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Autore: Serpentina    25/11/2015    1 recensioni
Missing moments e retroscena sui personaggi della mia long "Love Quest". Perché dietro (e dentro) la storia principale spesso si cela molto altro...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Manca un mese esatto alla mia festa preferita (dopo il mio compleanno, ovviamente), quindi posto il mio extra natalizio. Se vorrete farmi sapere cosa ne pensate, ne sarò felicissima. Non mordo, tranquilli! ;-)
Intanto, grazie a Calliope S, che non manca mai di sostenermi! :-*

 

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Torna a casa, Jodie!

La sorprese trovare Marion a letto, rannicchiata, illuminata dalla luce bluastra del laptop: era convinta di sentirla o vederla rientrare all’alba, con i vestiti malmessi e l’aria colpevole.
–Avevi ragione tu- piagnucolò. –Come al solito. Diceva di aver compreso il suo errore, di essere pentito… che aveva lasciato Sasha… stronzate! Voleva ripetere il copione a ruoli invertiti! Appena l’ho capito, ho perso il controllo: non sono la puttana di nessuno. Contenta?
–Mi ritieni capace di godere della tua sofferenza?- chiocciò Jodie, si sedette sul bordo del suo letto e le baciò la tempia finché non si fu calmata, come quando erano piccole. –Però sono contenta che finalmente abbia capito che razza di stronzo avevi sposato. E tu che non volevi nemmeno divorziare!
–Vero. Se non mi avessi convinta tu, avrei finito col riprenderlo in casa. Meno male che ho una sorella giudiziosa! Peccato ti sia sbagliata proprio su Albert. Mi stavo innamorando di lui, e credo ricambiasse. Come risarcimento, pretendo che passi le feste in famiglia!
Jodie sbiancò e, tale il terrore, scivolò giù dal letto. Riemersa, aiutandosi con le coperte, esclamò –Tornare a Sandpoint? Non se ne parla! Non posso lasciare sola Sarah proprio quest’an…
Il rumore dello schiaffo che seguì risuonò per la stanza, amplificato dallo sgomento di entrambe. Marion pigolò delle scuse, ma Jodie la invitò a tacere e sospirò –L’ho meritato. È stato meschino da parte mia usare il lutto di una mia amica come pretesto per rimanere a Boston.
–Torna a casa, Jo. Faresti la gioia di mamma e papà- gnaulò Marion, giocando un asso nella manica che reputava di sicuro successo. –Tutte le sante volte che vado a trovarli mi chiedono di te, e quando dico che stai lavorando, o te la spassi in giro per il mondo, sospirano tristi “Che vuoi farci? Ormai ha spiccato il volo, è troppo importante per questo posto sperduto”.
–I sentimentalismi non attaccano, con me. Prova con qualcosa di meglio.
Marion abbassò lo sguardo sulle lenzuola e i suoi occhi si riempirono di lacrime; pigolò –È anche a causa mia se hai deciso di non rimettere più piede a Sandpoint. Mi sento in colpa.
–Non ti credo- ringhiò glaciale Jodie, i lineamenti distorti da una cieca rabbia montante. –Se ti fosse importato, avresti telefonato, mandato una mail, un messaggio… invece niente. Per quattordici Ringraziamenti, Natali e Pasque hai finto di non avere una sorella; come mai adesso, tutto a un tratto, te ne ricordi?
–Dovevo maturare, smetterla di accusare te e capire che a sbagliare ero stata io.
–Non ti credo- ripeté la maggiore, e Marion, deglutì sonoramente, timorosa che potesse sputare fuoco. –Non posso. Io sento, so perché mi vuoi al tuo fianco: hai bisogno di un capro espiatorio, un sacrificio da immolare ai pettegoli del paese per non essere tu nel centro del mirino! Perché in Idaho non si divorzia, specie a Sandpoint.
–Ho divorziato due anni fa, genio! E non sono l’unica: Jim Foster è stato lasciato dalla moglie.
–Infatti vive con la seconda a Portland e non osa mostrare in paese il suo brutto muso. Non prendermi in giro, sorellina: non hai il fegato di sopportare le occhiate di biasimo e compassione di quella manica di malevoli! Beh, benvenuta nel mio mondo, Miss “Reginetta Vita Perfetta”!
–Mi odi così tanto?- gnaulò costernata Marion, faticando a contenere con la manica del pigiama il fiume di lacrime.
–Adesso no- rispose con noncuranza la sorella. –Ma ti ho odiata più di quanto tu possa lontanamente immaginare.
–Anch’io, e me ne pento. In tutti questi anni non hai mai avuto nostalgia di casa?
“–Lasciatemi andare!- aveva urlato una corpulenta bambina di nove anni, dimenandosi invano: i quattro che la tenevano ferma per le gambe e le braccia erano più grandi e robusti di lei.
–Accidenti, quanto pesa!- aveva sbottato uno di essi, strizzandole un fianco paffuto. –Mettiti a dieta, balena!
–Lasciatemi andare!- gridò la bambina con tutto il fiato che aveva in gola. –Cosa volete da me? Soldi? Ho cinque dollari in tasca. Volete la mia bici? Prendetela! Qualunque cosa, basta che mi lasciate tornare a casa!
–Oh, ci tornerai- ridacchiò il più grande tra i bulli, guarda caso il figlio dei vicini di casa della bambina. –Ma prima… ti insegneremo a mangiare sano. Vero ragazzi?
Le loro risate perfide spaventarono la novenne, che cominciò a piangere: aveva realizzato di non avere speranze, e forse non esiste sensazione peggiore; quando anche “l’ultima dea” ti abbandona, cosa resta?
–Perché?- esalò, mugolando di dolore quando la liberarono, lasciandola cadere di schiena sulle rive fangose del lago Pend Oreille. –Perché ce l’avete con me?
–Perché ci fai schifo, balena! Sempre con la testa in qualche libro… cosa ci trovi di tanto interessante, poi! Sono pezzi di carta!
–Solo per chi non sa leggere, stupidi scimmioni!- sputò la piccola, in un ultimo sprazzo di coraggio.
Gli “scimmioni” la immobilizzarono nuovamente, dopodiché il capobanda, furioso, esclamò –Meriti una lezione!
–Lasciamola agli orsi- propose uno degli aguzzini. –In questa zona abbondano.
–Buona idea! Con tutto quel grasso avranno da sfamarsi per un anno intero!
–Non abbiamo certezza che gli orsi se la papperanno. No, seguiremo il piano originale. Allegra, balenottera, ti stiamo per mettere a dieta!
I minuti successivi parvero dilatarsi, così come la sua disperazione: mentre le ficcavano a forza in bocca la melma in cui era distesa, credette di morire, forse addirittura lo sperò. Tossì, sputò, e soltanto quando si girò su un fianco per vomitare i bulli decisero di abbandonarla al suo destino, tanto più che stava facendo buio.
–Salutaci i grizzly! E i lupi!- dissero mentre si dileguavano, lasciandola sola, inerme, infreddolita e in lacrime.
Fortunatamente, a trovarla fu un ranger.
–Ti vieto di frignare- sbottò sua madre non appena la vide. –Qualunque cosa sia successa, la colpa è in parte tua: chi non reagisce ne paga le conseguenze.”
–Maria Antonietta rimpiange Parigi, secondo te?- asserì Jodie, prima di infilarsi sotto le coperte.
–Cosa diavolo significa?- sbottò sua sorella.
–Che domani avremo brioches a colazione, Marion. Buonanotte.

 
***

Gli spiacevoli ricordi faticosamente rimossi, anche grazie alla lontananza, riaffiorarono durante la notte, frammentando il sonno di Jodie. Si recò al lavoro stanca e deconcentrata, sperando in un festino clandestino tra colleghi per rimettersi in sesto: niente giova allo spirito come una bevanda calda e gingerbreads fatti in casa.
Appena ebbe sistemato il laboratorio, raggiunse le amiche per un caffè e quattro chiacchiere pre-festive. Espose il problema, evitando accuratamente di incrociare i loro sguardi, infine esalò –Non so che fare, ragazze. Consigli?
–A saperlo avrei rifiutato l’invito di Phil. Almeno avresti avuto una buona scusa da rifilare ai tuoi!- uggiolò Sarah, sinceramente dispiaciuta.
–Sei la persona più altruista che conosca: rinunciare a una settimana insieme al tuo dottorino per me! Non mi perdonerei mai se vi intralciassi: potrebbe essere la volta buona che scopri se madre natura è stata generosa con lui!
–Coi suoi parenti in giro? Ne dubito!- ridacchiò Sarah. –Ad ogni buon conto, ho messo in valigia un paio di completini striminziti. Vedremo se avrò l’occasione di indossarli…
Jane attese che il coro di fischi, ovazioni e battutine si placasse, prima di intervenire nella conversazione.
–Sarebbe una tragedia tornare in Idaho, Jo? Ricordo i tuoi genitori alla tua laurea, non mi erano sembrati terribili!
–Non sono loro il problema- rispose lei. –Sono io. L’ultima volta che sono andata, sono volate parole grosse. In quel momento le pensavo tutte, alcune tuttora, e… mi vergogno. Non mi sono perdonata e non ho perdonato loro. Aggiungici la carovana di orrendi ricordi che ho di quel posto e capirai perché non ho intenzione di assecondare la follia di Marion.
–Non hai nessun ricordo felice di Sandpoint? Nemmeno uno?
“–La posta!- tuonò con la sua bassa voce gutturale Wes Carr, richiamando moglie e figlie in salotto, dove, da consuetudine, si sedevano a leggere la corrispondenza.
–Posta!- trillò Mrs. Carr, eccitata: viveva per le lettere (beh, per quelle e per i pettegolezzi, che scambiava alacremente con le altre signore dal parrucchiere), aprirle la faceva sentire una Indiana Jones in gonnella mentre violava un’antica tomba e ne scopriva i segreti.
–Vediamo un po’ cosa c’è qui- mormorò Wes. –Bolletta… altra bolletta… pubblicità… la tua rivista di lavoro a maglia, Colleen… toh, una lettera per Jo!
–La nostra Jo? Chi mai le scriverebbe?- esclamò esterrefatta Mrs. Carr, voltandosi verso la figlia maggiore, seduta in un angolino a leggere, fissa in un mutismo e immobilità inquietanti. –Hai forse aderito a uno di quei programmi “invia una lettera a un galeotto”? Dimmi di no, ti prego, vorrei continuare a dormire sonni tranquilli!
–Non dormi mai sonni tranquilli, cara. Io lo so bene!- scherzò Wes, quindi, superando le braccia della consorte, curiosa e invadente, porse la busta a Jodie, che la aprì con frenesia, rischiando di strapparla. La scorse frettolosamente e, dopo anni, si aprì spontaneamente in un sorriso.
–Ce l’ho fatta!- ululò, agitando in aria il foglio. –Ho il biglietto per andarmene da qui!
–Ah, ho capito!- ridacchiò sua madre, sollevata. –È la lettera del college. Datti una calmata, tesoro: Boise è a poche ore di macchina, tornerai i finesettimana e sarà come se non te ne fossi mai andata!
–Sei in errore, mia cara- la corresse Mr. Carr, dopo aver esaminato la busta. –Il mittente non è la Boise University… è la Boston University!
–Boston? Boston? Sei impazzita?- latrò Mrs. Carr, strattonando Jodie per un braccio. –È dall’altra parte del Paese! E la gente lì è così… diversa! No. Mia figlia non finirà in mezzo agli yankee.
–Allora niente college- cinguettò la figlia, fingendosi afflitta. –Quella è l’unica domanda che ho presentato.
–Beh, se ti sposassi, come Rosie Jessup e Katie Warren…
–Neanche per sogno! Sarebbe la sua rovina!
–Quindi per te il matrimonio è una rovina?
–Se non si è pronti, sì! Jodie impazzirebbe accanto a un uomo indegno di lei! Andrà a Boston, fine della discussione.
–Non puoi dargliela vinta, Wes! Se va sulla costa est, non la vedremo più!
–Sciocchezze!- sbuffò Mr. Carr, prese le mani di Jodie tra le sue e disse –Se mettere seimila chilometri tra te e questo posto ti rende felice, allora vai.
La risatina di Marion attirò l’attenzione dei suoi genitori; Mrs. Carr, osservato il suo sorrisetto, sibilò –Tu lo sapevi! Lo sapevi, e l’hai incoraggiata!
Jodie, da brava sorella maggiore, accorse in aiuto di Marion, che, al contrario di lei, non aveva la risposta pronta e provava una soggezione pari all’affetto nei confronti della loro madre.
–Diciamo che non mi ha scoraggiata. E di questo le sarò eternamente grata.”
–Uno, forse. Ma non è abbastanza.
–Fattelo bastare: tua sorella ci ha appena inviato un sms, avvisandoci di non invitarti a trascorrere le feste con noi perché ha già acquistato il biglietto aereo e quello della corriera- soffiò Ingrid. –Per usare un francesismo: sei fottuta, baby!

 
***

–Noto con piacere che l’hai presa bene- sospirò sollevata Marion, assorta nell’ennesimo controllo del bagaglio dei suoi figli.
–Veramente, l’ho presa malissimo- replicò velenosa Jodie. –Sorrido pensando ai modi violenti in cui potrei vendicarmi. Al rientro, naturalmente: mamma avrebbe un infarto se le sporcassi di sangue il tappeto del salotto!
–Non è così frivola. O, almeno, non lo è sempre stata- ribatté Marion mentre ripiegava una maglia. –Si è semplicemente adattata... cosa che tu non hai voluto fare. Hai preferito affogare!
–Ho preferito nuotare il più lontano possibile da quel paese dimenticato dagli dei di tutte le religioni. Se avessi passato quel che ho passato io, altro che Boston… in Nuova Zelanda saresti fuggita!
–Perché nuova? Dov’è la vecchia?- chiese Mariposa, protendendo verso la zia il cappottino, in una tacita richiesta di aiutarla ad indossarlo.
–È andata perduta, cucciola.
–Da grande la ritrovo!- asserì con la solenne convinzione tipica dei bambini.
Nelle ore successive, Jodie imparò a proprie spese il vero significato della parola “panico”: nel taxi venne assalita da un’angoscia degna del suo racconto del terrore preferito (‘Il cuore rivelatore’), al check-in tentò con ogni mezzo di non partire (finendo col pagare cinquanta dollari di multa per il peso in eccesso del bagaglio), ma fu soltanto in fila al gate che avvertì il fiato diventare corto, i battiti accelerare e la vista annebbiarsi.
“Lato positivo: se muoio, Marion dovrà lasciarmi a terra”, pensò, “Lato negativo: non si muore per un attacco di panico, mia sorella lo sa.”
Infatti, Marion sbuffò, trascinandola quasi di peso lungo il corridoio che conduceva all’aereo –Piantala con questa sceneggiata. Sei un’adulta, e come tale ti comporterai.
Parzialmente ammansita, Jodie recuperò la calma necessaria ad allacciare le cinture sul volo diretto a Boise, e, grazie al calmante che Marion le somministrò a sua insaputa (mai lasciare incustodite le bevande, se si ha una sorella infermiera), dormì per l’intera durata del viaggio.
Sei estenuanti ore dopo, atterrarono in Idaho. Sebbene lievemente intontita dal calmante, Jodie si diresse a passo di carica verso le postazioni di ritiro bagagli, seguita da nipoti entusiasti e sorella sull’orlo di una crisi di nervi (neppure Wonder Woman riuscirebbe a badare a due bambini con le braccia cariche di borse).
–Almeno i bagagli a mano potresti scomodarti a portarli, principessina!
–Spiacente, ex-reginetta, ho fatto la manicure ieri.
Un moto di rabbia si impadronì di Marion: fregandosene di trovarsi in un luogo pubblico, in presenza di bambini, arpionò la sorella maggiore per il raffinato cappotto rosso e sibilò –È questo il tuo piano? Fare la stronza? Renderti insopportabile, così potrai andartene, come l’altra volta? Col cazzo che te lo permetterò! Ora, se potessi cortesemente sopprimere la Jodie stronza…
–Solo con chi se lo merita- replicò l’altra freddamente, aggiustandosi la pesante sciarpa di lana verde.

 
***

Nomen omen. In questa locuzione latina si può riassumere Sandpoint: la sabbia è il derivato dello sgretolamento di grossi massi, un materiale inerte,  immutabile; così la cittadina (la quale, con i suoi quasi settemila abitanti, era la più popolosa delle contee di Bonner e Boundary): inerte, immutabile. I pochi cambiamenti che avevano luogo erano di minima entità: matrimoni, nascite, morti e poco altro. Perfino i negozi tenevano da decenni lo stesso nome e la stessa gestione, tramandata di padre in figlio senza che nessuno si scomponesse. Gente tranquilla abitava a Sandpoint, gente che si faceva poche domande e, come i granelli di sabbia sulla battigia, accettava senza batter ciglio l’eterno andirivieni delle onde. La quiete dell’apatica comunità venne in attrito con un elemento di disturbo: dalla corriera, infatti, era scesa la donna più vistosa che si fosse vista da parecchio tempo. Tutto, di lei, gridava “forestiera”. Si guardò intorno con aria annoiata e si incamminò lungo la strada, sorda alle imprecazioni della compagna di viaggio come ai commenti a mezza voce dei passanti (“Santo cielo, ma dove pensa di essere, a San Francisco? Rossetto rosso di giorno!”, “Chi è? Ha un che di familiare…”, “Quella che la segue con le valigie è la figlia dei Carr, la seconda. Ricordi quando sfilava come reginetta del 4 luglio? Non sembra invecchiata di un giorno!”, “Ma dov’è suo marito?”, “I bambini sono un amore!”, “Se quella è Marion… che la più grassa sia sua sorella? La ricordavo diversa”, “È lei, hai ragione! Immaginala con i capelli scombinati e senza trucco… è Jodie!”).
–Chi non muore si rivede. Jodie Carr, sei davvero tu?
Non era rimasta vittima di un massacro ordito dai suoi ex colleghi, durante il quale il suo ex amante le aveva sparato alla testa, nonostante le suppliche di risparmiarla perché incinta di sua figlia, ma comunque, in quel preciso istante, Jodie sentì rimbombarle nelle orecchie l’allarme rosso e vide rosso: gli innumerevoli atti di bullismo subiti negli anni le passarono davanti agli occhi, in particolare le molte ore trascorse al chiuso di armadietti o ripostigli, nei quali era stata rinchiusa dal ragazzo, ormai uomo, carico all’inverosimile di pacchi, che la stava salutando cordialmente.
“–Mi sono rivolta a te perché mi sembri abbastanza matto da non giudicarmi.
–Devo ringraziarti, oppure offendermi?
Una Jodie matricola del college scoppiò a ridere ed esclamò –Sei uno spasso, Ewan Ellis! Adesso ascoltami: voglio che tu mi chiuda a chiave in quello sgabuzzino… per tutta la notte!
–Tu sei pazza! O drogata!- ululò il biondo, passandosi le dita tra i ricci. –La logica non mi suggerisce altre spiegazioni.
–La tua logica ha mancato la spiegazione più ovvia: so quel che faccio- ribatté lei, ravvivandosi la chioma. –I miei adorabili compagni della Sandpoint High School avevano l’abitudine di rinchiudere la nerd più nerd dello Stato in spazi angusti, bui e maleodoranti. Non sopporto la compassione, perciò levati dalla faccia quell’espressione da cagnolino bastonato, altrimenti ti gonfio.
–M-Mi c-cosa?
–Ti gonfio. Di botte. Scusa, ogni tanto la parlata dell’Idaho riemerge. Torniamo al problema principale: sono claustrofobica e le menate dell’analista finora non hanno portato risultati, escluso l’alleggerimento del mio portafoglio, ergo… mi curerò da sola. Terapia d’urto! Avanti, su, chiudi la dannata serratura!
Ewan, nonostante la perplessità, obbedì, ma non si stupì quando, il mattino seguente, Jodie gli saltò al collo, piagnucolando dei terribili incubi che avevano infestato il suo sonno. Mosso a compassione (non lo avrebbe mai confessato, naturalmente: conoscendola, rischiava le palle!), la presentò al suo compagno di stanza, studente di psicologia; era convinto che, non avendo interessi economici, si sarebbe impegnato al massimo per aiutarla, e così fu.”
–Sai che quasi non ti riconoscevo? Ma guardati: look molto “costa est”! Cappottino, pantalone elegante, tacchi… occhio a non scivolare sul ghiaccio! Che fine hanno fatto le felpone con cappuccio e i pantaloni della tuta? Per non parlare dell’apparecchio!- per nulla intimidito dal suo silenzio, né dall’occhiataccia che ricevette, proseguì col monologo –Allora, come va la vita? So che hai girato il mondo e adesso giochi al piccolo chimico a Boston!- si avvicinò a Marion e, dopo i convenevoli, le chiese, in un sussurro –Ehm.. tua sorella… ha qualche malattia, per caso?
–No! Perché?
–Non parla!- esclamò, alzando di svariati decibel il tono della voce, e rimase di sasso quando lesse quanto digitato da Jodie sullo schermo del suo cellulare: “Sono in sciopero del silenzio. Dato che rispondere è cortesia: le felpe le uso per le rapine in banca, l’apparecchio ai denti non ce l’ho da dieci anni, ho girato il mondo e LAVORO al MIT di Boston. Ah, e grazie per avermi insegnato a mangiare sano, ventiquattro anni fa!”
–Jo!- la rimproverò Marion, all’oscuro di quell’episodio. –Cosa ti ho pregato di fare?
La replica fu secca e, di nuovo, scritta.
“I miracoli ancora non mi riescono, sorellina.”

 
***

Dai Carr non si respirava spirito natalizio: appese le calze al camino e decorato l’albero senza canti e sorrisi, Wes e Colleen avevano apparecchiato per cinque, evitando accuratamente di posare lo sguardo sul posto vuoto.
Il suono del campanello li rallegrò; trillarono all’unisono –Eccoli!- e corsero alla porta. Nessuna parola può descrivere il loro sbalordimento nel trovarsi davanti la figlia maggiore, che non vedevano da più di dieci anni.
–Ciao ma’. Ciao pa’. Buona Vigilia.
Colleen, sicura si trattasse di un’allucinazione, allungò una mano a sfiorarle il viso, dopodiché, incapace di trattenere la commozione, la abbracciò in lacrime.
Jodie, seccata, sbottò –Ti vieto di frignare, mamma. La colpa è in parte tua.
Sconvolta, la donna si staccò da lei e piagnucolò –Non sei riuscita a perdonarmi?
–La mia strada verso la divinità è ancora lunga- sospirò, entrò in casa e sparì a disfare le valigie senza proferire parola. Una volta tornata di sotto, venne placcata da suo padre.
–Sei qui, è già un passo avanti- asserì Mr. Carr, prima di abbracciarla a sua volta, e, stavolta, Jodie ricambiò, curvando le labbra in un placido sorriso.
–Lui sì e io no?- sbraitò, oltraggiata, Mrs. Carr, faticando a mantenere il volume della voce sufficientemente basso da non farsi udire da Marion e i bambini, in cucina.
–Mio padre non mi considera spazzatura solo perché la mia vita ideale non comprende necessariamente un marito e dei figli!
–Sei ingiusta.
–Sono realista- sibilò Jodie. –Non mi hai mai capita. Non mi hai mai apprezzata. È Marion la figlia perfetta, quella che tutti ti invidiano, io sono il modello difettoso, una delusione. Me lo dicesti in faccia.
–Ero arrabbiata, volevo che tu e Marion smetteste di litigare…
–Proprio perché eri incazzata so che non mentivi. Chi se ne frega se ho scoperto il polimorfismo genico alla base delle diverse velocità di eliminazione del 5-FU e le proprietà ansiogene della β-cabergolina? Ai tuoi occhi sono una povera zitella trentatreenne che non ti renderà mai nonna!
–È un crimine sperare che la propria figlia non invecchi sola? La beta-cosa non ti scalderà il letto, non ti terrà la mano nei momenti difficili e non piangerà al tuo funerale!
–Vorrei essere nata uomo- sputò Jodie mentre indossava il cappotto. –Anzi, vorrei non essere nata affatto.
Mrs. Carr chiuse gli occhi, infastidita dal fragore della porta sbattuta, poi mormorò –Dove ho sbagliato?

 
***

“–Dove ho sbagliato con te?- ruggì Colleen Carr, scuotendo la sua primogenita al termine di una violenta lite tra lei e la sorella, lite che aveva rovinato il pranzo di natale. –Com’è possibile che Marion sia un angelo e tu… una tale delusione?
Aveva sognato a lungo il suo ritorno trionfale, immaginandosi ad esibire orgogliosamente la figlia che studiava alla BU e aveva trovato un fidanzato raffinato e discretamente ricco, invece eccola lì, senza uno straccio di fidanzato e nemmeno i pantaloni (nessuno l’avrebbe mai persuasa a considerare i leggins un capo d’abbigliamento degno di una ragazza perbene).
–L’aria di Boston ti fa bene: quel gancio era fenomenale!- esclamò ironicamente Wes, ricevendo un’occhiataccia di disapprovazione dalla moglie, che lo sgridò mentre recuperava del ghiaccio da mettere sui punti in cui i fenomenali pugni di Jodie avevano colpito Marion.
–Grazie della premura, mamma: scalda il cuore sapere che ricordi di avere due figlie- sputò rancorosa, per poi dirigere le proprie attenzioni sulla sorella, che si stava leccando il labbro sanguinante. –Non sei più così carina adesso, eh, reginetta?
–Perlomeno io ho la coda di spasimanti senza doverla dare in giro come se non fosse mia!
–Maledetta! Ti sistemo io!
–Basta!- tuonò Mr. Carr, piazzandosi tra le due litiganti per impedire che potessero nuovamente venire alle mani. E dire che stava andando tutto così bene: Jodie era tornata, finalmente serena, poi una battuta infelice di Marion sul suo peso aveva scatenato l’inferno. Sua moglie, che mancava di saggezza, aveva gettato benzina sul fuoco schierandosi dalla parte della secondogenita, come al solito. –È Natale, per l’amor del cielo! Dovrebbe essere un giorno di armonia familiare, non un incontro di wrestling casalingo! Fate pace, su.
–Dovrei chiederle scusa? Neanche per sogno!- sbottò Marion a braccia conserte. –Non è colpa mia se sono popolare, e lei una nerd sfigata! Esistono gli specchi, lo sapevi?
–Dovrei chiedere scusa a questa capra viziata? Al solo pensiero i miei neuroni minacciano di fare harakiri!
–La senti? Senti come parla? Non è più una di noi!
–Se fossi meno ignorante sapresti cos’è l’harakiri e cosa sono i neuroni, cara la mia caricatura di una cheerleader!
–Smettetela! Che lo vogliate o no siete sorelle, dovete sforzarvi di…
Colleen interruppe il marito, segnando la fine della discussione… e del Natale.
–Marion si sarà espressa male, ma ha detto la verità: non potrai mai eguagliare la sua bellezza, Jo, però, se solo ti sforzassi, potresti essere carina. Basterebbe perdere qualche chilo, passare meno tempo sui libri…
La ragazza non rispose, abbassò lo sguardo e corse al piano di sopra. Nessuno comprese le sue intenzioni finché non la videro arrancare per le scale con la valigia.
–Cosa credi di fare?
–Fai due più due, mamma, almeno questo dovrebbe riuscirti!
–Non osare mancare di rispetto a tua madre!- la rimproverò Wes, per la prima volta seriamente arrabbiato con la figlia.
–Perché no? Lei non ne ha per me! E lo stesso Marion! Dato che non la gradite, vi libero dalla mia ingombrante - in tutti i sensi - presenza. Scordatevi che esisto!- sibilò Jodie, soddisfatta per averli zittiti. I volti attoniti dei suoi familiari furono l’ultima cosa che vide, prima di uscire e salire sul taxi, diretta alla stazione degli autobus. Trascorse la notte in aeroporto e prese il primo volo disponibile per  Boston. Fu il suo peggior Natale.”
–Ehi, Jo.
–Lasciami in pace, pa’.
Mr. Carr disobbedì: le si avvicinò, le tolse di mano il telefono e interruppe la chiamata alla società di trasporto taxi.
–Scusa- esalò, sfregando le mani intirizzite. –È questo che volevi sentire?
–Non da te.
–Se vuoi sentirlo da tua madre, devi rientrare in casa. E se ricevere le tanto agognate scuse non è un motivo sufficiente, pensa alle prelibatezze che ti aspettano a tavola!
–È un ricatto?
–No. Primo: sarebbe immorale. Secondo: ti reputo troppo intelligente per cedere a un volgare ricatto. La mia è una proposta: regalaci e regalati una seconda occasione… se te la senti. Io rientro: sto morendo di freddo e ho una fame da lupo!

 
***

–Jodie!- gridò Colleen, lasciò cadere le posate da dolce e si precipitò a stritolare la figlia. –È un miracolo!
–Ringrazia papà- rispose lei. –Mi ha convinta lui. In fondo, ti devo delle scuse: sei mia madre e non ti ho sempre mostrato il giusto rispetto.
–Non riesco a dimostrartelo tanto quanto vorrei, non so mai come prenderti per il verso giusto… ma ti voglio bene, bambina mia. Tanto.
–Anche io mamma, e ti adorerò se non mi chiamerai mai più “bambina”!
–Per me resterai sempre piccola, anche a cinquant’anni!- chiocciò Mrs. Carr. –Vieni a scaldarti, sei ghiacciata! Un bicchierino ti tirerà su!
Per aggiungere altra gioia a quella che già provava, a mezzanotte Jodie ricevette una telefonata.
–Ciao. Volevo scusarmi per essere sparito in questi giorni e, beh, per la sfuriata al Franklin’s. Io… non so cosa mi sia preso, forse mi sembra strano che… cioè… Al non ha mai avuto amiche femmine, perciò… ecco… mi aspetto che ci provi con te da un momento all’altro, anche se è assurdo, perché una parte di me sa che siete soltanto amici, però…
–Bastava “Buon Natale”, Ewan.
–Oh! Eh, già. Buon Natale, Jodie.
–Anche a te. Riattacca, dai, stai spendendo un sacco di soldi! A presto- pigolò, tastandosi le guance: erano calde, e sospettava non c’entrasse solamente l’alcol. Sorrise e tornò in salotto.
Fu uno tra i migliori natali della sua vita.

Note dell’autrice:
Capitolo decisamente poco “da me”, vero? La dolcezza impera!
Jodie è emersa in tutte le sue umane contraddizioni. Vi è piaciuta? Oppure speravate in un personaggio più positivo? In fondo lo è: la Jodie adulta è una donna solare, piena di vita, e forse sarebbe diversa, se non avesse passato quello che ha passato. Stessa cosa dicasi per Marion: ha ampiamente pagato i suoi errori con una serie di delusioni che l’hanno portata, in due anni, a maturare più che in tutti i precedenti!
“Odi et amo” le riassume alla perfezione. Si volevano bene anche in passato, a volte si sono supportate a vicenda (vedi l'appoggio di Marion alla decisione della sorella di emigrare dall'altra parte degli USA), però l’affetto veniva oscurato da altri sentimenti meno edificanti: invidie, rivalità…
Un prossimo extra mostrerà meglio le dinamiche del loro complesso rapporto.
Non ho mancato di inserire Ewan, sia perché non credo di dedicargli un extra, però mi dispiaceva escluderlo del tutto, sia per rendere più chiaro il suo legame con Jo.
Le informazioni su Sandpoint sono tutte vere ( se mai doveste capitare da quelle parti occhio a grizzly e lupi!), la battuta di Jo a sua madre si riferisce al detto “errare è umano, perseverare è diabolico, perdonare è divino”, mentre la sua reazione all’incontro con un vecchio nemico è un omaggio al capolavoro di Tarantino ‘Kill Bill’. Il racconto ‘Il cuore rivelatore’ è nato dalla penna di Edgar Allan Poe e si può considerare uno dei primi thriller. *_*
Alla prossima!
Serpentina
   
 
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