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Autore: maeg    24/11/2015    1 recensioni
Sono fan di TORADORA! (il mio manga preferito) così ho pensato di scrivere come immagino il futuro della coppia drago(Riuji)&tigre(Taiga). La storia inizia al termine della cerimonia per il diploma, quando dopo essersi rincontrati, si ritrovano a casa Takasu dove Yacchan ha una notizia sconvolgente per i due piccioncini, che cambierà le loro vite.
Non vi anticipo nulla, spero la leggerete.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryuji Takasu, Taiga Aisaka, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il primo giorno di lavoro di Ryuji non era di certo andato come si aspettava. E guardare Taiga che si spanciava dalle risate ripensando a ciò che era successo al ristorante, di certo non lo aiutava.

Neanche i suoi sguardi più accigliati riuscivano a far smettere la ragazza, che con le lacrime agli occhi, non finiva di ricordargli ogni più piccolo particolare della scena alla quale avevano assistito. Kitamura aveva dovuto tirar via dal locale sia Taiga che non voleva proprio saperne di andarsene sia Ryuji che non voleva proprio saperne di smettere di lanciare improperi contro il cuoco. Lo stesso Kitamura faceva non poca fatica a non irrompere in una fragorosa risata.

- TI AVEVO DETTO DI CHIUDERE IL LOCALE! NON HO ALCUNA INTENZIONE DI DARE AI MIEI CLIENTI QUALCOSA DEL GENERE!!- 

Furono le prime parole che Taiga e Kitamura sentirono appena entrati nella piccola stanza dalle pareti in legno, mentre il dolce suono del campanellino che avvisava l’entrata di un cliente era totalmente sovrastato dal rumore assordante di pentole che venivano sbattute chissà dove e piatti rotti. Una signora pesantemente truccata e strizzata in un vestito di una taglia più piccola si affrettò verso di loro.

- Scusatemi, Signori, ma il locale oggi resta chiuso. Il cuoco è indisposto. - disse cercando di spingerli verso la porta dalla quale erano entrati pochi minuti prima.
- Il cuoco è una donna?- fece Taiga, puntando i piedi in terra.
- No..- rispose la Signora Hiro, guardandola con curiosità. “Se ho parlato di un cuoco, è ovvio che sia un uomo!”
- Allora come è possibile che sia indisposto? Non ha mica il ciclo?!- Taiga, inclinò la testa per vedere meglio oltre le paillettes della donna giusto in tempo per vedere Ryuji, acquattato contro una credenza della cucina. Cercò di rimanere seria, anche se vederlo con un coperchio in mano a mo’ di scudo, era una visione a dir poco esilarante. Il ragazzo non doveva essersi accorto della sua presenza, poiché si spinse sempre di più contro la parete del mobile riuscendo a scansare per pochi millimetri una patata lanciata da chissà dove.

- AISAKA! - Kitamura, stando attento a non inciampare fra le assi di legno sconnesse del pavimento, guardò la sua amica sorpreso. Certo, sapeva che i filtri mentali di Taiga non erano sempre attivi, ma in quel momento si trovava di fronte ad una persona più grande, doveva portarle rispetto.
- Senti, ragazzina, non mi sembra proprio il momento di.. -
- STUPIDO RAGAZZO è INUTILE CHE TI NASCONDI! - la stessa voce che li aveva accolti con così tanta gentilezza, adesso imprecava contro Ryuji ad un tono così alto che riusciva a sovrastare non solo i fallimentari tentativi della Signora Hiro di cacciarli, ma anche il rumore assordante del traffico di Tokyo all’ora di punta. Cosa davvero incredibile, considerando che Tokyo è una delle città più trafficate del mondo ed il ristorante si trovava proprio su una delle strade più popolose della città, benché non si trovasse al centro. 

La donna si voltò con rabbia verso la cucina, lasciando la presa sui ragazzi che, divincolandosi con facilità, si affrettarono a raggiungere la stanza dove sembrava stesse per avvenire la Terza Guerra Mondiale. La Signora Hiro, accorgendosi che ormai i due giovani erano fuori dalla propria portata, si affrettò a chiudere la porta, assicurandosi di chiuderla per bene a chiave in modo da evitare altri intrusi. Poi, correndo sui suoi tacchettini rumorosi, raggiunse la cucina e rimase senza parole nel vedere lo stato pietoso in cui era stata ridotta.

Le pareti di piastrelle bianche erano ormai ricoperte di svariate macchie dalle consistenze più strane e dai colori più improbabili. Si riusciva a distinguere abbastanza facilmente il pomodoro che, lanciato come una granata, aveva lasciato un cerchio perfetto nel vetro della credenza e si era spiaccicato sulla parete interna del mobile. La cappa della cucina era ricoperta di piccoli bitorzoli. Probabilmente erano stati causati dalle uova che stavano colando proprio in quel momento sul piano cottura e poi a terra, dove si univano a delle patate schiacciate con i piedi, creando un miscuglio dalla consistenza gelatinosa. Il verde dell’insalata si mescolava al viola delle melanzane, creando un blu verdura che, se non si fosse saputo a cosa era dovuto, era anche accettabile, avrebbe dato un tocco di colore ad una cucina dai toni neutri. Beh, in quel momento ricopriva l’unica parete della stanza non protetta dalle piastrelle e che normalmente era di un color beige chiaro, come il resto dei mobili della cucina. Ovviamente, Taiga e Kitamura poterono soltanto dedurre che la cucina era di quel colore dai pochi ritagli di arredamento che ancora non avevano incontrato il loro plotone di esecuzione. I ragazzi dovettero poi coprirsi la bocca con le mani, data la forte puzza che proveniva da pentole e padelle ammassate nei lavandini, ancora intonse e bruciacchiate. 

Insomma, era un autentico disastro e, visto in quelle condizioni, non sembrava proprio il locale caldo ed accogliente che Taiga aveva visto il giorno prima. Anzi. 

Alla vista di quello sfacelo, la Signora Hiro perse le staffe. Il viso le divenne rosso sia per la rabbia sia perché stava cercando di trattenere quanta più aria possibile pronta a lanciare uno di quei urli che avrebbero fatto tremare le pareti dell’intera Tokyo. Strinse i pugni così tanto che le nocche le divennero blu e avanzò di due passi verso l’interno della cucina. La poverina non si era però accorta che, proprio dove aveva appena poggiato il suo piede destro, si era addensata una pastrocchia chiara, simile alla maionese e per questo molto gelatinosa. Non fece in tempo ad aprire la bocca che scivolò in terra. Nel tentativo di evitare quella caduta di stile, cercò qualcosa di solido al quale aggrapparsi. Come se la sorte non le fosse già abbastanza avversa, l’unica cosa che riuscì afferrare fu un sacco di farina di riso che cadde con lei, non solo ricoprendola di polvere bianca ma alzando anche un polverone così denso che non permetteva di vedere al di là del proprio naso. Kitamura, che accortosi della situazione, si allungò nel tentativo di prendere in tempo, ma finì solo steso per terra, ricoperto di polvere di farina di riso e riuscì ad evitare di poco una chiazza di brodo di pollo in cui erano ancora in ammollo le povere zampetta del volatile.

Taiga impallidì per un attimo, vedendo il suo amico in terra e la donna che cercando di levarsi il miscuglio di farina e maionese dal viso, non faceva altro che spargerlo ancora meglio ed unirlo al trucco creando una maschera di carnevale grottesca. Avete presente la Mezzana in Mulan? Ecco, a confronto l’austera donna era bella come un fiore di campo. 

L’incertezza di Taiga durò pochi istanti perché, quasi come cavalieri dalla sfavillante armatura che si lanciano alla carica, Ryuji e Tamostu si ritrovarono faccia a faccia, brandendo un mestolo in legno ciascuno e pronti ad affrontarsi. La ragazza riuscì a vedere ben poco, ma notava che i due, per proteggersi erano ricoperti di vari utensili da cucina. Ryuji ad esempio si era protetto al testa con uno scolapasta mentre il cuoco aveva preferito utilizzare ciò che restava di una piccola botte di legno che di solito conteneva della salsa di soia, ora anch’essa spalmata chissà dove. 

I due si affrontarono a viso aperto, dopo aver preso un lungo respiro, si lanciarono l’uno contro l’altro. L’obiettivo della battaglia non era ancora chiaro. “Cosa vogliono fare questi due?” pensò Taiga, ma prima di poter agire i due si stavano già colpendo a forza di mestolate e si proteggevano con i coperchi per metà ammaccati. Taiga si chiese da quanto tempo stesse andando avanti lo scontro e per quanto ancora ne avessero. A giudicare dalle pietose condizioni della cucina, era già da un po’ che la giostra era iniziata e sperò con tutto il cuore che sarebbe finita a breve, ma a giudicare dalle grida animalesche non sembrava vicina alla fine. Decise di intervenire.Si gettò nella mischia.

 

Ryuji si era riparato dietro uno dei banconi che si trovavano al centro della stanza ed era pronto a sferrare il suo attacco a sorpresa: utilizzare gli asparagi come frecce, lanciate con un arco rudimentale composto di mestolo e spaghetti di soia (molto resistenti ed elastici). “Mi ha attaccato nel vivo!”. Ancora non si era accorto di Taiga e degli altri, ma non sembrava neanche accorgersi del casino che stavano combinando. L’orgoglio in quel momento era molto più importante di qualsiasi altra cosa. Tamostu lo aveva criticato aspramente giudicandolo per il modo in cui cucinava, cosa che secondo lui era l’unica che gli riusciva davvero bene. Taiga, lui ne era certo, l’aveva conquistata anche grazie alla sua cucina e non avrebbe permesso a nessuno di dire che cucinava male. Se a Taiga piaceva, sarebbe piaciuto a tutti. Sentì per qualche istante il silenzio, prova che anche Tamotsu stava valutando il miglior modo e momento per attaccarlo. Nel silenzio sentì dei passi, ovviamente attutiti dal tappeto di cibo che proteggeva il pavimento. Pensò che fosse il cuoco in un momento di coraggio e sentendo che si allontanava da dove si era nascosto lui, si issò sulle ginocchia quel tanto da permettergli di lanciare i suoi dardi. Fortunatamente ci impiegò qualche momento di troppo per tirare gli asparagi contro il suo avversario, giusto in tempo per accorgersi che non era il cuoco, ma la sua Taiga che, non curante del pericolo si stava aggirando per la cucina alla ricerca di Ryuji. Sgranò gli occhi ed alzandosi di scatto si avvicinò alla ragazza. 

- TAIGAAAA!!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Tomastu, dall’altra parte della stanza, sentii le urla e decise di approfittare del momento. Si alzò pronto ad utilizzare la sua catapulta, un semplice cucchiaio dal gambo più lungo, caricata con olive snocciolate e, senza guardare a ciò che avrebbe colpito, lasciò che il cucchiaio svolgesse la sua funzione. Ryuji, prevedendo ciò che sarebbe accaduto, si gettò su Taiga per evitare che quei proiettili oleosi la colpissero in pieno e caddero entrambi su di un sacco di patate usato come trincea. Tomatsu si alzò vittorioso.

-Sei stato colpito!! - raggiante, orgoglioso e fiero il cuoco si tolse la botte ed iniziò ad intonare l’inno giapponese con fare solenne.
- MA SEI USCITO PAZZO!? SEI UN ASSASSINO! Stavi colpendo un civile!- Ryuji si rimise in piedi minacciandolo con un asparago dal gambo ormai rotto. Sapeva perfettamente che la sua credibilità in quel momento non era esattamente ai massimi livelli, eppure non riusciva a calmarsi - SEI FUORI DI TESTA!
- La tradizione batte la modernità, come è giusto che sia. - sentenziò il cuoco, impettito.
- MA QUALE TRADIZIONE.. E SMETTILA DI CANTARE IL NOSTRO INNO! SEI UN DITTATORE, NON MERITI DI CANTARE L’INNO GIAPPONESE! Hai sparato su un civile!- Ryuji, dal temperamento solitamente mansueto, proprio non riusciva a tornare in sè. Quel cuoco era proprio un dittatore e nella sua cina sembrava non avere rispetto per niente e nessuno, cosa che proprio non riusciva ad accettare.
- Per la vittoria bisogna pur sacrificare qualcosa.
- IO TI FACCIO RINCHIUDERE!!- il Ryuji calmo e tranquillo era andato ormai a farsi benedire come anche il soltio rispetto con cui trattava gli adulti.

Taiga, Kitamura e la Signora Hiro guardavano la scena dal basso, ancora seduti per terra, increduli.
- Ma fanno sul serio?- chiese Taiga. I due suoi compagni di sventura non poterono fare altro che annuire, finendo poi per abbassare lo sguardo con aria affranta. 
La prima ad alzarsi fu la Signora Hiro, piena di farina e melma dalla testa ai piedi.
- ADESSO BASTA O CHIAMO LA POLIZIA!- urlò, ma le sue grida di persero nella moltitudine di improperi dei due contendenti.
- AVETE CAPITO?! CHIAMO LA POLIZIA!!!- ci riprovò ma il risultato fu ancora meno soddisfacente del primo.

Taiga, ancora una volta prese in mano la situazione. Si rialzò dolorante, in fondo le patate sono dure, si avvicinò ai due ed alzandosi sulle punte dei piedi tirò le orecchie ad entrambi. Ryuji e Tomastu lanciarono un urlo di dolore e furono costretti a guardare in basso, dove la ragazza li guardava come si guarda a due bambini troppo piccoli per capire che è ora di smetterla con i capricci.
- E tu chi saresti?- fece Tomastu.
- Quella a cui stavi lanciando delle olive.
- HAI VISTO!? STAVI COLPENDO LEI NON ME!- riprese ad urlare Ryuji
- NON ME NE ERO ACCORTO MA IN GUERRA NON SI GUARDA IN FACCIA A NIENTE E NESSUNO!- rispose il cuoco a tono.
- MA TI SENTI QUANDO PARLI?! QUALE GUERRAAAA?!!- Ryuji era esasperato ma non ancora pronto a lasciar perdere.

Notando che i due non accennavano a smetterla, tirò nuovamente le loro orecchie, costringendoli ad un doloroso silenzio.
-Avete intenzione di continuare ancora per molto?- chiese Taiga e fu felice di vedere che i due, con le lacrime agli occhi per il dolore, scossero la testa per mimare un “no” - Bene, allora adesso vi lascio le orecchie, ma dovete mettervi a cuccia tutti e due. Capito, cagnacci?
-Ma come ti permetti ragazzina!?- stava iniziando Tomatsu.
-Ti conviene star zitto e fare ciò che ti dice, se non vuoi perderci l’orecchio.- consigliò Ryuji, che conosceva bene il temperamento poco paziente della ragazza.

I due si zittirono e lei li lasciò andare.

-Cosa diamine è successo? Perché avete dato inizio a tutto questo?- chiese la Signora Hiro, una volta che le acque si furono calmate e lei si era rimessa in sesto.
Aveva impiegato circa mezz’ora a togliersi i vestiti di dosso, sciacquarsi e ricomporsi, indossando degli abiti di riserva che portava sempre nella borsa. Certo, la tuta di ciniglia rosa confetto non era poi così meglio dell’outif precedente, ma almeno non sembrava una salsiccia vestita a festa. Ed anche con un trucco meno marcato, il precedente era finito nello scarico con le salviette e la melma gialla, sembrava una donna più o meno normale. Avevano iniziato, tutti insieme, a mettere in ordine la cucina, anche Taiga e Kitamura, che non c’entravano proprio nulla, ma che non se la sentivano di rimanere in disparte. In fondo, se fosse servita di nuovo una mano per dividerli, la Signora Hiro non sarebbe stata in grado di farlo senza un altro attacco isterico. Chi scrostava i cibi attaccati alle pareti, chi cercava di scollare qualsiasi cosa fosse attaccata al pavimento. Ryuji e Tomatsu si guardavano in cagnesco mentre ciascuno ripuliva il suo lato di cucina, segno che quella era solo una tregua. Nessuno dei due però aveva voglia di spiegare quale era il motivo del loro litigio. Troppo orgogliosi o troppo stupidi?

-Se non vi muovete a parlare finirete a pulire il pavimento con la lingua! - li minacciò la donna, stanca di quella reticenza.
- Ha iniziato lui!- iniziò Tomatsu.
- IO?! Hai proprio un barbaro coraggio a dirmi una cosa simile! Sei tu che hai iniziato.. con quella tua assurda storia della tradizione!- ribatté Ryuji.
- La tradizione va rispettata anche nelle più piccole cose!
- Ancora con questa storia della tradizione?! SEI RIDICOLO!
 
- SMETTETELA!- Si voltarono tutti verso la fonte dell’urlo. Kitamura, impegnato a staccare il pomodoro dalla credenza, doveva averne proprio piene le scatole di tutte quelle parole inutili. Si girò verso il resto della compagnia con gli occhi rossi di rabbia e le mani tremanti - Dovete smetterla, CAPITO?! Adesso o ci dite cosa è successo oppure vi ammazzo! Ne ho abbastanza! Un uomo che si comporta come un bambino e tu, Ryuji, mi hai molto deluso! Non mi sarei mai aspettato da te un comportamento simile! Da quando in qua sei un guerrafondaio? Sbrigatevi a pulire e a mettere fine a questa storia.. O giuro che..-

Ryuji e Tomatsu non gli lasciarono finire la frase e, avvicinandosi entrambi al forno, ne estrassero due piatti, che poggiarono poi sul bancone da lavoro.

I tre si avvicinarono e notarono che erano due scodelle di ramen. Due ciotole di ramen perfettamente identiche, con lo stesso identico contenuto. La Signora Hiro, Taiga e Kitamura si guardarono fra di loro, poi di nuovo la ciotola e poi i due contendenti, senza dire una parola. Non riuscivano proprio a capire cosa ci fosse di male in due tazze di ramen.

- E allora?- chiese Taiga con curiosità - sono identiche!
- Ecco, è per questo che è iniziato tutto!- disse Ryuji incrociando le braccia sul petto, indispettito.
-  Non sono per niente uguali!- intervenne il cuoco - sono cucinati in modo diverso!
Kitamura si avvicinò alle ciotole ed assaggiò i due cibi, con delle bacchette appena lavate.
- Sono esattamente identici. Buoni.
- VISTO!? E lui non sa come sono stati preparati!- rispose Ryuji, seccato ed contento per il fatto che Kitamura gli aveva dato ragione. Si voltò verso Tomastu e, proprio come un bambino, gli fece la linguaccia. Taiga guardò il suo ragazzo fare quel gesto tanto infantile con un sorriso. "In fondo" pensò "è sempre dolce, anche quando fa il cane capriccioso".
- NON SONO UGUALI! Uno è cucinato secondo la tradizione, l’altro con dei metodi moderni. Non sono uguali!- ripeté Tomastu.
- Perdonami, caro, ma in cosa consisterebbe la differenza nella preparazione?- chiese la Signora Hiro.

Scese il silenzio per qualche minuto.
- Nel modo in cui sono state tagliate le verdure.

Nessuno riusciva a credere alle parole del cuoco e, quando furono sicuri di aver sentito bene, scoppiarono in una fragorosa risata.
Tomastu aveva criticato Ryuji per il modo in cui aveva tagliato le verdure, cosa che secondo lui avrebbe alterato la cottura e quindi il gusto del piatto. Ryuji, che non aveva mai cucinato il ramen in maniera diversa, chiese il perché di quella affermazione, ma non ottenne nessuna risposta, o almeno nessuna che rispondesse alla sua domanda. Il cuoco infatti aveva iniziato a elencargli una serie di lamentele, quelle che di solito le persone anziane rivolgono ai giovani: voi giovani non capite l’importanza della tradizione; avete dimenticato le nostre tradizioni; dove finirà il nostro paese e via dicendo. Nel frattempo Ryuji aveva continuato con la preparazione del suo piatto fino a che entrambi non ebbero versato la propria zuppa ciascuno in una ciotola. Quando Tomastu aveva assaggiato la zuppa di Ryuji, aveva esordito dicendo che il gusto era diverso per non dargli la soddisfazione della verità e cioè che il gusto era identico. Per il palato del ragazzo, esse avevano lo stesso identico sapore e per perorare la sua causa e cercare di calmare il cuoco, che nel frattempo aveva iniziato nuovamente con parole poco gentili a definire la sua capacità culinaria, Ryuji aveva affermato che la sua cucina si ispirava ovviamente alla tradizione, ma essendo autodidatta, quello era l’unico modo che conosceva per cucinare. Si trovava in quella cucina per imparare ma il cuoco gli aveva risposto che era un incompetente e che non avrebbe mai potuto imparare a cucinare alla sua maniera. Quella era stata l’ultima frase che aveva pronunciato in tono calmo, poiché poco dopo si era scatenato il putiferio.

A spingere Tomastu a muovere guerra contro Ryuji erano stati sicuramente una moltitudine di fattori, ma quello che più di tutto lo animava era il fatto che quel ragazzo dallo sguardo di teppista, sembrava avere un talento per la cucina di cui pochi erano in possesso e non sapeva se esserne felice o no. La cucina, come gli avevano ripetuto il nonno e il padre, è qualcosa che o si sa fare o no e solo i migliori e più combattivi andavano avanti. Lui per un po' era stato il migliore ed il più combattivo, fino a quando le cose non erano andate per il verso sbagliato. La chiusura del locale in centro era solo la tappa finale di una lunga decadenza che lo aveva portato ad essere considerato un disonore da suo padre. Il nuovo locale era per lui solo un modo per campare, poiché cucinare era la sola cosa che era in grado di fare, ma non aveva più le aspettative di una volta. Quando si era presentato Ryuji, con i suoi modi schivi e il suo stargli sempre intorno per capire come fare questo o quello, in Tomastu era scattato una specie di amore/odio in poche ore. Non lo conosceva per niente, ma la sua voglia di fare e di apprendere, le sue capacità, gli avevano riportato alla mente le parole dei suoi "antenati" e per la prima volta si rese conto di aver di fronte un vero e proprio talento, ciò che lui non era mai stato. Era bravo certo, era stato un grande chef, pluripremiato e conosciuto, ma più che per talento era per la sua dedizione e tanto impegno. Ryuji, invece, sembrava avercelo nel sangue e questa cosa lo attraeva. E lo respingeva

La Signora Hiro ancora non si capacitava del fatto che a distruggere la sua cucina era stato il modo in cui si tagliano le verdure di uno dei piatti più famosi del Giappone. Ma poi, a chi interessa il modo in cui vengono tagliate le verdure? L’importante è che il sapore sia buono! Decise di assaggiare le zuppe e si accorse che trovava di suo gradimento più quella del giovane che quella del marito, ma si vide bene dall’esprimere il suo pensiero ad alta voce, per evitare lo scoppio di una nuova bufera. Constatando che il ragazzo era bravo e di sicuro molto preparato, decise, malgrado le insistenze di Tomastu, di lasciarlo lavorare al ristorante, convincendo il marito che solo in quel modo avrebbe potuto raddrizzarlo! Tomastu, d’altro canto, spinto dalla voglia di guardarlo all'opera e di capire cosa ne sarebbe venuto fuori, decise che andava istruito. Quindi gli concesse i tornare al ristorante il giorno dopo.

 

Quando furono a letto, Taiga fra le braccia di Ryuji, quest’ultimo proprio non riusciva a smettere di pensare al fatto che quel vecchio pazzo aveva distrutto una cucina intera per una cosa che non esisteva né in cielo né in terra. Notando la sua tensione, Taiga gli si accoccolò ancora di più al corpo e prima di sprofondare nel mondo dei sogni con in mente ancora quel pomeriggio esilarante, gli diede uno dei baci più dolci di cui era capace.

 

 

 

Nota dell'autrice: non ci sono parole per scusarmi della lunga lunga assenza. Vi prego quindi di prendere questo capitolo come una sorta di "rimessa in sesto", dopo un periodo decisamente no. Un periodo molto molto molto lungo, ma che spero sia giunto alla fine.
Vi mando un forte abbraccio.

 

  
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