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Autore: Nuel    19/11/2015    3 recensioni
Davvero il tempo delle straordinarie avventure di “Brian&Mickey” è concluso? Si può arginare quello che ha stabilito il destino o, forse, si può solo rimandare?
Michael ha sempre amato Brian in silenzio, relegato al ruolo di migliore amico, ha sposato un altro uomo, un altro amore, ma quel sentimento è sempre rimasto lì, in attesa che Brian superasse il confine sottile tra amicizia e amore.
[Brian x Michael]
♣ Questa fanfiction si è classificata seconda al contest “Manga cliché” indetto da Sango_79 sul forum di EFP per conto del forum “Disegni e Parole”.
Genere: Erotico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ben Bruckner, Brian Kinney, Michael Charles Novotny-Bruckner
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Ciao, amore

 
La normalità è sopravvalutata e, con lei, lo sono tutte le cose considerate normali: la monogamia, la sveglia alla mattina, arrivare in orario ad un appuntamento… Si dà per scontato che, incasellando la vita dentro schemi precisi, filerà tutto liscio, che si invecchierà felici e contenti.
Invece, la normalità impigrisce, fa diventare abitudinari, incapaci di reagire agli sconvolgimenti improvvisi.
    Poi, un giorno, tutto cambia, senza preavviso, senza darti il tempo di prepararti, di fare la valigia e correre all'ospedale. Non è come sapere che sta per nascere un bambino, è il miracolo della vita che ti scuote, come un terremoto, come uno tsunami, come l'amore.

Il telefono era rimasto a portata di mano, tra la sveglia ed il pacchetto di sigarette, così, quando cominciò a suonare, un braccio sbucò da sotto le coperte, andando a recuperare l'apparecchio molesto.
«Chi cazzo è?», borbottò Brian, dopo aver risposto al cellulare con un gesto automatico, la voce impastata dal sonno e Michael stretto al petto come un koala.
    «Brian?», domandò la voce profonda di Ben facendolo svegliare di colpo.
    «Professore! Ma che ore sono? Com'è Philadelphia?», gli chiese, stiracchiandosi, mentre Michael, ancora insonnolito, gli si strusciava addosso, ma quando le parole “professore” e “Philadelphia” raggiunsero la sua mente, saltò a sedere, perfettamente sveglio, prendendogli il telefono di mano.
    «Ben! Ciao…».
    «Sei da Brian?», chiese Ben, con tono infastidito.
    «Sì, ieri sera abbiamo tirato tardi e mi sono addormentato qui…», gli rispose schiaffeggiando la mano di Brian che, mantenendosi sopra i boxer, tastava la sua erezione mattutina con aria professionale.
    «Beh, quanto pensi di metterci per tornare a casa? Ho perso le chiavi e sono fuori dalla porta da venti minuti».
    «Arrivo subito!», rispose Michael, chiudendo la chiamata e sgusciando fuori dal letto, mentre Brian rideva.
«Dove sono i miei pantaloni?», chiese ansiosamente, prima di infilarsi in bagno e dire, a beneficio di Brian: «Ben è a casa».
    Michael aveva dormito da Brian negli ultimi giorni. Non lo avevano deciso: era successo, era stato quasi come tornare adolescenti, quando passavano tutto il giorno assieme. Avevano mangiato pizza, guardato vecchi film in bianco e nero, erano andati a ballare e si erano addormentati uno tra le braccia dell'altro. Brian l'aveva punzecchiato, ma non era successo nulla di cui avrebbero potuto pentirsi; eppure, mentre si rivestiva, Michael sentiva crescere il senso di colpa.
    «Ti accompagno in auto», gli propose Brian, mentre sgranocchiava gli avanzi della cena del giorno prima.
    «Meglio di no. Ti chiamo dopo», Michael si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò al volo, prima di correre a prendere l'autobus.
    

Michael si sedette sull'autobus di linea e impiegò quaranta minuti buoni ad arrivare a casa. Andare a vivere in periferia era sembrata la cosa giusta, un paio d'anni prima, ma non ne era più così sicuro: c'era stato un tempo in cui avere una famiglia, una casa, era stato quello che voleva, e, nei suoi sogni, quel quadretto familiare borghese vedeva Brian nel ruolo di suo marito. Brian, però, non si sarebbe mai piegato agli schemi di una vita da pseudo-eterosessuale. Lui disprezzava tutto di quella casa, di quel quartiere, della vita che aveva scelto di vivere con Ben, e Michael aveva accettato a testa bassa perché Brian aveva scelto Justin.
    In quei due giorni, però, Michael aveva capito che non gliene fregava niente della casa, della famiglia: lui voleva Brian, lo voleva nella propria vita, il resto era solo un placebo alla mancanza dell'uomo che amava veramente.
    Mentre l'autobus stava fermo ad un semaforo rosso, guardando la case, coi loro giardini curati, oltre il vetro, Michael si rese conto di aver preso una decisione. Forse se ne sarebbe pentito, forse Brian l'avrebbe accantonato di nuovo, ma lui non era un bugiardo e non se la sentiva più di ingannare suo marito.
    Scese alla fermata vicino a casa e trovò Ben seduto fuori dalla porta, il muso lungo e le mani profondamente infilate nelle tasche. «Ben!», lo chiamò appena lo vide, affrettandosi lungo lo steccato di casa. «Ti aspettavo per domani...», si giustificò, andando ad abbracciarlo e stringendolo per l'ultima volta, prima di aprire la porta.
    «Invece sono tornato oggi».
    «Com'è andata col tuo editore?», chiese Michael senza sapere se aveva davvero il diritto di chiederglielo.
    «Bene. Anzi, alla grande, direi», gli rispose Ben. «E tu come hai passato questi giorni?».
    «Con Brian», gli rispose accarezzando il nome dell'altro, sentendo l'affetto e la colpa attorcigliarsi l'uno sull'altra, dentro di sé. «Sai... ha rotto con Justin». Non era quello il modo in cui avrebbe voluto cominciare, ma, in realtà, non c'era un modo giusto per dire a Ben che il loro matrimonio era finito.
    Ben annuì col capo, ma aggrottò le sopracciglia. «Un'altra volta?».
    Michael era a disagio sotto lo sguardo indagatore di suo marito. Sospirò. «Sì, beh, questa volta sembra che non si risolverà tanto in fretta».
    «Mh-mh», commentò Ben, seguendolo in cucina, «e come mai?».
    Michael sentì che non poteva protrarre ancora quel discorso, stava evitando la vicinanza di Ben, sapeva di avere l'odore di Brian addosso, sentiva ancora il suo calore sulla pelle e... e non avevano fatto niente, ma... «Ben, c'è una cosa che devo dirti», si decise a dire.
    «Ti ascolto», fece Ben, il viso che iniziava a mostrare una discreta preoccupazione.
    «Scusami, non ti ho nemmeno... dato il bentornato», incespicò con le parole, il coraggio che vacillava. «Avrai un sacco di cose da raccontare...».
    «No, no, Michael, dimmi quello che devi, per il resto c'è tempo. Ti vedo strano, quindi, parla».
    Michael gli diede le spalle, la valigia di Ben era in ingresso, suo marito non aveva nemmeno tolto la giacca, ancora, e lui si guardò attorno: quella non era già più casa sua. Sentiva di non farne più parte. «Nemmeno il tempo di prendere un bicchiere d'acqua», mormorò tra sé, prese dal ripiano di fronte la bottiglia dello sciroppo d'acero che Hunter doveva aver lasciato fuori dal frigo, quella mattina o la mattina prima, lui non lo sapeva dato che non era tornato a casa, da quando era andato da Brian, e la tenne in mano, nervosamente, come se, così facendo, avesse potuto addolcire quello che stava per dire. Fece un respiro profondo e alzò gli occhi in quelli di suo marito perché Ben meritava almeno che lo guardasse in faccia mentre gli rivelava la propria colpa. «Ti ho tradito», esalò tutto d'un fiato, attendendo la sua reazione.
    Passarono alcuni istanti che parvero eterni, mentre la sorpresa, la rabbia ed il dolore si avvicendarono sul viso di pietra di Ben. «Tu... cosa? Come...?».
    «Non volevo, Ben, te lo giuro…», gli disse con tono pacato, facendo un paio di passi verso di lui, ma Ben lo fermò impedendogli di avvicinarsi.
    «Non volevi? Sei stato costretto, forse? Ti hanno violentato?», chiese alzando la voce, mentre Michael scuoteva la testa. «Allora non dire che non volevi!», sussurrò, sgomento, «Sono stato via un paio di giorni, Michael!».
    «Ero ubriaco! Eravamo ubriachi! Brian…».
    «Brian!», la sua voce si impennò, l'autocontrollo che faticava a contenere la rabbia e la delusione. «Perché non mi sorprende affatto?! Ogni volta che c'è di mezzo Brian tu... tu perdi la ragione!». Alzò le braccia in un gesto esasperato, cercando di calmarsi, anche se digrignava i denti. «È qualcuno che conosco?», chiese guardandolo negli occhi, pronto a perdonarlo, probabilmente, a capirlo per l'ennesima volta. «Dimmi che sei stato attento», si preoccupò ancora per lui, prima che per se stesso, e Michael sentì un nodo chiudergli la gola. Posò la bottiglia e cominciò a giocherellare con la fede, lo sguardo basso.
    «Michael!». Il tono di Ben sembrava implorarlo.
    «È... è Brian», mormorò a voce così bassa che, per un momento, pensò che Ben non l'avesse sentito. «È Brian», ripeté più forte, e si sentì libero. Sbirciò l'espressione attonita, incredula di suo marito, la sua bocca dalle labbra sottili si contorse in una smorfia di dolore, e fu in quel momento che comprese quello che Brian non gli aveva detto, quello che Justin doveva aver capito, e la proporzione di quella consapevolezza gli diede una vertigine.
    «Ben…», chiamò, e si sfilò la fede dal dito. «Ti prego, Ben, non…» piangere, avrebbe voluto dirgli, ma le lacrime stavano salendo ai suoi occhi, mentre quelli di Ben lo fissavano ancora, carichi di dolore e rassegnazione. «Lo abbiamo sempre saputo... Io... io credevo davvero che avrei passato la vita con te, ma…», scosse il capo, non sapeva quali parole usare.
    «Ma non si può contrastare il destino, il disegno... preparato per noi dal giorno in cui siamo venuti al mondo», gli venne incontro Ben, e Michael annuì. Era uno scrittore, Ben, uno che con le parole ci sapeva fare, come Justin ci sapeva fare con i colori; Brian e lui si erano scelti due artisti capaci di cogliere la vita in ogni suo aspetto e riprodurla sulla carta, due uomini che avevano intuito molto tempo prima come sarebbe potuta finire e avevano accettato di correre il rischio, convinti, forse, di poter cambiare il destino con la forza del loro amore.
«Come farai, Michael?», chiese Ben, fermo davanti a lui, «Come potrai sopportare lo stile di vita di Brian? Come sopporterai di vederlo... scopare con chiunque, se starete assieme?».
    C'erano dolore e accettazione nella voce di Ben e Michael avrebbe voluto che gli dicesse altro, che urlasse e che promettesse di lottare per lui, ma Ben non lo avrebbe fatto, come non doveva averlo fatto Justin, quando Brian gli aveva detto di loro perché “Brian e Michael” era stato scritto e disegnato molto prima che Ben e Justin entrassero nelle loro vite e Michael sapeva che era egoistico, da parte sua, sperare che Ben cercasse di trattenerlo, quando lui se ne sarebbe andato in ogni caso.
    «Non lo so, ma... penso che affronterò un giorno per volta, un problema per volta», gli rispose con una prontezza inaspettata. Chinò lo sguardo e gli porse la fede. «Ci abbiamo provato, Ben e… ti ho amato. Ti amo ancora…».
    «Ma non come ami lui», concluse Ben, senza prendere il cerchietto d'oro che Michael gli porgeva. Sospirò, allontanandosi di alcuni passi, dandogli la schiena prima di parlare di nuovo. «Sono tornato prima per… per chiederti di venire con me a Philadelphia, perché ti volevo al mio fianco, ma… immagino che non accadrà», disse col respiro pesante, il petto che si alzava e si abbassava come se fosse sul punto di esplodere.
    «Ben…». Michael gli si avvicinò di un altro passo, ma Ben si voltò a guardarlo e Michael non riuscì a continuare. Tornò indietro e appoggiò la fede sul ripiano del lavello e, a disagio, la guardò come se volesse dirle addio. «La metto qui», gli disse. Era strano separarsi da quell'anello dopo averlo portato al dito per quasi due anni. Era stata una relazione lunga e felice, non rimpiangeva nulla di quello che aveva vissuto con Ben. «Io…» devo andare, ma non riuscì a dirlo. «Ciao, Ben», gli disse invece, lasciando la cucina e raggiungendo la porta.
    «Michael», la voce di Ben lo raggiunse prima che aprisse, si voltò a guardare suo marito per quella che avrebbe potuto essere l'ultima volta, «mi mancherai».
    «Anche tu», gli rispose, prima di uscire di casa. Non era così che si era aspettato che sarebbe andata. Non avevano nemmeno concordato cosa dire a Hunter, anche se, probabilmente, non ci sarebbe stato bisogno di dire nulla a Hunter: era troppo sveglio per non capire da sé.
    Si incamminò verso il negozio, con una malinconia leggera nel petto, simile ad una sorta di euforia contorta, come la sensazione di aver fatto la cosa giusta, anche se faceva male… e, di certo, a Ben stava facendo molto male, ed era colpa sua.



 
Note:
“Ciao, amore” riprende il titolo della canzone “Ciao amore, ciao” di Luigi Tenco 1969

Siamo arrivati al capitolo più difficile.
Nonostante Brian e Michael siano la mia OTP, adoro Ben  e lui e Michael sono una coppia perfetta, quindi, ferire Ben, farlo lasciare, mi è costato tantissimo. Avrei preferito una situazione diversa, trasformarli in una coppia più aperta, con un Michael condiviso, ma le regole del contest sono chiare e così ho fatto questa scelta... Il prossimo è l'ultimo capitolo.
Grazie a Summers84, skinplease, Ladyriddle e cristina qaf per aver commentato il capitolo precedente.
Come sempre, vi do appuntamento su FB! ^^
 
   
 
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