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Autore: AlnyFMillen    27/11/2015    4 recensioni
Cosa, cosa pensava? Che fosse lui?
"Ma per piacere, sei un'illusa Sharon" disse ad alta voce, rimproverandosi.
Poggiò le mani ai lati della sua persona e fece per ricomporsi un minimo, così sarebbe potuta tornare alla festa, ma le sue dita percepirono sotto di lei quello che non era il tessuto morbido del letto, bensì più ruvido e tirato.
Eppure pensava...
Si asciugò gli occhi con rabbia.
Spostò lo sguardo sulla coperta, incuriosita e vi trovò un piccolo rettangolino di carta.
Se lo rigirò tra le mani, fino a quando non ritrovò una scritta sulla parte superiore.
- Love,
your Xerx-nii -
Gli occhi le bruciarono nuovamente.
"Cosa..." sussurrò al nulla.
Improvvisamente sentì due mani sulle sue spalle e delle soffici e dolci labbra sfiorarle il lobo dell'orecchio.
"Salve, ojou-sama"

[Xerxes/Sharon|Post finale del manga]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Remains of a broken tea cup'
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Un giorno d'autunno nacque un bambino,
dall'animo buono eppure dal segnato destino .
"Kevin" sussurrò sua madre prima di spirare, 
e fu lasciato solo tra braccia del male.
Addestrarlo non bastava, 
niente sarebbe bastato contro la sorte,
che ormai aveva già deciso la sua strada verso la morte.


Felicità... Cos' era la felicità?
Forse una volta poteva sperare di scoprirlo. 
Era morta, ormai.
E lei era lì, a guardarsi le mani grondanti di sangue.
Sangue... Quanto sangue era stato versato?
Tanto, troppo.
Non era ancora pronta a tale scempio, né mai lo sarebbe stata, ma questo era davvero eccessivo, il colpo di grazia.
La verità è che aveva paura... Una paura folle. Che tutto potesse essere reale, capire di non essere in un incubo tremendo.
Aveva solo bisogno di qualcuno che la stringesse e le sussurrasse che andava tutto bene, che doveva star tranquilla perchè non sarebbe mai restata sola, perché non l'avrebbe lasciata.
Ma non c'era. Lui non c'era. Quello non era un incubo, eppure nemmeno la vita che conosceva.
C'era troppo dolore. Troppo, troppo, troppo.
Aveva gli occhi spalancati, fissi su quello che doveva essere il suo letto e non riusciva a distoglierne lo sguardo. Lo fissava, pensando come poco prima vi fosse stata stesa con espressione imperturbabile ed invece, adesso, era in ginocchio accanto al muro.
I bordi del suo vestito erano ormai inzuppati di quel liquido denso e rossastro. L'odore pungente le pizzicava le narici e la vista cominciava ormai ad offuscarsi. Ma non aveva importanza, non più.
Lasciò scivolare la lama dalle candide e fragili dita macchiate di rosso, così facendola allontanare tintinnando sul pavimento gelido. Si portò una mano al petto in un riflesso involontario per poter contenere almeno un po' quel dolore.
'Va bene, va tutto bene' si rassicurò 'Tra poco sarà tutto finito, non preoccuparti, sarà tutto finito'
Sorrise debolmente tra le lacrime.
La porta alla sua destra si spalancò.
D'un tratto l'aria s'impregnò di grida e la stanza divenne affollata. La vista le si affievolì ancora, fin quando non sprofondò in una tenue oscurità.
'Ecco, ci siamo. Finalmente tutto questo dolore finirà'
Si sentì sollevare da terra e sbarrò gli occhi con le ultime forze che le erano rimaste.
'NO! Lasciatemi qui, lasciatemi qui!'
La adagiarono su di una branda e le fasciarono la ferita.
"Vi prego... no" sussurrò appena, tanto che della sua voce non si udì nulla più di un flebile sussurro.
Ma non l'ascoltavano, continuavano a curarla, lei non voleva.
'Vi prego, voglio solo che questo dolore finisca'
"Stia tranquilla miss Sharon, tra poco si sentirà meglio. I medici la stanno riabilitando"
Il dolore non sarebbe finito, neanche quello fisico poteva sopraffarlo.
Non finì neanche quando cadde nell'incoscenza.
 
{{Cinque anni dopo}}
 

Passeggiava, lei, per il roseto.
Leggiadra ed aggraziata eppure pungente di spine come i fiori che la circondavano.
Con eleganza superba, procedeva con ticchettii silenziosi attraverso i giardini del palazzo.
Vestita era di tutto punto, con abito da sera e pettinatura elaborata persino quando era lì, nel buio della sera, compagna solo delle poche stelle sfolgoranti nel cielo.

Mento alto, postura regale, non sbagliare, sorseggia il thè in modo cospiquo.

Regole, leggi, imposizioni.
Tra le nobil donne del suo ceto era abituale sorridere amabilmente ogni qual volta che qualcuno presente alla corte le rivolgeva uno sguardo.

Amabilmente, ma non troppo, oppure avrebbe frainteso le vostre intenzioni.
Dar del voi con educazione, non dimenticare, a tavola, le pietanze gustare con moderazione.
Trattieni il respiro per l'abito ma mostra un'immagine rilassata e sicura.
Ma non troppo, potresti sembrare sgarbata.


Protese le dita dalla pelle nivea e sfilò una rosa. Si punse ed una goccia cremesi scivolò su quel biancore fragile.
"Mi scusi milady?" venne tagliata con gentilezza l'oscurità da una voce soave.
La principessa sussultò e voltò la testa di scatto nella direzione in cui un gentiluomo avanzava.
"Sono spiacete di averla spaventata, ma mi chiedevo cosa ci facesse una tale fanciulla qui fuori nella notte mentre dentro alle sale del suo palazzo le ballate si susseguono." chiese senza mostrarsi alla luce della luna.
"Non si rammarichi, mi ha fatto sussultare un poco per sorpresa, credevo che nessuno si fosse accorto della mia momentanea assenza. Sa, cerco solo un po' di genuina compagnia e qui la pace ed il silenzio della sera possono darmela" rispose la ragazza apprestandosi a posizionare nel suo precedente letto il fiore che aveva profanato.
Sentì abbozzare un sorriso alle sue spalle.
"Comprendo la vostra solitudine, ojou-sama"
Il capo della fanciulla scattò di lato ed nei suoi occhi si accese una scintilla.
"Come mi hai chiamato?" domandò quasi bruscamente, abbandonando il tono formale a cui era abituta.
Vide, seppure non poteva esserne certa a causa della scarsa illuminazione, lo sguardo del ragazzo farsi confuso.
"Mi scusi, non siete voi la principessa?" domandò e le sembrò quasi stesse cercando di trattenere un nuovo sorriso.
Lei annuì.
"Nessuno mi chiama così, mai" replicò gelida, mentre gli occhi le bruciavano e le lacrime premevano per uscire.
"Nessuno, ne è proprio sicura? Beh, io credo che qualcuno forse ci sarebbe. Qualche tempo fa, magari?" indagò con aria divertita.
"No" confermò decisa l'altra, troppo sopraffatta dalle emozioni che tentava di soffocare per far emergere la stizza che provava nei confronti di quell'ignaro.
Lo vide portarsi una mano alla bocca per soffocare una risatina.
"Come vuole lei, ojou-sama. Allora vorrà dire che resterò il primo e l'ultimo ad averla chiamata così"
Detto ciò, si volse e percorse a passo lento il viale centrale, verso le porte che conducevano al salone dove coppie danzavano sopra le note del valzer.
Prima di entrare, si voltò impercettibilmente verso di lei, intercettando i suoi occhi rosei con i propri, ora illuminati dalla luce fioca ma abbastanza forte da poterne far distinguere il colore. Subito dopo, sorridendo come a salutarla, sparì tra la folla.
La ragazza sbarrò gli occhi per la sorpresa e, dimenticatasi del comportamento regale che la opprimeva, tirò su il vestito quel tanto che bastava perchè non la intralcasse ed incominciò a correre verso l'interno gridandogli di fermasi.
"Aspetta, fermati!" urlò facendo voltare verso di lei parecchi curiosi.
Continuava a sfuggire come un fantasma tra le sue mani.
"Ti prego, aspettami!" continuò anche se quell'uomo pareva non darle ascolto.
Giunse infine ad imboccare una stanza.
'Ora non potrà più scappare' pensò.
Spalancò la porta della camera e osservò attentamente l'interno.



Vuota.
Si sedette sul letto, sconfitta.
Calde e imperturbabili lacrime le rigarono le goti arrossate scendendo sul mento.
Eppure pensava...
Si asciugò gli occhi con rabbia.
'Cosa, cosa pensavi? Che fosse lui?'
"Ma per piacere, sei un'illusa Sharon" disse ad alta voce, rimproverandosi.
Poggiò le mani ai lati della sua persona e fece per ricomporsi un minimo, così sarebbe potuta tornare alla festa, ma le sue dita percepirono sotto di lei quello che non era il tessuto morbido del letto bensì uno più ruvido e tirato.
Spostò lo sguardo sulla coperta, incuriosita e vi trovò un piccolo rettangolino di carta.
Se lo rigirò tra le mani, fino a quando non ritrovò una scritta sulla parte superiore.
- Love,
your Xerx-nii -

Gli occhi le bruciarono nuovamente.
"Cosa..." sussurrò al nulla.
Improvvisamente sentì due mani sulle sue spalle e delle soffici e dolci labbra sfiorarle il lobo dell'orecchio.
"Salve, ojou-sama"



Si voltò di scatto e lui era lì, seduto dietro di lei.
"Io non mi chiamo così..." disse decisa seppur in un sussurro.
L'altro pose l' indice sotto al suo piccolo mento e la costrinse a guardarlo negli occhi, un sorrisetto a sfiorargli le labbra.
"A no, ojou-sama?" domandò divertito.
La ragazza si allontanò di scatto, scansando la mano con uno schiffo.
"Non chiamarmi così ho detto! Io non sono ojou-sama!" gridò portandosi a debita distanza da lui.
Break la guardò di sbieco nella classica posa da cucciolo curioso che lo aveva caratterizzato da sempre. Era il suo modo per dirgli che non capiva.
"E' morta! Ojou-sama è morta! Tu. T-Tu sei morto!" urlò ancora.*
"Signorina..." cercò di calmarla avvicinandosi a lei.
"No! Non avvicinarti! Tu sei morto, la Sharon che conoscevi è morta!" continuò "Sono una donna sposata ormai, la 'bambina' dei tuoi ricordi l'hai uccisa tu stesso quando ha dovuto superare la sua vita solo con le proprie forze, ma era troppo, troppo debole quando l'hai abbandonata" si fermò per riprendere fiato da quel fiume in piena mentre la rabbia ed il dolore si calmavano.
"Tu. Sei. Morto" singhiozzò incapace di tacere ancora.
Faceva male dirlo, lo aveva sempre fatto e avrebbe continuato a farne, ma non poteva permettersi di crollare nuovamente. Era quella la realtà, sarebbe stata una follia credere che lui fosse lì, che fosse tornato solo per lei. Non sarebbe riuscita a... sopportare che fosse tutto una bugia.
"Io sono morto" ripetè lui. 
Sharon sussultò al suono della sua voce. Aveva già parlato in precedenza quella sera, eppure solo ora aveva colto quelle sfumature che tanto le erano mancate, che avrebbe voluto risentire almeno una volta. Per quanto avesse provato a rievocare la sua figura nella propria mente, non poteva sperare riportare lui, per quanto perfettamente ricordasse ogni particolare. Ciò che le era più mancato, riflettè, non era però il suo profumo, quei suo vestiti pregni di aroma dolciastra, né tantomeno il rumore leggero del suo respiro. Certo, avrebbe pagato oro per vivere anche solo una degli aspetti sopra elencati ma per i suoi occhi, per i suoi occhi avrebbe venduto l'anima. Potervisi immergere all'interno per veder al di là dell'apparente felicità mascherata da un retrogusto amaro. Scoprire il dolore sul fondo di quel pozzo rosso come il sangue e combatterlo assieme a lui, anche inconsciamente. 
"Ma voi no. Certo, non siete più quella bimba che mi ha ritrovato disteso a terra quel giorno dinnanzi al vostro portone, oramai siete una donna adulta, maturata nel tempo. Eppure... eppure penso siate sempre voi. Vi conosco più di quanto pensiate" concluse.
Gonfiò le guance, la ragazza, in un gesto di stizza vecchio come il tempo, così da sembrare una vera e propria bambina capricciosa.
"E sentiamo, cosa ti fa pensare di conoscermi almeno un po', adesso?" chiese.
Il ragazzo proruppe in una breve risata.
"So riconoscere la mia signorina dopo tanto, no?" chiese avvicinandosi a lei e toccandogli scherzosamente il naso con un dito.
Quell'unico contatto, scatenò in lei una tempesta talmente prorompente da costringerla a riversarla all'esterno. Si gettò tra le braccia del suo servitore, piangente.
Sulle labbra di quest' ultimo fiorì un piccolo ma sincero sorriso. Aveva ragione, non era cambiata affatto in quegli anni. La sua Sharon...
"Shhh va tutto bene, non fate così" le sussurrò cingendo le spalle con un abbraccio e dandole amorevoli buffetti. Si chinò verso di lei in modo che potesse guardarla in volto.
"Su, su, vi sentite meglio ora?" domando. 
Al sentirlo la ragazza scoppiò in nuovi singhiozzi, sempre più forti. 
"Suvvia, non vorrete mica che qualcuno vi veda con questa brutta faccetta arrossata, dico bene?" continuò cercando di alleggerire l'atmosfera e stringendole le guancie come a darle un pizzicotto.
Lei si irrigidì non poco. Nessuno più aveva osato entrare in tale confidenza con lei, non lo aveva permesso.
"Ehi, non sono più una bambina" ripetè tra le lacrime e tirò su la testa.
"Lo so bene, non fate altro che ricordarmelo" ribattè l'altro alzando gli occhi al cielo.
Poi si avvicinò al suo viso, deciso a non lasciarsi sfuggire il momento.
"Break... Cosa vuoi fare?" riuscì a mormorare la ragazza.
"Leggete ancora quei famosi romanzi rosa, signorina?" 
Lei annuì impercettibilmente come ipnotizzata da ciò che stava accadendo. 
"Beh, allora dovreste sapere..."
A pochi millimetri dalle sue labbra si arrestò.
"Quando arriva la scena che più preferite" sussurrò prima di posare un lieve bacio su quelle labbra che ricordava ancora fanciullesche.
Impreparata ad un simile contatto, la ragazza non potè fare a meno di arrossire. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel sogno di bambina che forse dentro di sé aveva sempre covato.

"Sharon?" chiamò una voce dal corridoio.
La principessa riaprì gli occhi allarmata e si voltò verso la porta.
"Ah eccoti, pensavo fossi... Sharon! Ma tu stai piangendo, cos'è successo?" disse suo marito avvicinandosi a lei e passandole i pollici sulle guance.
Lei si scostò un po', quel tanto che bastava per ispezionare lo spazio accanto a sé, ma non trovò nulla.
"Va tutto bene? Sembri scossa" insistette preoccupato Reim.

Le fiabe le erano sempre piaciute, non importava se avesse tre o vent'anni. Lì, la principessa incontra il suo principe, un ballo e se ne innamora al primo sguardo.
'Una bimba non incontra un cavaliere dal passato oscuro, macchiato di sangue'
Lì, attraversano mille avversità, ma alla fine si ritrovano sempre assieme ed il loro amore trionfa.
'Non passano l'esistenza l'uno accanto all'altra, senza capire con il giusto peso quanto sia importante quella presenza, per poi finire separati dal soffio della morte'
Non si voltò, rimase a guardare lì, quel punto in cui poco prima vi si trovava l'uomo che un tempo era stato tutto per lei. 
Eppure così era andata, ed il passato non conosceva seconde possibilità. Il destino giocava con le vite degli uomini. Ma forse, in fine, trovava sempre il modo di farli felici a loro volta.
Si portò una mano alla guancia, dove il suo tocco ancora bruciava e sorrise.
No, almeno per una volta, andava tutto bene.







*Il "Tu" balbettato di "T-Tu sei morto" sembra una faccina triste.C'è ragazzi io dico la finezza di questo lavoro.Ok,no.
Angolo dell'autrice: Goodmorning everyone e grazie millissimo per aver letto questa povera ff.Non ho nemmeno una vaga idea di cosa sia questo coso qui sopra.Però mi è venuto!Oddeo questa OTP ha messo le tende nel mio cuoricino.Ho una cosetta da precisare prima di sparire e riguarda Sharon.Non è che lei è sposata da ormai un anno e passa,una sera arriva Break e lo bacia esitazione(ok è così però compatitela poraccia).Insomma,è stato la sua vita per tanto tempo,forse lo amava anche e era un po' la chiusura di un capitolo. Era un addio non un inizio,ecco.E poi almeno un bacino dovevo metterlo*-* Alzi la mano chi non ha capito *uno,due,tre,quattro,cinque,sei,sette ok troppi* Per quanto riguarda la poesia iniziale... Beh, sono fissata con quelle sottospecie di composizioni:) Altri chiarimenti?Nah non credo, per altro chiedete.Ah!Forse la questione"oujo-sama"(?)Per quello,ho pensato,dato che Break usava spesso chiamarla così,lei avesse proibito di continuare con quella specie di soprannome, che poi soprannome non è.Ma insomma le portava alla mente troppi ricordi.Troppi film mentali.
Ma per farmi scoprire che diavolo di casino ho combinato:RECENSITEEEEEEEEEE
Alla prossima,
AlnyFMillen
   
 
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