Fandom: Sukitte II Na Yo – Say I Love You
Titolo: Stormi di stelle
Personaggi: Kai Takemura, Megumi Kitagawa [Kai/Megumi]
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moments, What If
Introduzione: Una combattente lotta contro il mondo. Un cuore infatuato contro se stesso. Nell'attimo in cui si scontrano i loro sguardi, sarà più forte la rabbia o l'amore?
| Storia partecipante al Contest Uno sguardo vale più di mille parole, indetto da Himeko Kuroba sul forum di EFP. |
Eventuali note dell’Autore: What If (E se Kai fosse attratto da Megumi?) ; pre-relationship.
Formattazione della punteggiatura dei dialoghi Einaudi.
Stormi di stelle
Stormi di stelle
nel tuo sguardo vedo una notte soltanto nostra
nel tuo sguardo vedo una notte soltanto nostra
L'asciugacapelli blatera di primo mattino e le tira i lati della bocca, le schiaffeggia i capelli sul volto, caramellando la sua pelle con boccoli lucidi. Fra le ciocche, gli occhi di Megumi si accendono d'orgoglio: il suo mondo non ammette debolezze né donne che restano ai margini per conquistare uno sguardo compassionevole. Adagia una mano sul fianco e rimira pose ed espressioni del suo riflesso, con la mente al set fotografico, alle riviste di moda francese.
Ogni giorno è pronta a combattere: i pugni chiusi, le unghie che affondano nella chioma e la linea tesa delle sopracciglia parlano del bisogno di affermarsi. Ha fame di spazio, di notorietà, per non diventare tappezzeria slavata dal sole e dai lavaggi; vuole arrogarsi il diritto di voltarsi a squadrare dall'alto in basso coloro che l'hanno umiliata. Con la coda dell'occhio sfida l'alone nero sulla parete e il nido di formiche che turbinano in un angolo. È una sfida che lancia alle voci dei bambini, alla povertà che l'ha inseguita e tenta ancora di abbattere la sua scalata al successo. Presto dimenticherà l'odore di muffa, la solitudine che le tarla lo stomaco e la costringe ad abbuffarsi di dolciumi.
Schiocca un elastico: il sibilo prima del colpo secco mette fine alla vergogna del passato. Megumi doma i capelli ribelli con una noce di spuma; alza il mento, compiaciuta, più sicura di sé. Passa le dita sotto il naso e sente il profumo fissarsi sulla pelle, aderire alle mani come un velo. Si sente consapevole e di colpo donna; adesso, le manca soltanto un principe.
Sulla strada, la ragazza ancheggia e alterna un atteggiamento provocante a quello svenevole e infantile che i tabloid amano. Deve vendere la propria immagine e qualche bugia è concessa.
L'asfalto srotola un tappeto di automobili luccicanti e il loro fuoco sembra un mare agitato, in cui i clacson stridono come gabbiani al sollevarsi dei primi flutti.
Megumi porta al collo la lattina e sobbalza indietro al rivolo d'acqua, che scorre dall'alluminio alla pelle e le scivola all'interno della camicia aperta. Carezza un fianco e fissa la sua quotidianità da studentessa: le sta stretta, è un abito che non le dona e le fascia il petto e il busto, arrivando a comprimerli entrambi. I corridoi profumano di brioche e pane al latte; al naso le arriva la fragranza finta degli aromi industriali e qualche yen tintinna fra le mani degli studenti, ingarbugliando i suoi pensieri. Nello sguardo trattiene il desiderio di fuggire e quello di resistere in un ambiente mediocre, dove può facilmente essere regina; l'incertezza, però, fa tornare i suoi occhi dei bambini, che vagano sulle cime di un albero. Segue il foglio di carta sui rami e lo carezza con le iridi: le ciglia tremano e si piegano al peso di una lacrima.
Pensa ai giorni divisi con la sua migliore amica, quando le risate riempivano lo stomaco di una soddisfazione che nessun cibo le ha mai dato. Resta immobile a fissare la carta e un uccello la rimbecca, attirandola verso il nido; ecco che la strappa e dei ricordi avanza un tonfo e un fruscio leggero di foglie.
Kai si appiattisce al muro e massaggia le guance: il caldo affluisce al viso e qualche goccia di sudore gli scende dalla fronte. L'afa dell'ultimo mese gli calpesta la cresta ed è difficile fissare capelli tanto doppi e crespi, quando si sfiorano i quaranta gradi.
Il motivo per cui gli tremano le ginocchia e le dita sono in un bagno tiepido, ha un nome, due gambe sode e il broncio più micidiale di Tokyo o del Giappone, persino: Kitagawa Megumi. Non riesce a stupirsi se il cuore altalena divertito fra gola e petto, senza rallentare; è un suo trucco da modella, una recita con tutta probabilità, ma non l'ha mai vista addolcirsi per cose semplici e la curiosità ha acuito il desiderio di parlarle. Il punto è che lei è una finta-carina, gli suggerisce un angolo del cervello, e non gli direbbe la verità. E così molleggia sui piedi, inspira, conscio di essere arrossito e di avere le orecchie in fiamme, entrambe sulla stessa frequenza: tum-tum.
Abbassa lo sguardo sui palmi e si ostina a congiungere le linee che attraversano le sue falangi. Si accuccia sui talloni e pensa a quella ragazza antipatica, che gli ha regalato due biglietti per Land. Sposta il peso del mento sulla mano e ripercorre la curva che una ciocca le disegnava sulla guancia: il sangue ribolle e crede sia stato quell'istante a farsi carne, brama di infuocarle le labbra con un bacio. Più brividi si spandono sulla sua schiena e Kai disegna sul collo la scia d'acqua che ha rigato la camicia di Megumi; scrolla il capo, intimidito da un pensiero spintosi troppo in là, ma i battiti non tacciono, nonostante le spalle continuino a stringersi e a incassare la testa.
– Da sfigato a stalker… complimenti, eh.
Kai si solleva d'istinto, le mani in alto e il più lontano possibile dalla camicia ed esita, prima di abbassare il capo e incrociare Kitagawa.
– Diamoci un contegno, prima! Si tratta di un equivoco…
– Certo, – ribatte la patta dei pantaloni, – e io mi sto rovinando la linea perché ti piacciono i suoi nuovi collant! Kai balbetta: un respiro, una sillaba inarticolata, un attacco di panico e una frase sbocconcellata. Deve sprofondare, ma il pavimento della scuola non vuole saperne di aprirsi e ingoiarlo. Riesce ad alzare gli occhi sulle mani di Megumi: piccole ed esili. Anche lui era stato gracile, vittima delle opinioni taglienti, dei giochi sadici di alcuni bulli. Schiude le labbra e passa la lingua sulla carne, un dito che allarga la camicia per gonfiarla d'aria; neanche un alito lo sfiora.
Ammorbidisce l'espressione e avanza, incespicando e rovinandole addosso. Si trattiene contro la parete, costringendola al muro, le braccia che la incastrano. Adesso, quando respira, c'è il profumo fruttato del suo shampoo che lo spinge a sorridere: è dolciastro come lei, nelle tante occasioni in cui mente per essere accettata. Kai non sa spiegarsi perché Megumi s'ingabbi nelle menzogne, perché scivoli con tanta facilità nella farsa.
Non sa neanche stare fermo: ha bisogno di muoversi per osservarla e si accosta alle labbra morse dagli incisivi. Vi poggia due dita sopra e le scorre dall'alto della curva della bocca sino al profilo della mascella. Avverte i gomiti di lei che tentano di pungerlo, scansarlo come un oggetto che non le serve; le sussurra di calmarsi… non vuole farle nulla. Megumi lo sfida, storce la bocca in una smorfia di sprezzo; riesce a puntare le unghie contro la carne e sghignazza ai gemiti di dolore di Kai. Scorre il grano ossigenato nei suoi buffi capelli e quel portamento da yankee frignone. Come fa un tizio così alto a piegarsi per un semplice graffio?
Ascolta pure lei la seconda risata che le sgorga dalla gola e le fa tremare l'addome, mentre la tensione si scioglie, le cade addosso come acqua. Realizza il trillo genuino della sua voce: sorpresa, cerca conferme in Kai e porta il dorso di una mano alla bocca. Vorrebbe sfuggirgli, ora che l'ha messa in un angolo, dopo averle ricordato la propria umanità; eppure indugia in quegli occhi chiari, carichi di un'emozione che la spaventa. Teme di crollare, quando lo vede formare una sola parola con le labbra: stupenda. Kai si stupisce da sé del proprio coraggio: le ciglia battono incredule e le iridi camminano sul corpo di Megumi, la sfiorano in un silenzio strano.
Nell'imbarazzo di ambedue disegna i lineamenti, li fa propri con occhiate cocenti, che bevono la sua immagine in penombra. Entrambi in una bolla trattengono il fiato, timorosi di qualsiasi rumore e impazienti di sapere che cosa ci sia oltre il velo di attesa che li copre. Persino restando fermi, la pelle sembra pervasa dalla febbre, da un'eccitazione che custodiscono e non sanno condividere. Basta incontrare le palpebre dell'altro per provare una leggera scossa e rivolgere altrove l'attenzione. La tentazione, il piacere nato dal tenue dolore di crescere assieme e scoprirsi, li unisce e strattona la reticenza per unirli.
Si studiano da un capo all'altro di un precipizio. Non sanno cosa li attenda sotto i piedi, nella bocca che il suolo apre. Megumi è così esile, ma i suoi occhi lo catturano in un solo istante: diventano un laccio, un riccio che gli afferra un dito o gli solletica il labbro. Megumi è così vulnerabile, ma Kai si schiude assieme a lei, incapace di capire davvero l'amore; ed è allora che coglie le loro differenze: stanno ritti l'uno di fronte all'altra e una voragine li separa. Desiderano e sognano distintamente; sanno offendersi e reagire in malo modo a questa chimica che li attrae e respinge; sempre si cercano, consci della presenza fisica dell'altro.
Ed è caldo e morbido il bacio che le schiude la bocca e costeggia la carne al tocco della lingua; è ispida la guancia che le strofina il viso e secco lo schiaffo con cui lei si congeda, correndo via, le dita che spalmano il lucidalabbra e trattengono ancora il calore della bocca di Kai… ed è di nuovo intenso l'appuntamento fra i loro occhi: una promessa di eternità, stormi di stelle che esplodono fra pagliuzze dorate.
Ogni giorno è pronta a combattere: i pugni chiusi, le unghie che affondano nella chioma e la linea tesa delle sopracciglia parlano del bisogno di affermarsi. Ha fame di spazio, di notorietà, per non diventare tappezzeria slavata dal sole e dai lavaggi; vuole arrogarsi il diritto di voltarsi a squadrare dall'alto in basso coloro che l'hanno umiliata. Con la coda dell'occhio sfida l'alone nero sulla parete e il nido di formiche che turbinano in un angolo. È una sfida che lancia alle voci dei bambini, alla povertà che l'ha inseguita e tenta ancora di abbattere la sua scalata al successo. Presto dimenticherà l'odore di muffa, la solitudine che le tarla lo stomaco e la costringe ad abbuffarsi di dolciumi.
Schiocca un elastico: il sibilo prima del colpo secco mette fine alla vergogna del passato. Megumi doma i capelli ribelli con una noce di spuma; alza il mento, compiaciuta, più sicura di sé. Passa le dita sotto il naso e sente il profumo fissarsi sulla pelle, aderire alle mani come un velo. Si sente consapevole e di colpo donna; adesso, le manca soltanto un principe.
Sulla strada, la ragazza ancheggia e alterna un atteggiamento provocante a quello svenevole e infantile che i tabloid amano. Deve vendere la propria immagine e qualche bugia è concessa.
L'asfalto srotola un tappeto di automobili luccicanti e il loro fuoco sembra un mare agitato, in cui i clacson stridono come gabbiani al sollevarsi dei primi flutti.
Megumi porta al collo la lattina e sobbalza indietro al rivolo d'acqua, che scorre dall'alluminio alla pelle e le scivola all'interno della camicia aperta. Carezza un fianco e fissa la sua quotidianità da studentessa: le sta stretta, è un abito che non le dona e le fascia il petto e il busto, arrivando a comprimerli entrambi. I corridoi profumano di brioche e pane al latte; al naso le arriva la fragranza finta degli aromi industriali e qualche yen tintinna fra le mani degli studenti, ingarbugliando i suoi pensieri. Nello sguardo trattiene il desiderio di fuggire e quello di resistere in un ambiente mediocre, dove può facilmente essere regina; l'incertezza, però, fa tornare i suoi occhi dei bambini, che vagano sulle cime di un albero. Segue il foglio di carta sui rami e lo carezza con le iridi: le ciglia tremano e si piegano al peso di una lacrima.
Pensa ai giorni divisi con la sua migliore amica, quando le risate riempivano lo stomaco di una soddisfazione che nessun cibo le ha mai dato. Resta immobile a fissare la carta e un uccello la rimbecca, attirandola verso il nido; ecco che la strappa e dei ricordi avanza un tonfo e un fruscio leggero di foglie.
Kai si appiattisce al muro e massaggia le guance: il caldo affluisce al viso e qualche goccia di sudore gli scende dalla fronte. L'afa dell'ultimo mese gli calpesta la cresta ed è difficile fissare capelli tanto doppi e crespi, quando si sfiorano i quaranta gradi.
Il motivo per cui gli tremano le ginocchia e le dita sono in un bagno tiepido, ha un nome, due gambe sode e il broncio più micidiale di Tokyo o del Giappone, persino: Kitagawa Megumi. Non riesce a stupirsi se il cuore altalena divertito fra gola e petto, senza rallentare; è un suo trucco da modella, una recita con tutta probabilità, ma non l'ha mai vista addolcirsi per cose semplici e la curiosità ha acuito il desiderio di parlarle. Il punto è che lei è una finta-carina, gli suggerisce un angolo del cervello, e non gli direbbe la verità. E così molleggia sui piedi, inspira, conscio di essere arrossito e di avere le orecchie in fiamme, entrambe sulla stessa frequenza: tum-tum.
Abbassa lo sguardo sui palmi e si ostina a congiungere le linee che attraversano le sue falangi. Si accuccia sui talloni e pensa a quella ragazza antipatica, che gli ha regalato due biglietti per Land. Sposta il peso del mento sulla mano e ripercorre la curva che una ciocca le disegnava sulla guancia: il sangue ribolle e crede sia stato quell'istante a farsi carne, brama di infuocarle le labbra con un bacio. Più brividi si spandono sulla sua schiena e Kai disegna sul collo la scia d'acqua che ha rigato la camicia di Megumi; scrolla il capo, intimidito da un pensiero spintosi troppo in là, ma i battiti non tacciono, nonostante le spalle continuino a stringersi e a incassare la testa.
– Da sfigato a stalker… complimenti, eh.
Kai si solleva d'istinto, le mani in alto e il più lontano possibile dalla camicia ed esita, prima di abbassare il capo e incrociare Kitagawa.
Come mi starà guardando?
È un lampo che gli annulla ogni immagine nella mente, capace di strozzargli il cuore in gola, al ritmo del piede di lei, spazientito e prepotente. Digrigna i denti, tira qualche ciuffo e lo arrotola attorno a una falange. Inspira e parla fra sé e sé per tentare di calmarsi.– Diamoci un contegno, prima! Si tratta di un equivoco…
– Certo, – ribatte la patta dei pantaloni, – e io mi sto rovinando la linea perché ti piacciono i suoi nuovi collant! Kai balbetta: un respiro, una sillaba inarticolata, un attacco di panico e una frase sbocconcellata. Deve sprofondare, ma il pavimento della scuola non vuole saperne di aprirsi e ingoiarlo. Riesce ad alzare gli occhi sulle mani di Megumi: piccole ed esili. Anche lui era stato gracile, vittima delle opinioni taglienti, dei giochi sadici di alcuni bulli. Schiude le labbra e passa la lingua sulla carne, un dito che allarga la camicia per gonfiarla d'aria; neanche un alito lo sfiora.
Ammorbidisce l'espressione e avanza, incespicando e rovinandole addosso. Si trattiene contro la parete, costringendola al muro, le braccia che la incastrano. Adesso, quando respira, c'è il profumo fruttato del suo shampoo che lo spinge a sorridere: è dolciastro come lei, nelle tante occasioni in cui mente per essere accettata. Kai non sa spiegarsi perché Megumi s'ingabbi nelle menzogne, perché scivoli con tanta facilità nella farsa.
Non sa neanche stare fermo: ha bisogno di muoversi per osservarla e si accosta alle labbra morse dagli incisivi. Vi poggia due dita sopra e le scorre dall'alto della curva della bocca sino al profilo della mascella. Avverte i gomiti di lei che tentano di pungerlo, scansarlo come un oggetto che non le serve; le sussurra di calmarsi… non vuole farle nulla. Megumi lo sfida, storce la bocca in una smorfia di sprezzo; riesce a puntare le unghie contro la carne e sghignazza ai gemiti di dolore di Kai. Scorre il grano ossigenato nei suoi buffi capelli e quel portamento da yankee frignone. Come fa un tizio così alto a piegarsi per un semplice graffio?
Ascolta pure lei la seconda risata che le sgorga dalla gola e le fa tremare l'addome, mentre la tensione si scioglie, le cade addosso come acqua. Realizza il trillo genuino della sua voce: sorpresa, cerca conferme in Kai e porta il dorso di una mano alla bocca. Vorrebbe sfuggirgli, ora che l'ha messa in un angolo, dopo averle ricordato la propria umanità; eppure indugia in quegli occhi chiari, carichi di un'emozione che la spaventa. Teme di crollare, quando lo vede formare una sola parola con le labbra: stupenda. Kai si stupisce da sé del proprio coraggio: le ciglia battono incredule e le iridi camminano sul corpo di Megumi, la sfiorano in un silenzio strano.
Nell'imbarazzo di ambedue disegna i lineamenti, li fa propri con occhiate cocenti, che bevono la sua immagine in penombra. Entrambi in una bolla trattengono il fiato, timorosi di qualsiasi rumore e impazienti di sapere che cosa ci sia oltre il velo di attesa che li copre. Persino restando fermi, la pelle sembra pervasa dalla febbre, da un'eccitazione che custodiscono e non sanno condividere. Basta incontrare le palpebre dell'altro per provare una leggera scossa e rivolgere altrove l'attenzione. La tentazione, il piacere nato dal tenue dolore di crescere assieme e scoprirsi, li unisce e strattona la reticenza per unirli.
Si studiano da un capo all'altro di un precipizio. Non sanno cosa li attenda sotto i piedi, nella bocca che il suolo apre. Megumi è così esile, ma i suoi occhi lo catturano in un solo istante: diventano un laccio, un riccio che gli afferra un dito o gli solletica il labbro. Megumi è così vulnerabile, ma Kai si schiude assieme a lei, incapace di capire davvero l'amore; ed è allora che coglie le loro differenze: stanno ritti l'uno di fronte all'altra e una voragine li separa. Desiderano e sognano distintamente; sanno offendersi e reagire in malo modo a questa chimica che li attrae e respinge; sempre si cercano, consci della presenza fisica dell'altro.
Ed è caldo e morbido il bacio che le schiude la bocca e costeggia la carne al tocco della lingua; è ispida la guancia che le strofina il viso e secco lo schiaffo con cui lei si congeda, correndo via, le dita che spalmano il lucidalabbra e trattengono ancora il calore della bocca di Kai… ed è di nuovo intenso l'appuntamento fra i loro occhi: una promessa di eternità, stormi di stelle che esplodono fra pagliuzze dorate.