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Autore: scarlett_midori    19/11/2015    2 recensioni
Stesso South Side, stesso campo da baseball, ma tredici anni dopo essersi lasciati.
Un incontro inaspettato.
«Ciao.»
Ciao?
Tredici anni di lontananza e Ian Gallagher lo salutava con un cazzo di "ciao"?
[Gallavich, Shameless US.]
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Yevgeny Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel pomeriggio, il campo era pieno di spettatori arrivati poco prima per assistere alla partita dei loro figli, nipoti.
Ian era lontano dalle prime file, intenzionato a guardare la partita dalle ultime, in modo da non disturbare nessuno. 
Ancora ricordava i giorni passati ad allenarsi: chilometri di corsa, flessioni, addominali. Ordini impartiti da un generale che si credeva invincibile, ma che il piccolo Gallagher rispettava, perché voleva diventare importante come lui, un giorno. Anzi, di più. 
Era convinto che, se fosse riuscito ad entrare a West Point, sarebbe stato felice come non mai e si sarebbe allontanato da tutto quello che il South Side rappresentava: povertà, vane speranze, nessun futuro.
«Hey, la partita sta per iniziare» gli suggerì una voce, strappandolo dai propri pensieri, tanto che sorrise e annuì.
«Ricordami per chi tifiamo» continuò la voce, dopo che gli allenatori ebbero presentato le due squadre di bambini.
«Tifiamo per quelli che giocano in casa, ovviamente» rispose Ian allegramente, nonostante stesse cercando di sopprimere la malinconia e la paura di incontrare alcune persone...
«E dov'è il tuo preferito?»
L'uomo dai capelli rossi fece vagare lo sguardo tra i vari giocatori delle squadre, ma non riuscì a vedere nulla. I bambini erano tanti e da lontano non riusciva a scorgere bene i loro volti.
«Non lo vedo ancora, hanno anche tutti il cappellino in testa. Posso però dirti che probabilmente avrà dei bellissimi capelli neri, nonostante da piccolo fosse biondo.»
«Davvero? Strano.»
«Già. L'ho sempre pensato anche io» rispose Ian e l'espressione sul proprio volto doveva aver assunto una sfumatura triste, perché l'uomo accanto gli strinse la mano. 
«Tranquillo, Joe. È tutto okay» sussurrò, fingendo una smorfia felice.
Il fischio di inizio catturò l'attenzione di tutti i presenti e le due squadre cominciarono a giocare. Si vedevano bambino magri e cicciotti correre per tutto il campo, colpendo palle e cercando di dare il meglio, per evitare di subire le urla degli allenatori.
A venti minuti dall'inizio, la squadra di casa segnò il suo primo fuoricampo e un gruppo di persone si alzò, cominciando ad urlare e ad incitare i bambini a fare sempre meglio.
Dopo altri venti minuti, quando fu di nuovo il turno dello stesso bambino come battitore, la squadra poté esultare per un altro fuoricampo.
«È davvero forte quel ragazzino» commentò Joe, applaudendo. Preso dalla probabile euforia del momento, il bambino saltellò sull'erba e Ian vide il suo cappellino cadere dal capo.
E quando vide una folta chioma di capelli neri spuntare fuori, trattenne il fiato. Da quella distanza, non poteva essere ancora sicuro che si trattasse proprio di lui, però.
«Devo avvicinarmi» sussurrò vicinissimo all'orecchio del fidanzato e appena l'altro annuì, segno che aveva compreso le parole del rosso, Ian cominciò a scendere, facendosi largo tra le persone. 
Il gioco riprese e la squadra di casa era in vantaggio di cinque punti; per essere delle piccole pesti, stavano facendo davvero un ottimo lavoro e, se anche la star della giornata non fosse stata il piccolo che Ian tanto cercava di vedere, sarebbe stato comunque fiero di lui.
Ed infatti, quando l'uomo fu abbastanza vicino al campo da poter scorgere bene i giocatori, il ragazzino dai folti capelli neri si rivelò essere uno sconosciuto agli occhi di Gallagher. 
Non si perse comunque d'animo, prima della fine, sarebbe riuscito a trovarlo.

Il terzo fuoricampo, prima della conclusione, segnò la vincita della squadra di casa. 
Però, la fine della partita significava anche la sparizione dei giocatori negli spogliatoi e Ian non era un parente, non poteva intrufolarsi e cercare un bambino. Sarebbe parso un gesto da maniaci, quindi era meglio evitare. 
Avrebbe potuto vedere il piccolo alla sua prossima partita...
«Mamma!» 
«La mia piccola stella! Bravo Yevgeny!»
Ian Gallagher rimase immobile, rivolto verso la parte alta degli spalti, verso i quali sarebbe dovuto andare.
In quello stesso momento. 
Velocemente.
Non sarebbe dovuto rimanere immobile, con alle spalle Svetlana, che parlava con il figlio che l'aveva appena raggiunta.
Però, la voglia di rivedere quella piccola peste era troppa ed Ian, nonostante tutto, non riuscì ancora a muoversi, sperando di poter sentire ancora un po' della loro conversazione.
«Non ho battuto neanche un fuoricampo...» si lamentò Yevgeny e il rosso desiderò di poterlo abbracciare per dirgli che non importava, che era stato bravo ugualmente.
«Non importa, ometto, hai fatto comunque un ottimo lavoro di squadra.»
All'inizio, Ian non riconobbe subito quella voce, ma poi quando parlò di nuovo, capì bene a chi appartenesse: Mandy.
Si sentì il cuore pressato in una morsa, peggio di quando aveva ascoltato la voce del bambino.
"Sei un uomo morto, Ian Gallagher", aveva annunciato tanti anni prima, Mandy Milkovich: quale altra amicizia sarebbe potuta nascere in modo migliore?
«È stato bravo, vero Mickey? Dillo anche tu.»

Mickey.
Mickey Milkovich.
Ian fece fatica a rimanere fermo e a non barcollare, ma specialmente a non girarsi verso di lui.
Dopo tutti quegli anni, chissà com'era cambiato, chissà se aveva mutato le sue abitudini. Chissà se ancora si ubriacava per dimenticare il dolore...
Forse no, però. Era sicuramente cresciuto anche emotivamente e si era scoperto più forte.
Quindi, se ora Ian si fosse girato verso di lui e l'avesse guardato dritto negli occhi, non avrebbe reagito?
Sarebbe riuscito a mantenere la calma e a girare le spalle per andare via?
Ian avvertì quasi l'impulso egoistico di provare, in modo da scorgere negli occhi di Mickey Milkovich l'espressione che lo avrebbe accompagnato nel vedere il rosso.
Ma per fortuna non era così stupido da farlo e distruggere, in tal modo, tredici anni di distanza. Non era giusto: per Mickey Milkovich, Ian Gallagher non era nient'altro di più che uno spiacevole ricordo di gioventù.
Un primo amore tormentato, ma bellissimo...
Un amore che il rossino non era stato capace di comprendere fino in fondo, ma ormai era troppo tardi per i ricordi.

«Sono stato bravo, papà?» chiese il piccolo Milkovich, sorridendo probabilmente.
«Sì, sì. Sei stato bravo, Yev.
Per festeggiare ti andrebbe una pizza?» rispose Mickey, che probabilmente stava fumando, perché prese un pausa e poi Ian lo sentì espirare.
Non seppe ben identificare la sensazione che lo avvolse nell'ascoltare, dopo tanto tempo, la sua voce. 
Un misto di malinconia ed affetto lo pervase.

---

Yevgeny era stato bravo e, nonostante Mickey non fosse mai stato bravo a giocare a baseball, si era impegnato nell'allenare il bambino, almeno nei fine settimana.
In tal modo, Svetlana avrebbe potuto rilassarsi un po' ed essere meno scontrosa e il bambino sembrare contento.
Quella piccola peste, sembrava davvero felice di passare del tempo con il padre. Emozione che Mickey aveva provato solo una volta e con quel bastato di Terry non era finita bene. 
«Forza, andiamo, prima che Iggy resti troppo tempo sobrio e poi inizi inizi a rompere» disse l'uomo e il fratello gli diede una spinta che quasi lo fece cadere. Mickey rise, ricambiò la spinta e poi si incamminò verso l'uscita del campo.
«Aspetta papà, il cappello!» esclamò Yev ad un tratto, dopo aver visto il berretto volare via a causa del vento.
L'uomo alzò gli occhi al cielo, annoiato e finì velocemente di fumare la sigaretta. Lanciò via quello che ne rimaneva e poi si mosse velocemente, per recuperare il cappello del bambino.
Per fortuna, un'altra persona lo aveva appena recuperato, in tal modo Mickey non avrebbe dovuto cercarlo per tutta la sera.
«Uh, grazie amico!» esclamò, avvicinandosi all'altro.
Però, arrivato a pochi centimetri di distanza dallo sconosciuto si bloccò, confuso, dopo aver posato lo sguardo su dei capelli.
Capelli rossi.
Certo, capelli di quel colore non erano molto rari, ma quante cazzo di probabilità c'erano che si trattasse proprio di /lui/?
Mickey sentì i parenti alle spalle parlare sottovoce, con tono preoccupato e sorpreso.
«Ciao.»

Ciao?

Tredici anni di lontananza e Ian Gallagher lo salutava con un "ciao"?
Inoltre, perché cazzo si trovava in quel luogo?
«Che cazzo ci fai qui?» chiese e provò ad allungare una mano verso il berretto nelle mani dell'altro, ma si scoprì troppo debole per farlo.
Quel maledetto Gallagher rappresentava per Mickey una ferita ancora aperta e dolorosa. Erano passati tanti anni, era vero, ma...
"È questo. Sei tu che mi stai lasciando."
"Sì."
"Davvero?
Cazzo."
E poi l'ultimo incontro in carcere, dopodiché Ian Gallagher era sparito dalla vita di Mickey, lasciandolo solo a continuare a sopravvivere.
«Sono venuto a trovare la mia famiglia e...» mormorò il rosso e l'altro dovette trattenere tutte le emozioni dentro di sé.
«Vai via» si limitò a sibilare, riuscendo a reprimere a stento la rabbia.
«Papà?»
La voce del figlio lo distolse da tutto quello e lo aiutò a respirare e a ritornare alla realtà. A quello schifo di realtà che aveva appena iniziato a cadere a pezzi, di nuovo.
«Papà, dobbiamo andare» disse Yev allegro e poi Mickey vide il figlio osservare imbarazzato l'uomo alto e dai capelli rossi.
«Sì, Yev, arrivo subito.»
Ma il bambino non si mosse, anzi si avvicinò ancora di più al padre e gli prese la mano.
«Grazie per il cappello, signore, ora dobbiamo andare» disse, prese il berretto dalle mani dello sconosciuto e poi si allontanò, trascinando con sé il padre.
Mickey Milkovich rivolse un ultimo sguardo ad Ian Gallagher, che lo ricambiò con tale sofferenza negli occhi che il moro fu tentato di ritornare indietro e abbracciarlo forte. Per poi farsi stringere in quelle braccia così forti...
Però, erano passati troppi anni, troppi avvenimenti, Ian era rimasto bellissimo e quella barba rossa sul volto gli donava come non mai.
Yevgeny alzò lo sguardo verso il padre, mentre lo portava via dal vecchio amore di un vita.
Il piccolo non avrebbero mai saputo quanto, tanti anni prima, il rosso lo avesse amato. Avevano passato così tanto tempo insieme, tanto che Gallagher aveva cominciato a sentirsi anche lui il padre del bambino, almeno un po'...
Era quello il motivo per cui era lì, quella sera, ma non andava bene... Non sarebbe dovuto venire.
In tal modo, Mickey si sarebbe risparmiato quegli sguardi penosi da parte della famiglia... Non poteva sopportarli, come a stento stava sopportando il peso dei ricordi passati e dell'amore perduto.
«Andiamo, cazzoni. La pizza ci aspetta

   
 
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