My life was to love you.
Respiro a fondo alzando lo sguardo dallo schermo del telefono, al vetro della grande finestra. Finalmente è arrivato il vero autunno e non quella sottospecie di prolungata estate, che ha caratterizzato questa stagione. Ormai tutti lo sapranno che non amo il caldo e questa estate, ne ha fatto davvero, ma davvero tanto; fin troppo per i miei gusti decisamente opposti. Non che ami spassionatamente il freddo pungente, ma sicuramente lo preferisco a quel caldo straziante e lacerante che ogni volta mi uccide.
Senza ombra di dubbio, l'estate potrei considerarla come una pace dei sensi per lo spirito, mettendo da parte il caldo ovviamente, quel caldo che ti fa sudare ad ogni minimo movimento, quello che non ti fa dormire la notte o che mi toglie ogni parvenza d'ispirazione. È davvero una tortura per me, non riuscire a scrivere nulla, niente, come se la mia testa fosse un'enorme recipiente vuoto dove ogni minimo rumore è libero di riecheggiare indisturbato. In quei casi provo a camminare in strada, in genere aiuta il mio cervello osservare la città in movimento intorno a me, oppure accendere il televisore e vedere i telegiornali, programmi e qualsiasi cosa possa premere quel tasto che porta in vita il mio lato creativo. Ma davvero il canto delle cicale, incessante e quasi ipnotizzante non aiuta, così come le facce sorridenti delle persone rallegrate dai raggi solari, o quel caldo che mi costringe a cambiare maglia anche quattro volte nel giro di una giornata; no davvero, vorrei fare quattro chiacchiere con chi ha avuto la genialità d'inventare l'estate, non si poteva passare dalla primavera all'autunno?
A quanto sembra no...
Ma ora non è più un problema, i miei occhi restano incantati ad osservare le gocce di pioggia che s'infrangono sul vetro e lentamente scivolano via, ormai troppo stanche per ribellarsi ad ogni cosa e si lasciano trasportare ovunque il mondo abbia deciso. Hm, è proprio di questo che la mia mente ha bisogno per creare, il cielo plumbeo, la pioggia che cade e come ciliegina sulla torta metterei anche un bel mare in tempesta; così avrei tutto ciò che mi occorre per avere un'immagine da cui partire. Spesso mi viene chiesto come scrivo e creo i testi delle canzoni, ma non è un processo facile da spiegare; come potrei tradurre a parole ciò che la mia mente vede ascoltando un rumore, o i miei occhi cogliere una sfumatura di grigio nel cielo per tramutarla in una sensazione che a sua volta viene trasformata in parole?
Sarebbe un arduo compito il mio in quel caso, far comprendere a chi non comprende già come sia essere così creativi. So che molti dei nostri fan lo capiscono questo processo, ognuno a suo modo ma lo capisce con il cuore, tuttavia, penso che molti di loro non sappiano di cosa parli in questo momento. Va benissimo così; per molti di loro io sono la voce che urla per loro, lo sfogo che non possono permettersi di concedersi nella loro vita reale ed io, sono ben lieto di essere quello sfogo. Loro mi hanno permesso di arrivare qui, dove io posso essere ciò che ho sempre saputo di voler essere “Ruki”, senza di lui io non sarei che un uomo semplice e comune, schiacciato dalla quotidianità e forse senza più speranze per il futuro. Invece sono qui, nei panni di Ruki per una sera ancora, pronto ad incontrare un'altra folla di fan che attende di fronte al palco; sono entrati come sempre con tutta calma, pregustandosi le due ore di spettacolo che inizieranno a breve; tutti insieme sotto lo stesso cielo, ad urlare il nostro disappunto a questo mondo che non ci comprende a fondo. A volte mi chiedo se lo sappiano quanto li ami, quanto il loro supporto per me sia così essenziale, il loro giudizio determinante.
Una mano si posa sulla mia spalla, sposto lo sguardo su Kouyou che si trova in piedi al mio fianco « Tutto bene Taka? » mi chiede, lui è sempre molto attento ai cambiamenti d'umore di ognuno di noi.
Sorrido « Sì, tutto bene, mi ero perso in qualche mondo parallelo » scherzo, ma sa bene quanta verità ci sa in queste parole. La mia testa potrebbe vivere in un mondo fantasioso per giorni, senza bisogno di tornare alla realtà.
« Bene » sorride dolcemente ed io lo ricambio volentieri, il nostro rapporto è così solido che non saprei più vivere senza di lui. È anche grazie a lui se sono diventato Ruki, lui che non ha smesso di credere di poter riuscire a sfondare, lui che mi ha tolto da dietro una batteria per piazzarmi di fronte ad un microfono, ricordo ancora come batteva forte il mio cuore quel giorno; io che non avevo mai provato la sensazione di essere osservato e di essere messo al centro dell'attenzione, ora non potrei farne a meno invece.
Ne sono cambiate di cose nel corso di questi lunghi anni, così tante da mettere paura. Non siamo più ragazzini che giocano a fare i musicisti, ma uomini che amano ciò che fanno per vivere, anche se molti ancora credono che sia un gioco di bambini mai cresciuti.
Osservo Kouyou raggiungere il divano, dove sono seduti Akira e Yutaka, iniziano a parlare ma non mi concentro per ascoltare i loro discorsi, mi soffermo ad osservare invece le loro movenze, i sorrisi che inevitabilmente esplodono quando sono insieme.
Nella stanza entrano ed escono una miriade di persone, ognuna con il proprio compito da portare termine, se solo una dovesse sbagliare, potrebbe essere compromesso il live e nessuno vuole incappare nella furia del riida; per questo tutti sono molto attenti a ciò che fanno. Sono cosciente che a volte potremmo dare l'impressione di essere persone pesanti ed eccessivamente puntigliose, ma come siamo rigorosi con noi stessi, lo siamo anche con il nostro staff; tutto deve procedere con assoluto rigore, altrimenti sarebbe tutto inutile.
Le dita di Kaolu premono leggermente sul mio mento per farmi voltare, oggi non gli sto rendendo il lavoro facile e me ne dispiaccio « Scusa » sussurro sorridendo.
Anche lui sorride « Nulla Taka, c'è qualcosa che non va? » non so se questa domanda mi si sia stata porta per via di Kouyou, o se davvero dal mio volto traspare qualcosa a cui sto cercando di non pensare. Non voglio che qualcuno lo capisca, non voglio che si veda che non riesca a non pensare a lui.
« No, credo che sono solo impaziente di salire sul palco » con le dita sistemo la stoffa nera della tunica.
« Non manca molto, resisti ancora un poco » poggia il fondo schiena sul ripiano di lavoro, pennello in una mano e mi guarda sorridente.
« Ce la posso fare se mi impegno » rispondo, cercando di celare dietro una maschera ciò che la mia testa vuole.
« Chiudi gli occhi, così finisco di prepararti » torna ritto in pedi e io ubbidisco, vorrei fumarmi una sigaretta, ma fino a che sarò costretto su questa sedia sarà impossibile per me alzarmi, quindi farò il bravo e lo lascerò lavorare.
Vorrei distrarmi in qualche modo, ma con gli occhi chiusi è così semplice per me isolarmi e permettere alla mia mente di vagare indisturbata tra le valli desolate che ho dentro la mia anima. Vedo le ombre del passato muoversi dentro di me e riesco a cogliere l'essenza di ognuna di loro, implacabili e ingorde di bere altro sangue dal mio cuore. A volte le lascio fare, come quando i ricordi mi assalgono la sera, strappandomi il sonno e lasciandomi sveglio e tremante nel letto.
Ci sono stati momenti molto dolorosi nella mia vita, alcuni subiti in prima persona, altri invece solo come spettatore da lontano; ma se qualcuno mi chiedesse quale tra questi sia stato quello che ha inflitto i maggiori danni, non esiterei a rispondere.
Era sera, ed io ero molto piccolo quando sentii alla televisione della morte della povera Furuta Junko, ne fui così straziato che ne scrissi poi una canzone; Taion. Quella fu uno dei momenti più dolorosi della mia vita, scoprire quanto male potessero arrecare gli esseri umani. Kouyou non manca mai di dirmi che sono una persona fin troppo sensibile, che se non imparo a controllare queste emozioni, non smetterò mai di soffrire; ma non è semplice zittire se stessi.
« Douka hidoi yumedato
kotaetehoshii, Doredaka sakebi modae kurushimebaii, Douka hidoi yumedato
oshiete hoshii, Saigo ni mouichido dake warattemitai »* sussurro.
Tuttavia, non è lui al primo posto
e nemmeno quando i miei genitori stanchi di me e dei miei continui “capricci”
li chiamavano loro, mi hanno sbattuto la porta di casa in faccia; intimandomi
di cambiare atteggiamento o di non tornare in casa loro e di smetterla di
considerarli come genitori. All'inizio avevo pensato scherzassero, che presi
dalla rabbia del momento avessero esagerato, doloroso fu scoprire invece che
non solo erano seri, ma che al mio rifiuto di abbandonare il mondo della
musica, avevano deciso di diseredarmi del tutto. Senza un soldo in tasca, senza
una casa dove andare, ero disperato ma deciso a non mollare; certo, d'altronde
non avrei abbassato la testa per tornare come un cane fedele dai suoi padroni
dittatori. No, andai a dormire nel piccolo studio dove usavamo provare, piccolo
sporco e freddo, lì rimasi per parecchio tempo, lo rifarei ancora adesso?
Ovviamente sì, per arrivare dove sono ora accetterei di gettarmi nello Stige e nuotare fino a che le braccia
non sarebbero troppo stanche per sorreggermi a galla e le sue acque nere, non
mi inghiottirebbero nel profondo degli inferi.
Fa molto male ancora ricordare
quei momenti, ma cerco sempre di non pensarci troppo.
« Fatto, puoi alzarti ».
Ah per fortuna, Kaolu mi lascia
libero di andare, prima di alzarmi però rimiro la sua opera allo specchio, amo
come riesce a rendere il mio viso, lo trasforma come un pittore farebbe con i
pennelli su di una tela « Grazie » gli dico sincero, lui si limita a
sorridermi.
Mi alzo e prendo il pacchetto
delle Marlboro, il mio momento tanto atteso è arrivato. Non guardo nessuno e
lascio la stanza, l'ultima cosa che noto è Yuu che invece è ancora seduto sulla
poltrona sotto le cure della sua hair stylist. Percorro un corridoio che sembra
non finire mai, poi finalmente apro la porta antincendio ed esco all'aperto,
quella porta da sul retro del locale e il parcheggio del personale, quindi sono
tranquillo che non verrò assalito da qualche fan impazzita. Do fuoco alla
sigaretta e ne respiro un po della sua essenza, ho provato a smettere ma
davvero non riesco a farlo, nonostante sappia i rischi che corro, ogni volta
cedo alla tentazione e mi ritrovo a fumare più di prima.
Ma torniamo a noi e al momento più
doloroso della mia vita, non lo scorderò mai, impossibile per me farlo; ogni
volta è come ricevere una pugnalata in pieno petto e così sarà per il resto dei
miei giorni.
Mi chiedo a volte se qualcuno si
domandi mai, perché spesso dico ad Akira che è un bugiardo, spesso lo accuso di
questo; scherzando, ma forse non del tutto, no?
Beh, tutto risale a qualche anno fa, uno dei periodi migliori che abbia mai vissuto, felice e spensierato, tanto d'aver paura di non riuscire a scrivere i testi per le canzoni. Ma ormai ho imparato che tutto ha una fine e anche quel periodo ha avuto termine, nel modo più tremendo e doloroso in cui potesse trovarlo...
Odiava dimenticarsi le cose, ma a
volte gli capitava e non poteva porvi rimedio quindi tanto valeva calmarsi.
Aveva invertito la rotta dell'auto appena gli era stato possibile e aveva
percorso la strada a ritroso, non poteva andare a casa senza la cartellina
contenente i testi a cui stava lavorando. Con il tesserino aveva fatto scattare
la serratura del portone e quasi di corsa, aveva raggiunto l'ascensore entrando
al suo interno. Mentre essa saliva verso il quarto piano lui si guardava allo
specchio, i jeans neri, una felpa grigia e il cappotto nero a tre quarti
aperto, si era sistemato una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio,
fischiettando una melodia che lo tormentava da giorni. La lasciava fare, perché
qualcosa di lei lo affascinava e sicuramente ne sarebbe sviluppata una buona
melodia un giorno, forse.
Camminava lentamente verso lo
studio, il lungo corridoio da cui si accedeva ai vari uffici era buio e
silenzioso, a quell'ora nessuno vi era più in quel luogo. Ma qualcosa aveva
catturato la sua attenzione, sembrava un lento tintinnare, come qualcosa che
cozzava leggermente contro qualcos'altro; non riuscendo a capire cose fosse, si
era incamminato verso quel rumore. Non sapeva nemmeno il motivo per il quale camminava
così lentamente, come se non volesse farsi sentire da qualcuno; successivamente
tante di quelle volte si era chiesto se non fosse stato il sesto senso a
metterlo in guardia.
Si era fermato in prossimità di
una stanza, la porta era spalancata e dall'interno oltre al rumore che aveva in
principio catturato la sua attenzione, si erano unite delle voci; erano due
uomini senza ombra di dubbio e ansimavano. Da dove si trovava non poteva vedere
al suo interno, avrebbe dovuto compiere ancora due passi e voltarsi verso
destra per osservare l'interno della stanza; ma non voleva. Aveva riconosciuto
troppo bene una delle due voci per riuscire anche solo a respirare, figuriamoci
ad entrare per vedere quella scena. Delle lacrime avevano già trovato libera la
strada per il suo volto, il dolore aveva cancellato anche una presumibile
vergogna a farsi trovare da qualcuno in quello stato.
Alla fine anche lui si era
stancato di lui, trovando nel corpo di qualcun altro uno sfogo, un piacere che
probabilmente lui stesso non poteva donargli.
Si costrinse a muovere quei passi
che lo separavano dalla verità, non era di certo una di quelle persone che
preferiva nascondere la testa sotto la sabbia. Anche se dolorosa e straziante,
sarebbe stata sempre la verità la sua scelta.
Ne era stato quasi certo al
novanta per cento di ciò che si stava consumando all'interno di quella stanza,
ma il restante dieci sperava che si stesse sbagliando; purtroppo non era stato
così.
Era proprio Akira all'interno di
quella stanza, con il chitarrista di una delle altre band che facevano parte
della sua stessa agenzia. Il suo ragazzo si stava muovendo dentro l'altro
piegato a novanta e con la testa poggiata sul ripiano di legno, la scena gli
aveva fatto venire il voltastomaco e per poco non vomitò la cena che poche ore
prima aveva consumato con i suoi compagni di band, compreso quel traditore che
in quel momento stava scopando con un altro. Colto da un attacco d'ira e dalla
sua impulsività, aveva afferrato la collana che portava al collo, tirando con
tutta la forza che possedeva e rompendola, provocandosi un dolore lancinante e
un livido che lo avrebbe accompagnato per i giorni seguenti ricordandogli
quell'istante di follia. Gli occhi fissi sui due che erano ignari ancora della
sua presenza, aveva gettato quella collana, simbolo dell'amore che lo aveva
legato al proprio bassista, a terra e quella aveva scivolato sul pavimento fino
a raggiungere i piedi di Akira.
« O Dio.. Taka... ».
Era rimasto immobile mentre i due
si erano separati velocemente e Akira cercava di chiudersi i pantaloni, quasi
senza successo vista l'agitazione che lo aveva assalito.
« Non c'è bisogno di disturbare
Dio... FERMO! » l'urlo gli era venuto spontaneo per arrestare i passi del
biondo, non lo voleva vicino, non voleva ascoltare le sue patetiche scuse, non
voleva più nulla da lui.
« Taka ti prego... » il volto
contorto di Akira non lo sorprese affatto, ma nemmeno gli aveva fatto tenerezza
o pena, in quel momento lo odiava e non era giusto modificare quel sentimento,
si meritava tutto il suo odio per quel vile tradimento. Il chitarrista era come
un insetto che osservava la scena e partecipava passivamente a ciò che gli
accadeva intorno, per lui non era niente
di più che un insetto nauseabondo.
« Non pregarmi, perché non servirà a nulla lo sai... è finita, basta... » aveva voltato le spalle a lui e a tutto ciò che aveva creduto vero e puro sino a quel momento, tutte bugie.
“ Odorasareteru
no wa
watashinohou ne
kakimidasareru bakari itai
ikigatsumaru youni fukaku
kurushii
kurikaesu “ayatori”
nanimo nokorazu.
Kasaneta kuchibiru kara
kobore dasu
kamiawanu toiki ni kidzuite…
Iku yo no kara
kuri na mo
shiranu hito
sarasareta kizu shitataru
hi aijou.”**
Soffio via una nuvoletta di fumo tossico, annerisce i miei
polmoni ma libera il mio animo. È ancora doloroso ripensare a quei momenti, mai
e poi mai ho sentito distintamente il mio cuore andare in frantumi; tranne quel
giorno maledetto. Alcune volte ho pensato che sarebbe stato meglio che io non
avessi dimenticato quei testi, probabilmente non avrei mai scoperto i
tradimenti, sì, perché non è stata solo una volta, ma questo l'ho scoperto solo
molto tempo dopo qual fatto orribile.
Ma il passato non si cambia, no? Quindi tanto vale
accettarlo per quel che è ed andare avanti, non che sia stato facile per me
superare tutto. Troppe le volte che sono stato sul punto di mollare tutto,
troppo doloroso per me continuare a vedere Akira tutti i giorni per lavoro, i
suoi patetici tentativi di riavvicinarsi a me. È solo grazie e Kouyou se i GazettE
esistono ancora, solo a lui e ai suoi gesti. Mi è stato vicino, mi ha consolato
e mi ha costretto a reagire, mi ha fermato varie volte dal mollare tutto,
ricordandomi quanto questo sogno fosse mio e non era giusto mollare tutto ed
andarmene. È arrivato anche ad attaccare al muro Akira, intimandogli di
smetterla di torturarmi a quel modo, che se realmente ci teneva a me, doveva
lasciarmi libero di andare e se davvero l'amore tra noi era ancora intatto
sarei tornato da lui; non credo di averlo mai ringraziato abbastanza per ciò
che ha fatto per me.
Beh, quel giorno non è mai arrivato, io non sono mai
tornato da lui e lui non ha più tentato
di tornare insieme a me e mettere a posto le cose. Ci limitiamo a convivere nei
momenti in cui il lavoro ci costringe, non so se lui soffra ancora come me, ma
se lo fa non lo da a vedere. Ma come vi dico spesso, Akira è un buon bugiardo,
sa mentire molto bene.
Lascio lì la sigaretta ormai spenta e ripercorro i miei
passi a ritroso. Rientrando nella sala trovo gli occhi di Akira su di me, è
bello come non mai, ultimamente lo trovo più bello del solito. Ha fatto
crescere di nuovo i capelli e li ha tinti di un bel biondo, non so se gli abbia
mai detto che amo quando si fa crescere i capelli in questo modo; forse no, ma
ormai non ha più importanza.
« Fammi vedere se ti sei tolto il rossetto per fumare »
Kaolu mi si affianca, quasi come materializzandosi tutto d'un colpo, noto gli
occhi di Akira saettare da me a lui e
poi tornare freddi al volto del riida che non si è accorto di nulla.
Mi dispiace Aki, ma hai perso ogni diritto su di me da
molto tempo ormai, penso, mentre lascio che Kaolu mi conduca verso il ripiano
con i suoi attrezzi del mestiere.
« Visto che te lo devo ritoccare, me lo dai un bacio? ».
Sorrido « Ovviamente » acconsento, anche se di consueto non
ci lasciamo andare a questo tipo di effusioni di fronte a tutto lo staff, per
una volta non farà male a nessuno, tranne ad Akira forse.
The
End
Lo so che ora vorrete linciarmi, avete tutto il
diritto di farlo m(_ _)m
perché questa cosa? Non lo so, ieri sera nel
lettuccio caldo mi sono messa a pensare e ho immaginato questo, prima Kaolu non
c'era nella mia testa, ma poi ho pensato al documentario del World tour e a
Kathy (per chi non lo sapesse Kaolu si fa chiamare così, e sia Ruki che Kai si
sono riferiti a lui con questo nome) e ho pensato, perché no? Proviamo u.u
Non mi paceeeeeeeee T___T Akira riprenditi
Takanori!!! è.é
vabbè, non vi strazio troppo con la mia doppia
personalità u.u
Grazie a chiunque sia arrivato sin qui, per me
siete importantissimi e se vorrete farmi sapere cosa ne pensate (anche le parolacce se volete XD)
io sarò contenta <3
*Tratto da Taion: per favore dimmi che
tutto questo è un brutto sogno, quanto ancora devo gridare e ritorcermi dal
dolore? Per favore, dimostrami che tutto questo è un brutto sogno, voglio
tornare a ridere un'altra volta prima della fine. [ credit: http://visualkei.forumcommunity.net/?t=23648977]
** Tratto da Toguro: Sono io quello
che stai costringendo a danzare, vivere senza controllo è doloroso, mi sembra
di non poter respirare, soffoco, si ripete più volte fino a che resta solo la
“culla di un gatto”.
Continua a fuoriuscire dalle tue labbra socchiuse, sempre
più, riconosco quel sospiro...
Stasera la morte si prende gioco di qualcuno del quale non
conosce nemmeno il nome, questa ferita aperta gocciola con un affetto fuori
luogo. [Credit: http://thetheaterofkiss.blogspot.it/2011/09/toguro-gazette.html]