Un
nuovo inizio
La
campanella.
Vi era forse suono più dolce? Vi era forse suono
più allegro? Vi era forse
suono più soave? Vi era forse suono più
appropriato per mettere fine ad un anno
scolastico?
Bhe, forse esisteva sulla faccia della terra un suono che superava di
gran
lunga quello della campanella scolastica, ma non era il momento di
lasciarsi
andare a languidi pensieri.
Mi misi la cartella in spalla e saltellato, come fossi cappuccetto
rosso in un
campo di margherite, mi diressi all’esterno della scuola. Il
mio stomaco
brontolava e un lancinante mal di testa non mi permetteva di capire a
pieno ciò
che la mia migliore amica mi diceva.
-Secondo te prendere un otto è difficile? Insomma
è matematica. – mi voltai a
guardarla. Il sole picchiava sui nostri visi accalorati. La scuola era
terminata e non eravamo più senza dubbio sotto pressione. La
foga delle ultime
interrogazioni ci aveva ridotte a degli stracci, facendoci delirare e
dare di
matto.
Mi passai una mano sul viso, frustata.
-Non lo so, Lally. – mormorai sospirando.
-E poi il mio nome è Laura. – alzai gli occhi al
cielo.
-Okay… Lally. – dissi in un risolino.
–Ma non hai caldo con la manica lunga?
Guarda che sole c’è. – le chiesi mentre
camminavamo verso casa sotto il sole
cocente.
-Da morire. – disse guardando le mie braccia scoperte.
–Ma ti rendi conto che
la scuola è finita? Te ne rendi conto?- disse con forte
eccitazione nella voce.
Prese a saltellare e a girarmi, emettendo gridolini di gioia. Scossi il
capo
ridendo. Laura era così: allegra, solare, gioiosa e
tremendamente assillante.
-Cosa c’è di meglio nella vita? Domani andiamo al
mare vero? Ti prego, Chiara.
Ti prego dimmi di si. – lo guardai alzando un sopracciglio.
-Ma io volevo dormire. – mugugnai.
-Dormirai nel pomeriggio, no? Dai, dai! -
-Okay, ma solo se la pianti di saltare. – dissi e
all’istante cesso di
muoversi.
-Bene, allora domani passo da te alle otto. Oh guarda sono arrivata! A
domani!-
parlò così in fretta da non poterla interrompere.
Schizzò via prima che potessi
replicare.
-Le otto?- gridai, ma non udì le mie parole, o meglio, non
le volle udire.
Sbuffai alzando gli occhi al cielo e ripresi la camminata verso casa.
I capelli scuri, rigorosamente corti, mi ricadevano n piccole ciocche
scomposte
davanti al viso, così afferrando un ferma capelli dalla
tasca dei jeans, decisi
di legarli in un piccola coda. Il mio zaino, quasi del tutto vuoto,
sembrava
avere il peso di un macigno, piano mi portava giù,
giù sul marciapiede dove
sarei crollata, e successivamente mangiata dagli avvoltoi.
La scuola era finita ed io sarei stata divorata dagli avvoltoi.
-Ma qui non ci sono avvoltoi. – mormorai a tra me. Scossi il
capo. Ecco cosa
causava la scuola.
-Chiara!- riconobbi all’istante quella voce. Come
dimenticarla? La voce più
bella che le mie umane orecchie avessero udito, un suono pari ad un
coro
d’angeli, persino più bello della campanella che
metteva fine ad un anno
scolastico. La voce del nostro rappresentante d’istituto,
sentito mille e mille
volte durante le assemblee, le manifestazioni, le occupazioni, i
piccoli concertini
live.
Corse verso me facendo ondeggiare la massa di capelli ricci
biondo-rossiccio,
illuminando il mio viso con i suoi occhi chiari, azzurri come il cielo
che si
ergeva sopra le nostre teste. E, come di consueto, il mio cuore perse
qualche
battito, mozzandomi il fiato, per poi intraprendere una folle corsa.
Sentii il
viso avvamparmi di rossore e mi sentii una stupida, per tale reazione.
Mi
sentivo perennemente una stupida in sua presenza.
Cos’ero io per lui?
Una delle rappresentanti di classe, una ragazza con la quale parlava
del più e
del meno, con la quale organizzava eventi scolastici.
Cos’era lui per me?
Il sole, la luna, i giorno, la notte, l’acqua il fuoco, la
neve, la pioggia, le
nuvole… lui era... tutto.
-Ciao. – mi sorrise quando mi fu davanti.
-Ciao. – dissi un soffio, sperando che non si accorgesse del
mio imbarazzo.
-Tutto okay?- mi chiese sistemandosi lo zaino che aveva in spalla.
-Si… direi di si. – sorrisi portandomi una ciocca
di capelli dietro l’orecchio.
-Dai, ti accompagno a casa. – alzai le sopracciglia,
sorpresa.
Diceva sul serio?
La risposta fu chiara: cominciò a camminare. Sbattei le
palpebre qualche volta,
presa dall’incredulità.
-Allora, cosa farai durante l’estate?- chiese mentre si
fissava la punta delle
scarpe.
-Non saprei. Forse vado a trovare dei parenti in montagna. Tu, invece?-
-Parto domani. La nonna greca chiama. – sorrisi. Ricordai il
giorno in cui
Alessandro mi parlò di sua nonna, delle sue origini da parte
di madre, greche.
Era un’assemblea di istituto e cercavamo di discutere
riguardo i disturbi
alimentari, con molto insuccesso.
-Oh. – sussurrai dispiaciuta.
-Tu cosa farai domani?- alzai lo sguardo su di lui e mi persi ancora in
quall’azzuro cielo.
-Mare. Laura mi ha convinta, o meglio costretta, ad andarci.
– fece un risolino
in risposta e lo imitai.
Per la mezz’ora successiva parlammo del più e del
meno, dell’estate, della
scuola oramai finita, del tempo, del suo gruppo, delle mie lezioni di
tennis.
Il marciapiede si fece più stretto e feci per scendere, ma
sentii una sua mano posarsi su un mio fianco ed esercitare una lieve
pressione, posizionandosi così alla mia destra Lo guardai
incredula e sorpesa, mentre camminava sul ciglio della strada.
-Bhe... le ragazze devono sare sulmarciapiede. - sussurrò
imbarazzato.
Sorridendo e lusingata continuai a camminare.
Il tempo passò troppo velocemente e subito mi ritrovai sulla
porta di casa.
Il silenzio calò fra di noi e presi a dondolare da un piede
all’altro,
fissandomi le punte delle scarpe da tennis.
-Allora ci si vedrà a settembre?- chiesi con una punta di
tristezza. Alzai lo
sguardo e i suoi occhi ardevano come non mai.
-No!- esclamò con il viso impregnato di panico.
-Cosa?- balbettai. Sentii lo stomaco stingersi in una morsa e il cuore
perdere
qualche battito. Un magone mi si formò in gola.
-Non voglio vederti a settembre. – mormorò.
Spalancai gli occhi sorpresa mentre
cercavo di mantenere quel briciolo di autocontrollo che mi rimaneva.
Non potevo
cedere, non lì, davanti a lui.
-Ah. – sussurrai con voce tremante. Mi voltai diretta al
cancelletto.
-No Chiara, aspetta. – mi afferrò per un braccio e
mi voltai a guardarlo, con
occhi inumiditi.
-Intendevo dire che non ce la faccio ad aspettare fino a settembre. - sbattei le palpebre
qualche volta, incredula.
-Come?- fece un passo avvicinandosi a me. Potevo avvertire il suo
respiro sul
viso, potevo ascoltare il battito tranquillo del suo cuore.
-Io… vorrei vederti prima. Vorrei poterti vedere ogni
singolo giorno di questa
estate, Chiara. – la sua mano delicatamente si
posò sulla mia guancia, che
immediatamente avvampò di rossore.
-Dici davvero?- dissi in un soffio. Il cuore batteva, troppo
velocemente per
essere controllato ed era pari al battito d’ali di un
colibrì. Potevo sentire
il profumo della sua pelle, il calore che essa emanava.
Posò l’altra mano sul mio fianco e mi
attirò a se, facendo combaciare i nostri
corpi.
-Si, dico davvero. – mormorò sfoderando un
amorevole sorriso sghembo.
Poi tutto accadde così lentamente che sembrava una favole.
Le sue labbra si posarono sulle mie. Si modellarono piano su esse,
calde e
vellutate.
Si mossero in sincrono, come create per essere unite le une alle altre.
Bhe, forse non sarebbe stata una brutta estate.
Non so
sinceramente da
dove mia sia uscita questa one ma spero si piaciuta!
Grazie mille alla mio genio e la mia migliore amica!
Dedico
questa one alla
mia dolce e pazza Linda. Ti voglio bene!