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Autore: Annie_ina9    23/11/2015    1 recensioni
Anna, 16 anni, a 3 anni si è ritrovata a coprire il ruolo di padre insieme a sua madre. è innamorata di un ragazzo di nome Pietro che neanche la conosce ma che appena scopre del trasferimento di Anna le bussa alla porta, l'abbraccia e le fa scivolare nelle mani un biglietto. Nella nuova città Anna incontra nuovi amici ma soprattutto incontra Samuele. scopre di essere innamorata di lui ma non ha ancora dimenticato il ragazzo della sua vecchia città. Un giorno prende finalmente la decisione di parlare a Samuele di quello che prova ma qualcuno si è trasferito in città: è lui, è Pietro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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~~Capitolo 1
Ricordi
Anna non capiva perché i viaggi in auto le piacessero così tanto. Di solito, tutti credono che siano noiosi e che non ci sia mai niente da fare. Lei, invece, non credeva questo, no. Lei pensava che fossero invece molto utili. Utili per pensare, per riflettere e per rilassarsi. Questo non era di certo il viaggio più lungo che lei avesse mai affrontato ma le sembrò comunque il più utile. Aveva le cuffie nelle orecchie. Passava la hit del momento. Ripensò a tutti gli amici che aveva lasciato a Milano ma soprattutto alle sue due migliori amiche:  Alice e Alessia. Aveva fatto un programma per l’estate che sarebbe arrivata per passarla il più possibile con loro. Con tutte le giornate che avevano organizzato per passare insieme quell'estate, spera di non sentire molto la loro assenza, solo un ragazzo le sarebbe mancato particolarmente.  Prima di partire le avevano fatto quel mega festone di addio che sembra tanto bello quando non sei tu a dovertene andare. Tutti si divertivano, mangiavano, bevevano, l’abbracciavano o le dicevano le classiche frasette d’addio e lei annuiva, ogni tanto, perdendosi in qualche singhiozzo o qualche lacrima che ritirava subito, per far credere che si divertisse. Nel camion dei traslochi, che era partito un’ora prima di loro aveva messo soltanto i vestiti e i mobili, il resto era tutto in valige o borse, nel bagagliaio o sui sedili. Il posto davanti, accanto al guidatore, il posto che normalmente spetta ad uno dei due genitori era coperto da una valigia della mamma e da altre borse. Il suo papà se n’era andato di casa quando Anna era ancora piccola e ora non sapeva dov’era. Come suo ricordo aveva solo una vecchia foto e un piccolo coniglietto di peluche che le aveva regalato per il suo terzo compleanno, un giorno prima che se ne andasse. La piccola Anna lo aveva chiamato Ale: il diminutivo del nome di suo padre. Ora la canzone che stava ascoltando era “Better in time” una canzone di un po’ d’anni fa che ad Anna piaceva comunque.                                                                                
Era stato il papà a insegnarle ad amare la pallavolo. Lei si ricordava perfettamente i giorni passati a giocare in giardino a far passare la palla da una parte all’altra del cancello di casa sua usato come rete. Lei stava dentro, suo padre fuori. Ogni volta che sentiva la sua mancanza stringeva a sé un oggetto di suo padre e ricordava quei giorni come se fossero dei filmati nella sua mente che continuavano a girare finché non finiva per mettersi a piangere, oppure chiudeva gli occhi e si addormentava, cullata da quel pensiero. Aveva ancora il piccolo pallone, ormai sgonfio, che usavano per giocare: lo teneva nel posticino sotto al finestrino della macchina. La foto, invece, era sempre nella tasca dei suoi pantaloni e infatti era un po’ rovinata, perché, una volta, a cinque anni, si era scordata di toglierla dal giubbotto e sua mamma gli aveva fatto fare un giro in lavatrice. Per fortuna la tasca era chiusa e la foto si era solo un po’ sbiadita e aveva preso il profumo di detersivo. Il peluche era nella valigia. Nel sedile accanto al suo era sdraiata la sua amata chitarra con accanto il suo libro preferito e il pallone da pallavolo completo delle firme di ogni sua compagna di squadra di under  16 e prima divisione. Era come se sedute accanto a lei ci fossero le sue più grandi passioni: la musica, la scrittura e la pallavolo. Correva una delle sue tante canzoni preferite: Hello, di Adele. Era la prima in cima alla playlist che stava ascoltando: “triste”. Erano appena entrate in autostrada, lei e sua mamma. Questa volta il viaggio sarebbe stato di sola andata. Si stavano trasferendo dalla grande metropoli di Milano, in un piccolo paese di campagna poco distante da Cuneo. La canzone era ormai a metà e Anna si ritrovò a guardare ancora una volta quel foglietto di carta stropicciato tagliato da un angolo di una pagina di quaderno. Dietro c’era un piccolo disegno di due ragazzi, un maschio e una femmina, che si tenevano per mano. Quel biglietto glielo aveva fatto scivolare nella mano Pietro. Il ragazzo più bello del suo quartiere che aveva cinque anni in più di lei. Il ragazzo che non l’aveva mai degnata di nulla, se non di uno sguardo ogni tanto. Il ragazzo di cui era innamorata fin dal primo giorno che l’aveva visto. Il ragazzo che prima della sua partenza aveva suonato alla porta di casa sua e appena lei era uscita l’aveva abbracciata a lungo. Il ragazzo che mentre l’abbracciava le aveva fatto scivolare in mano un biglietto che profumava di amore. Il ragazzo che poi l’aveva abbraciata ancora e infine era scappato via. Rilesse le parole scritte con una calligrafia dolce e leggera sul bigliettino:
                                                                                                                                                               Scusami, ti prego.                                                                                                                                                        
            TI VOGLIO BENE, aspettami.
                                                                      Tuo, Pietro <3.
Cambiò canzone, così Anna fece ripartire la stessa dall’inizio e incominciarono a scenderle lacrime dagli occhi. Adorava il modo in cui aveva scritto più grande il “TI VOGLIO BENE”, il cuoricino accanto al suo nome e ogni minuscolo ghirigoro attorno alle lettere. Non doveva scusarlo di niente, tranne del fatto di essere troppo bello, di avere degli occhi verde mare così profondi che se li guardavi troppo a lungo rischiavi di annegarvici dentro, di avere quei fantastici capelli bruni tagliati corti ma non troppo o  di essere nato con dei  lineamenti perfetti. Credeva che lo avrebbe aspettato per sempre, anche tutta la vita se fosse stato necessario. Si addormentò con le guance rigate dalle lacrime, sognando il mare nei suoi grandi occhi verdi e loro due che si abbracciavano ancora.
La madre la sveglia qualche ora dopo nel giardino della nuova casa. Ha dormito per tutto il tragitto, cosa che di solito non le capita mai. Per fortuna Silvia, la madre, non si è accorta che sua figlia ha pianto. Della nuova casa non si può contestare nulla. Il giardino è ampio e i suoi due cani corrono ovunque felici e annusano dappertutto. Tre alberi fanno ombra al campo di pallavolo. Nel centro di quel magnifico prato ben tenuto c’è una villetta arancione di modeste dimensioni. Se fosse stata Anna a progettarla, però, l’avrebbe messa in un angolo del giardino, il suo sogno era di diventare un architetto e quindi se ne intende abbastanza, nonostante studi al liceo classico. C’è anche un gazebo circondato da una siepe e già attrezzato con tavolo, sedie e divano a dondolo, messo in un angolino del giardino. Nell’angolo opposto si trova un garage dove la mamma ha parcheggiato l’Opel scura. Anna scende dall’auto e entra in casa, dove Silvia sta impartendo gli ultimi ordini su come posizionare i mobili.                                                                                                                     
–Qui abbiamo finito. Manca solo più la tua camera al piano di sopra. Decidi tu come vuoi che mettano le tue cose.- le dice la madre affettuosamente. La figlia annuisce e sale al piano di sopra dove dei signori molto forzuti hanno messo a caso l’armadio, il letto e la scrivania nella sua camera. Gli da le istruzioni giuste perché il posizionamento dei mobili sia il più possibile simile a quello della sua vecchia stanza. Il letto frontale alla porta nell’angolo della camera, l’armadio perpendicolare ad esso e attaccato al muro, la scrivania opposta all’armadio e il comodino in fondo al letto. Le pareti sono bianche e un po’ smorte, così decide che le avrebbe ridipinte con l’aiuto di Alice e Alessia. Non si preoccupa neanche di disfare le valige. Si distende sul letto e comincia a rileggere il suo libro preferito: Tre metri sopra il cielo. Le era piaciuto talmente tanto che, alla fine, visto che era un libro della biblioteca e avrebbe dovuto riportarlo, aveva deciso di comprarlo. Il libro parla di due ragazzi che sono completamente diversi (uno un delinquente e l’altra una ragazza per bene) che si innamorano e vivono una grande storia d’amore ma poi lei lo lascia perché è troppo violento e lo ha perdonato troppe  volte. Ad Anna questo finale non è mai piaciuto, così, la prima volta che lo ha letto, lo ha cambiato: dopo che i due si lasciano lui diventa più gentile e alla fine si trasforma in un ragazzo per bene. Entrambi capiscono che senza l’altro non possono andare quel “tre metri sopra il cielo” che solo loro possono raggiungere e termina con un bacio appassionato. Anna aveva mandato tante volte un mail all’autore chiedendogli perché avesse fatto finire male il libro ma lui non le aveva mai risposto. Quante volte aveva sognato di essere lei al posto della protagonista, stretta a Pietro mentre scivolavano nella notte con la sua moto. Stupidi desideri da ragazza sognatrice che non si sarebbero mai avverati, pensa lei, ma sognare è meglio che niente. Guarda l’ora sul suo orologio da polso: le sei del pomeriggio. Com’è tardi! Voleva fare un giro in paese prima che venisse buio! Chiude di corsa il libro tenendo la pagina di dov’era rimasta con il suo solito segna libro: una piccola frase che le piace tanto trovata  in quel libro che sta leggendo. È stata scritta da una persona che ancora non conosce e che probabilmente non conoscerà mai, che, come lei, ha apprezzato molto quel libro: “E tutto quello che devi fare è metterti le cuffie, sdraiarti per terra e ascoltare il CD della tua vita, traccia dopo traccia, nessuna è andata persa, tutte sono state vissute, e tutte, in un modo o nell’altro, servono ad andare avanti. Non pentirti, non giudicarti, sei quello che sei, e non c’è niente di meglio al mondo.”
 
   
 
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