.

 

Spero vi possa piacere come storia, è una creepypasta inventata da me, scusate per gli errori grammaticali, rimedierò. Se volete recensite e fatemi sapere cosa ne pensate. Baci Sesshy_chan
  
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